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Una volta tanto parliamo di Mantova!


Paolino67

Risposte migliori

Come collezionista di monete gonzaghesche sono purtroppo solo soletto in questo forum (a meno ci sia qualcuno in incognito...), pertanto, visto che si parla di questa monetazione molto di rado, provo a postare un piccolo contributo.

Visto che parliamo di Mantova, mi pare giusto parlare di uno dei suoi simboli... e chi meglio di Virgilio? Il Sommo Poeta ha rappresentato da sempre un emblema della città. Talmente importante da far sì che i primi denari mantovani, battuti in epoca comunale, riportino nel campo la sigla EPS di EPISCOPVS (il privilegio di battitura era concesso ai vescovi), ma tutto intorno la legenda VIRGILIVS (sul mio esemplare purtroppo non perfettamente leggibile) è dedicata al poeta:

Denaroscodellato__6306.jpg

Singolare il fatto che questi denari non riportino ne il nome dell'Imperatore che aveva concesso i privilegi di battitura, e nemmeno le classiche figure religiose presenti su monete di altri comuni. Anzi, il privilegio era concesso a un ... poeta! Credo che nella cultura di un'epoca ancora lontana dall'Umanesimo (siamo tra il XII e il XIII secolo), il dedicare la legenda di una moneta a un poeta fosse come se oggi dedicassimo una moneta a un cantante... anche se a dire il vero oggi si fa anche di peggio :lol:

Ma proseguendo nella storia mantovana cominciamo a vedere anche qualche raffigurazione visiva di Virgilio. Ed eccolo quindi sul diritto del quattrino col motto EPO di Federico I (1478-1484), III marchese:

QuattrinoconmottoEPO__6298.jpg

in un classico profilo laureato volto a sinistra, che ritroveremo anche nei successivi quattrini anonimi col crogiuolo, attribuiti al suo successore Francesco II (1484-1519)

QuattrinoconVirgilio__6268.jpg

QuattrinoconVirgilio__6266.jpg

Come possiamo vedere raffigurazioni a volte fedeli all'iconografia classica, altre volte un pò fantasiose, come in quest'altro sesino anonimo (con San Longino sul rovescio) attribuito a Federico II (1519-1540), I duca di Mantova:

SesinoconVirgilioeSanLongino__6234.jpg

Qui Virgilio ha un pò una grinta da boxeur :P

Un pò migliore la raffigurazione sul sesino con Santa Caterina sul rovescio, del medesimo Federico II (peccato per la foto schifida):

SesinoconVirgilioeSantaCaterina__6214.jpg

Anche i Gonzaga-Nevers, che subentrarono nella linea di successione dopo l'estinzione del ramo principale, non mancarono il loro contributo, come in questo soldo di Carlo I Gonzaga-Nevers, VIII duca:

SoldoconVirgilio_0_5769.jpg

Segnalo infine che la testa di Virgilio la si trova addirittura contromarcata su alcune Parpagliole con la Madonna delle Grazie e i due angeli genuflessi, moneta anonima attribuita a seconda delle fonti a Ferdinando Gonzaga o alla reggenza di Maria Gonzaga. Qui purtroppo manca la foto perchè devo ancora trovare un esemplare decente da mettere in collezione.... :rolleyes:

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Chi l'ha detto che sei solo soletto..

Francamente pensavo che avessi notato qualche piccolo contributo che avevo cercato di integrare per la serie Gonzaghesca qui e la'.

Pazienza, a volte opero come uno "stealth".

Per farmi notare allora posto questo pezzo Gonzaghesco, del quale ho volutamente rimosso i riferimenti e ti lascio l'onere, o il piacere, della sua classificazione. Questo pezzo ha anche una piccola particolarita' che lo rende oltremodo interessante.

Mi raccomando voglio una bella argomentazione, non solo un numero di catalogo..

numa numa

post-4253-1195336332_thumb.jpg

Modificato da numa numa
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Eheheh, hai ragione numa, ma sono stato un pò provocatorio proprio per far saltar fuori gli interventi di qualche collezionista :P

Del pezzo che hai postato ne avevamo già accennato in un'altra discussione, se non ricordo male... è una medaglia in rame/bronzo di Francesco II Gonzaga, della quale esiste anche una versione in argento. Alcuni ritengono che la versione in argento non sia una medaglia ma una moneta, un doppio testone, e la versione in rame ne rappresenti una prova. La moneta/medaglia, il cui conio è attribuito a Gian Marco Cavalli oppure a Bartolomeo Melioli, presenta sul D/ la classica effige di Francesco II a testa nuda, corazzato e volto a destra, con lunga capigliatura fluente e barba a punta, lo stesso ritratto che troviamo su buona parte della sua monetazione.

Sul R/ troviamo una scena nella quale il marchese è raffigurato al centro, tra due figure maschili; alla figura sulla destra porge la mano, mentre a quella sulla sinistra consegna tre spighe di frumento. In secondo piano è presente una terza figura, elmata, che regge a sua volta una spiga di frumento.

Il senso della scena è descritto nella legenda DIVINVM DARE; HVMANVM ACCIPERE (divino dare, umano accettare) e simboleggia la sensibilità del Principe di fronte alle difficoltà dei poveri, ai quali è pronto a concedere l'elemosina. Questa moneta/medaglia riprende raffigurazioni già presenti su alcune monete romane imperiali: eravamo in pieno Rinascimento e il gusto del classico era di gran moda :)

Nel pezzo che hai postato vedo una interessante contromarca, una piccola croce sul D/; forse la moneta faceva parte di qualche importante collezione del passato?

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Bravo,

hai centrato in pieno. La contromarca che vedi e che rappresenta un giglio, o una piccola croce, inciso nella moneta e' possibile sia un segno distintivo di qualche grande collezione molto antica di qualche casata nobiliare. Non so dirti con sicurezza quale, occorrerebbe fare qualche ricerca. So che gli Estensi apponevano l'aquiletta ad esempio sulle monete da loro collezionate.

L'uso di "marcare" in modo cosi' visibile i pezzi piu' importnati della propria collezione puo' essere fatto risalire al XVI-XVII secolo, non credo molto oltre. Inoltre tale pratica era adottata solo da collezioni di casate nobiliari di grande nome (Este, Medici-Lorena, etc.).

C'e' anche un'altra possibilita' che la contromarca non si riferisca all'appartenenza ad una collezione ma indichi qualche altra cosa, ma cosa ?

numa numa

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C'e' anche un'altra possibilita' che la contromarca non si riferisca all'appartenenza ad una collezione ma indichi qualche altra cosa, ma cosa ?

Buio pesto... :whome:

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  • 3 mesi dopo...
Supporter

Buona giornata.

Non sono un collezionista di monete o medaglie di Mantova. Tuttavia raccolgo l’invito di chi ha aperto la discussione parlando di una medaglia dei Gonzaga che ho trovato veramente affascinante. Si tratta del pezzo aggiudicato all’asta Tkalec del 26 ottobre 2007

No: 544 Rufpreis/Start price CHF 25000 (hammer price CHF 62.000)

post-703-1203930612_thumb.jpg

Maria Gonzaga (1609-1660) and Carlo II, Duke of Mantua (1629-1647)

Gold medal, 1638. Opus Gasparo Moroni Molo. AU 38,36 g; 43,09 mm.

M. Rossi, Le Medaglie dei Gonzaga, BAM 8, pp. 132 -133, n. 243 (this piece). No other references found.

Unique! An extremely fine contemporary example.

Al dritto la legenda MARIA ET CAROL II D G D MANT MON F C (Maria et Carolus II Dei Gratia Duces Mantuae Montis Ferrati etcetera) e i busti di Maria Gonzaga con velo vedovile e una ricca collana di perle e di suo figlio dalla lunga chioma che indossa una corazza istoriata con maschera sulla spalla e il collare dell’Ordine del Salvatore.

Carlo II Gonzaga-Nevers succedette al padre nel 1637, all’età di otto anni, e restò sotto la tutela materna sino al 1647.

Al rovescio il motto MENS IMMOTA e un dirupo con un antro e delle foglie disperse da un forte vento; sotto la data 1638.

Il motto, a mo’ di firma, proviene dall’Eneide di Virgilio e il verso completo è Mens immota manet, lachrimae volvuntur inanes. Siamo nel Libro IV dove, durante una caccia, Enea e Didone si rifugiano in una grotta a causa di un temporale e diventano amanti. Ma Giove manda Mercurio a rammentare ad Enea il destino vaticinatogli e quindi che non c’è spazio per i sentimenti personali. E così la decisione è presa; ma questo non esclude una profonda sofferenza interiore. Enea abbandona Didone. Mentre le vele troiane si allontanano, la regina si uccide. La ritroveremo nel Canto V dell’Inferno dove Dante la presenta così: L’altra è colei che s’ancise amorosa, e ruppe fede al cener di Sicheo, come ci ha ricordato poco tempo fa Roberto Benigni in televisione.

L’antro è quello della Sibilla Cumana reso celebre da Virgilio che ne parla nel Libro VI dell’Eneide. La Sibilla svolgeva la sua attività oracolare nei pressi del Lago d'Averno, in un antro conosciuto come "l'antro della Sibilla" ove la sacerdotessa, ispirata dalla divinità, trascriveva i suoi vaticini in esametri, su foglie di palma. Le foglie erano disposte in perfetto ordine nell’antro e così rimanevano fin tanto che questo era chiuso, ma quando si apriva il cardine, erano disperse da un vento leggero. Quando Enea, sbarcato a Cuma, consulta la Sibilla, le chiede di non affidare le sue profezie alle foglie che sarebbero state sparpagliate dal vento, ma di parlargli personalmente. Lei lo fa con la voce del dio Apollo dal quale era invasata. Poi chiede ad Enea tre cose per guidarlo negli Inferi: cogliere per Proserpina un rametto d'oro nel luogo da lei indicato; seppellire il troiano Miseno che giace insepolto, all'insaputa dei compagni, sulla spiaggia; sacrificare agli dei inferi. Con la Sibilla Enea si inoltra nell'Averno, oltrepassando i campi del pianto dove incontra tra i morti per amore la corrucciata Didone; giunge ai campi Elisi dove l'ombra di Anchise gli elenca le future grandezze di Roma.

Un rovescio dedicato a Virgilio che così si rivela a Dante nel primo Canto dell’Inferno: Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patria ambidui. ……….. Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia, poi che ‘l superbo Ilïòn fu combusto. ……. ».

Un ritorno ai tempi del liceo… Bei tempi!

Saluti

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Ottimo contributo Paolino67: vuol dire che prima o poi posterò le mie tre monete mantovane ;)

Modificato da tergestum
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Al rovescio il motto MENS IMMOTA e un dirupo con un antro e delle foglie disperse da un forte vento; sotto la data 1638.

Il motto, a mo’ di firma, proviene dall’Eneide di Virgilio e il verso completo è Mens immota manet, lachrimae volvuntur inanes.

Grazie ad Apollonia per l'ottimo contributo.

Bellissima medaglia, di cui esiste anche una versione coniata in argento e una, fusa, in bronzo. Il già citato Rossi nel tomo "Le Medaglie dei Gonzaga" concorda con l'interpretazione data dal Signorini alla citazione MENS IMMOTA:

la Sibilla Cumana scriveva sulle foglie i propri responsi e quindi abbandonava quelle foglie nell'antro. Là i vaticini rimanevano immoti e ordinati [...] . Proponiamo pertanto la seguente interpretazione dell'impresa: la decisione (mens) dei prìncipi rimane immobile, diversamente dai vaticini della Sibilla, soggetti ai soffi di vento

P.S.

@Tergestum: attendo con ansia le immagini delle tue monete mantovane :)

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Supporter

Grazie Paolino per questo contributo! Quando c'è la passione di chi spiega tutto diventa interessante anche se non rientra nel proprio settore di interesse.... :)

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Grazie Paolino per questo contributo! Quando c'è la passione di chi spiega tutto diventa interessante anche se non rientra nel proprio settore di interesse.... :)

319122[/snapback]

In quello che ha scritto Paolino si nota l'animo gentile del Collezionista puro

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Supporter

Buondì,

un’altra occasione per parlare di Mantova, questa volta con una tessera di carità per i dominii del Monferrato riportata nell’articolo a firma di Giuseppe Margini comparso su Panorama Numismatico 6/novembre 1984 che ho ricevuto ieri in fotocopia.

Per la foto bisogna accontentarsi di questa scansione dalla fotocopia

post-703-1204029821_thumb.jpg

mentre per il resto possiamo affidarci alla descrizione e alle osservazioni dell’autore dell’articolo che qui riporto.

La moneta è di rame, 1,8-1,9 mm di spessore, 21 mm di diametro e 6,02 g di peso.

Questa la notazione del dritto: // .B.D. // .MAN // TVA. // in tre righe nel campo entro leggero contorno perlinato.

Questa quella del rovescio: S. Evasio stante con mitria pastorale nella sinistra e con la destra alzata benedicente. Nel campo, in basso, fra i paludamenti del Santo: S --- E (Sanctus Evasius).

Le due lettere alla prima riga del dritto, una B e una D separate da punti (tutti i punti dovrebbero stare in posizione più elevata, ma non mi riesce di collocarli così) sono evidentemente iniziali di due parole latine che costituiscono la chiave per l’interpretazione dello scopo per cui la tessera è stata battuta. Il Margini ha optato per B(ENEFICENTIA) o (ENEVOLENTIA) D(E), e quindi per il significato di ‘beneficenza, cioè disposizione a far del bene, da parte di Mantova’.

Più semplice la lettura del rovescio con il Santo stante in abito vescovile, con la destra benedicente e la sinistra che regge il pastorale tra le lettere S --- E a indicazione sia del nome della figura rappresentata (SANCTUS EVASIUS) sia della destinazione (IL MONFERRATO) proprio perché di Casale Monferrato S. Evasio era il protettore.

Secondo il Margini, proprio questo trasferimento da Mantova (Dritto) a Casale M. (Rovescio) conforta la sua asserzione che il pezzo descritto è proprio una TESSERA (o GETTONE) DI CARITA’.

Per quanto concerne la collocazione cronologica della tessera, riporto testualmente l’analisi dell’autore dell’articolo dopo la sua premessa che, in mancanza di grida ducali riguardanti la coniazione e la distribuzione al popolo casalasco di tali pezzi, ogni considerazione risulta opinabile ed imperfetta.

L'analisi del conio, del disegno, della punteggiatura e del perlinato del Dritto e della figura del Santo al Rovescio, rispecchiano appieno la tradizione monetaria ed incisoria del pieno Cinquecento.

Consideriamo allora chi furono i Duchi Gonzaga di questo secolo:

Federico Il I Duca di Mantova (1519-1540); I Marchese del Monferrato dal 1536;

Francesco III II Duca di Mantova e II Marchese del Monferrato (1540-1550);

Guglielmo III III Duca di Mantova (1550-1587); I Duca del Monferrato dal 1575;

Vincenzo l IV Duca di Mantova e II Duca del Monferrato (1587-1612).

Di questi quattro Duchi, chi maggiormente fu coinvolto nelle vicende del Monferrato, centro nevralgico e strategico delle lotte tra Francia e Spagna, tra Enrico II e Carlo V, fu senza dubbio il Duca Guglielmo.

Addirittura dal 1555 al 1559 i francesi, penetrati di sorpresa nella città e sopraffatto il presidio spagnolo che doveva difenderla, mantennero il dominio di Casale in nome del Re di Francia.

La pace di Cateau Cambrésis ristabilì i domini monferrini ai Gonzaga, ma fu sempre dura lotta tra Guglielmo Gonzaga ed Emanuele Filiberto di Savoia che rivendicava il possesso di Casale e delle sue ricche terre e tra Guglielmo e la stessa popolazione casalasca che, gelosa e fiera delle sue autonomie, mal sopportava il dominio ed il governo gonzaghesco.

Guglielmo Gonzaga, però, era all'altezza della situazione. Principe scaltro, diplomatico attento e sottile, - politico astuto e duttile, egli seppe vantaggiosamente destreggiarsi nelle situazioni più intricate e disperate, e nei confronti di Casale e dei casalaschi usò alternativamente il pugno di ferro della repressione più spietata e violenta ed il guanto vellutato della carità e delle misericordie nei confronti dei più poveri e dei meno abbienti.

Proprio per questa sua prerogativa di saper usare, a secondo delle circostanze, il bastone e la carota, io assegnerei questa tessera al Duca Guglielmo, sia pure con tutti i dubbi e le perplessità che ho, più sopra, avanzato.

Saluti

apollonia

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Interessante anche questa tessera, che non conoscevo. D'altronde il compianto Giuseppe Margini era specializzato proprio in questo settore. La sua attribuzione al duca Guglielmo è verosimile, ma non mi convince del tutto. Da quanto ne so, fu più bastone che carota quello che Guglielmo riservò ai casalaschi, anche se non è impossibile che verso i diseredati abbia avuto qualche pensiero caritatevole. Peraltro la sua fama di taccagno, pur se smentita da qualche autore, tornerebbe a mettere in dubbio questa attribuzione.

Per me potrebbe anche essere attribuibile al più prodigo figlio Vincenzo I.

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