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Risposte migliori

Inviato (modificato)

Salve.

Sul dritto di questo triemiobolo (Nomos 4, 10 May 2011, Lot 1072) è raffigurata di profilo a destra la testa della ninfa Arne che ne mette in risalto la bellezza.

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THESSALY, Kierion. Circa 350 BC. Trihemiobol (Silver, 1.46 g 3). Head of the nymph Arne to right, wearing pendant earring and necklace. Rev. ΚΙΕΡΙ-ΕΙΩΝ The nymph Arne, wearing earring, necklace and full robes, kneeling right, her head turned to left, playing with knucklebones tossed from her right hand. BMC 2 = Traité IV, 511 and pl. CCXC, 1. Same dies as G. Hirsch 251, 9 May 2007, lots 619-620. Very rare. A naturally beautifully toned and very attractive example. Nearly extremely fine.

Al rovescio troviamo la stessa ninfa che lancia gli astragali con la mano destra tenendo la sinistra appoggiata al ginocchio, nella stessa posa di monete precedenti dove però è a seno scoperto mentre qui è completamente drappeggiata. Sul dritto di questi predecessori è raffigurato il padre degli che non sembra indifferente alle grazie esposte da Arne, per quanto non risulti dai mitografi che lei abbia fatto parte delle sue conquiste.

Triemiobolo della Nomos, Obolos Web Auction 35, lot 1242, 15.12.2024.

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Starting price: 100 CHF. Price realized: 280 CHF.

The Collection sans Pareille of Ancient Greek Fractions, Part III
THESSALY. Kierion. Circa 400-360 BC. Trihemiobol (Silver, 13 mm, 1.30 g, 11 h). Laureate head of Zeus to right. Rev. KΙΕΡ-ΙΑΙΩΝ The nymph Arne kneeling to right, with her right knee lowered nearly to the ground, her head turned back to left and glancing downwards, nude to the waist, playing with some knucklebones she has thrown from her right hand while resting her left arm on her left knee; in field to right, Φ. BCD Thessaly I 1073. BCD Thessaly II 100. HGC 4, 670. Attractively toned. Light porosity and with an area of flat ness on the reverse, otherwise, good very fine.
From the "Collection sans Pareille" of Ancient Greek Fractions, acquired in 1999.

 

Emidramma della Nomos, Auction 30, lot 1284, 06.11.2023.

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Estimate: 7500 CHF. Price realized: 18 000 CHF.

Greek
THESSALY. Kierion. Circa 400-360 BC. Hemidrachm (Silver, 16 mm, 2.97 g, 8 h). Laureate head of Zeus to right; behind his neck, vertical thunderbolt. Rev. KΙΕ-ΡΙΑΙ-ΟΝ / ΑΡΝΑ The nymph Arne kneeling to right, with her right knee lowered nearly to the ground, her head turned back to left and glancing downwards, nude to the waist, playing with some knucklebones she has thrown from her right hand while resting her left arm on her left knee. BCD Thessaly I, 1067. Traité II, 4, 510 and pl. CCLXXXIX, 23 (same dies). Extremely rare, apparently the third and best example known. An absolute tour de force by an artist-engraver of outstanding talent. The humanity of the head of Zeus, with his short beard and open mouth is virtually unique, and the way Arne twists her body has been handled masterfully. Some very minor deposits, otherwise, good extremely fine.

apollonia

Modificato da apollonia

Inviato

Sul triemiobolo d’apertura Arne ha l’aspetto una ninfa molto più moderna che sulle monete precedenti. Al dritto ha un aspetto molto soigné, simile a Demetra sulle monete contemporanee di Lokris, e, come già fatto notare, al rovescio non è più a seno scoperto ma completamente drappeggiata.

Riguardo agli astragali con cui sta giocando, sono piccoli ossi a forma di cubo che si trovano nell’articolazione della gamba e del piede dell’uomo e negli arti posteriori dei quadrupedi. Fin da epoche antichissime l’utilizzo degli astragali degli animali (in particolare di capre, montoni e bovini), ha avuto valenza ludica, soprattutto tra le popolazioni dedite alla pastorizia (Asia Minore, Grecia, Italia, Palestina). La pratica del gioco degli astragali (detta anche degli aliossi), è comunemente considerata come l’antecedente del gioco dei dadi.

La forma degli astragali presenta due facce piatte, una faccia concava ed una convessa. Ad ogni faccia veniva attribuito un valore numerico specifico, cioè 1 (monas), 3 (trias), 4 (tetras), 6 (hexas),

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Le due facce opposte di ogni astragalo davano come somma 7, esattamente come nei moderni dadi. Il gioco degli astragali coinvolgeva sia gli adulti che i bambini e per questi ultimi l’ossicino rappresentava una sorta di pedina con cui poter elaborare ogni volta una diversa tipologia di gioco; i più piccoli adoperavano anche altri oggetti (noci, ghiande, sassolini) che potessero assolvere alla stessa funzione degli astragali: la possibilità di essere lanciati.

Per informazioni sui giochi “da lancio” e altro v. https://www.labellarivoluzione.it/2022/08/24/lantico-gioco-degli-astragali/ (da cui ho tratto la descrizione precedente) di Lucia Borri.

apollonia


Inviato

Interessante @apollonia come sempre .

Al nome Arne (o Arnea o Melanippe ) il mito ricorda anche la figlia del re di Tessaglia Eolo, della quale si invaghì Poseidone che con lei generò Eolo, dio dei venti e Beoto .

Una buona serata


Inviato
2 ore fa, VALTERI dice:

Interessante @apollonia come sempre .

Al nome Arne (o Arnea o Melanippe ) il mito ricorda anche la figlia del re di Tessaglia Eolo, della quale si invaghì Poseidone che con lei generò Eolo, dio dei venti e Beoto .

Una buona serata

 

Dopo approfondimenti sugli astragali, proseguirò la discussione proprio parlando del mito Arne/Melanippe.

Buona serata anche a te,

apollonia


Inviato

Interessante l’articolo sugli astragali di Laura Benatti in https://www.interventi.net/index.php/mito/1195-il-gioco-degli-astragali

Dal gioco degli astragali alla “teoria dei giochi” di John Nash

Logos e Mythos

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Con il termine “astràgalo” (lat. astragălus, gr. ἀστράγαλος) si intende in anatomia un ossicino di forma vagamente cuboide che fa parte dell’articolazione del piede; chiamato anche "talo" è un osso breve situato nel tarso che trasmette tutto il peso del corpo. Nel bue e nel montone ha proporzioni particolarmente regolari e si presta per ciò ad essere utilizzato per ottenere risultati casuali, esattamente come un dado a quattro facce. La maggior parte degli archeologi suppone che sia nato probabilmente in Asia Minore e che poi si sia diffuso in Grecia, in Magna Grecia e poi a Roma.

Gli scrittori antichi non mancano di citarlo. In una versione alternativa del mito che noi conosciamo, presente nel libro IV de “Le Argonautiche” di Apollonio Rodio (295 -215 a.C.), Teti, per rendere immortale il figlio Achille, lo ungeva di giorno con l'ambrosia, mentre di notte, di nascosto dal marito Peleo, ne bruciava le parti mortali del corpo nel fuoco per renderlo invulnerabile. Una notte, però, Peleo si svegliò improvvisamente e, vedendo il figlioletto agitarsi tra le fiamme, lanciò un urlo: Teti, adirata, gettò il bambino a terra e se ne andò, immergendosi nel mare, senza fare più ritorno. Peleo, con l'aiuto del centauro Chirone, sostituì il tallone di Achille, rimasto ustionato, con l'astragalo del gigante Damiso, celebre per la sua velocità nella corsa. Plutarco (46 d.C./48 d.C. –125 d.C./127 d.C.) narra che lo stratega ateniese Alcibiade, ancora fanciullo, giocava nel bel mezzo della strada quando pregò un carrettiere di fermarsi perché stava schiacciando i suoi astragali. Dinnanzi al rifiuto dell'uomo, il bimbo si sdraiò sul selciato e gli disse che sarebbe dovuto passare sul suo corpo. Il conducente del carro, quindi, spaventato, fermò i cavalli.

Il tragediografo greco Sofocle (496 - 406 a.C.) attribuisce l’invenzione degli astragali a Palamede sostenendo che questi ne avrebbe insegnato l’uso ai soldati greci durante la guerra di Troia. Secondo un mito greco conosciuto grazie ai "Proverbi" di Zenobio (I d.C.) fu invece proprio la dea Atena ad inventare il gioco divinatorio degli astragali. Pitture vascolari, sculture, affreschi murali (“Medea prima dell'assassinio dei figli li vede giocare con gli astragali”, Pompei, casa dei Dioscuri), rilievi, monete, mostrano fanciulli, fanciulle e giovani intenti a sfidarsi. Altrettanto frequenti sono i rinvenimenti di astragali nei siti archeologici, specialmente in sepolture di bambini (sono state scoperte tombe con centinaia di astragali), ma anche in abitazioni ed in edifici pubblici. Accanto agli astragali grezzi esistevano quelli più preziosi ed artistici, prodotti in oro, argento, avorio, bronzo, piombo, marmo, terracotta, soprattutto quelli che venivano offerti alla divinità, ma anche astragali forati e con iscrizioni incise. Inizialmente gli astragali avevano un valore religioso, infatti, erano usati come oggetti magico-apotropaici nelle divinazioni, nei sacrifici e nelle previsioni astrologiche; in seguito diventarono oggetti dei giochi d'abilità e d'azzardo.

La combinazione più ambita, perché vincente era chiamata “iactus Veneris”, mentre la peggiore “colpo del cane”. L’astragalo venne quindi usato come strumento di gioco, ma soprattutto per predire il futuro. Il poeta latino Orazio (65 a.C. - 8 a.C.) tuttavia era molto dubbioso riguardo a questa “dote” degli astragali:

“Tu non chiedere (è empio saperlo) quale fine a me, quale a te
abbiano dato gli dei, Leuconoe, e non provare i numeri
babilonesi. Come è meglio, qualunque cosa sarà, accettarla!”
“Carmina” I,11

Oggi esistono diversi giochi da tavolo legati ai dadi, alle pedine, agli scacchi, ma… c’è anche chi, con assoluta genialità, ha tracciato addirittura una “teoria dei giochi” la quale non rimane legata, per così dire, solo all’aspetto ludico, ma invade con le sue regole l’ambito dell’economia. John Nash (1928-2015), tra i pensatori più brillanti e originali del Novecento, ha rivoluzionato l'economia mondiale con i suoi studi di matematica applicata alla teoria dei giochi, vincendo il Premio Nobel per l'Economia nel 1994. Secondo questa “beautiful mind”, infatti, in un gruppo di contendenti vince chi persiste in un’opzione strategica, anche se spesso non è la più intuitiva, anzi può sembrare in apparenza controproducente, e i numeri lo provano. Il teorema di Nash dimostra che in una situazione dove gli attori non cooperano, anzi sono in competizione tra di loro e non possono fidarsi l’uno dell’altro o accordarsi, la mossa vincente, per tutti e per ciascuno, è arrivare a un equilibrio, definito appunto “di Nash”.

In ogni caso, qualunque sia il gioco, antico o moderno, ogni uomo desidera sempre vincere, perché questa inclinazione fa parte della sua natura e come recita Dante…

«Quando si parte il gioco de la zara,
colui che perde si riman dolente,
ripetendo le volte, e tristo impara»
(Purgatorio V, 1-3).

apollonia

  • Grazie 1

Inviato

Articolo di Alessandra Romeo dal titolo GLI ASTRAGALI. GIOCO, ICONOGRAFIA E FUNZIONI in http://www.instoria.it/home/astragalo_gioco.htm

L’astragalo, scientificamente, è un osso del tarso posteriore di piccoli capi di bestiame (es. capre), che corrisponderebbe a grandi linee al nostro tallone. Esso era usato o direttamente o con riproduzioni in diversi materiali (oro, argento, bronzo, piombo, vetro, avorio, terracotta, marmo, terracotta invetriata, cristallo di rocca, agata, onice, ecc.).

Fonti letterarie e ritrovamenti archeologici testimoniano l’usanza in Grecia già a partire dall’epoca omerica (cfr. Hom. Il. 23, 88). Il gioco è accertato ad esempio a Nuplia, Peloponneso, Corfù, Leukas, Zante, Creta, Eubea, Samoa, Cipro, Turchia, Asia Minore, Siria, Palestina e ben presto si diffuse in Magna Grecia, come testimoniano i ritrovamenti nel Salento, in Calabria e in Sicilia, e a Roma.

L’origine del gioco sembrerebbe orientale e secondo Erodoto (Hdt. 1, 94) fu un’invenzione dei Lidi. Le notizie sul gioco originario sono lacunose, ma di certo era adatto agli adulti ed erano usati quattro astragali per giocatore.  Su ogni astragalo erano presenti lettere o figure, in base ai quali si assegnava il punteggio per ogni lancio.  Di alcune figure conosciamo il nome e valore: il peggior colpo era detto cane o avvoltoio, in base al quale i quattro astragali caduti avevano tutte le facce corrispondenti al valore 1 (1+1+1+1); il migliore era detto di Venere e consisteva nell’aver lanciato i quattro ossi ognuna con una faccia di differente valore (1+3+4+6); il colpo di Stesicoro valeva 8; il colpo di Euripide valeva 40. Di altri colpi si conosce solo il nome, quali Alessandro, Dario, Mida, Perseo, Simone e Solone. Il modo più semplice per vincere era di ottenere il maggior numero di punti e al vincitore spettava un premio che consisteva nell’insieme delle penalità pecuniarie dovute dai giocatori che avevano fatto i colpi peggiori, oppure nell’appropriarsi degli astragali degli sconfitti, o ancora in vincite in mandorle, noci o piccole monete.

Vi erano anche giochi più semplici, adatti anche ai più giovani: Pari e dispari, che consisteva nello scegliere a caso degli astragali da una piccola sacca o scatola per poi indovinare se il loro numero fosse pari o dispari; il Cerchio, in cui ogni giocatore doveva lanciare entro un cerchio, posto alla medesima distanza, i propri astragali e spostare quelli del concorrente avversario; la Fossetta, che consisteva nel gettare gli astragali in un piccolo buco nel terreno; le Cinque pietre, che consisteva nel lanciare gli astragali in aria e riprendendoli sul dorso della mano destra e quelli caduti a terra dovevano essere raccolti durante il successivo lancio di quelli presi. Questo gioco è attestato su un dipinto monocromo su marmo proveniente da Ercolano, datato al II secolo d.C. e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (inv. 9562), in cui Niobe, le figlie e Leto sono intente a praticare il gioco, infatti sono ben visibili alcuni astragali sul dorso della mano di Ileira, accovacciata in basso sulla destra.

Si è specificato l’uso di una piccola sacca per contenere le ossa del gioco. Un esempio è visibile sul frammento di una chous a figure rosse del 450-400 a.C. e conservata al Museo dell’Agorà di Atene (inv. P9528).

Il gioco degli astragali è spesso rappresentato nelle immagini vascolari. I giocatori sono sia bambini che adulti, persino donne, e divinità.

Oltre il già citato frammento dell’Agorà di Atene, spicca la chous del Gruppo di Boston 10.190 del 450-400 a.C., conservata al Paul Getty Museum di Malibu (inv. 96.AE.28). In essa sono rappresentati tre giocatori nudi, con in testa una corona di alloro e accovacciati a giocare con gli astragali, ben visibili sulla scena.

Altro famoso esempio è la squat lekythos della Walter Art Galley di Baltimora (inv. 48.84) del IV secolo a.C. con Dafne seduta sulla destra intenta a giocare.

(segue)


Inviato

L’astragalo aveva, tuttavia, altre tre funzioni.

Quella apotropaica è attestata grazie ai contesti funerari. Gli esemplari ritrovati presentano dei fori sulla sommità, infatti, erano indossati come monili portafortuna, o singolarmente o inseriti in composizioni più complesse, quali collane, orecchini, pendagli o bracciali.

Gli astragali erano usati anche nei riti di divinazione (astragalomanteia). Il lancio da parte del sacerdote, innanzi al simulacro del dio, era uno dei metodi per predire il futuro grazie alla disposizione che le ossa assumevano dopo il lancio. Il rito consisteva nel sacrificio dell’animale, nella declamazione di particolari preghiere e nel successivo lancio delle ossa. Questo spiegherebbe i grandi quantitativi di questi tipi di reperti in contesti sacri.

Essi erano usati anche come simbolo ponderale e monetario, come si evince da alcuni pesi attici di uno statere in piombo, su alcune didracme di Atene, su monete di Calcedonia, di Kelenderis e di Mallos, di Paphos, di Imera, e su pezzi di bronzo italioti da Lucera e da Gubbio. Oggetti quali pesi e lingotti potevano avere, infatti, forma di astragali.

Come precedentemente affermato, essi erano rappresentati nei reperti ceramici. Interessante aspetto della produzione vascolare sono anche dei vasi modellati proprio a forma di astragalo. Essi appartengono al gruppo dei vasi potori o per libagioni e, nella fattispecie, sono askoi e rhyta. I primi sono vasi con piccolo corpo schiacciato, fondo piatto, collo impostato fuori centro, obliquamente, cui si attacca un’ansa arcuata che si estende lungo tutta la parte superiore, usato o come unguentario o per riempire le lampade ad olio. Un esempio a forma di astragalo è il piccolo askòs italiota conservato al National Museum di Copenaghen (inv. 831). Il rhytòn, invece, era una sorta di tazza a forma di testa di animale o di corno e decorato tridimensionalmente con figure di animali, parti di animali (es. chele) o gruppi figurativi. Un esempio pregevole di astragalo fittile è l’esemplare conservato al British Museum (inv.1860-1201.2), di produzione attica e datato al 470-450 a. C. La decorazione mostra Eolo (?), barbuto e vicino alla grotta, che dirige la danza delle nuvole, raffigurate come giovani donne danzanti.

Gli astragali sono presenti anche nelle rappresentazioni pittoriche, nelle quali appaiono per lo più donne e bambini. In quest’ultimo caso famosissimo è il dipinto, proveniente dalla Casa dei Dioscuri a Pompei e conservato nel Museo Archeologico di Napoli, raffigurante Medea che medita di uccidere i figli mentre giocano con gli astragali. Essi sono riprodotti anche in opere scultoree, monete, specchi bronzei, tra cui un pregevole esempio è quello conservato al British Museum (inv. 1888.1213.1) e datato al 389-370 a. C., in cui Afrodite gioca con Pan, Eros alle sue spalle e un’oca in primo piano, e gemme con funzione apotropaica. Un esempio per quest’ultima classe di reperti è la gemma n. 149 dell’Archivio Beazley con Eros seduto accanto ad un’oca e due astragali in primo piano. Tra le opere fittili spicca il gruppo scultoreo da Capua con le Giocatrici di astragali, datato al 340-330 a. C. e conservato al British Museum (inv. 1867.0510.1), con ancora visibili le tracce di pittura.

Tra le opere in marmo, da citare sono il rilievo funerario di un archigallo del II secolo d. C., proveniente da Lanuvio e conservato a Roma, nel Magazzino del Teatro dell’Opera presso la Centrale Montemartini (inv. S 1207), in cui sono presenti strumenti rituali del culto di Cibele, tra cui un flagrum (una frusta) fatto di astragali infilati in tre cordicelle, e una statua del I-II secolo d. C., conservata al British Museum (inv. 1805.0703.13), che rappresenta una giovane donna, probabilmente una ninfa di Artemide, che lancia una coppia di astragali.

apollonia


Inviato

Sono numerosi i reperti numismatici con astragali, sia come unico elemento presente, come ad esempio sul rovescio della dramma di Imera (475-470 a. C.), sia con personaggi, ad esempio sul rovescio del diobolo di Kierion (400-350 a. C.) che mostra la ninfa Arne che gioca (come nel triemiobolo all’inizio della discussione), o sul rovescio di un tetrobolo di Abdera (386/5-375 a. C.) dove sono rappresentati Ermes e un astragalo sulla destra.

Dramma di Imera (Nomos, Auction 30, lot 1086, 06.11.2023).

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Estimate: 3000 CHF. Price realized: 10 000 CHF.

The Dr. Peter Paul Urone Collection of Greek Coins
SICILY. Himera. Circa 476/475. Drachm (Silver, 15 mm, 4.27 g, 5 h). Rooster standing to left. Rev. ΗΙΜ[Ε] - R - ΑΙΟ[Ν] Astragalos (knucklebone used in gaming). Buceti 19 (this coin). SNG Lloyd 1015 (= Westermark 127.1). Westermark, Himera, 127 (O3/R12). Extremely rare. Toned and clear. Minor marks, otherwise, good very fine.
From the Dr. Paul Peter Urone Collection and from the collection of A.D. Moretti, Numismatica Ars Classica P, 12 May 2005, 1195.
For this issue, see Westermark p. 430 referencing P. Bicknell, The Drachms of Himera with Astragalos Reverse, JNAA 5, 1990, pp. 32-33.

(segue)


Inviato

Diobolo di Kierion (Classical Numismatic Group, Mail Bid Sale 84, lot 339, 05.05.2010).

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Estimate $500. Sold For $800.

THESSALY, Kierion. Circa 400-350 BC. AR Diobol (13mm, 1.29 g, 3h). Laureate head of Zeus right / Arne kneeling right, head left, playing with astragaloi. Moustaka 16a; SNG Copenhagen 32. VF, lightly toned, a hint of porosity. Well centered and struck.

 

Tetrobolo di Abdera (Numismatica Ars Classica, Auction 84, lot 1463, 20.05.2015).

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Estimate: 500 CHF. Price realized: 600 CHF.

Greek Coins
Thrace, Abdera
Tetrobol circa 386-375, AR 2.83 g. Griffin leaping l. Rev. Hermes standing r., wearing petasus and chlamys . Weber 2384 (this obverse die). May Abdera 423.
Light iridescent tone and about extremely fine
Ex Roma Numismatics sale IV, 2012, 245.

apollonia


Inviato

Arne/Melanippe, ovvero Melanippe, detta anche Arne, la figlia di Eolo

Il nome Melanippe, che significa “Cavalla Nera“, sembra avere radici in un mito più antico legato a una ierogamia, ovvero un’unione sacra, tra Poseidone e un’amante assunta in forma di cavalla.
Una versione del mito vede Arne come nome alternativo di Melanippe, doppia denominazione che potrebbe riflettere diverse tradizioni regionali o fonti letterarie che raccontano la stessa figura con sfumature diverse. Arne/Melanippe rimane comunque un esempio della figura femminile punita per una trasgressione sessuale, ma alla fine redenta, spesso grazie alla forza eroica dei suoi discendenti.

In una versione del mito, Melanippe era la figlia di Eolo (re di Tessaglia eponimo della gente eolica) e della cavalla Ippo o Ippe, figlia del centauro Chirone. Melanippe divenne amante di Poseidone e si unì con lui in forma cavallina, generando i gemelli Eolo e Beoto. Melanippe nascose al padre le due nozze con Poseidone e celò i gemelli in una stalla ove essi erano custoditi da un toro e allattati da una vacca. Stupiti, i pastori dissero a Eolo che una vacca aveva partorito due bambini e il re, per consiglio del padre Elleno, ordinò di bruciare i fanciulli nati contro natura. Melanippe, che era stata incaricata di preparare il sacrificio, tenne allora un lungo discorso, spiegando la dottrina (orfica) secondo la quale uomini, animali e piante avevano una sola origine, e dunque non si poteva parlare di nascita contro natura. Sul luogo del sacrificio comparve poi la madre di Melanippe, Ippo, la quale profetò che i fanciulli sarebbero diventati eroi fondatori.

Nella seconda versione del mito tramandata da Diodoro Siculo, la vicenda di Melanippe, sempre figlia di Eolo, prende una piega diversa. Dopo essere stata scacciata dal padre per la sua relazione con Poseidone, Melanippe trova rifugio a Metaponto, una città situata nell’Italia meridionale dove la giovane dà alla luce due figli che cresceranno per diventare i capostipiti di importanti gruppi etnici locali. Questa narrazione mette in luce il ruolo di Melanippe non solo come madre, ma anche come figura ancestrale, il cui legame con gli dei contribuisce alla fondazione e all’identità etnica di alcune popolazioni dell’Italia meridionale, evidenziando ancora una volta il tema delle origini eroiche e divine, tipico di molte genealogie mitologiche greche.

Articolo in https://www.tanogabo.it/melanippe-detta-anche-arne-la-figlia-di-eolo/

 

apollonia

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Inviato

Ciao,

Se può essere utile aggiungere delle immagini alle sempre interessanti considerazioni fatte da @apollonia riguardo gli astragali nei contesti religiosi e ludici, posto una foto presa al museo Salinas di Palermo con gli stessi in osso e in bronzo e un dado da gioco esposto al museo archeologico di Taranto. DSC03128.thumb.JPG.7256d7d56226aac3e9a362d59b66ef50.JPGDSC02744.thumb.JPG.bba0875fd4ee503c840bf64bf7793cfb.JPG

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Inviato
37 minuti fa, roby14 dice:

Ciao,

Se può essere utile aggiungere delle immagini alle sempre interessanti considerazioni fatte da @apollonia riguardo gli astragali nei contesti religiosi e ludici, posto una foto presa al museo Salinas di Palermo con gli stessi in osso e in bronzo e un dado da gioco esposto al museo archeologico di Taranto. DSC03128.thumb.JPG.7256d7d56226aac3e9a362d59b66ef50.JPGDSC02744.thumb.JPG.bba0875fd4ee503c840bf64bf7793cfb.JPG

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Molto interessante.

Ciao,

apollonia


Inviato

Arne/Melanippe, la figlia di Eolo da https://it.wikipedia.org/wiki/Eolo

Eolo (in greco antico Aiolos) è un personaggio della mitologia greca le cui vicende variano notevolmente a seconda dei mitografi che le raccontano. Secondo l’Odissea è il re dei venti e incontra Ulisse in un celebre episodio del poema omerico, ma altri mitografi (in particolare Igino) non fanno alcun cenno a questo suo potere, tanto che non vi è accordo nemmeno sul fatto che si tratti di un unico personaggio, oppure di due (o addirittura tre) personaggi distinti. Secondo l'Odissea e i principali mitografi è un essere umano, non una divinità, a cui Zeus ha affidato la custodia dei venti, ma alcuni autori successivi lo annoverano tra gli dei.

Sull'identità di Eolo non c'è accordo tra i mitografi. I principali Eolo citati nella mitologia greca sono i seguenti:

Il re dei venti di cui parla l'Odissea, figlio di Ippote;

Un Eolo figlio di Poseidone, fratello gemello di Beoto;

Un Eolo figlio di Elleno e nonno del precedente.

Parecchi mitografi, già dall'antichità, hanno sovrapposto le prime due figure, considerando quindi che il re dei venti dell'Odissea e il fratello di Beoto fossero la stessa persona. Altre tradizioni hanno invece sovrapposto la prima e la terza figura, oppure li hanno considerati tre personaggi distinti.

La versione di Igino

Secondo Igino, una donna mortale di nome Melanippe (o Arne) ebbe dal dio Poseidone due gemelli chiamati Eolo e Beoto. Tuttavia il padre della donna, chiamato anch'egli Eolo, non credendo al racconto della relazione col dio, per punizione fece accecare e imprigionare Melanippe e fece esporre i figli su una montagna perché morissero di stenti. Arrivò però una mucca ad allattarli, finché un gruppo di pastori, avendo visto l'evento miracoloso, decisero di raccogliere e allevare i due bambini. Fu soprattutto il mandriano Ippote a curarsi di loro.

Nel frattempo Metaponto, un re d’Italia, aveva minacciato di ripudiare sua moglie Teano per la sua sterilità. Teano allora si rivolse ai pastori chiedendo loro dei bambini che avrebbe cercato di far passare per suoi. I pastori le diedero Eolo e Beoto, e Teano riuscì a far credere a Metaponto che fossero nati da lui. In seguito però Teano, superata la sterilità, ebbe a sua volta due gemelli che erano però decisamente meno amati da Metaponto rispetto a Eolo e Beoto. Allora Teano, gelosa, ordinò ai due figli di uccidere Eolo e Beoto durante una battuta di caccia. I quattro si scontrarono sulle montagne, ma Eolo e Beoto risultarono vincitori uccidendo i figli di Teano.

In seguito a questo scontro, Eolo e Beoto furono costretti a fuggire cercando asilo presso i pastori che un tempo li avevano raccolti. Qui si trovarono al cospetto di Poseidone che rivelò loro di essere il loro padre e che la loro vera madre, Melanippe, era ancora prigioniera. Essi andarono subito a liberarla e Poseidone le restituì la vista. Poi Eolo e Beoto andarono con Melanippe da Metaponto e lo informarono dei crimini commessi da Teano. Il re allora ripudiò Teano e sposò Melanippe. Eolo e Beoto partirono e furono fondatori di città, il primo in Eolide, il secondo in Beozia, che da loro presero il nome.

(segue)

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La versione di Diodoro Siculo

Secondo Diodoro Siculo, quando Melanippe rivelò al padre di aver avuto i due gemelli Eolo e Beoto, egli non accecò la donna, ma la affidò a uno straniero che viveva nella città di Metaponto perché la portasse via con sé, insieme ai suoi bambini. L'uomo, consigliato da un oracolo, decise di adottare i due piccoli, portando con sé anche la loro madre, nonostante avesse già una moglie chiamata Autolita o Siri. Melanippe e i bambini andarono quindi a vivere a Metaponto.

Diventati adulti, grazie a una sommossa popolare, Eolo e Beoto riuscirono a ottenere il trono di Metaponto, ma in seguito si macchiarono di un terribile delitto: uccisero Autolita, moglie del loro padre adottivo, rea solo di aver avuto un diverbio con la loro madre Melanippe. Eolo e Beoto dovettero quindi fuggire: il secondo si rifugiò in una terra che in seguito fu chiamata Beozia, mentre il primo, insieme a un drappello di seguaci, si imbarcò e arrivò nell’isola di Lipari.

Qui Eolo conobbe Liparo, sovrano dell'isola, e si mostrò subito amichevole e collaborativo con lui, esortando i suoi seguaci a fare altrettanto. Così Eolo e Liparo fecero amicizia, al punto da farsi uno scambio: Eolo aiutò Liparo a tornare nel continente da cui proveniva e di cui aveva nostalgia, occupando una zona nei pressi di Sorrento; in cambio Liparo cedette a Eolo il dominio sulle isole Eolie, che da lui presero il nome. Eolo sposò la figlia di Liparo, Ciane, regnò per molti anni ed ebbe sei figli, che divennero sovrani di vari territori siciliani. Il più importante di essi fu Giocasto, eroe fondatore di Reggio Calabria.

Secondo Diodoro Siculo, col passare del tempo Eolo si fece la fama di avere il potere di controllare i venti, ed è quindi per questo che nell'Odissea è così presentato. Tuttavia lo scrittore aggiunge che in realtà egli non aveva questa capacità: a dare a Eolo tale fama fu piuttosto la sua abilità nell'uso delle vele e il fatto che, osservando il fumo dei vulcani delle isole Eolie, sapesse prevedere la direzione del vento senza mai sbagliare.

(segue)


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L'Odissea

In un famoso episodio dell'Odissea (libro X), Ulisse approda sull'isola di Eolia dove incontra Eolo, descritto come il re dei venti e padre di dodici figli (sei figli e sei figlie), che ha fatto sposare tra loro. Egli, saggio e ospitale, consegna a Ulisse un otre che racchiude tutti quanti i venti ad eccezione di uno, che lo condurrà a casa. Ulisse riparte e dopo nove giorni di navigazione, quando già è in vista di Itaca, viene colto dal sonno. Allora i suoi compagni ne approfittano per aprire l'otre, credendolo pieno di oggetti preziosi. In questo modo, tutti i venti si liberano e si scatena una grande tempesta che allontana Ulisse e l'equipaggio da Itaca e li spinge di nuovo nei pressi dell'isola di Eolia. Essi si rivolgono quindi nuovamente a Eolo, ma questa volta il re dei venti, considerandoli invisi agli dei, li manda via senza più aiutarli.

Fin dall'antichità parecchi autori (per esempio Diodoro Siculo) hanno considerato l'Eolo fratello di Beoto e l'Eolo dell'Odissea come una sola persona, altri come due personaggi distinti. Tuttavia esiste un'ulteriore incertezza: ci sono autori secondo cui si tratta invece dell'altro Eolo, il padre di Melanippe.

Esegesi

Poiché gli dei non condannarono l'incesto che perpetravano i dodici figli di Eolo, è possibile, secondo l'interpretazione di Robert Graves, che il mito racconti di tribù pelasgiche che erano rimaste fedeli al cilto titanico, il cui pantheon era costituito da sei titani maschi e sei titani femmine, tra di loro fratelli e, nonostante ciò, sposi. Ciò spiegherebbe i privilegi di tipo divino di cui godettero, cioè di abitare, felici, su isole serene e libere.

L'Eneide

Nell'Eneide di Virgilio (libro I), Giunone si rivolge a Eolo, padrone dei venti, chiedendogli di scatenare una tempesta che si abbatta sulla flotta di Enea per impedirgli di continuare il suo viaggio verso l’Italia. In cambio, la dea offre a Eolo in sposa la ninfa Deiopea. Eolo tuttavia afferma che, al di là dei doni di Giunone, ritiene comunque suo dovere eseguire l'ordine ricevuto, e così libera i venti che si abbattono sulla flotta. Questa viene gravemente danneggiata, ma interviene Nettuno, dio dei mari, a placare le acque, cosìcchè la flotta può riparare in Libia.

apollonia


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La ninfa Arne ha dato il nome antico alla città della Grecia ubicata in Tessaglia poi chiamata Cierium (Cierio), che si può vedere al centro in basso di questa cartina dell’antica Tessaglia.

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ARNE ("Αρνη, Arne)

Antico nome di città, peculiare dei Beoti eolici; così si chiamava, dicesi, la loro capitale in Tessaglia, prima che, giusta le opinioni tradizionali intorno alle migrazioni di popoli greci, i Tessali invasori ne avessero cambiato il nome in Cierio. Nella medesima maniera essi chiamarono, dopo la loro trasmigrazione in Beozia, una nuova città, di cui è fatto cenno in Omero, nel catalogo delle navi (Iliade, II, 507 e VII, 9), ma che poi, in epoca classica, non è più menzionata; e per questo alcuni critici già nell'antichità, hanno pensato che sia stata sommersa nel lago Copaide. Assai dubbia tuttavia resta la sua identificazione nelle imponenti rovine preistoriche apparse recentemente durante la bonifica del lago presso alla località odierna di Gla (detta anche Goulas o Palaikastro), rovine consistenti in un poderoso muro di cinta, spesso in media oltre sei metri, senza torri, ma con caratteristiche e regolari rientranze a sega, e in un palazzo di tipo miceneo, simile a quello di Tirinto.

Da https://www.treccani.it/enciclopedia/arne_(Enciclopedia-Italiana)/

(segue)


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La ninfa Arne si vede solo sulle monete di Cierio proprio perché questa città era chiamata in origine Arne.

Oltre alle monete descritte in precedenza in cui Arne è raffigurata al rovescio, a seno scoperto nelle emissioni più antiche e drappeggiata nelle successive, sempre intenta a giocare con gli astragali, presento un bronzo con Eracle al dritto in cui la ninfa è seduta sotto la pancia di un cavallo, proposto in https://www.vcoins.com/it/stores/marc_breitsprecher_classical_numismatist/8/product/thessaly_kierion_198_trichalkon__arne/1528466/Default.aspx

Thessaly. Kierion Æ Trichalkon / Arne

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Title: Thessaly. Kierion Æ Trichalkon / Arne
Attribution: SNG Copenhagen 36
Date: 3rd Century BC
Obverse: Head of Herakles right, in lion skin headdress
Reverse: Bridled horse springing right, the nymph Arne seated below horse, her right hand playing with knucklebones, but her left hand raised to protect herself from horse
Size: 21.49mm
Weight: 3.67 grams
Description: Grade: good F. The nymph Arne daughter or wife of Poseidon is only seen on coins of Kierion as that city was originally called Arne. Ex BCD collection with his tag.

 

Un bronzo con un rovescio simile e Poseidone al dritto è venduto in https://mrbcoins.com/cgi-bin/lotinfo.pl?id=61962

Thessaly. Kierion Æ19 / Horse

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Attribution: Roger 177; BCD Thessaly II 108.3
Date: 3rd-2nd Century BC
Obverse: Head of Poseidon right, hair rolled
Reverse: KIEPIEDN, bridled horse prancing right; Arne kneeling, playing wiith knucklebones below
Size: 19.51mm
Weight: 3.83 grams
Rarity:  6
Description: Fine+. Rare.

apollonia


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