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Modello Iglese


Giovenaledavetralla

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Desidererei sentire cosa ne pensa Lucio del fatto che a Torino ,

non proprio un paesino di campagna,senza offesa naturalmente,

non esista un'esposizione numismatica pubblica.

Sull' argomento tutela magari saremo anche all'avanguardia,

ma la fruizione dei beni tutelati,(numismatici?) è riservata solo ai

pochi che gestiscono questo patrimonio?

Anni addietro c'era a Torino un museo di numismatica di un certo

interesse(100.000 monete) non tutte esposte chiaramente!

Ma poi è stato chiuso,pace e amen. :( :angry:

P.S. sul sito "extratorino" è ancora elencato tra i musei attivi!!! con tanto di

indirizzo e orari di apertura. Senza commenti....

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. . . L'ambiente non è altro che una risorsa consumabile? Solo una fonte di benessere materiale? La protezione dell'ambiente non ha valore morale? . . .

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Non vedo quale valore morale si potrebbe attribuire al'Ambiente se non come trasmissione di disponibilità alle generazioni future (l'aspetto morale è nell'impegno a trasmettere qualcosa di non troppo depauperato rispetto a ciò che si ha ricevuto, non ci vedo un valore morale in sè . . . e non ci trovo una esigenza di immutabilità, mentre ci vedo una esigenza di immutabilità nella certezza del dato storico - nel senso di prova materiale antirevisionistica).

Ma questo non rientra in un "modello inglese" :rolleyes: .

Modificato da LUCIO
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Desidererei sentire cosa ne pensa Lucio del fatto che a Torino ,

non proprio un paesino di campagna,senza offesa naturalmente,

non esista un'esposizione numismatica pubblica. . .

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Penso che siamo in grave difetto e che bisogna rimediare.

Penso che sia ben negativo che la locale Università non si stia impegnando in questa direzione partendo con ricatalogazioni, formazione di studiosi, pubblicazioni e sollecitando l'Ente Locale.

Penso infine che non sia il Ministero il problema, anche se è ovvio che se ti presenti in Soprintendenza di punto in bianco chiedendo "mi tirate fuori tutte le monete?", loro ti tirano qualcos'altro :D .

Modificato da LUCIO
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Il sistema italiano è  vicino ad essere sufficientemente efficiente riguardo alla "tutela" , ma è inadeguato riguardo alla "fruibilità".  La tutela dovrebbero farla le Soprintendenze e infatti la fanno; la fruibilità dovremmo farla un po' tutti, Enti Locali e Privati compresi,  ma soprattutto dovrebbero lavorarci le Università.

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Ma come fanno le Universita' a fare "fruibilita'" se gli enti preposti, a volte, non gli fanno nemmeno vedere le monete! C'era un famoso caso di un direttore di museo a Firenze che per anni ha nascosto le monete che il suo museo custodiva , non facendole vedere nemmeno a studiosi di fama (oggi la situazione e' molto migliorata perche il funzionario e' finalmente andato in pensione e al suo posto e' stato insediato un direttore giovane, bravo e aperto, che sta esponendo quello che e' rimasto invisibile per troppo tempo.

Rendiamoci conto di dove viviamo. L'universita' puo' collaborare ma di solito le opere, i cataloghi di una collezione sono redatti dai funzionari dell'ente proposto alla custodia della collezione stessa (avviene cosi' anche in Inghilterra e negli altri Paesi). Diverso e' il discorso delle monografie o degli studi tematici o dagli studi per zecca, il cui ambito e' maggiormente appannaggio dei professori e studiosi universitari.

numa numa

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Non vedo quale valore morale si potrebbe attribuire al'Ambiente se non come trasmissione di disponibilità alle generazioni future

248440[/snapback]

Appunto: la questione è nella "disponibilità". Mi sembra che il tuo discorso sia: l'ambiente va tutelato perchè anche le generazioni future dovranno avere la possibilità di sfruttarlo. Questo è più o meno il concetto dello "sviluppo sostenibile" che è un'idea perfettamente rispettabile, però assume comunque come presupposto che l'ambiente abbia una finalità, e che questa finalità sia l'asservimento alle finalità dell'uomo. Idea di origine sostanzialmente biblica, che assume a sua volta l'unicità e la centralità dell'essere umano e da questa fa discendere una serie di conseguenze. Idea che ormai molti rifiutano, e non sono solo gli "abbracciatori di alberi" di cui parlavo sopra, e che andrebbe sostituita con idee un po' più avanzate, che rifiutano il finalismo e si basano invece sull'idea che l'uomo non ha alcun diritto prioritario all'utilizzo delle risorse rispetto al resto dell'ecosistema. Ecco che allora si fanno strada principi come quello della minimizzazione dell'impatto (o "impronta") ambientale, in quanto l'ecosistema nel suo complesso può essere considerato come un essere vivente che è in grado di mantenere il suo equilibrio, equilibrio che l'uomo deve rispettare pena la rottura dello stesso (ipotesi di Gaia).

Ciao, P. :)

PS. Visto che siamo mostruosamente OT, sarò ben lieto di continuare la discussione in Agorà o in privato ;)

Modificato da Paleologo
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Per riportare il punto alla questione io direi che ci vogliono due cose fondamentali, più coscienza nei cittadini per il patrimonio archeologico, ma anche una maggiore apertura da parte dei musei o delle sopraindendenza per la "fruibilità per tutti" del nostro patrimonio archeologico.

Quindi il cittadino che dà fiducia allo stato, ma anche lo stato che dà la fiducia al cittadino, perchè ricordo a tutti che questi beni sono di tutti e tutti debbono avere la possibilità di fruirne anche solo un attimo.

E forse facendo cosi potremmo avvicinarci al "modello inglese" senza sconvolgere troppo la nostra legislazione.

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. . . Ma come fanno le Universita' a fare "fruibilita'" se gli enti preposti, a volte, non gli fanno nemmeno vedere le monete! 

. . .

L'universita' puo' collaborare ma . . .

248453[/snapback]

Intanto non confonderei cose che succedevano in un periodo ben triste (e che io conosco benissimo) e cose che accadono ora o in questi ultimi anni.

Certi avvicendamenti generazionali non sono avvenuti solo a Firenze: anzi sono un classico della buona evoluzione che l'Amministrazione ha sviluppato.

Il segnale più forte, lo dico sempre, è l'apertura ad una collaborazione profonda e reciproca con gli Enti Locali. E fin qui parliamo di tutela: una tutela che parte dalla individuazione di aree archeologiche, che cerca il più possibile di evitarne lo scavo e che in caso di assoluta necessità mette in atto ogni possibile sforzo per salvare il salvabile (fino al punto di immagazzinare da qualche parte il ... salvato).

Altro discorso è quello dello studio, della pubblicazione, della divulgazione.

E qui soprattutto le Università dovrebbero muoversi, e dietro a loro tutti i soggetti interessati (fondazioni, associazioni, etc.). Soprattutto le Università perché è loro compito istituzionale e perché esse dovrebbero essere in grado di formare ed indirizzare quei giovani studiosi che concretamente eseguirebbero certi lavori. Succede raramente; anche -torno a dirlo- per una sostanziale inadeguatezza tecnico-scientifica (parliamoci chiaro: non sono in grado di farlo). Ed è qui che si innesta, di fronte ad incapacità palesi, un giro perverso di ostilità, veti, pretese di esclusive, dispetti. La possibilità di uscirne ci sarebbe: che l'Università desse una preparazione anche solo unicamente teorica ma di alto livello ad un po' di giovani volenterosi e li mandasse liberi allo sbaraglio a fare lavori di questo genere, a trovarsi i finanziamenti, cercare contatti con cultori e con appassionati, a sostenere nella Società la necessità pubblica del loro operato e a produrre ciò di cui sono capaci, liberi però di farsi carico degli onori oltre che delle responsabilità del proprio lavoro. Noi avremmo in breve tempo schedature e pubblicazioni un po' così così magari, ma in tanto le avremmo in fretta e in trasparenza e molti di questi giovani si farebbero le ossa sul campo per sostituire i loro scalcagnati predecessori.

Ma chi nel mondo universitario avrebbe interesse ad un ricambio di questo genere?

E' il docente che frena, non il funzionario del Ministero.

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E' bello vedere le cose da un altro punto di vista..

Ma temo che non possiamo essere ribaltate le competenze:

la CATALOGAZIONE delle raccolte pubbliche e' precipuo compito dell'ente che sovrintende a tali raccolte (museo, gallerie, soprintendenza) e non di altri enti.

l'Universita' puo' essere chiamata a collaborare ma non a sostituirsi in un'attivita' che spetta per competenza a questi enti e che finora e' stata gestita in modo discontinuo, carente e a volte inesistente (vedi coll. Gnecchi presso il Juseo Nazionale Romano, li' giacente senza catalogo dagli anni '30).

La DIVULGAZIONE scientifica, trattazione approfondita della materia spetta invece all'Accademia, ovvero all'Universita' che forma i propri studiosi che danno vita ad una pubblicistica di ampio spettro. I nostri non saranno cosi' vitali come gli accademici inglesi o tedeschi ma qualche cosa, con i pochi mezzi a disposizione fanno.

Vogliamo fare collaborare maggiormente le due realta' ? Cominciamo con aprire all'Universita' i musei per la catalogazione e la pubblicazione del loro materiale..

Cosa per nulla scontata. A me risulta che la Prof.ssa Travaini sia stata chiamata dalla Banca d''Italia per la catalogazione della loro collezione e ne e' risultato un piacevole, ben fatto e utilissimo catalogo disponibile, gratuitamente, addirittura anche in rete.

Non mi risulta invece che decine di musei ove intere collezioni giacciono sconosciute da tempo immemore, o quasi, si siano sognati di fare altrettanto.

Unica delle poche eccezione e' il museo civico di Milano dove i coniugi Martini stanno pubblicando indefessamente le raccolte con pubblicazioni forse non ricchissime da un punto di vista grafico ma utilissime poer i dati e le foto in essi contenute delle collezioni civiche non pubblicate antecedentemente.

Ma Roma ? Napoli ? per non parlare di Siracusa e Palermo dove ci sono collezione che fanno venire le lacrime agli occhi (lasciate da privati allo Stato !!!) che magari fossero state messe in asta, almeno avremmo un catalogo con pesi, descrizioni, riferimenti e foto che rappresenterebbe almeno una traccia, oggi non ci e' concessa neppure quella, e le collezioni naturalmente sono 'invisibili' ...

(riuscii a vederne una, due anni fa, a Siracusa, dopo una lettera alla Soprintendente e il fatto fu cosi' eccezionale che degli amici siciliani, che da sempre avevano provato a visitare il Medagliere, non ci volevano credere..). B)

E poi parliamo di funzionari pubblici accorti, efficienti e in pari con il proprio lavoro ???

Forse siamo su un'altra dimensione dell'iperspazio...

numa numa

Modificato da numa numa
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. . . Vogliamo fare collaborare maggiormente le due realta' ? Cominciamo con aprire all'Universita' i musei per la catalogazione e la pubblicazione del loro materiale...

248492[/snapback]

Più aperto di così. Non è aperto è spalancato. Ma io ho il sospetto che nel mondo universitario a qualcuno non conviene.

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. . . riuscii a vederne una, due anni fa, a Siracusa, dopo una lettera alla Soprintendente e il fatto fu cosi' eccezionale che degli amici siciliani, che da sempre avevano provato a visitare il Medagliere, non ci volevano credere. . .

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Mi viene da pensare che nessuno di loro avesse mai presentato richiesta su apposito modulo ;) .

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. . . riuscii a vederne una, due anni fa, a Siracusa, dopo una lettera alla Soprintendente e il fatto fu cosi' eccezionale che degli amici siciliani, che da sempre avevano provato a visitare il Medagliere, non ci volevano credere. . .

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Mi viene da pensare che nessuno di loro avesse mai presentato richiesta su apposito modulo ;) .

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Sbagli, il modulo non c'entrava per nulla e in effetti non si doveva seguire la procedura ortodossa. Le monete giacciono tuttora alcune in forzieri, inaccessibili, altre in polverose e male illuminate vetrine in locali blindati, guardate da tre custodi (pe rla verita' molto gentili) che ricevono una media di un visitatore a settimana quando va bene.

E questa e' gestione illuminata ? Forse pero' e' la tutela obbligatoria per far si' che, pur nascoste, le monete restino dove sono.. :lol:

numa numa

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"Intanto non sono filosoficamente disponibile ad accettare senza adeguata discussione il postulato di una univocità fra beni culturali e beni ambientali: si tratta di due cose diversissime che comportano due tipi di atteggiamento differenti (a cominciare dal fatto che il bene culturale non ha valore in sè ma solo come espressione testimoniale di una realtà sociale, mentre il bene culturale non è altro che una risorsa consumabile la cui tutela non è finalizzata a valori morali ma alla perpetuazione di una fonte di benessere materiale per le generazioni future)".

Non credo sia necessario ricorrere ad una "adeguata discussione" (?) per constatare come il binomio beni culturali/beni ambientali costituisca un'endiadi che trova riscontro persino nella sistematica normativa, posto che la titolazione del cd. "Codice Urbani" è più esattemente quella di "Codice dei beni culturali e dell'ambiente"

Se si trattasse di "cose diversissime", sarebbe quanto meno curioso che esse abbiano trovato la loro basilare regolamentazione giuridica in un unico corpus rivolto, congiuntamente, ad entrambe.

Mi inquietano non poco invece, le definizioni concettuali (specialmente quella fornita di bene ambientale, che sembra tratta da un manuale materialista dell'800) e l'indisponibilità a trattare "filosoficamente" un argomento, anche a prescindere dalla profondità della discussione; entrambe le cose fanno molto "scuola coranica" e contraddicono gli intenti enunciati secondo cui tutte le realtà impegnate nella salvaguardia dei beni culturali (e ambientali) dovrebbero operarare in sinergia.

Quale sinergia.....se si rifiuta persino il dialogo quando gli altri esprimono un parere diverso o contrario?

Si dovrebbe rinunciare (persino in questa sede) al confronto solo perchè non la pensiamo tutti allo stesso modo?

Noto inoltre un'astiosità particolarmente spiccata verso il collezionismo privato; eppure, considerato l'apporto innegabile che esso ha donato alle pubbliche raccolte, mi pare assolutamente ingiustificato e antistorico.

Se poi si volessero nazionalizzare i beni culturali (questo è, più o meno surrettiziamente, il messaggio che ho percepito), direi allora che saremmo proprio sulla strada sbagliata...altro che sistema inglese!

Ove fosse questa la reale aspirazione che anima i giovani tutori dei beni culturali nazionali, sarebbe opportuno che la si palesasse senza mezzi termini, così da consentire a chi dissente da questa concezione di assumere adeguate contromisure.

Michele

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Quindi?

. . . beni culturali e beni ambientali . . .  sarebbe quanto meno curioso che esse abbiano trovato la loro basilare regolamentazione giuridica in un unico corpus rivolto, congiuntamente, ad entrambe. . .

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Questa infatti era la principale critica che io muovevo al povero "Codice Melandri" del 1999. Sottigliezze rispetto ai disastri normativi veri, quelli che sono successi dopo.

L'accostamento innaturale delle due tutele ha prodotto distorsioni normative che difficilmente chi si interessa solo di collezionismo può minimamente immaginare.

Modificato da LUCIO
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. . .  il modulo non c'entrava per nulla e in effetti non si doveva seguire la procedura ortodossa. . .

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Ah, questa gente che pensa meglio non seguire le procedure ortodosse, chiedere per vie brevi e come se fosse un favore personale invece di avanzare richieste formali, e poi si lamenta quando non conclude nulla :( .

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Nel "modello inglese" nessuno tollererebbe richieste di accesso a materiali senza seguire la procedura ortodossa. E comunque mai e poi mai a a qualcuno passerebbe per la testa di vantarsene quando ben bene avesse ottenuto qualcosa.

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Nel "modello inglese" nessuno tollererebbe richieste di accesso a materiali senza seguire la procedura ortodossa.  E comunque mai e poi  mai a a qualcuno passerebbe per la testa di vantarsene quando ben bene avesse ottenuto qualcosa.

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Sono d'accordissimo! Ma il modello inglese funziona davvero e non c'e bisogno di fare altri interventi se non segure la normale prassi. Da noi purtroppo non e' cosi' e uno si deve inventare chissa' cosa per avere quello che gli spetterebbe di diritto come cittadino che paga le tasse e indirettamente finanzia la tutela dei beni "pubblici" cui avrebbe diritto di accesso. I miei amici siciliani, seguendo le procedure previste, stanno ancora aspettando di poter vedere le monete...

La mia richiesta di visita e' stata accolta solo perche' proveniva dall'estero, non perche' sono passato da canali non ufficiali, e quindi la soprintendente ha avuto un occhio di riguardo.

Quello che trovo scandaloso e che le due piu' belle collezioni di monete greche della Sicilia che abbiamo in Italia non siano ne' catalogate e solo una esposta (malamente) e , come abbiamo visto di accesso molto difficile.

Un catalogo che illustrasse e riportasse i dati e i riferimenti di questi gioielli sarebbe uno strumento preziosissimo per i cultori, gli studiosi e gli appassionati della monetazione siciliana antica. O sbaglio ?? B)

numa numa

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E' un po' che lo dico: la priorità è fare censimenti, rendere fruibile, aprire, pubblicare, divulgare e a questo scopo formare dei giovani che facciano questo (e continuino a farlo dopo).

Che poi è il vero spirito del "modello inglese".

Peraltro quando dicevo che la Sicilia con la sua estrema autonomia è un caso a parte, non scherzavo purtroppo. Ma non è la Sicilia il nodo del problema (è semmai una prova dell'idea che il decentramento esasperato non risolve). Il problema secondo me è la necessità di una generalizzata ed abbondante formazione di giovani studiosi di buon livello ed animati da sincero spirito democratico (il "senso dello Stato").

Quello che vorrei che fosse capito è che quando, all'inizio degli anni Ottanta, una generazione di giovani studiosi italiani si trovò nella possibilità di affrancarsi dal mondo accademico (cioè di non dipendere per la conferma del proprio impiego lavorativo dalle lune del preside del corso di facoltà) e di entrare in massa (con numeri tali da costituire già solo per questo fatto una rivoluzione) nelle Soprintendenze territoriali appena riorganizzate all'interno del neonato Ministero, in pochi anni la musica cominciò a cambiare: sia nel senso della efficienza che in quello della trasparenza istituzionale.

Oggi la speranza è che si riesca a fare qualcosa del genere anche per i Musei, soprattutto in sinergia con Enti Locali e privati.

Le possibilità normative ci sono già tutte, la volontà da parte degli organi statali anche, le risorse economiche possono realisticamente essere reperite senza tanti piagnistei: secondo me manca invece la volontà (o diciamo pure l'"interesse") delle istituzioni scientifiche.

Non è un problema, anzi è un aiuto, che la proprietà sia prevalentemente pubblica.

Non è un problema reperire le poche risorse economiche che basterebbero.

Il problema è a chi far fare certe cose (trovare persone capaci e vincere il gioco dei favoritismi e delle faide tribali che ammorbano il mondo accademico italiano).

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Il problema è a chi far fare certe cose (trovare persone capaci e vincere il gioco dei favoritismi e delle faide tribali che ammorbano il mondo accademico italiano).

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Non so perche' tu ce l'abbia tanto a morte con il mondo accademico italiano (che ha tutte le sue pecche, per carita' ) ma temo che tu ti sia fatto un'idea piuttosto idilliaca dei musei e degli apparati statali dedicati ai beni culturali, che nella realta' non sono affatto alieni dalle medesime invidie, gelosie e chiusure riscontrate negli ambienti accademici.

Ovviamente mi auguro la situazione possa cambiare nel futuro ma credo che la spinta non sia tanto endogena, quanto esogena, possibilmente ispirandosi a quanto avviene in Paesi culturalmente piu' evoluti dove e' il bene culturale ad messo al centro dell'attenzione (non l'interesse personale del funzionario di turno) perseguendo le finalita' di CONSERVAZIONE, TUTELA e FRUIBILITA' da parte del cittadino..

numa numa

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Come disse Napoleone dopo la battaglia di Marengo: conosco i miei polli (forse non disse proprio così, ma i polli c'erano).

Sono i docenti universitari che frenano, non i funzionari statali.

Modificato da LUCIO
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Come disse Napoleone dopo la battaglia di Marengo: conosco i miei polli (forse non disse proprio così, ma i polli c'erano).

Sono i docenti universitari che frenano, non i funzionari statali.

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Si perchè siao ancora come nel medioevo, con i suoi vassalli etc, e se un docente importante non vuole far vedere (neanche ai colleghi) i reperti da lui rinvenuti negli scavi, non c'è verso di fargli cambiare idea.

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Faccio una considerazione riguardante le monete venete: i testi di riferimento per le diverse zecche sono:

Venezia: Papadopoli (pubblicato a metà '800)

Verona: Perini (pubblicato all'inizio del '900, unico testo esistente)

Padova: Perini (pubblicato all'inizio del '900, attualmente fuori stampa e difficilmente reperibile, e che comunque si basava largamente su di un testo del Verci di fine '700)

Treviso: Perini (pubblicato all'inizio del '900, unico testo esistente)

c'è pure il CNI, che fra non molti anni compirà un secolo.

Solo per la zecca di Venezia esistono pubblicazioni e studi successivi, di cui fra i migliori quelli di Alan Stahl fatti negli USA.

Scrivo da una regione che ha il privilegio di avere musei come il Bottacin a Padova e il Correr a Venezia: è possibile che da un secolo a questa parte non ci sia stata alcuna nuova scoperta o catalogazione? L'esistenza di pubblicazioni è dovuta in larga parte a collezionisti dell'800 (o a Re Vittorio Emanuele III, notissimo collezionista) o a studiosi morti da lunghissimo tempo. Gli sforzi di catalogazione e ricompilazione sono frutto della fatica di isolati appassionati (per esempio il Fenti per Cremona) o di privati come il Biaggi.

Credo che i privati possano dare un grandissimo contributo ad iniziative pubbliche di raccolta dati coordinate da università e/o musei.

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