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Gli scavi nella Tina Jama (Sgonico - Trieste)


Illyricum65

Risposte migliori

Buongiorno,

in questi ultimi anni le ricerche archeologiche nel territorio triestino sono continuate. Dopo le campagne che hanno portato all’identificazione di un forte romano collegato alle vicende delle Guerre Istriane descritte da Tito Livio

https://www.lamoneta.it/topic/200166-nuovi-scavi-archeologici-nellarea-triestina/#comment-2209348

ce ne sono state altre:

Trmun (Caresana, Trieste): Nei pressi di Caresana, in località Trmun, si trovano i resti di un insediamento protostorico che, nel 2022, è stato sottoposto ad una campagna di scavi archeologici diretta da Federico Bernardini. Preceduti da una scansione laser aerea (ALS) e da saggi archeologici preliminari, gli scavi hanno portato alla scoperta di una fortificazione dell’Età del Bronzo, parzialmente riutilizzata e modificata in epoca medievale con la costruzione di 2 o 3 torri quadrate. Le nuove tecnologie, in particolare l’analisi  combinata del rilevamento remoto e terrestre multiscala, si sono rivelate fondamentali per pianificare l’esplorazione  archeologica sul campo.

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https://www.archeocartafvg.it/portfolio-articoli/san-dorligo-della-valle-ts-fraz-caresana-loc-monte-trmun-scoperta-torre-medioevale-ed-un-castelliere-protostorico/

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2352409X23002833

Oggi mi soffermerò sulle ultime che sono giunte alla seconda annata di scavi. Si tratta degli scavi effettuati nella Tina Jama (Comune di Sgonico/Zgonik). 

La cavità è situata su un rilievo collinare (Piscanec) sulla dorsale che porta alla vetta del Monte Lanaro (544 m slm), identificata già nel 1922 dal Generale Gariboldi che era stato incaricato di recensire le cavità ipogee utilizzabili in caso di guerra dalle truppe italiane, analogamente a quanto fatto dagli Austriaci nella I Guerra Mondiale. Compare infatti nel famoso testo “2000 Grotte”: i riferimenti riportati era errati pertanto se ne perse le tracce fino ai primi anni ’70 quando un naturalista (Polli) la scoprì nuovamente. La cavità è sita lontana dal sentiero che porta sulla vetta e non di facile identificazione; tra l’altro rientra nella Riserva Naturale del Monte Lanaro per cui in area soggetta a tutela speciale.

Va detto che il territorio di Sgonico è ricco di presenze archeologiche pre e protostoriche: il terreno carsico ha offerto molti ripari ipogei alle popolazioni antiche e molte delle grotte preistoriche considerate “storiche” per lo studio della preistoria locale ricadono in questa area (Grotta Azzurra, Grotta degli Zingari, Grotta della Tartaruga, Grotta dell’Orso e molte altre). Nella protostoria la zona fu sede di vari abitati su altura (i c.d. “castellieri”): Nivice, Rupinpiccolo, San Leonardo solo per citarne alcuni. Perché? Perché ad esempio le prime stazioni controllano (assieme ad altri siti satellite minori) un ampio territorio e anche il transito in una vallata che dall’altipiano permette di accedere all’interno (nell’attuale Slovenia). La Tina Jama è uno dei pochi luoghi utili a dare riparo a chi procedeva verso l’interno; attualmente per il visitatore moderno è marginale e fuori dalle vie principali, così probabilmente non era nell’antichità.

  Si consideri che dopo il boom di scavi degli anni ’60 e ’70 effettuati con metodi “pioneristici” gli ultimi scavi in grotta sull’altipiano triestino risalgono ai primi anni ’90 (Grotta dell’Edera di Aurisina) e nel frattempo la tecnologia ha compiuto dei passi enormi permettendo di recuperare dati inimmaginabili in precedenza. 

Proprio per cercare nuovi dati e al fine di chiarire alcuni punti d’ombra nel 2022 si iniziò la ricerca di quanti più siti ipogei inediti da scavare. Perché “quanti più siti ipogei inediti”? Perché se l’impegno aumenta a dismisura il fine ultimo era quello di avere 2-3 siti che potessero dare dati comparabili tra loro e quindi non avere l’evidenza da un sito singolo (che identifica un momento, una situazione in un determinato momento in una grotta) ma una media di dati utili a identificare una tendenza storica di un area più ampia. E perché una “ricerca di quanti più siti ipogei”? Perché non tutti i proprietari sono favorevoli a rilasciare il permesso di scavo nella loro proprietà …

Fu così che vennero identificati cinque/sei siti promettenti e di questi il primo di cui ricevemmo il consenso di scavo dal proprietario è appunto la Tina Jama. Sita in una posizione un po’ strana, defilata rispetto alle altre, molto prossima all’ex confine con la Slovenia e su un’altura anziché in valle. Circondata da due ograda (ovvero muri a secco elevati dai pastori per alloggiarvi le greggi durante le soste) il che indicava un promettente utilizzo anche in tempi più recenti a dispetto del fatto che attualmente di presentava pressochè obliterata. La descrizione e l’orientamento sembravano interessanti anche se non vi erano notizie del rinvenimento di reperti archeologici in loco. Ed il primo sopralluogo confermò le sensazioni positive: all’esterno della cavità, colma di sedimenti quasi fino alla volta rinvenimmo cocci preistorici e ossa di animali vuotati fuori probabilmente da tassi che avevano scavato nel riparo la tana.

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(foto da Catasto Storico Grotte FVG)

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Si iniziò pertanto, nell’autunno 2023, lo scavo sul settore destro del fronte della grotta. La situazione presentò un primo strato superficiale contenente reperti archeologici (il getto dei tassi), alcuni frammenti di vasi del periodo dei castellieri sopra un crollo di volta che ha sigillato i livelli sottostanti. La parte ipogea invece era sconvolta da tane di tasso che avevano rimestato un deposito interessante che presentava manufatti di vari periodi storici pre e protostorici.

Per permettere di comprendere meglio la stratigrafia si decise pertanto di allargare nel 2024 lo scavo sul settore sinistro. Ciò ha permesso di identificare una sorta di struttura con pietre di buone dimensioni che chiudeva la parte interna (risistemata con riporto di sedimenti) e un piccolo fossato esterno che poteva accogliere una sorta di chiusura lignea. All’interno sono stati vuotati i riempimenti delle gallerie dei tassi, costituiti da materiali caotici e si sono preservate le “isole” di terreno non sconvolto per permettere di interfacciarsi con le evidenze che vengono dall’esterno. Perché all’esterno, sotto il crollo, è emerso un livello (US 4) databile al Bronzo Antico che contiene materiali della Cultura di Cetina, identificata sporadicamente in grotte del Carso Triestino ma mai in strato e senza datazioni C 14. Per cui già un primo obiettivo interessante è stato raggiunto.

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La cultura di Cetina fu una cultura archeologica della costa della Dalamazia centrale, e in particolare del suo entroterra, durante la prima età del bronzo (2200 a.C. circa). Prende il nome dal fiume Cetina, dove sono stati rinventi numerosi siti. Le genti di questa cultura erano presenti nelle grotte o in insediamenti all'aperto. (da Wiki)

Si tratta di una cultura che potremmo definire “egeo-ionio-adriatica” in quanto influenzò tutta l’area adriatica ed oltre.

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  In considerazione degli interessanti risultati finora ottenuti si è deciso di dare visibilità pubblica alla ricerca in atto con una presentazione pubblica avvenuta presso la locale Soprintendenza ABAP Fvg. Gli scavi proseguiranno nei prossimi anni e ai dati di questi scavo si aggiungeranno quelli che verranno da saggi esplorativi in altre due cavità del Carso Triestino. Le indagini della Tina Jama, svolte in concessione di scavo per il Ministero della Cultura, sono state realizzate dall’Università Ca’ Foscari Venezia in collaborazione con l’Institute of Archaeology, Research Centre of the Slovenian Academy of Sciences and Arts, il Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam e l’Università di Siena.

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La superficie dell’US 4 in fase di scavo.

È stata scoperta inoltre una struttura in lastre e blocchi di pietra che chiudeva l’ingresso della grotta in un periodo probabilmente compreso circa tra il 2000 e il 1500 a.C., la cui funzione è ancora misteriosa ma forse connessa a scopi funerari, come potrebbero far pensare alcuni frammenti di crani umani in parte ad essa associati. Tuttavia la struttura potrebbe essere stata creata anche per riparare l’interno della grotta dai venti di bora.

Prima della creazione di questa struttura, i materiali ceramici raccolti e la presenza di un focolare suggeriscono che la cavità venne frequentata da gruppi la cui cultura materiale suggerisce stretti contatti con l’area dalmata nella seconda metà del III millennio a.C. (cultura di Cetina). Il pugnale in rame proviene da questi livelli; esso presenta una lunghezza di poco meno di 10 cm e una forma a foglia con codolo. Simili reperti non trovano confronti puntuali in Italia mentre il manufatto della Tina Jama può essere confrontato con simili reperti provenienti da un famoso sito palafitticolo nei pressi di Ljubljana in Slovenia, le palafitte di Dežman/Deschmann.

Materiali portati in superficie da animali, tra cui punte di freccia in selce, lunghe lame dello stesso materiale prodotte a pressione, un manufatto in ossidiana (vetro vulcanico importato dal sud Italia o dal centro Europa), asce in pietra levigata, altri manufatti litici e ceramici e ornamenti in conchiglia dimostrano che la grotta è stata frequentata per millenni e fanno ben sperare per le future campagne di scavo.

 

Le ricerche sono state realizzate anche grazie alla collaborazione con i proprietari del terreno Marino Pernarcich e Paola Zivec, nonché le aziende agricole Marucelli Omar e Milič Zagrski.

Sabato 26 ottobre si sono svolte visite guidate al sito e sedute di archeologia sperimentale.

(https://www.unive.it/pag/14024/?tx_news_pi1%5Bnews%5D=15871&cHash=31231bc488d13c8a9563ba7052f0c956 )

https://www.rainews.it/tgr/fvg/articoli/2024/10/sgonico-nella-grotta-tina-jama-un-giacimento-di-testimonianze-delleta-del-rame-carso-triestino-universita-ca-foscari--064461a7-47a2-4e4d-8bcb-a3a6babb1edb.html

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Alcuni dei materiali rinvenuti:

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mandibola umana

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Ostriche forate

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Cuspide silicea

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Coltello di rame nel luogo di rinvenimento e dettaglio.

Si tratta di un oggetto molto raro da rinvenire perché considerato materiale di pregio e vista la rarità del rame anche in caso di frattura non veniva gettato ma riutilizzato/rifuso. Potrebbe anche far parte di un contesto funerario.

setaccio.jpg

Setacciatura dei sedimenti.

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In alto, grande lama in selce. Sotto, conchiglie forate. A destra, dall’alto, cote (per levigatura coltello di rame?), sotto la lama in metallo e in basso a sinistra frammenti di volta cranica.

Sono state rinvenute poi varie ceramiche neolitiche, frammenti in pietra levigata e strumenti microlitici dei cacciatori raccoglitori mesolitici.

Saluti

Illyricum

;)

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Supporter

Davvero un vero esempio di archeologia e storia sul campo, oserei dire. Con una particolare attenzione alla analisi del territorio (di confine e di passaggio) in cui si svolgono gli scavi, con tutte le implicazioni che ciò comporta. 

Ho trovato poi particolarmente importante la parte divulgativa con iniziative volte al coinvolgimento della popolazione, anche questo un modo per avvicinare la gente al suo territorio ed alla sua storia millenaria complessa per le ragioni che hai elencato. 

Per me personalmente un utile approfondimento su un periodo che conosco pochissimo. 

E che oggetti! 

Ciao e complimenti. 

Stilicho 

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