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Salve e buon Ferragosto 2024.

Una delle imprese più ardue della mitologia greca fu l’uccisione per decapitazione della gorgone Medusa ad opera dell’eroe greco Perseo.

Medusa, l'unica Gorgone mortale delle tre figlie delle divinità marine Forco e Cheto, era in origine una bella fanciulla, ma le sue chiome vennero tramutate in serpenti da Atena che volle punirla per essersi concessa a Poseidone in uno dei templi a lei dedicati. Il suo aspetto era diventato così tremendo che chiunque la guardasse in faccia diventava di pietra e per questo Perseo, quando le tagliò la testa con un falcetto, ricorse a un lucido scudo di bronzo su cui si rifletteva l'immagine di Medusa per evitarne lo sguardo terribile.

Secondo Esiodo, dal collo di Medusa uscirono subito i suoi figli Pegaso, il cavallo alato, e il mitico mostro Crisaore, generalmente rappresentato come un gigante armato di una lancia d’oro (da cui il nome che in greco significa appunto “Colui che possiede la lancia d’oro”), ma che può anche essere immaginato come un cinghiale alato proprio come il suo gemello Pegaso era un cavallo alato.

Subito dopo aver mozzato la testa a Medusa, Perseo mise in un sacco la testa avvolta in un telo e raccolse anche il sangue colato dalla ferita, velenoso quello sgorgato dalla vena sinistra e rimedio risuscitatore dei morti quello della vena destra. Poi, reso invisibile dall’elmo di Ade, volò via in groppa a Pegaso.

Quando passò sopra il deserto libico, fece cadere il dente e l’occhio che aveva sottratto alle Graie, versando senza accorgersene alcune gocce del sangue velenoso di Medusa. Fu così che quelle terre desertiche si popolarono di serpenti, scorpioni e altri terrificanti animali tutti estremamente velenosi, tra cui l'anfisbena o anfesibena, un serpente mitologico a due teste che, come molti rettili ad essa somiglianti, aveva le zanne colme di veleno mortale e uno sguardo in grado di immobilizzare le sue prede.

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Le due teste situate alle due estremità del corpo, necessarie secondo Plinio il Vecchio per poter smaltire la sovrabbondante quantità di veleno generato dalle ghiandole, rendevano l'animale capace di muoversi con la stessa facilità nelle due direzioni opposte. L'anfesibena aveva anche gli occhi luminosi come lucerne, e quindi era in grado di rischiarare il suo cammino anche durante la notte: quando una delle due teste riposava l'altra stava sveglia di guardia, e viceversa.
Secondo Nicandro di Colofone, l’autore dei Theriakà (II sec. a. C.), la pelle dell'anfesibena avvolta attorno a un bastone aveva la proprietà di scacciare gli animali (compresi i serpenti) che uccidono senza mordere (Nat. an. 8, 8). Gli scoli a Nicandro (Ther. 372a.1) dicono trattarsi di animale piccolo e lento, di colore terreo, punteggiato da macchioline e debole di vista; la pelle di questo serpente, disseccata e avvolta intorno a un bastone, viene usata dai boscaioli contro i lividi e il torpore causato dal gelo.
In Nonno di Panopoli (Dionisiache 5, 146 sgg.) si legge una descrizione molto dettagliata della collana in forma di anfesibena forgiata da Efesto per Afrodite.

L’anfesibena ha una valenza negativa in Eschilo (Agamennone 1233, prima occorrenza nota; era nominata anche nelle Cicogne di Aristofane, Photh. Lex. s. v.) che la equipara  a Clitemnestra, futura assassina di Agamennone, associandola a Scilla, altro mostro femminile omicida.
 

La rappresentazione araldica ordinaria dell'anfesibena è quella di un serpente inanellato e disposto a forma di 5 o di S. Le due teste sono di colore oro o argento, quella superiore, e nero, quella inferiore. Questa rappresentazione simboleggia la vittoria del Bene sul Male. Nella sua forma più completa l'anfesibena mostra la parte luminosa alata e quella oscura membrata, cioè con un paio di zampe scagliose. Quando è rappresentata con le due teste unite, queste non sono differenziate e quindi il colore è irrilevante.
L’anfesibena è anche un innocuo animale realmente esistente, facente parte dell’ordine degli squamati insieme a lucertole e serpenti, molto simile per certi versi alle descrizioni della creatura mitologica: la testa e la coda di questi rettili infatti sono pressoché indistinguibili tra loro. Nonostante la famiglia di appartenenza, quasi nessuno conosce le anfesibene e il loro stile di vita rimane tutt’ora per lo più avvolto nel mistero.
Il motivo di ciò è che le anfesibene sono l’unico gruppo di rettili esistente adattato a vivere nel sottosuolo e a non uscirne praticamente mai.

L’anfesibena è citata da Dante nel canto XXIV dell'Inferno e da Borges nel suo Manuale di zoologia fantastica.

Notare che secondo alcune versioni del mito, dal sangue di Medusa nacquero anche dal contatto di alcune alghe pietrificate con la testa mozzata, le Gorgonie (“Coralli del Mediterraneo”), formate da uno scheletro flessibile costituito da una proteina elastica, la Gorgonina.

apollonia

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5 ore fa, VALTERI dice:

Come sempre, grazie @apollonia ed un buon Ferragosto

 

Mai vista l'anfesibena su una moneta: ora la caccia è aperta. Chissà mai?

Contraccambio gli auguri.

apollonia


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Vista dal marinaio de " L' ultima Thule " di Guccini .

Una buona giornata

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Il 16/08/2024 alle 11:48, VALTERI dice:

Vista dal marinaio de " L' ultima Thule " di Guccini .

Una buona giornata

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Grande Guccini!

apollonia

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Siamo nel Canto XXIV dell’Inferno, la bolgia dei ladri - vv. 64-96, dove Dante cita l’anfisibena;

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Dante cita abbastanza fedelmente La Pharsalia di Lucano: vi erano chelidri (che Lucano, non Dante, descrive come striscianti su una scia di fumo), iaculi (che volano come giavellotti), faree (che strisciano contorcendosi con la testa eretta), cencri (con il ventre punteggiato, che strisciano dritti) e anfisbene (che hanno due teste, una per estremità). Libia (intesa genericamente come deserto del Sahara), Etiopia e Arabia (ciò che sta sopra al Mar Rosso) non possono vantare altrettanta ricchezza di serpenti, che Dante si compiace di elencare con fare dotto.

apollonia

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Le varie specie di serpenti (tra cui l’anfisbena) citate da Dante furono generate per caso dal sangue gocciolato inavvertitamente dalla testa di Medusa nel sacco di Perseo, mentre questi sorvolava il deserto libico in groppa a Pegaso. In altre occasioni, invece, Perseo usò deliberatamente la testa della gorgone che non aveva perso il suo potere di pietrificare con lo sguardo come arma contro avversari e nemici.

Nella prima occasione si recò da Atlante che non volle aiutarlo nell’impresa e lo pietrificò trasformandolo nell'odierna catena montuosa dell'Atlante.

Usò poi la testa per pietrificare il mostro marino che minacciava Andromeda, principessa d'Etiopia, sposando la fanciulla tratta in salvo. Lo zio di lei Fineo, a cui era stata inizialmente promessa, fece irruzione nella sala delle nozze con un gran numero di seguaci per uccidere Perseo, ma questi dapprima uccise alcuni assalitori con varie armi e poi si servì del capo della Gorgone per eliminare i superstiti, tra cui Fineo.

Tornato a casa, Perso impietrì Polidette che voleva costringere sua madre Danae a sposarlo, e fece lo stesso coi suoi cortigiani. Usò la testa anche contro Preto, il fratello di suo nonno Acrisio che aveva scacciato lo stesso Acrisio dal trono di Argo.

Secondo alcune versioni Perso avrebbe pietrificato anche il suo stesso nonno Acrisio che voleva impedirgli di passare nei suoi territori, ma nella versione più accreditata Acrisio fu ucciso per sbaglio da Perseo che lo colpì con un disco durante i giochi ginnici.

Riguardo al destino della testa di Medusa, Perseo la donò ad Atena che la pose al centro del proprio scudo, rendendolo terrificante per i suoi nemici. Alla dea diede anche il sangue velenoso sgorgato dal collo di Medusa, mentre quello guaritore fu dato ad Asclepio.

 

apollonia


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Perseo ha usato la testa di Medusa per vendicarsi di persone a lui ostili e nemiche in vicende della sua vita che possiamo riassumere fino al compimento dell’impresa.

 

Perseo nasce da Danae, la bellissima figlia del re di Argo Acrisio che, preoccupato per non avere eredi maschi, voleva sapere quale sorte sarebbe toccata al suo regno e a chi avrebbe dovuto lasciare i suoi possedimenti.

Recatosi a Delfi per consultare l’oracolo, seppe che non era destinato ad avere figli maschi e che la sua morte sarebbe avvenuta per mano di suo nipote, in altre parole il futuro figlio di Danae. Per questo fece immediatamente rinchiudere la figlia in una torre dalle porte di bronzo guardate da cani ferocissimi, nella speranza che così nessun uomo avrebbe potuto avvicinarla.

Zeus dall’alto dell’Olimpo seguì la vicenda e impietosito della sorte a cui la giovane stava andando incontro, decise di intervenire, ovviamente a suo modo. Entrò nella camera della fanciulla sotto forma di pioggia dalle gocce d’oro e concepì con lei Perseo, colui che un giorno sarebbe diventato uno dei più grandi eroi dell’antichità.

Danae, con l’aiuto della nutrice, poté partorire il figlio e allevarlo per alcuni mesi senza che il re ne sapesse nulla, ma nel giorno in cui il bambino emise un grido mentre giocava, Acrisio lo sentì e, ignorando come si erano svolti i fatti, pensò suo fratello Preto avesse sedotto sua figlia per sfregio. Danae a quel punto raccontò la verità, ma il padre non volle crederle e, sempre più terrorizzato dalla predizione, prima uccise la nutrice complice del misfatto e poi fece rinchiudere la figlia e il nipotino in una cassa di legno che abbandonò alla deriva in mezzo al mare. La cassa approdò casualmente sulla riva dell’isola di Serifo dove fu trovata da Ditti, un pescatore fratello del tiranno dell’isola Polidette. Nella cassa Ditti trovò Danae e Perseo ancora vivi, li rifocillò e li condusse al cospetto dal fratello che decise di ospitarli.

Perseo crebbe alla corte di Polidette, forte e vigoroso, mentre la madre, sempre più bella, divenne l’oggetto dei desideri del re. Danae rifiutò la richiesta di matrimonio di Polidette rispondendogli che non ricambiava il suo amore e l’unico pensiero che albergava in lei era per il figlio. Il tiranno non si arrese e cercò di eliminare Perseo con l’inganno, convinto che senza la presenza del figlio Danae si sarebbe legata a lui. Finse di voler convolare a nozze con Ippodamia e radunò gli amici dei territori confinanti e lo stesso Perseo chiedendo a ognuno degli invitati un cavallo come regalo di nozze. Perseo era avvilito poiché non possedeva un cavallo da offrire e promise al re che, se non avesse più insidiato sua madre, sarebbe stato capace di portargli qualunque cosa avesse voluto. L’inganno di Polidette era riuscito perché questi chiese a Perseo come dono di nozze la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni, convinto che il giovane non avrebbe mai fatto ritorno da quell’impresa.

(segue)


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Le Gorgoni

Le Gorgoni, mostri della mitologia greca, erano tre sorelle di nome Steno, Euriale e Medusa, figlie delle divinità marine Forco e Ceto. Il loro aspetto era mostruoso avendo ali d’oro, mani con artigli di bronzo, zanne di cinghiale dalle quali sporgeva la lingua e serpenti al posto dei capelli. La loro caratteristica distintiva era, oltre la foggia non certamente rassicurante, che chiunque le guardasse direttamente negli occhi era trasformato in una statua di pietra. Per questo incutevano terrore sia nei mortali sia negli immortali.

Le Gorgoni abitavano oltre l’oceano conosciuto e ai confini del mondo, vicino a dove dimoravano anche le Esperidi e la Notte.

Esse rappresentavano la perversione nelle sue tre forme: Euriale simboleggiava la perversione sessuale, Steno quella morale e Medusa la degenerazione intellettuale. Inizialmente erano rappresentate come i mostri descritti sopra, ma, poi nell’arte, presero le sembianze di bellissime fanciulle, anche se avevano sempre serpenti al posto dei capelli.

La Gorgone per antonomasia era Medusa, l’unica a essere mortale mentre le sorelle erano immortali e non invecchiavano mai, che però era anche la loro regina e, per volere di Persefone, a custode degli Inferi.

Medusa, il cui nome in greco significa “Colei che domina”, secondo alcuni autori classici come Ovidio, Apollodoro ed Esiodo era bellissima, e poiché gli dei non erano indifferenti al fascino delle fanciulle, mortali o immortali che fossero, Poseidone s’invaghì di lei. Il dio assunse le sembianze di un uccello e la rapì, la portò in un tempio dedicato ad Atena e qui la sedusse. Medusa nascose il volto dietro l’egida della dea Atena e si vantò di avere i capelli più belli di lei. La dea, doppiamente offesa per la profanazione della sacralità del tempio e da quello per cui la mortale si era vantata, la punì trasformandone i capelli in un groviglio di serpenti e il corpo in un mostro con gli occhi di fuoco, la lingua penzolante, con zanne enormi, estremità con gli artigli e tutto il resto, compreso lo sguardo pietrificante.

Mai competere in bellezza con una dea!

(segue)


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L’inganno di Polidette era riuscito e Perseo si preparava ad affrontare il mostro pietrificante come promesso, ma il giovane non si rendeva conto a cosa stava andando incontro e non sapeva neppure dove fosse la Gorgone. Ci pensò ad aiutarlo la stessa Atena che gli consegnò un lucidissimo scudo da usare come uno specchio, in modo da poter guardare Medusa indirettamente senza essere trasformato in pietra. Anche Ermes, il messaggero degli dei, lo volle aiutare donandogli un affilatissimo falcetto di diamante che aveva la proprietà magica di penetrare qualunque materiale, col quale l’eroe avrebbe tagliato la testa alla Gorgone. Le divinità fornirono al giovane anche altri oggetti essenziali alla riuscita di quella disperata impresa, come i sandali alati per volare e spostarsi a grande velocità, una sacca magica dove riporre la testa recisa di Medusa e l’elmo di Ade capace di rendere invisibile chi lo indossava.

Questi tre oggetti però erano custoditi dalle Ninfe del fiume infernale Stige, che dimoravano in un luogo sconosciuto a tutti tranne che alle tre Graie. Perseo avrebbe dovuto procurarseli con l’astuzia, convincendo le Graie a rivelargli quale fosse quel luogo così segreto.

Le mitiche Graie erano tre sorelle delle Gorgoni, figlie anch’esse di Forco e di Ceto, nate già vecchie e decrepite. Per questo esse Incarnavano e simboleggiavano i vari momenti della vecchiaia perché non avevano mai vissuto la gioventù. Abitavano in un palazzo vigilato da Atlante, avevano il corpo di cigno e possedevano un unico occhio e un solo dente che usavano tutte e tre a turno, secondo le esigenze. Perseo raggiuse il palazzo e qui dimostrò tutte le sue doti strategiche attendendo il momento dello scambio di questi due fondamentali organi e riuscendo ad appropriarsene con destrezza.

Quindi l’eroe propose alle Graie, uno scambio: l’indicazione dell’abitazione delle Ninfe Stigie in cambio del bottino appena conquistato. Le Graie, per la paura di non poter più mangiare nè vedere, accettarono la proposta. Ottenuto ciò che voleva, Perseo non restituì né l’occhio né il dente, e procuratosi tutto ciò che gli serviva (la bisaccia, i calzari alati e l’elmo di Ade), si recò nel paese degli Iperborei, una zona brulla e fredda del nord.

Tutto ciò che vide intorno a sé, sia l’erba, sia il cielo, sia la terra di un colore grigiastro, rivelavano un luogo per niente gradevole né rassicurante. Nonostante la desolazione della zona, Perseo si addentrò in una foresta pietrificata con lo scopo di raggiungere Medusa. Lungo il cammino vedeva delle statue di colore grigio scuro che raffiguravano donne e uomini in diverse pose ed espressioni. Ben presto il nostro eroe capì che quelle che vedeva non erano statue ma esseri umani trasformati in pietra dallo sguardo di Medusa e delle sue sorelle. Perseo allora indossò l’elmo di Ade rendendosi invisibile, si avvicinò a Medusa camminando all’indietro e guardandola riflessa nello scudo di Atena, e quando le fu accanto, con il falcetto di Ermes la decapitò nel sonno.

apollonia

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Letture sempre interessanti e coinvolgenti @apollonia quelle che ci proponi : grazie .

Una buona serata

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56 minuti fa, VALTERI dice:

Letture sempre interessanti e coinvolgenti @apollonia quelle che ci proponi : grazie .

Una buona serata

 

Grazie e buona serata,

apollonia


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La Collana di Armonia

La Collana di Armonia era un oggetto leggendario della mitologia greca fonte di grandi disgrazie a tutte le sue proprietarie o indossatrici, che principalmente erano regine e principesse delle dinastie tebane.

Efesto, il fabbro degli dei dell'Olimpo, un giorno scoprì Afrodite durante un rapporto sessuale con Ares e giurò di vendicarsi dell'infedeltà della moglie con una maledizione per ogni discendenza legata a questo tradimento. Forgiò una collana maledetta in grado di portare sfortuna a chi la possedeva e la donò come regalo di nozze a Cadmo, re di Tebe, per il suo matrimonio con Armonia, la figlia di Ares e di Afrodite nata dal tradimento della moglie.

Da quanto si può dedurre dal racconto degli storici, sembra che la collana fosse d’oro splendidamente lavorato ed intarsiato, finemente cesellata e con molte pietre preziose. La forma era di un serpente con due teste alle estremità, che spalancavano la gola una verso l’altra senza riuscire però ad addentarsi. Frapposte fra le due bocche, e incise dai loro denti, si ergevano due aquile d’oro con le ali spiegate, che insinuandosi nella doppia gola del serpente, agivano da fermaglio.

Il serpente con due teste alle estremità richiama l’anfesibena o anfisbena, il rettile generato dal sangue della testa di Medusa gocciolato nel deserto libico quando Perseo lo sorvolava in groppa a Pegaso, il cavallo alato “partorito” dalla gorgone dopo la decapitazione.

apollonia

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La leggenda di Armonia nacque in Beozia, ma di lì si propagò anche fino all'Illiria e soprattutto nell’isola di Samotracia, dove Armonia era ritenuta figlia di Zeus e di Elettra e sorella di Dardano. In Samotracia Cadmo l'avrebbe incontrata e sposata prima di fondare Tebe, oppure l'avrebbe veduta e rapita per sposarla.

La collana magica indicata semplicemente come Collana di Armonia permetteva a qualsiasi donna la indossasse di rimanere sempre giovane e bella, divenendo così nei miti greci un oggetto molto ambito tra le donne della casa reale di Tebe.

Più tardi si scoprì che questa collana fu fatale a tutte le donne che la portarono e da essa ebbe origine la lunga serie di disgrazie che perseguitò la famiglia di Cadmo.

Infatti, dei cinque figli generati da Armonia e Cadmo, Polidoro, l’unico maschio, fu padre di Labdaco, il nonno dello sventuratissimo Edipo.

La collana passò poi a Semele che la indossò il giorno stesso in cui Era le fece visita. Per effetto della maledizione, Semele insinuò che suo marito non fosse Zeus per poi chiedere che il dio dimostrasse la sua identità esibendosi in tutta la sua gloria come il signore del cielo. Semele fu distrutta per il suo gesto, folgorata dallo splendore di Zeus.

Diverse generazioni dopo, la regina Giocasta indossò la collana e ottenne di conservare la sua giovinezza e bellezza e così, dopo la morte del marito Laio, finì per sposare inconsapevolmente il proprio figlio Edipo. Quando la verità fu scoperta, lei si suicidò, Edipo si strappò gli occhi e i discendenti di Edipo soffrirono varie tragedie personali che furono descritte nelle "Tre opere tebane" Edipo re, Edipo a Colono ed Antigone di Sofocle.

Poi Polinice ereditò la collana e la diede ad Erifle come mezzo di persuasione nei confronti del marito Anfiarao restio ad intraprendere la spedizione contro Tebe. Ciò portò alla morte di Erifile, Alcmeone, Fegeo e dei figli di quest'ultimo.
Attraverso Alcmeone, figlio di Erifile, la collana passò nelle mani della figlia di Fegeo (Anfesibea) e poi ai figli Pronoo e Agenore, e infine ai figli di Alcmeone, Acarnao e Anfotero che, per prevenire ulteriori disastri tra gli uomini, consegnarono la collana al tempio di Atena Pronaia di Delfi.

Il tiranno Phayllus, uno dei capi della Focide nella terza guerra sacra (356-346 a. C.), rubò la collana dal tempio e la donò alla sua amante. Dopo averla indossata per un po', suo figlio fu preso dalla follia e diede fuoco alla casa dove morì tra le fiamme insieme a tutti i suoi tesori mondani.

Dopo tutte queste sventure Cadmo iniziò ad odiare la sua città e la abbandonò insieme ad Armonia. Vagarono a lungo finchè gli dei, impietositi, li trasformarono in serpenti (o draghi in alcune versioni del mito), ma la realtà sulla loro fine è discutibile perché si dice che entrambi siano ascesi al paradiso dei Campi Elisi dopo la loro trasformazione.

apollonia


Inviato (modificato)

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Mi sembra corretto citare le fonti del testo (come minimo queste).

Modificato da littleEvil
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Buon pomeriggio.

La Collana di Armonia è, per così dire, la protagonista mitologica di questa discussione avendo forma simile a quella dell’Anfesibena. Si è detto che la collana fu un dono di nozze ad Armonia in occasione del suo matrimonio con Cadmo, il principe fenicio fondatore di Tebe. Armonia nacque da una relazione adulterina di Afrodite con Ares scoperta da Efesto che, per vendetta, forgiò la collana rendendola un veicolo di maledizione per chiunque l’avesse indossata. Non si è detto però come Cadmo e Armonia si siano incontrati per poi convolare a nozze, cosa che richiede di risalire al mito della fondazione di Tebe.

Ne riporto integralmente la descrizione che prende spunto da un recente visita alla città di Budva, nel Montenegro, tratta dal sito https://mastermindcontent.co.uk/the-legend-of-budva-the-myth-of-cadmus-and-harmonia/

On a recent visit to Budva in the scenic climes of Montenegro, I was excited to learn the city was founded by the Greek warrior hero Cadmus and Harmonia, his divine wife.

Here was a chance for me to go on an adventure and find traces of the myth around the city. 

Budva is a delightful coastal resort situated in a rocky peninsula on the fringes of the sparkling Adriatic. Founded sometime in the 5th Century BCE, the legend of Budva states how the Old Town was built by Cadmus, a Phoenician Prince, son of King Agenor. 

According to Greek legend, Cadmus had originally founded Thebes – a powerful city in ancient Greece (not to be mistaken for the Thebes of Egypt).

However, after civil unrest forced the king and his wife out of the city, their travels brought them to the beautiful bay of Boeotia. 

Today, the city is called Budva. 

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The Myth of Cadmus and Harmonia

The story of Cadmus and Harmonia actually begins with Europa, a beautiful princess who Zeus takes a shining towards. As with every other mortal the insatiable god lusts after, Europa is whisked away.

Europa’s father, King Agenor, is distraught and dispatches his sons to find their sister. None of the brothers is successful, but they all build a new city. 

The Greek myths describe the journey of Cadmus, considered to be a warrior and the first dragon slayer in history. His story was first told by Herodotus in the 5th Century BCE – although the poet estimated Cadmus lived some 1600 years before him.

According to Herodotus, Cadmus arrives in mainland Greece and visits the Temple of Delphi to consult with the Oracle. He is told to forget about the wishes of his father and build his own city. 

The Oracle also tells Cadmus to follow a white cow with a half-moon-shaped pattern on its flank. Wherever the cow comes to rest is the place where Cadmus should build his new city.

Cadmus locates the cow in Phocis and follows it to Boeotia (Cow Land). In another myth, the cow is gifted to Cadmus by the King of Phocis. Either way, the cow guides the prince to the banks of a river.

Cadmus – The First Dragon Slayer

Before the building work can begin, Cadmus needs to sacrifice the cow to the goddess Athena. In order to perform the ceremony, he sends his men to fetch sacred water from a nearby spring.

The spring belongs to Ares and is guarded by a serpent-dragon, the son of the War God. The Ismenian Dragon kills Cadmus’ entire army of men. Seeking revenge, Cadmus stuns the beast with a rock before driving a lance through it and impaling it to a tree.

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Cadmus then has to pay eight years of servitude to the Ares as penance for killing his son. During that time, Athena instructs the prince to take the teeth from the dragon and sow them into the ground. Cadmus does as he is told and a small army of men (the Spartoi) emerged.

However, Cadmus is fearful of the warriors. Confused, he hurls a rock into the middle of the crowd which sparks an irrational fight. When the melee is over, only five men are left standing. 

These five men help Cadmus to build the citadel of Thebes. Legend states that the five men became the five noble families of Thebes.

After the new city is built, or after serving his 8 years penance, (depending on which account you read) Cadmus is offered the goddess Harmonia as a bride.

Harmonia is the beautiful daughter of Ares and Aphrodite. They spend many years as King and Queen of Thebes and have five children; Polydorus, Ino, Autonoë, Agave, and Semele.

However, the couple’s dynasty is fraught with trouble due to a necklace presented to Harmonia on her wedding day. The ‘Necklace of Harmonia’ had been crafted by the Olympian God of the Forge, Hephaestus – the betrayed husband of Aphrodite who was bitterly jealous of her love affair with Ares.

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The Founding of Budva

Conflict and rebellion in Thebes eventually forced Cadmus and Harmonia into exile. Pulled by a team of oxen, the couple eventually arrives on the coast of the Adriatic and establish a new city, Bouthoe – derived from the Greek word for Oxen. Today the city is called Budva in Montenegro. 

The region was in conflict and the People of Encheleae appealed to Cadmus to become their leader. It had been prophesied they would defeat their neighbours, the Illyrians, if Cadmus lead them into battle.

Cadmus agreed and the prophesy came true. Shortly afterwards, Harmonia gave birth to a son they named Ilyrion. 

Towards the end of his life, Cadmus was still deeply troubled. Some sources say the ill-fortune was because he killed the son of Ares. However, Cadmus had already paid penance for that. 

In The Bacchae, Euripides wrote that Cadmus is given a prophecy by his grandson, Dionysus. If Cadmus and Harmonia transform into snakes, they would become gods. 

Cadmus makes a wish for the gods to transform him into a serpent. Seeing her husband growing scales, Harmonia requests the same fate. The couple is transformed into black serpents with blue spots. 

 

apollonia

 


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17 ore fa, apollonia dice:

Fonti consultate

Chiamarlo così sembra un po' un eufemismo...

Qui un estratto di un testo sopra, per comodità in corsivo il testo "consultato", in neretto quello inedito, tra [parentesi] quello omesso.

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La leggenda di Armonia nacque in Beozia, ma di lì si propagò anche fino all'Illiria e soprattutto nell’isola di Samotracia, dove Armonia era ritenuta figlia di Zeus e di Elettra e sorella di Dardano. In Samotracia Cadmo l'avrebbe incontrata e sposata prima di fondare Tebe, oppure l'avrebbe veduta e rapita per sposarla.(1)
La collana magica, indicata semplicemente come Collana di Armonia, permetteva a qualsiasi donna la indossasse di rimanere sempre giovane e bella, divenendo così nei miti greci un oggetto molto ambito tra le donne della casa reale di Tebe.(2)
Più tardi si scoprì che questa collana fu fatale a tutte le donne che la portarono e da essa ebbe origine la lunga serie di disgrazie che perseguitò la famiglia di Cadmo. Infatti, dei cinque figli generati da Armonia e Cadmo, Polidoro, l’unico maschio, fu padre di Labdaco, il nonno dello sventuratissimo Edipo.(3)
La collana passò poi a
[loro figlia] Semele che la indossò il giorno stesso in cui e Era  [Hera] le fece visita [e] per effetto della maledizione, Semele insinuò che suo marito non fosse Zeus per poi chiedere che il dio dimostrasse la sua identità esibendosi in tutta la sua gloria come il signore del cielo.
Semele fu distrutta per il suo gesto (4), folgorata dallo splendore di Zeus. (3)

1) https://www.treccani.it/enciclopedia/armonia_res-98aabe70-8baa-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)/
2) https://it.wikipedia.org/wiki/Collana_di_Armonia#cite_note-apol3.4.2e3-1
3) https://mitologiagreca.blogspot.com/2008/02/la-collana-di-armonia.html
4) https://it.wikipedia.org/wiki/Collana_di_Armonia

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PS: no, non mi sono sbagliato, in neretto non c'è nulla.

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Cadmo e Armonia sono raffigurati sul rovescio di un bronzo provinciale romano (18,14 g, 30 mm, asse h6) coniato a Tiro (Fenicia) durante il regno di Filippo I, conservato al British Museum di Londra.

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Province              Syria Phoenice

City        Tyre 

Region  Phoenicia

Reign    Philip I

Obverse inscription        IMP M IVL PHILIPPVS P F AVG

Obverse design laureate and cuirassed bust of Philip I, right, seen from front

Reverse inscription         COL TYRO METRO

Reverse design Cadmus standing right, holding uncertain object, clasping hands with Harmonia standing left; between them, murex shell; behind Harmonia, cow

 

Cadmo è in piedi a destra, con un oggetto incerto in mano, che stringe la mano ad Armonia, in piedi a sinistra; tra loro una conchiglia murice; dietro ad Armonia una vacca.

(v. https://rpc.ashmus.ox.ac.uk/coin/28581)

apollonia


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Statere di Tebe (Beozia) che raffigura al rovescio una figura femminile (Armonia?) con un lungo chitone, seduta a destra con le gambe incrociate e il piede sinistro appoggiato su uno sgabello, che tiene un elmo corinzio crestato nella mano sinistra estesa e la destra appoggiata sul fianco; il tutto all'interno di un riquadro incuso poco profondo (Nomos, Auction 25, lor 121, 20.11.2022).

https://www.numisbids.com/n.php?lot=121&p=lot&sid=6204

statereAgimage00121armonia.thumb.jpg.c2e854692fb72f835288afd34290fe22.jpg

Lot 121. Estimate: 25 000 CHF. Price realized: 30 000 CHF.

BOEOTIA. Thebes. Circa 450-440 BC. Stater (Silver, 21 mm, 12.10 g). Boeotian shield. Rev. ΘEBA Harmonia(?), wearing a long chiton, seated right with her legs crossed and her left foot resting on a footstool, holding a crested Corinthian helmet in her extended left hand, and with her right resting on her hip; all within a shallow incuse square. BCD Boiotia 417 (same dies). Head, Boeotia p. 32, pl. II, 10 = BMC 42 = Traité III 233 (same reverse die). Myron Hoard pl. Α, 31 (same dies). Well-centered. Scattered porosity, otherwise, good very fine.
From a Swiss collection, acquired from Tradart in the 1990s.

Harmonia (= Roman Concordia) was the goddess of harmony and concord; she was the daughter of Zeus and Electra and came from Samothrace. After a romantic elopement she became the wife of the Phoenician Cadmus, founder of Thebes (incidentally he was the brother of Europa). She is shown here gazing at a helmet she holds in left hand, which shows that it is unneeded and peace reigns supreme. Later Cadmus and Harmonia were expelled from Thebes; later still, for various obscure reasons, Cadmus was turned into a serpent. This caused Harmonia great sadness and she began walking around, in the nude, crying constantly; soon her transformed husband slithered around her (this scene is shown by E. de Morgan in an evocative 1877 painting now in the Cannon Hall Museum), and the gods, taking pity on them, turned Harmonia into a serpent too.

apollonia


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Volevo segnalare il libro di Roberto Calasso dal titolo Le nozze di Cadmo e Armonia, nuova edizione accresciuta e illustrata dell’Adelphi, Milano (2021).

Il testo di 483 pagine è una raccolta dei miti dell’antica Grecia in 12 capitoli, ciascuno con una illustrazione come titolo, introdotti dalla frase tratta da Degli dèi e del mondo di Salustio: “Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre…”

L’ultimo capitolo narra nei dettagli la vicenda che vede Cadmo protagonista nell’aiutare Zeus a recuperare le sue folgori e il designato dall’Olimpo a sposare Armonia. È in occasione delle nozze alle quali sono invitati tutti gli dei che viene descritta la famosa collana: lascio la descrizione alla prosa dell’autore.

Afrodite si avvicinò a sua figlia Armonia e le cinse il collo con una collana fatale. Era l’opera mirabile che Efesto aveva cesellato un giorno per celebrare la nascita dell’arciere Eros? O era la collana che Zeus aveva donato a Europa, quando l’ebbe deposta sotto un platano a Creta? Armonia arrossiva, anche sul collo, mentre la sua pelle fremeva sotto il freddo peso della collana. Era un serpente trafitto di stelle, con due teste alle estremità, che spalancavano la gola una verso l’altra. Ma i due serpenti non riuscivano ad addentarsi: frapposte fra le due bocche, e incise dai loro denti, si ergevano due aquile d’oro con le ali spiegate. Insinuandosi nella doppia gola del serpente, agivano da fermaglio. Le pietre emanavano desiderio. Erano serpente, aquila, stella, ma erano anche il mare, e la luce delle pietre tremava nell’aria, come sulle onde. In quella collana, per avventura, cosmo e ornamento coincidevano.

Notare che i riferimenti bibliografici sono nel capitolo FONTI, nella forma, ad es., Ovidio, Fasti, III, 498. Occupano ben 23 pagine.

apollonia


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Il 19/08/2024 alle 10:49, apollonia dice:

Grande Guccini!

apollonia

 

Cattura.JPG.6c8dded023a890b19056a200bf852ca9.JPG

apollonia


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