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Risposte migliori

Inviato
23 minuti fa, mero mixtoque imperio dice:

Documenti che portano ancora più direttamente all’emissione dell’augustale a Napoli attengono gli anni successivi, ma chiaramente sono utili a ricostruire anche il pregresso.

Questo scrivi al punto 3, quindi, non vi sono DOCUMENTI UNIVOCI CHE ATTESTINO L'EMISSIONE DEGLI AUGUSTALI,PER ORDINE DI FEDERICO II, PRIMA DEL 1231 nè a Napoli e nè in altra Zecca.In parole povere: dove trovi scritto che Federico II ORDINO' la coniazione di AUGUSTALI prima del 1231 alla Zecca di Napoli? Ma anche dopo il 1231 alla Zecca di Napoli???   

 

Grazie

odjob


Inviato
2 minuti fa, odjob dice:

Questo scrivi al punto 3, quindi, non vi sono DOCUMENTI UNIVOCI CHE ATTESTINO L'EMISSIONE DEGLI AUGUSTALI,PER ORDINE DI FEDERICO II, PRIMA DEL 1231 nè a Napoli e nè in altra Zecca.In parole povere: dove trovi scritto che Federico II ORDINO' la coniazione di AUGUSTALI prima del 1231 alla Zecca di Napoli? Ma anche dopo il 1231 alla Zecca di Napoli???   

 

Grazie

odjob

 

Oltre a tutti gli elementi gravi, precisi e concordanti già visti, riguardanti luogo e data, c'è un'ulteriore fonte di massima importanza sul 1229, in uscita nel secondo nucleo di fonti.

Mi rendo conto che i materiali sono parecchi! 


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3 ore fa, odjob dice:

lo hai pubblicato tu quel passo nel pdf 

Per non impelagarci in discorsi che girano intorno alla vera questione di vedere se le tue supposizioni siano fondate su dati certi, cortesemente mi farebbe piacere che tu rispondessi alle domande che ti ho sottoposto precedentemente:

  1.   come fa l'Augustale ad essere coniato nel 1229 quando il "Liber Augustalis" fu redatto nel 1231 ed è nel libro che si ordina di coniare ed emettere Augustali nelle Zecche di Messina e Brindisi?  
  2. Esiste un documento redatto dall'Imperatore o dalla cancelleria imperiale e sugellato dall'Imperatore Federico II che ORDINI di coniare Augustali a Napoli? Qui è da rispondere SI o NO, altrimenti si è nell'ordine delle supposizioni. In caso affermativo vorrei leggere la disposizione di Federico II 

Per quanto anch'io sia molto dubbioso sulle date, in realtà le Costituzioni Melfitane (o Liber Augustalis), promulgate il 1° settembre 1231, non ordinano nè di coniare nè di emettere gli augustali: solo i pagamenti lì enumerati sono tutti in termini di once d'oro, augustali e sol(i)di. Nella sua Chronica dei fatti avvenuti in Italia (ma in particolare nel Regno di Sicilia, tra il 1189 e il 1243) Riccardo di San Germano riporta al dicembre 1231 (ma facendo riferimento all'intero anno, come dicono Grierson-Travaini) "Nummi aurei qui augustales vocantur de mandato imperatoris in utraque sicla Brundusii et Messanae cuduntur “. Il documento imperiale di Federico II sull'emissione degli Augustali stessi è andato smarrito.

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Inviato
51 minuti fa, Giov60 dice:

Per quanto anch'io sia molto dubbioso sulle date, in realtà le Costituzioni Melfitane (o Liber Augustalis), promulgate il 1° settembre 1231, non ordinano nè di coniare nè di emettere gli augustali: solo i pagamenti lì enumerati sono tutti in termini di once d'oro, augustali e sol(i)di. Nella sua Chronica dei fatti avvenuti in Italia (ma in particolare nel Regno di Sicilia, tra il 1189 e il 1243) Riccardo di San Germano riporta al dicembre 1231 (ma facendo riferimento all'intero anno, come dicono Grieson-Travaini) "Nummi aurei qui augustales vocantur de mandato imperatoris in utraque sicla Brundusii et Messanae cuduntur “. Il documento imperiale di Federico II sull'emissione degli Augustali stessi è andato smarrito.

 

Non credo proprio che la notizia sia riferita a tutto l'anno, in quanto è data nettamente dopo le Costituzioni e in particolare nel mese di dicembre 1231 tra Natale e Capodanno (p. 176, ed. Garufi). Cito la p. a memoria. 

Divenute zecche minori, per grazia dell'imperatore, hanno ricevuto anche loro il dono dell'augustale due anni dopo Napoli.


Inviato (modificato)

Queste pubblicazioni sulla zecca di Napoli in epoca sveva stanno diventando una saga.

Nei primi episodi della saga tanto è stato promesso ma si è visto poco e nulla. 

Aspettiamo quindi la prossima puntata della saga: "La zecca di Napoli: l'Impero colpisce ancora!"
Spero non dobbiamo però aspettare però il lavoro successivo per arrivare a delle conclusioni certe: "La zecca di Napoli: Il ritorno di Federico II."

O addirittura di non dover attendere la trilogia prequel o sequel delle pubblicazioni del nostro autore preferito. 

Modificato da azaad
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Inviato
5 minuti fa, azaad dice:

Questa storia della zecca di Napoli sembra diventata una saga di Film.

Nei primi episodi tanto è stato promesso ma si è visto poco e nulla. 

Aspettiamo quindi la prossima puntata: "La zecca di Napoli: l'Impero colpisce ancora!"
Spero non dobbiamo però aspettare però il film successivo per arrivare a delle conclusioni certe: "La zecca di Napoli: Il ritorno di Federico II."

O addirittura di non dover attendere la trilogia prequel o sequel. 

 

Ad onor del vero il titolo dell'articolo oggetto di discussione è "L'Augustale federiciano: nuove prospettive". Prospettive, rimarco. Il che presuppone (o dovrebbe presupporre) una visione sì inedita ma al momento presente soggettiva della materia/oggetto di trattazione.

Direi che pertanto - rimanendo alle citazioni in stile Lucas films - possiamo intitolare i presenti capitoli della saga " La zecca di Napoli - la minaccia fantasma". 

 

 

 

P.S. Credo di poter asserire con buona sicurezza che - in ambito puramente commerciale - un augustale assegnato a Napoli avrebbe negli ultimi anni realizzato un prezzo certamente superiore a qualsiasi emissione insulare sicla. Per un semplice apprezzamento maggiore (in ambito commerciale, lo rimarco) della zecca partenopea rispetto alle varie siciliane.

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Inviato
6 minuti fa, anto R dice:

Ad onor del vero il titolo dell'articolo oggetto di discussione è "L'Augustale federiciano: nuove prospettive". Prospettive, rimarco. Il che presuppone (o dovrebbe presupporre) una visione sì inedita ma al momento presente soggettiva della materia/oggetto di trattazione.

Direi che pertanto - rimanendo alle citazioni in stile Lucas films - possiamo intitolare i presenti capitoli della saga " La zecca di Napoli - la minaccia fantasma". 

 

 

 

P.S. Credo di poter asserire con buona sicurezza che - in ambito puramente commerciale - un augustale assegnato a Napoli avrebbe negli ultimi anni realizzato un prezzo certamente superiore a qualsiasi emissione insulare sicla. Per un semplice apprezzamento maggiore (in ambito commerciale, lo rimarco) della zecca partenopea rispetto alle varie siciliane.

 

Non diamo suggerimenti che anni orsono Lanz, negozio online , mise in vendita una moneta di Lanciano....

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Inviato
11 minuti fa, luigi78 dice:

Non diamo suggerimenti che anni orsono Lanz, negozio online , mise in vendita una moneta di Lanciano....

 

Per Lanciano sono andato molto avanti. Lì era più difficile.

Su Federico II invece siamo sommersi al tal punto di fonti che io riderei poco.

21 minuti fa, anto R dice:

Ad onor del vero il titolo dell'articolo oggetto di discussione è "L'Augustale federiciano: nuove prospettive". Prospettive, rimarco. Il che presuppone (o dovrebbe presupporre) una visione sì inedita ma al momento presente soggettiva della materia/oggetto di trattazione.

Direi che pertanto - rimanendo alle citazioni in stile Lucas films - possiamo intitolare i presenti capitoli della saga " La zecca di Napoli - la minaccia fantasma". 

 

 

 

P.S. Credo di poter asserire con buona sicurezza che - in ambito puramente commerciale - un augustale assegnato a Napoli avrebbe negli ultimi anni realizzato un prezzo certamente superiore a qualsiasi emissione insulare sicla. Per un semplice apprezzamento maggiore (in ambito commerciale, lo rimarco) della zecca partenopea rispetto alle varie siciliane.

 

Vale pure per te.

Fate la numismatica a gruppetti! Vai tutti ammucchiati dove tira il vento. Io non abbocco.


Inviato
1 ora fa, mero mixtoque imperio dice:

Non credo proprio che la notizia sia riferita a tutto l'anno, in quanto è data nettamente dopo le Costituzioni e in particolare nel mese di dicembre 1231 tra Natale e Capodanno (p. 176, ed. Garufi). Cito la p. a memoria. 

Divenute zecche minori, per grazia dell'imperatore, hanno ricevuto anche loro il dono dell'augustale due anni dopo Napoli.

 

Grierson.jpg

  • Grazie 1

Inviato (modificato)
21 minuti fa, Giov60 dice:

 

Grierson.jpg

 

Quindi mi stai facendo vedere che pur di far quadrare la loro tesi, al tempo priva - voglio sperare - delle fonti che ho trovato io, cercano di cambiare le date riportate ai fatti da Riccardo?

mi pare proprio che sia andata così!

Io devo tirare fuori il documento preciso sull’augustale a Napoli, loro possono spostare le date di Riccardo?

Spiegami come funziona il giochetto?

Comunque abbandono la discussione perché sto perdendo il tempo che non ho.

Saluti a tutti e alla prossima pubblicazione!

Modificato da mero mixtoque imperio

Inviato

Vorrei lasciare solo un piccolo commento a margine, visto che la questione mi tocca da vicino: ho riflettuto a lungo prima di intervenire e scrivere queste brevi considerazioni perché, visti i presupposti, non ero pienamente convinto di farlo. Tuttavia, rispondo in questa discussione, ma il mio discorso è più ampio e si adatta bene anche ad altri topic simili su temi e pubblicazioni affini. Con questo, non voglio assolutamente far perdere altro prezioso tempo (che non ha – l’ha ripetuto fino alla noia in vari contesti come questo) al nostro Amico, ma, impiegandone un po’ del mio, non posso fare a meno di notare che, quando la nave inizia ad affondare, il capitano, in questo strano caso, sia il primo ad abbandonarla. Dopo un’attenta lettura di quest’ultimo affascinante capitolo di quella che sembra essere effettivamente una interminabile “saga”, com’è stata definita precedentemente in tale contesto, aggiungerei dai parziali contorni “fanta-numismatici”, mi è parso superfluo e del tutto inutile procedere con una lunga disamina dei punti deboli di tale ricostruzione: ne sarebbe uscito un altro corposo saggio che, oltre a risultare scomodo per qualcuno, avrebbe dato eccessiva visibilità a questioni che non la meritano. Non è detto, tuttavia, che gli scritti del nostro Amico, trattati con la dovuta attenzione, non possano fornire, nel prossimo futuro, l’assist necessario per correggere il tiro e segnare finalmente un punto a favore delle scienze storico-numismatiche: d’altra parte, come è ben noto ai professionisti del settore, la ricerca storica, così come quella numismatica ad essa affine, comporta dei rischi a cui nessuno si può sottrarre. Da qui, il richiamo e l’invito, come vedremo nel corso di questa mia raccolta di osservazioni, alla prudenza. Mi è parso, inoltre, superfluo approfondire i singoli punti, in primis perché la maggior parte delle criticità si sono già rese evidenti agli occhi dei lettori più attenti; in secondo luogo, perché non si può discutere scientificamente di qualcosa che non è scientificamente fondato: non basta saper citare fonti, bibliografie e documenti per riconoscere la scientificità di un elaborato, ma, come dirò qui appresso, è il metodo ad indirizzare buona parte della ricerca e a determinarne la propria validità scientifica. D’altronde, «una cosa è lo strumento, un’altra è la scienza» (M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, a cura di M. Mastrogregori, Milano, 2024, p. 134): già raccogliere e selezionare i documenti più utili per il proprio lavoro è, per lo studioso, uno dei compiti più complessi; figurarsi, ora, passare alla loro esegesi. Occorre una buona dose di accortezza in questa fase, a maggior ragione se i documenti ufficiali sopravvissuti sono relativamente pochi e ci consentono di ricostruire solo uno spaccato parziale e non il quadro generale della questione: «il pericolo inizia solamente quando ogni fonte di luce pretende da sola di illuminare tutto» (p. 248). Perché, per quante fonti possiamo disporre in ogni periodo storico, esse non saranno mai in numero sufficiente per ricostruire minuziosamente l’intero panorama degli eventi: tentiamo di avvicinarci ad esso con gli strumenti che abbiamo a disposizione di volta in volta, ma, al massimo, possiamo solo sottolineare alcuni aspetti del tutto. Infatti, mi è sembrato di individuare nuovamente il vero problema di questi scritti nel metodo d’indagine adottato, lo stesso con cui i documenti vengono man mano approcciati ed interpretati. Il merito principale del nostro Amico – ormai è palese ai più – consiste nel pubblicare documenti e testimonianze d’epoca in maniera filologicamente corretta (anche se non sempre possiamo parlare di edizioni critiche che seguono i classici criteri paleografici e diplomatici), ma il metodo d’interpretazione che poi viene ad essi applicato è finalizzato solamente alla dimostrazione di una o più idee che già sono insite nell’ipotesi iniziale a priori. In altre parole, non è la pubblicazione e la lettura del documento, laddove esso esista e ci sia giunto, a dimostrare i passaggi chiave di questo o di altro suo studio, bensì la dinamica è inversa: il documento viene interpretato e finanche, in alcuni passaggi, forzato al solo fine di arrivare alle conclusioni che egli ha già preconcette, ovvero «quando il giudizio pende da una parte, non si può evitare di volgere e torcere la narrazione in quel senso» (M. de Montaigne, Essais, a cura di A. Thibaudet, Paris, Gallimard, 1953, libro II, cap. X, p. 459 [ed. it. F. Garavini, Milano, Bompiani, 2012, p. 743]). È, questo, uno degli errori di metodo più comuni tra gli storici non professionisti, il che non è una novità: «le lunghe minuzie dell’erudizione storica, del tutto capaci di divorare una vita intera, meriterebbero di essere condannate come spreco di energie assurdo, quasi criminale, se avessero come unico risultato quello di rivestire con un po’ di verità uno dei nostri svaghi» (pp. 37-38). Ed è proprio quello che accade tra queste come in altre pagine a firma del nostro Amico: l’erudizione da lui messa in campo, con questi continui scoop e scoperte inseguite quasi ossessivamente ad ogni costo (come se l’unico senso della ricerca scientifica fosse quello di presentare ogni volta un elemento di novità da presentare tra squilli di tromba e rulli di tamburi), ha il solo scopo di «rivestire con un po’ di verità» una teoria a monte già data. In altre parole, quest’«immodesta sicurezza di sé» devia dalla cultura del dubbio, già di pirenniana memoria, che costituisce una delle basi fondanti, ma non esclusive, del metodo storiografico moderno e si imbatte, invece, in quella serie di errori e refusi che già Bloch riconosceva «in qualche modo suggeriti dai suoi testimoni» (p. 165). Estremizzando, forse, si potrebbe esemplificare tale meccanismo vizioso con un aneddoto narrato dal nostro storico: «smanioso di far prevalere le proprie tesi sulla trasmissione dei caratteri acquisiti, il biologo viennese Paul Kammerer produsse lui stesso, con iniezioni d’inchiostro di china sulle zampe dei suoi rospi, le supposte escrescenze nuziali che poi avrebbe mostrato trionfalmente come l’effetto di adattamenti ereditari». E sono proprio casi simili che inducono gli studiosi a ricorrere alle «regole ordinarie della critica della testimonianza» e, quindi, ad interrogarsi sul metodo e sulle sue problematiche, per evitare di incorrere in false o inquinate piste (anche queste citazioni sono tratte tutte da Bloch, Apologia della storia cit., p. 114). Tali “incidenti di percorso”, dunque, furono, sono e – mi auguro in misura progressivamente minore – saranno sempre presenti, sebbene in percentuali ridotte, all’interno della parabola evolutiva della ricerca, qualsiasi campo d’indagine essa abbia per oggetto. Perché di questo si tratta: le fonti, la bibliografia, i documenti, maneggiati in assenza di metodo critico, languiscono nel campo dell’erudizione o, al massimo, di un’utile ricerca antiquaria, ma non sono capaci di andare oltre. La critica, infatti, è come una «specie di torcia che ci illumina e ci conduce lungo le oscure strade dell’antichità, aiutandoci a distinguere il vero dal falso» (L. Ellies Du Pin, Nouvelle bibliothèque des auteurs ecclésiastiques, I, Paris, A. Pralard, 1690, p. 13). Se ne erano consapevoli già gli autori del XVII secolo – e, anzi, fu proprio all’epoca che le opere critiche iniziarono a muovere i loro primi passi, soprattutto in ambito dell’esegesi biblica e successivamente anche storiografica (penso, per rimanere in tema, a Pierre Bayle, il quale aveva già capito come tale metodo si potesse applicare ad un’infinità di opere e campi diversi del sapere) –, come mai ce ne dimentichiamo così facilmente ancora nel nostro tempo? Nonostante tutti i suoi successivi perfezionamenti, aggiungerei. D’altronde, la conduzione di un simile metodo ha portato a scardinare, allontanandoli tra loro, alcuni nessi di causa ed effetto su cui si regge la ricostruzione storico-numismatica, approdando a ben altre conclusioni. Per dirla con le felici parole – ancora una volta – di Bloch, che, mi pare chiaro, abbiamo eletto a nostra guida in tale frangente, «l’errore sulla causa si trasforma, come succede quasi necessariamente, in terapia sbagliata» (p. 92). Questo non si traduce, in ultima analisi, con la preclusione nei confronti di alcuni protagonisti di occuparsi di storia e di numismatica, anche a determinati livelli, né che queste discipline siano solo appannaggio di una ristretta cerchia di studiosi accreditati, bensì, più propriamente, significa sottolineare come esse debbano essere trattate con il dovuto rigore metodologico e con la giusta prudenza intellettuale, soprattutto se si è decisi ad agire in contesti scientifici, perché la storia, così come altre scienze, gode di punti fermi assoluti, ma è costellata di altrettanti – e forse più numerosi – punti oscuri che non le consentono, al pari della numismatica, di farne una disciplina ammantata di certezze. Infatti, già Bloch aveva intuito che «le certezze della storia sono ancora a uno stadio molto meno avanzato» (p. 44): e la situazione, ad oggi, non è mutata così tanto. I problemi e gli errori di metodo non sono sempre difficili da individuare, soprattutto per gli “addetti ai lavori”, ma ardui da risolvere nel momento in cui quello sfoggio di erudizione, a cui ci si richiamava precedentemente, è funzionale all’aumento dell’ego personale: e questo fenomeno mi pare pacifico anche dai toni usati ed emersi in questa discussione (ma non è la prima volta), non da ultimo quello sprezzante, emerso nel momento in cui viene citata qualche mia pubblicazione scientifica sull’argomento. Come è stato giustamente sottolineato anche in questa sede, senza un dibattito e un confronto costruttivo, oltreché scientificamente fondato non solo sui documenti (questi ultimi subentrano solo in un secondo momento), quanto più sull’adozione di un metodo storiografico valido in grado di comprendere tali fonti, questi suoi scritti, seppur con i dovuti pregi, approdano a conclusioni quantomeno discutibili e poco condivisibili; a maggior ragione ora che si delinea un quadro quasi surreale nel quale sono stati tirati in ballo eventuali grandi “guru” e “poteri forti” della numismatica che metterebbero a tacere le voci della presunta verità mediante complotti mirati. Neanche stessimo trattando, soprattutto in questa sede, di fantascienza con tanto di complotti e man in black della numismatica, ovviamente sottomessi a non meglio specificati “poteri forti” ed operanti sotto la loro egida, che tentano di intimorire e mettere a tacere i veri studiosi con la presunta verità in tasca. Il che, per carità, si sposa perfettamente con la “fanta-numismatica” praticata a tratti dal Nostro, ma mi lascia con un sorriso amaro sulle labbra il constatare come le nostre amate discipline, anziché essere trattate con il giusto metodo ed il rigore che richiederebbero, vengano esposte in tal modo su vetrine internazionali, evidentemente a digiuno di tali tematiche settoriali e, come si vedrà, ad esse poco o per nulla avvezze, e quindi incapaci, in assenza di strumenti critici adeguati, di emettere un giudizio metodologicamente fondato. Inoltre, come è stato già evidenziato, il criterio di riordino delle emissioni degli augustali, da cui deriva anche tutto un discutibile sistema di datazioni, è a dir poco risibile e non ha nulla di assimilabile alla scientificità che ci si aspetterebbe da una pubblicazione che si presenta in tale veste: anzi, mi meraviglio pure che abbia trovato seguito e accoglienza in una rivista con tanto di peer-review (questa, se ce ne fosse ancora bisogno, è l’ennesima conferma di ciò a cui mi riferivo poco più sopra)! Per dimostrarlo, infatti, mi sarà sufficiente chiedere cosa sarebbe successo agli augustali, e alla loro relativa sistemazione cronologica basata sui paragoni con le monete romane e bizantine, qualora si fossero individuati ritratti monetali afferenti agli stessi imperatori ma di stili completamente diversi rispetto a quelli selezionati dal nostro Amico nel suo lavoro: tanto per fare un esempio, i ritratti sugli assi o sui sesterzi di Domiziano (per limitarci al bronzo – ricordo che anche io ho una buona esperienza in campo di monetazione classica: sono stato, tra l’altro, curatore per ben due anni, qui sul Forum, della sezione di monete romane repubblicane) sono tutti uguali, in termini stilistici, a quello pubblicato dal Nostro per eseguire il confronto con il relativo augustale? Oppure si conoscono anche altri ritratti monetali del suddetto imperatore, stilisticamente differenti da quello selezionato nella pubblicazione, che sarebbero da soli sufficienti a smontare tutto questo inutile castello di carte? E siamo proprio così sicuri (le certezze della storia e della numismatica!) che tra le mani di Federico II e dei suoi funzionari capitò proprio e solo quel ritratto monetale di Domiziano, anziché un altro di tipo e fattura diversi? I richiami al mondo classico, custoditi nei caratteri iconografici ed epigrafici dell’augustale federiciano, sono ovviamente chiari e innegabili – e sono stati appurati da studiosi di ben altra caratura –, ma qui mi sembra che si stia andando un attimino oltre. Tra l’altro, questo sistema di classificazione e datazione, evidente prodotto dei problemi di metodo fin qui evidenziati, non può essere nemmeno scusato con il pretesto di una futura ottimizzazione: cosa dobbiamo ottimizzare se tale sconclusionata catalogazione si regge su basi così inconsistenti e facilmente opinabili? Mi chiedo, dunque, se siamo arrivati a tanto – il che è davvero triste –, quali siano le prospettive future per scienze come la storia o la numismatica se continueranno ad essere bistrattate in questo modo, senza metodo, senza prudenza e senza senso critico? In altre parole, prima di mettere mano alle fonti e ai documenti e a spendere a livello internazionale i propri titoli, sarebbe quasi un dovere morale per ogni studioso che intenda scrivere di storia o di altre discipline ad essa affini, come la numismatica, accostarsi ad una lettura, come quella di Bloch, che avvii allo studio metodologicamente ragionato e fondato della storia: il nostro Amico dovrebbe avere – mi auguro – una certa familiarità con testi di tal fatta, ed in particolare con le pagine di Bloch, non solo in virtù della sua recente formazione, ma vieppiù se pensiamo che proprio in Spagna, prima che altrove, il lavoro del nostro storico-guida fu dato alle stampe proprio con la chiara intenzione di fornire uno strumento di introduzione al metodo storiografico! Se accantoniamo tutto ciò, il risultato sarà quello di rimanere nel recinto del dilettantismo erudito, per quanto virtuoso e utile esso sia.          

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1 ora fa, Caio Ottavio dice:

Vorrei lasciare solo un piccolo commento a margine,Non mi sembra un piccolo commento visto che è fuori dalle righe per estensione visto che la questione mi tocca da vicino: ho riflettuto a lungo prima di intervenire e scrivere queste brevi considerazioni perché, visti i presupposti, non ero pienamente convinto di farlo. Tuttavia, rispondo in questa discussione, ma il mio discorso è più ampio e si adatta bene anche ad altri topic simili su temi e pubblicazioni affini. Con questo, non voglio assolutamente far perdere altro prezioso tempo (che non ha – l’ha ripetuto fino alla noia in vari contesti come questo) al nostro Amico, ma, impiegandone un po’ del mio, non posso fare a meno di notare che, quando la nave inizia ad affondare, il capitano, in questo strano caso, sia il primo ad abbandonarla. Dopo un’attenta lettura di quest’ultimo affascinante capitolo di quella che sembra essere effettivamente una interminabile “saga”, com’è stata definita precedentemente in tale contesto, aggiungerei dai parziali contorni “fanta-numismatici”, mi è parso superfluo e del tutto inutile procedere con una lunga disamina dei punti deboli di tale ricostruzione: ne sarebbe uscito un altro corposo saggio che, oltre a risultare scomodo per qualcuno, avrebbe dato eccessiva visibilità a questioni che non la meritano. Non è detto, tuttavia, che gli scritti del nostro Amico, trattati con la dovuta attenzione, non possano fornire, nel prossimo futuro, l’assist necessario per correggere il tiro e segnare finalmente un punto a favore delle scienze storico-numismatiche: d’altra parte, come è ben noto ai professionisti del settore, la ricerca storica, così come quella numismatica ad essa affine, comporta dei rischi a cui nessuno si può sottrarre. Da qui, il richiamo e l’invito, come vedremo nel corso di questa mia raccolta di osservazioni, alla prudenza. Mi è parso, inoltre, superfluo approfondire i singoli punti, in primis perché la maggior parte delle criticità si sono già rese evidenti agli occhi dei lettori più attenti; in secondo luogo, perché non si può discutere scientificamente di qualcosa che non è scientificamente fondato: non basta saper citare fonti, bibliografie e documenti per riconoscere la scientificità di un elaborato, ma, come dirò qui appresso, è il metodo ad indirizzare buona parte della ricerca e a determinarne la propria validità scientifica. D’altronde, «una cosa è lo strumento, un’altra è la scienza» (M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, a cura di M. Mastrogregori, Milano, 2024, p. 134): già raccogliere e selezionare i documenti più utili per il proprio lavoro è, per lo studioso, uno dei compiti più complessi; figurarsi, ora, passare alla loro esegesi. Occorre una buona dose di accortezza in questa fase, a maggior ragione se i documenti ufficiali sopravvissuti sono relativamente pochi e ci consentono di ricostruire solo uno spaccato parziale e non il quadro generale della questione: «il pericolo inizia solamente quando ogni fonte di luce pretende da sola di illuminare tutto» (p. 248). Perché, per quante fonti possiamo disporre in ogni periodo storico, esse non saranno mai in numero sufficiente per ricostruire minuziosamente l’intero panorama degli eventi: tentiamo di avvicinarci ad esso con gli strumenti che abbiamo a disposizione di volta in volta, ma, al massimo, possiamo solo sottolineare alcuni aspetti del tutto. Infatti, mi è sembrato di individuare nuovamente il vero problema di questi scritti nel metodo d’indagine adottato, lo stesso con cui i documenti vengono man mano approcciati ed interpretati. Il merito principale del nostro Amico – ormai è palese ai più – consiste nel pubblicare documenti e testimonianze d’epoca in maniera filologicamente corretta (anche se non sempre possiamo parlare di edizioni critiche che seguono i classici criteri paleografici e diplomatici), ma il metodo d’interpretazione che poi viene ad essi applicato è finalizzato solamente alla dimostrazione di una o più idee che già sono insite nell’ipotesi iniziale a priori. In altre parole, non è la pubblicazione e la lettura del documento, laddove esso esista e ci sia giunto, a dimostrare i passaggi chiave di questo o di altro suo studio, bensì la dinamica è inversa: il documento viene interpretato e finanche, in alcuni passaggi, forzato al solo fine di arrivare alle conclusioni che egli ha già preconcette, ovvero «quando il giudizio pende da una parte, non si può evitare di volgere e torcere la narrazione in quel senso» (M. de Montaigne, Essais, a cura di A. Thibaudet, Paris, Gallimard, 1953, libro II, cap. X, p. 459 [ed. it. F. Garavini, Milano, Bompiani, 2012, p. 743]). È, questo, uno degli errori di metodo più comuni tra gli storici non professionisti, il che non è una novità: «le lunghe minuzie dell’erudizione storica, del tutto capaci di divorare una vita intera, meriterebbero di essere condannate come spreco di energie assurdo, quasi criminale, se avessero come unico risultato quello di rivestire con un po’ di verità uno dei nostri svaghi» (pp. 37-38). Ed è proprio quello che accade tra queste come in altre pagine a firma del nostro Amico: l’erudizione da lui messa in campo, con questi continui scoop e scoperte inseguite quasi ossessivamente ad ogni costo (come se l’unico senso della ricerca scientifica fosse quello di presentare ogni volta un elemento di novità da presentare tra squilli di tromba e rulli di tamburi), ha il solo scopo di «rivestire con un po’ di verità» una teoria a monte già data. In altre parole, quest’«immodesta sicurezza di sé» devia dalla cultura del dubbio, già di pirenniana memoria, che costituisce una delle basi fondanti, ma non esclusive, del metodo storiografico moderno e si imbatte, invece, in quella serie di errori e refusi che già Bloch riconosceva «in qualche modo suggeriti dai suoi testimoni» (p. 165). Estremizzando, forse, si potrebbe esemplificare tale meccanismo vizioso con un aneddoto narrato dal nostro storico: «smanioso di far prevalere le proprie tesi sulla trasmissione dei caratteri acquisiti, il biologo viennese Paul Kammerer produsse lui stesso, con iniezioni d’inchiostro di china sulle zampe dei suoi rospi, le supposte escrescenze nuziali che poi avrebbe mostrato trionfalmente come l’effetto di adattamenti ereditari». E sono proprio casi simili che inducono gli studiosi a ricorrere alle «regole ordinarie della critica della testimonianza» e, quindi, ad interrogarsi sul metodo e sulle sue problematiche, per evitare di incorrere in false o inquinate piste (anche queste citazioni sono tratte tutte da Bloch, Apologia della storia cit., p. 114). Tali “incidenti di percorso”, dunque, furono, sono e – mi auguro in misura progressivamente minore – saranno sempre presenti, sebbene in percentuali ridotte, all’interno della parabola evolutiva della ricerca, qualsiasi campo d’indagine essa abbia per oggetto. Perché di questo si tratta: le fonti, la bibliografia, i documenti, maneggiati in assenza di metodo critico, languiscono nel campo dell’erudizione o, al massimo, di un’utile ricerca antiquaria, ma non sono capaci di andare oltre. La critica, infatti, è come una «specie di torcia che ci illumina e ci conduce lungo le oscure strade dell’antichità, aiutandoci a distinguere il vero dal falso» (L. Ellies Du Pin, Nouvelle bibliothèque des auteurs ecclésiastiques, I, Paris, A. Pralard, 1690, p. 13). Se ne erano consapevoli già gli autori del XVII secolo – e, anzi, fu proprio all’epoca che le opere critiche iniziarono a muovere i loro primi passi, soprattutto in ambito dell’esegesi biblica e successivamente anche storiografica (penso, per rimanere in tema, a Pierre Bayle, il quale aveva già capito come tale metodo si potesse applicare ad un’infinità di opere e campi diversi del sapere) –, come mai ce ne dimentichiamo così facilmente ancora nel nostro tempo? Nonostante tutti i suoi successivi perfezionamenti, aggiungerei. D’altronde, la conduzione di un simile metodo ha portato a scardinare, allontanandoli tra loro, alcuni nessi di causa ed effetto su cui si regge la ricostruzione storico-numismatica, approdando a ben altre conclusioni. Per dirla con le felici parole – ancora una volta – di Bloch, che, mi pare chiaro, abbiamo eletto a nostra guida in tale frangente, «l’errore sulla causa si trasforma, come succede quasi necessariamente, in terapia sbagliata» (p. 92). Questo non si traduce, in ultima analisi, con la preclusione nei confronti di alcuni protagonisti di occuparsi di storia e di numismatica, anche a determinati livelli, né che queste discipline siano solo appannaggio di una ristretta cerchia di studiosi accreditati, bensì, più propriamente, significa sottolineare come esse debbano essere trattate con il dovuto rigore metodologico e con la giusta prudenza intellettuale, soprattutto se si è decisi ad agire in contesti scientifici, perché la storia, così come altre scienze, gode di punti fermi assoluti, ma è costellata di altrettanti – e forse più numerosi – punti oscuri che non le consentono, al pari della numismatica, di farne una disciplina ammantata di certezze. Infatti, già Bloch aveva intuito che «le certezze della storia sono ancora a uno stadio molto meno avanzato» (p. 44): e la situazione, ad oggi, non è mutata così tanto. I problemi e gli errori di metodo non sono sempre difficili da individuare, soprattutto per gli “addetti ai lavori”, ma ardui da risolvere nel momento in cui quello sfoggio di erudizione, a cui ci si richiamava precedentemente, è funzionale all’aumento dell’ego personale: e questo fenomeno mi pare pacifico anche dai toni usati ed emersi in questa discussione (ma non è la prima volta), non da ultimo quello sprezzante, emerso nel momento in cui viene citata qualche mia pubblicazione scientifica sull’argomento. Come è stato giustamente sottolineato anche in questa sede, senza un dibattito e un confronto costruttivo, oltreché scientificamente fondato non solo sui documenti (questi ultimi subentrano solo in un secondo momento), quanto più sull’adozione di un metodo storiografico valido in grado di comprendere tali fonti, questi suoi scritti, seppur con i dovuti pregi, approdano a conclusioni quantomeno discutibili e poco condivisibili; a maggior ragione ora che si delinea un quadro quasi surreale nel quale sono stati tirati in ballo eventuali grandi “guru” e “poteri forti” della numismatica che metterebbero a tacere le voci della presunta verità mediante complotti mirati.Mi spiace che tu non sappia nemmeno di cosa stai parlando. Non posso fare nomi, circostanze e quant'altro. Neanche stessimo trattando, soprattutto in questa sede, di fantascienza con tanto di complotti e man in black della numismatica, ovviamente sottomessi a non meglio specificati “poteri forti” ed operanti sotto la loro egida, che tentano di intimorire e mettere a tacere i veri studiosi con la presunta verità in tasca. Il che, per carità, si sposa perfettamente con la “fanta-numismatica” praticata a tratti dal Nostro, ma mi lascia con un sorriso amaro sulle labbra il constatare come le nostre amate discipline, anziché essere trattate con il giusto metodo ed il rigore che richiederebbero, vengano esposte in tal modo su vetrine internazionali, evidentemente a digiuno di tali tematiche settoriali e, come si vedrà, ad esse poco o per nulla avvezze, e quindi incapaci, in assenza di strumenti critici adeguati, di emettere un giudizio metodologicamente fondato. Inoltre, come è stato già evidenziato, il criterio di riordino delle emissioni degli augustali, da cui deriva anche tutto un discutibile sistema di datazioni, è a dir poco risibile e non ha nulla di assimilabile alla scientificità che ci si aspetterebbe da una pubblicazione che si presenta in tale veste: anzi, mi meraviglio pure che abbia trovato seguito e accoglienza in una rivista con tanto di peer-review (questa, se ce ne fosse ancora bisogno, è l’ennesima conferma di ciò a cui mi riferivo poco più sopra)! Per dimostrarlo, infatti, mi sarà sufficiente chiedere cosa sarebbe successo agli augustali, e alla loro relativa sistemazione cronologica basata sui paragoni con le monete romane e bizantine, qualora si fossero individuati ritratti monetali afferenti agli stessi imperatori ma di stili completamente diversi rispetto a quelli selezionati dal nostro Amico nel suo lavoro: tanto per fare un esempio, i ritratti sugli assi o sui sesterzi di Domiziano (per limitarci al bronzo – ricordo che anche io ho una buona esperienza in campo di monetazione classica: sono stato, tra l’altro, curatore per ben due anni, qui sul Forum, della sezione di monete romane repubblicane) sono tutti uguali, in termini stilistici, a quello pubblicato dal Nostro per eseguire il confronto con il relativo augustale? Oppure si conoscono anche altri ritratti monetali del suddetto imperatore, stilisticamente differenti da quello selezionato nella pubblicazione, che sarebbero da soli sufficienti a smontare tutto questo inutile castello di carte? E siamo proprio così sicuri (le certezze della storia e della numismatica!) che tra le mani di Federico II e dei suoi funzionari capitò proprio e solo quel ritratto monetale di Domiziano, anziché un altro di tipo e fattura diversi? I richiami al mondo classico, custoditi nei caratteri iconografici ed epigrafici dell’augustale federiciano, sono ovviamente chiari e innegabili – e sono stati appurati da studiosi di ben altra caratura –, ma qui mi sembra che si stia andando un attimino oltre. Tra l’altro, questo sistema di classificazione e datazione, evidente prodotto dei problemi di metodo fin qui evidenziati, non può essere nemmeno scusato con il pretesto di una futura ottimizzazione: cosa dobbiamo ottimizzare se tale sconclusionata catalogazione si regge su basi così inconsistenti e facilmente opinabili? Mi chiedo, dunque, se siamo arrivati a tanto – il che è davvero triste –, quali siano le prospettive future per scienze come la storia o la numismatica se continueranno ad essere bistrattate in questo modo, senza metodo, senza prudenza e senza senso critico? Inutili parole, a tratti offensive, con sentenze addirittura, quando non ti sei nemmeno accorto che Kowalski fu il primo a individuare gli imperatori, senza riuscire nella catalogazione completa, anzi abbozzandola solo. Nessuno ha preteso che la catalogazione sia definitiva. La cosa certa è che chi mi ha preceduto, tra cui tu, non ha mai preso in considerazione la attuale e ampiamente documentata zecca di Napoli. Sulla scorta di ciò, a prescindere da qualsiasi nuova catalogazione, è certo che le precedenti erano errate. Comprendi? Secondo me no, a giudicare dal tenore. In altre parole, prima di mettere mano alle fonti e ai documenti e a spendere a livello internazionale i propri titoli, sarebbe quasi un dovere morale per ogni studioso che intenda scrivere di storia o di altre discipline ad essa affini, come la numismatica, accostarsi ad una lettura, come quella di Bloch, che avvii allo studio metodologicamente ragionato e fondato della storia: il nostro Amico dovrebbe avere – mi auguro – una certa familiarità con testi di tal fatta, ed in particolare con le pagine di Bloch, non solo in virtù della sua recente formazione, ma vieppiù se pensiamo che proprio in Spagna, prima che altrove, il lavoro del nostro storico-guida fu dato alle stampe proprio con la chiara intenzione di fornire uno strumento di introduzione al metodo storiografico! Se accantoniamo tutto ciò, il risultato sarà quello di rimanere nel recinto del dilettantismo erudito, per quanto virtuoso e utile esso sia.  Gran lungo discorso, con la grande latitante: la numismatica. In poche parole un detrattore.        

 

Buona domenica!

Modificato da mero mixtoque imperio
  • Confuso 1

Inviato

Purtroppo non ravviso nulla di veramente opinabile nei confronti del mio giudizio critico, che mi sembra si sia presentato in maniera tranquilla e pacifica, tutt'altro che offensiva (ma mi rimetto al parere dei membri dello Staff, qualora essi ravvisino nelle mie parole contenuti lesivi o ingiuriosi nei confronti di qualsiasi utente che abbia preso parte a questa discussione). A malincuore, mi tocca constatare come, in assenza di argomenti, si preferisca lanciare queste accuse gratuite, nonostante io non abbia mai offeso nessuno fin dal primo giorno in cui mi sono iscritto al Forum: e gli utenti che mi conoscono, alcuni anche di persona, credo che possano confermarlo. Ma lasciamo stare: scrivo solo per sottolineare come io non ignori il contenuto del saggio del Kowalski e come abbia anche sottolineato (la letteratura scientifica sul punto mi pare, in linea di massima, concorde) nel mio commento i legami formali tra gli augustali e i richiami al mondo classico. Il mio era, ancora una volta tocca ripetermi in quanto, forse, il senso del mio testo non è stato compreso appieno, solo un parere sul metodo, non sui contenuti (ecco perché, inoltre, non si può parlare di latitanza della numismatica, che pure risulta presente, sebbene non in maniera preponderante, se si cerca di comprendere il mio testo). Questi ultimi li lasciamo intervenire in un secondo momento. Sulla definizione di "detrattore", che pure il nostro Amico ha ritenuto di affibbiarmi, preferisco lasciar correre, anche se si tratta di un'offesa - questa sì - voluta nei confronti della mia figura personale e professionale, in quanto io non ho mai diffuso maldicenze o critiche maligne che potessero danneggiare la reputazione del Nostro, anzi, al contrario: ho solo espresso pacatamente (e mi torno a ripetere, augurandomi per l'ultima volta) il mio parere verso un lavoro pubblicato e liberamente fruibile, il quale parere non necessariamente doveva essere di ossequioso omaggio o di acritica lode. D'altronde (e qui mi tocca dover constatare nuovamente la mancanza di un dibattito costruttivo e sereno), gli studiosi con un minimo di maturità alle spalle sono disposti, nel confronto scientifico, ad accettare anche giudizi su problemi di metodo senza dover scadere necessariamente nell'offesa, come in questo caso. A tutto vantaggio, così facendo, di chi scrive, ma anche e soprattutto di chi poi legge. 
Una buona domenica anche a te, caro Simonluca! 
A presto.   


Inviato (modificato)
44 minuti fa, Caio Ottavio dice:

Purtroppo non ravviso nulla di veramente opinabile nei confronti del mio giudizio critico, che mi sembra si sia presentato in maniera tranquilla e pacifica, tutt'altro che offensiva (ma mi rimetto al parere dei membri dello Staff, qualora essi ravvisino nelle mie parole contenuti lesivi o ingiuriosi nei confronti di qualsiasi utente che abbia preso parte a questa discussione). A malincuore, mi tocca constatare come, in assenza di argomenti, si preferisca lanciare queste accuse gratuite, nonostante io non abbia mai offeso nessuno fin dal primo giorno in cui mi sono iscritto al Forum: e gli utenti che mi conoscono, alcuni anche di persona, credo che possano confermarlo. Ma lasciamo stare: scrivo solo per sottolineare come io non ignori il contenuto del saggio del Kowalski e come abbia anche sottolineato (la letteratura scientifica sul punto mi pare, in linea di massima, concorde) nel mio commento i legami formali tra gli augustali e i richiami al mondo classico. Il mio era, ancora una volta tocca ripetermi in quanto, forse, il senso del mio testo non è stato compreso appieno, solo un parere sul metodo, non sui contenuti (ecco perché, inoltre, non si può parlare di latitanza della numismatica, che pure risulta presente, sebbene non in maniera preponderante, se si cerca di comprendere il mio testo). Questi ultimi li lasciamo intervenire in un secondo momento. Sulla definizione di "detrattore", che pure il nostro Amico ha ritenuto di affibbiarmi, preferisco lasciar correre, anche se si tratta di un'offesa - questa sì - voluta nei confronti della mia figura personale e professionale, in quanto io non ho mai diffuso maldicenze o critiche maligne che potessero danneggiare la reputazione del Nostro, anzi, al contrario: ho solo espresso pacatamente (e mi torno a ripetere, augurandomi per l'ultima volta) il mio parere verso un lavoro pubblicato e liberamente fruibile, il quale parere non necessariamente doveva essere di ossequioso omaggio o di acritica lode. D'altronde (e qui mi tocca dover constatare nuovamente la mancanza di un dibattito costruttivo e sereno), gli studiosi con un minimo di maturità alle spalle sono disposti, nel confronto scientifico, ad accettare anche giudizi su problemi di metodo senza dover scadere necessariamente nell'offesa, come in questo caso. A tutto vantaggio, così facendo, di chi scrive, ma anche e soprattutto di chi poi legge. 
Una buona domenica anche a te, caro Simonluca! 
A presto.   

 

Il dono della sintesi non ti appartiene, su questo non ci piove. 
Se non ignori Kowalski e il resto, come dici, non scrivere cose incompatibili con loro.

La numismatica latita nei tuoi interventi perché scrivi una nuvola di fumo, non esprimendo nulla di intelligibile per il lettore sui temi focali.

Dovresti invece evidenziare che a Napoli non si produsse oro; che a Napoli non si coniarono augustali; che Napoli non fu la capitale; che a Napoli non sedeva la tesoreria; che a Napoli la zecca non si trovava nel palazzo di Pier della Vigna; che a Napoli Federico II non aveva stabilito il centro di potere della Sicilia; che a Napoli non fu fondato lo Studium, etc. E poi si potrà dire che hai svolto un intervento scientifico da numismatico e non nel senso di detrattore, che non è necessariamente un termine offensivo, come tu lo ritieni, ma che inteso a livello scientifico/letterale, vale a dire come l’ho pronunciato io, esprime il pensiero di una persona che mette da parte i risultati da me evidenziati, li sottrae al pubblico, come si nota, visto che non ne parla.

Cari saluti
Augustales, ac Tarenos auri, qui in Sicla Neapolis cuduntur.

Modificato da mero mixtoque imperio

Inviato (modificato)
18 minuti fa, mero mixtoque imperio dice:

Il dono della sintesi non ti appartiene, su questo non ci piove. 
Se non ignori Kowalski e il resto, come dici, non scrivere cose incompatibili con loro.

La numismatica latita nei tuoi interventi perché scrivi una nuvola di fumo, non esprimendo nulla di intelligibile per il lettore sui temi focali.

Dovresti invece evidenziare che a Napoli non si produsse oro; che a Napoli non si coniarono augustali; che Napoli non fu la capitale; che a Napoli non sedeva la tesoreria; che a Napoli la zecca non si trovava nel palazzo di Pier della Vigna; che a Napoli Federico II non aveva stabilito il centro di potere della Sicilia; che a Napoli non fu fondato lo Studium, etc. E poi si potrà dire che hai svolto un intervento scientifico da numismatico e non nel senso di detrattore, che non è necessariamente un termine offensivo, come tu lo ritieni, ma inteso a livello scientifico/letterale, vale a dire come l’ho pronunciato io, esprime il pensiero di una persona che mette da parte i risultati da me evidenziati. Li sottrae al pubblico, come di nota, visto che non ne parla.

Cari saluti
Augustales, ac Tarenos auri, qui in Sicla Neapolis cuduntur.

 

Su questo sono d'accordo con te: il dono della sintesi non è tra le mie qualità, ahimè. 
Purtroppo, vedo che non riusciamo a comunicare: io parlo di metodo e tu di contenuti (su cui, se potrò e lo riterrò opportuno, mi ci soffermerò qualora abbia qualcosa da approfondire in maniera più puntuale. Ma anche questo l'ho già detto più volte). Io ti chiedo: "come stai?" e tu mi rispondi: "fuori piove". Visto che non vorrei ripetermi all'infinito, a mo' di pappagallo, il mio contributo alla discussione l'ho dato: chi vuole cimentarsi nella lettura, non potrà farmi altro che piacere. Per ulteriori chiarimenti, laddove mi sarà possibile, ovviamente la mia disponibilità è scontata. Per il resto, chi ha orecchie per intendere, intenda, altrimenti non fa nulla. 
Per il significato del termine "detrattore" e per le relative accezioni: Detrattóre - Significato ed etimologia - Vocabolario - Treccani
A presto!

Modificato da Caio Ottavio

Inviato (modificato)
22 minuti fa, Caio Ottavio dice:

Su questo sono d'accordo con te: il dono della sintesi non è tra le mie qualità, ahimè. 
Purtroppo, vedo che non riusciamo a comunicare: io parlo di metodo e tu di contenuti (su cui, se potrò e lo riterrò opportuno, mi ci soffermerò qualora abbia qualcosa da approfondire in maniera più puntuale. Ma anche questo l'ho già detto più volte). Io ti chiedo: "come stai?" e tu mi rispondi: "fuori piove". Visto che non vorrei ripetermi all'infinito, a mo' di pappagallo, il mio contributo alla discussione l'ho dato: chi vuole cimentarsi nella lettura, non potrà farmi altro che piacere. Per ulteriori chiarimenti, laddove mi sarà possibile, ovviamente la mia disponibilità è scontata. Per il resto, chi ha orecchie per intendere, intenda, altrimenti non fa nulla. 
Per il significato del termine "detrattore" e per le relative accezioni: Detrattóre - Significato ed etimologia - Vocabolario - Treccani
A presto!

 

Al pari delle tue pubblicazioni, ti sei sempre rimesso al di sotto di altre, così come con l’etimologia della parola ‘detrattore’. Penso che latino e greco tu li conosca. Bene.

La metodologia non equivale a non pensare. Non devi agire così. Hai un potenziale da sfruttare che giammai deve essere rimesso al di sotto di presunti santoni.

Bisogna ripartire sempre da zero per poi vedere se la propria ricerca collima con quanto già pubblicato, altrimenti, facendo il contrario, la ricerca non andrà mai avanti.

Ciao

Modificato da mero mixtoque imperio

Inviato (modificato)

 

Vorrei lasciare solo un piccolo commento a margine, visto che la questione mi tocca da vicino”
 
Riparto dal tuo incipit, per riflettere sul fatto che forse il mio post sugli augustali non ti toccava proprio da vicino, o al massimo avrebbe costituito ottimo materiale anche per il tempo di Ruggero II, il tema che ti ha effettivamente riguardato. Forse hai solo sbagliato discussione, istigato dall’inconferenza di @talpa
 
È però questa un’ottima occasione per coinvolgere @monbalda che, mi pare, abbia già insegnato sugli augustali a molti studenti.
Potrebbe fornirci il suo autorevole parere alla luce dell’attuale stato dell’arte, chiaramente non come hai fatto tu, ma a livello puntuale.
Modificato da mero mixtoque imperio

Inviato (modificato)
39 minuti fa, mero mixtoque imperio dice:

 

Vorrei lasciare solo un piccolo commento a margine, visto che la questione mi tocca da vicino”
 
Riparto dal tuo incipit, per riflettere sul fatto che forse il mio post sugli augustali non ti toccava proprio da vicino, o al massimo avrebbe costituito ottimo materiale anche per il tempo di Ruggero II, il tema che ti ha effettivamente riguardato. Forse hai solo sbagliato discussione, istigato dall’inconferenza di @talpa
 
È però questa un’ottima occasione per coinvolgere @monbalda che, mi pare, abbia già insegnato sugli augustali a molti studenti.
Potrebbe fornirci il suo autorevole parere alla luce dell’attuale stato dell’arte, chiaramente non come hai fatto tu, ma a livello puntuale.
 

Come periodo storico e come tematica, l'oggetto di tale discussione rientra perfettamente nel mio campo d'indagine ed è tra i miei interessi. Sono costretto a precisare che i miei studi e i miei argomenti non sono istigati e manovrati da nessuno, né da utenti presenti qui sul Forum, né da altri presunti "poteri forti" o "santoni" da te tirati in ballo, il che è davvero risibile e ridicolo ai massimi livelli, nonché totalmente estraneo ad un contesto scientifico. Ti pregherei, quindi, di non continuare a fare insinuazioni e illazioni di tale gravità che non puoi dimostrare e che sono lesive della mia professionalità: ci sto passando sopra molte volte, ma alla lunga inizia a stancare questo atteggiamento, anche perché qui stai uscendo fuori dal tema del mio o di qualsiasi altro intervento incentrato sull'oggetto del topic. Quando gli argomenti scarseggiano - di nuovo - questi sono i risultati. Su questo punto non voglio più ripetermi perché ciò di cui mi stai accusando in questa sede è davvero molto pesante.  
Ogni ulteriore contributo è ben accetto: io ho discusso il metodo, non i contenuti (ma vedo che non riesci proprio ad afferrarlo! A ripetersi diventa noioso per noi che scriviamo e per chi ci deve leggere). Eviterei giudizi su contenuti che evidentemente non hai compreso appieno (e lo dimostrano tutti i miei interventi precedenti), ma più di quanto detto non posso fare. Come dicevo, quel che dovevo sottolineare l'ho evidenziato: ora ho un po' di pubblicazioni anche io a cui lavorare. Ci si sente! 😉  

Modificato da Caio Ottavio

Inviato (modificato)
19 minuti fa, Caio Ottavio dice:

Come periodo storico e come tematica, l'oggetto di tale discussione rientra perfettamente nel mio campo d'indagine ed è tra i miei interessi. Sono costretto a precisare che i miei studi e i miei argomenti non sono istigati e manovrati da nessuno, a queste condizioni travisi tutto. Ho detto che, semmai, sei stato istigato a intervenire sulla discussione perché ti hanno tirato in ballo su argomenti su cui non hai scritto una riga né da utenti presenti qui sul Forum, né da altri presunti "poteri forti" o "santoni" da te tirati in ballo, il che è davvero risibile e ridicolo ai massimi livelli, nonché totalmente estraneo ad un contesto scientifico. Non ho mai detto quello che scrivi, ho detto che sei rimesso al di sotto di loro alla luce della tua bibliografia (dal primo titolo all’ultimo, ivi compresi quelli che mi riguardano, tipo Ram o carlino 1477) Ti pregherei, quindi, di non continuare a fare insinuazioni non insinuo nulla, commento scientificamente la tua produzione e illazioni di tale gravità che non puoi dimostrare e che sono lesive della mia professionalità: ci sto passando sopra molte volte, ma alla lunga inizia a stancare questo atteggiamento, anche perché qui stai uscendo fuori dal tema del mio o di qualsiasi altro intervento incentrato sull'oggetto del topic mi pare che fuori dal topic tenti di uscirne tu continuamente . Su questo punto non voglio più ripetermi perché ciò di cui mi stai accusando in questa sede è davvero molto pesante!  
Ogni ulteriore contributo è ben accetto: io ho discusso il metodo, non i contenuti (ma vedo che non riesci proprio ad afferrarlo! A ripetersi diventa noioso per noi che scriviamo e per chi ci deve leggere). Eviterei giudizi su contenuti che evidentemente non hai compreso appieno (e lo dimostrano tutti i miei interventi precedenti), anzi: consiglierei una rilettura a mente fresca.  

 

Attendo in ogni caso le tue deduzioni numismatiche sul ruolo di Napoli e sugli augustali, ma auspico prima quelle di @monbalda sul punto.

 

Modificato da mero mixtoque imperio

Inviato

Se c’ è un utente coerente e aggiungerei saggio, oltre che molto ben ‘letto’ ( allocuzione per erudito) questo e’ @talpa. Tacciarlo d’inconferenza mi suona di dissennatezza. 

anni fa conobbi un siciliano, autodidatta ma molto intelligente. Studiava alacremente le fonti e tutto quello che trovava sul periodo normanno e svevo. Si era messo in testa un’interpretazione storica che riguardava l’inizio della dominazione normanna in dissenso con quella di tutti gli storici accreditati. Ci credeva pero’ talmente tanto che volle pubblicare un libro con la sua tesi a tutti i costi. Non trovo’ nessuno che gli pubblicasse il suo libro, dovette pagarlo di tasca propria e nonostante gli sforzi per pubblicizzarlo da piu’ parti resto’ alla fine lettera morta. Non du mai riconosciuto come storico originale ma soprattutto le sue tesi non fecero alcuna breccia. Forse non cosi fondate come lui - in perfetta buona fede - credeva. 
e’ il sano confronto tra studiosi che porta avanti la ricerca e fa emergere le tesi piu’ corrette, che si affinano via via in un processo virtuoso. L’onanismo dottrinale raramente produce germogli di sapienza. 

  • Grazie 1

Inviato
13 minuti fa, numa numa dice:

L'onanismo dottrinale raramente produce germogli di sapienza. 

 

😄😄


Inviato
9 minuti fa, numa numa dice:

Se c’ è un utente coerente e aggiungerei saggio, oltre che molto ben ‘letto’ ( allocuzione per erudito) questo e’ @talpa. Tacciarlo d’inconferenza mi suona di dissennatezza. Stiamo parlando di augustali, con riferimento alla zecca madre di Napoli, e il nostro @talpa cita il nostro @caio ottavio che ha scritto quello che ha scritto su Ruggero II, non considerando Grierson. Che c’entra?😮

anni fa conobbi un siciliano, autodidatta ma molto intelligente. Studiava alacremente le fonti e tutto quello che trovava sul periodo normanno e svevo. Si era messo in testa un’interpretazione storica che riguardava l’inizio della dominazione normanna in dissenso con quella di tutti gli storici accreditati. Ci credeva pero’ talmente tanto che volle pubblicare un libro con la sua tesi a tutti i costi. Non trovo’ nessuno che gli pubblicasse il suo libro, dovette pagarlo di tasca propria e nonostante gli sforzi per pubblicizzarlo da piu’ parti resto’ alla fine lettera morta. Non du mai riconosciuto come storico originale ma soprattutto le sue tesi non fecero alcuna breccia. Forse non cosi fondate come lui - in perfetta buona fede - credeva. 
e’ il sano confronto tra studiosi che porta avanti la ricerca e fa emergere le tesi piu’ corrette, che si affinano via via in un processo virtuoso. L’onanismo dottrinale raramente produce germogli di sapienza. 

Qui procede l’inconferenza!

E le monete? Chi ne parla?

3 minuti fa, chievolan dice:

😄😄

 

Ridi, attendiamo una persona seria come @monbalda


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