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1430 tombe romane scoperte nella Gallia Narbonese


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1430 tombe romane scoperte nella Gallia Narbonese. 100 di bambini. Le altre di liberti e schiavi italici. Segni di banchetti. Tubi di libagione per i defunti

 
  a-narbonne-copertina-1024x558.webp Un insieme di reperti nell’area funeraria da @ Foto Glicksman, Inrap

Nel cuore della pittoresca città di Narbonne, nel sud della Francia, gli archeologi hanno recentemente hanno scoperto la necropoli delle Robine, così chiamata per la sua vicinanza al canale omonimo, che si è rivelata un vero e proprio tesoro di storia, con oltre 1.430 tombe risalenti a un periodo che va dal I secolo a.C. al III secolo d.C. Numerosi gli importanti corredi scoperti e la presenza di tracce di feste funerarie, che offre uno sguardo unico nelle credenze e nelle pratiche della Roma antica. Particolarmente interessante il ritrovamento di numerosi condotti per le libagioni dei defunti, tubi di ceramica messi sulla tomba a mo’ di comignoli, attraverso i quali si serviva il vino al defunto, mentre i suoi familiari, all’esterno condividevano lo spazio e il tempo di un’anima vicina.

Gli scavi della necropoli delle Robine sono iniziati nel 2017, durante i preparativi per i lavori di costruzione nella città di Narbonne. Ciò che gli archeologi hanno trovato è stato stupefacente: un vasto complesso funerario straordinariamente ben conservato, sepolto sotto uno spesso strato di limo alto tre metri, depositato durante l’inondazione del vicino fiume Aude. La necropoli rivela un’origine popolare. Molti defunti sono schiavi o liberti, soprattutto di origine italica.

Dopo la conquista romana nel 125 a.C., Narbo Martius divenne la prima colonia romana in Gallia. Cento anni più tardi, sotto il dominio di Augusto, la città fu designata come capitale della provincia della Narbonnaise, un vasto territorio che si estendeva da Fréjus a Tolosa, dai Pirenei al Mediterraneo, e da Vienna a Ginevra. Narbonne fiorì come centro economico nell’antichità, grazie alla sua posizione strategica: uno dei principali porti del Mediterraneo occidentale e un crocevia di rotte terrestri, fluviali e marittime. A circa 600 metri a est della città antica, si trovava questo spazio funerario che, tra il I e il II secolo d.C., occupava una superficie di circa 5000 metri quadrati, situato all’incrocio di due strade.

Le tombe della necropoli delle Robine raccontano storie toccanti di come i Romani onorassero i loro defunti. Fatto piuttosto raro, nella necropoli romana, sono state trovate circa 100 tombe di bambini che venivano sepolti con il corpo intatto, mentre la maggior parte degli adulti veniva cremata. Tuttavia, ci sono anche stati casi di sepoltura ad inumazione, con gli adulti deposti in bare di legno e i bambini in fosse più rudimentali chiuse con un coperchio.
Lastre tombali con epigrafi ci consegnano un antico, perenne dolore. Come quella dei cari Festus, di 10 anni, e Aquila, 8 anni,  evidentemente fratellini, qui sepolti insieme da Iulia Protogenia, probabilmente la madre, che affida i propri bimbi alla tomba, utilizzando, per loro, il termine delicatis, che potremmo intendere non tanto nella connotazione legata alla fragilità, quanto nell’accezione di graziosi, squisiti, deliziosi, teneri e dolci.

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Ciò che ha catturato l’attenzione degli archeologi sono stati anche i resti di pasti funerari, consumati presso alcune tombe.

Questi banchetti, celebrati con cibo e vino, probabilmente facevano parte delle festività annuali romane come il “Parentalia”, una commemorazione dei defunti che si teneva per nove giorni a febbraio. Le feste potrebbero essere state parte integrante di questa celebrazione, con famiglie che si riunivano per onorare i loro cari defunti, offrendo cibo e bevande come parte integrante del rito commemorativo.

Ma la necropoli delle Robine non è solo un cimitero antico. È anche un tesoro di manufatti e strutture che offrono preziose informazioni sulla vita e sulla società dell’epoca. Gli archeologi hanno scoperto strutture in pietra che potrebbero essere servite come letti per banchetti. Inoltre, molti corredi funerari, tra cui vasi, monete e gioielli, sono stati rinvenuti nelle tombe, insieme a una serie di amuleti e pendenti considerati apotropaici.

La necropoli delle Robine ha anche offerto uno sguardo nella sua evoluzione nel corso del tempo. Cambiamenti nella disposizione delle tombe e dei confini, insieme a ampliamenti del cimitero e costruzioni di ulteriori recinti, indicano una crescente importanza del luogo nel panorama funerario della regione. Lapidi funerarie in marmo decorate con nomi e titoli delle persone sepolte rivelano che la maggior parte dei defunti era costituita da liberti italici.

Ma la storia non finisce qui. Gli archeologi stanno lavorando instancabilmente per documentare e conservare questa preziosa testimonianza del passato. I numerosi manufatti, insieme a una serie speciale di amuleti e pendenti, saranno esposti al museo Narbo Via di Narbonne a partire dal 2026, consentendo al pubblico di immergersi ancora di più nell’affascinante mondo dell’antica Roma e di apprezzare appieno la ricchezza della cultura e delle tradizioni di questo popolo antico.

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