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Scavi archeologici di Siponto


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Scavi archeologici di Siponto, lo speciale di ArchaeoReporter

Scavi archeologici di Siponto Le mura e parte dell'anfiteatro durante la campagna di scavo archeologica a Siponto, 2023 (ph.ArchaeoReporter)
 

A settembre 2024 riprendono gli scavi archeologici di Siponto. Un momento importante per la conoscenza della grande città portuale romana, perché le ultime campagne di scavo hanno svelato molte informazioni, per esempio sull’anfiteatro, suggerito cronologie, ampliato enormemente l’idea che ci si era fatti dell’impianto urbanistico, quasi completamente sconosciuto se non grazie ad alcuni ormai “antichi” scavi e ai rilievi eseguiti con metodi non invasivi, per leggere il sottosuolo.

Come sempre accade in archeologia, quando si iniziano ad avere elementi per dare alcune risposte, ecco che le domande si moltiplicano. La profondità dei quesiti che ci pone l’antica città contrasta con il paesaggio del tutto piatto del sito archeologico. Diremmo una vasta spianata di campi fino a poco fa coltivati e null’altro. Ma, anche in questo caso, lo vedremo tra poco, sbaglieremmo.

Scavi archeologici di Siponto: l’anfiteatro. Prima puntata dell’archaeo-reportage

Alzando il drone alla mattina presto, quando gli studenti sciamano sullo scavo portando carriole, picconi, secchi e cassette, le ombre rivelano rilievi che prima sfuggivano, sul color brunastro e monotono della terra agricola. Innanzitutto i ruderi della masseria, con quello strano muro curvo che sappiamo essere, in realtà, quello dell’anfiteatro. Poi l’ombra netta, tagliata con l’accetta, proiettata dalle mura di cinta della città. Quelle stesse mura che sono state scavate nel 2023, e che si sono rivelate imponenti, anche dopo essere state spogliate da chi ha costruito, molti secoli dopo, la vicina Manfredonia, il suo castello, le sue opere difensive.

Siponto, un “tell concavo” che racchiude molte città

Ecco allora che la “spianata” di Siponto si trasforma improvvisamente in una inaspettata scarpata, una collina costruita su se stessa, esattamente come i tell , quelle colline che in Asia occidentale altro non sono che città costruite e distrutte più volte, talmente sovrapposte da formare un rilievo artificiale, celato nell’apparenza di una collina.

Siponto è diversa da un tell, tutto diresti dell’area archeologica tranne che “sembra una collina”. Ma in realtà è una sorta di tell concavo, che scende in quella che in realtà non è una spianata di campi agricoli ma una specie di altopiano nascosto agli occhi della quotidianità, in cui, uno dopo l’altro, i contesti stratigrafici s’intrecciano e si sovrappongono, alla fine abbandonati e chiusi come un coperchio da quasi un millennio di semine, arature, raccolti, semine, arature, raccolti…stagioni su stagioni, fino all’oblio.

Perché Siponto, archeologicamente parlando, è un sito raro in Italia: la colonia romana diventa un porto importante, lotta con la linea di costa e con gli impaludamenti, ma non viene abbandonata. Gli scavi dell’università di Bari e di Foggia ci dicono, sempre di più, che la vita va avanti, anche piuttosto vivace, nell’alto medioevo, ma anche in un medioevo molto inoltrato, e che anche quando verrà fondata Manfredonia, nel 1256, parti della città erano bene attive.

La rarità del sito è data dal fatto che per scavarlo non ci si deve imbarcare in complicatissimi cantieri di archeologia urbana. La nuova città, Manfredonia, insomma la Siponto-bis, sorge molto più in là, e non in sovrapposizione della sua antenata. A parte qualcosa dell’anfiteatro, come abbiamo visto, nulla emerge, con l’eccezione della bellissima chiesa di Santa Maria Maggiore. Insomma, non ci sono i templi di Paestum, e non c’è neppure una risplendente Ravenna a far dimenticare l’interrata città-porto di Classe. Siponto si presenta così agli archeologi: una grande città dove scavare con i metodi più moderni e ricostruire la vita, i commerci, la forma urbis e chissà quali sorprese, nel tempo Tecnicamente parlando, è un sogno.

Scavi archeologici di Siponto, le mura della città. Seconda puntata:

Sorpresa, ad esempio, è la bella chiesa la cui pianta emerge all’interno dell’anfiteatro. Bella chiesa, diciamo, perché i lacerti di pitture murali che sono stati trovati parlano di grande qualità e di una certa ricchezza. Ecco che allora l’anfiteatro, che deve essere in gran parte scavato, rivela non solo la sua forma e le sue strutture, ma anche la trasformazione nei secoli: cimitero cristiano, appoggio per case e strutture medievali, depositi sparsi di granaglie, luogo di culto. In fondo è stata solo la campagna 2023 a svelarci tutto questo. Cosa ci potranno raccontare le prossime?

Cosa ci racconterà il prossimo scavo del quartiere vicino al porto, che lo scorso anno ci ha svelato cisterne, magazzini dalle strutture murarie imponenti, ceramiche da tutto il Mediterraneo, tracce di rotte, commerci, idee che salpavano e approdavano dai vicini moli, un una sorta di porto lagunare interno che vede, ora, il mare molto più lontano, oltre le casette da vacanza estiva del XX secolo, e oltre quella ferrovia che la separa dal resto del sito archeologico, usata con molta parsimonia ai nostri giorni.

Cosa ci racconteranno le grandi mura che continueranno ad essere esplorate, e della loro connessione con le strutture della tarda antichità e del medioevo? E la strada, sotto la statale, ci mostrerà mai, un giorno, se ci sono ancora i basoli della strada romana? Il foro romano è veramente sotto l’ex casa cantoniera? Ci saranno tracce degli edifici pubblici, dei templi, o solo le loro fosse di spoliazione, emergerà mai un mosaico, un marmo, o tutto sarà finito nelle calcare a preparar la calce per i nuovi edifici, i nuovi abitanti, le nuove attività?

Scavi archeologici di Siponto, il quartiere del porto. Terza puntata:

Archeologia a Siponto: l’occasione unica di vedere quel che non c’è

Questo ci può raccontare uno scavo di ricerca come quello che le università di Foggia e Bari, in collaborazione con la Soprintendenza, stanno affrontando. Meglio ragionare passo a passo, perché in effetti l’area archeologica è enorme. Ma giusto anche iniziare a pensare alle strategie, alle risorse, alle grandi occasioni che questa ricerca archeologica può offrire al territorio, forse ancora un po’ distratto rispetto alle grandi prospettive che si possono aprire, alla ricaduta anche economica delle stesse. Centro di ricerca, di formazione, di interazione con il pubblico, che vada a sposarsi con il parco archeologico già attivo attorno alla basilica di Santa Maria, all’attiguo scavo della chiesa paleocristiana e dell’iconica, bellissima, installazione in ricami di metallo dell’artista Edoardo Tresoldi, un’opera che ora tutte le città vogliono ricalcare, ma che proprio qui ha avuto una delle sue consacrazioni.

Il tell concavo di Siponto, le tante città sovrapposte velate da un’illusoria spianata di campi un tempo coltivati, è pronta a svelare la sua vita e a segnare nuovamente il territorio. Una Siponto non città fantasma, che non gioca sullo scontato “fascino delle rovine”, ma che sa farsi vedere in filigrana. Andrea Carandini agli Stati Generali dell’archeologia di Firenze, ha spiegato che bisogna cominciare a vedere quel che non c’è. Siponto è la grande occasione per un parco archeologico che mostra quel che c’è ancora e quel che è difficile da cogliere: vedere quel che non c’è, per ora: un grande porto del Mediterraneo antico, di nuovo con le sue navi, i mercanti e i suoi abitanti.

Scheda sugli scavi archeologici di Siponto:

Scavi archeologici di Siponto condotti dalle Università di Bari e di Foggia, con la direzione di Roberto Goffredo, Maria Turchiano (Unifg) e Giuliano Volpe (Uniba), su concessione del Ministero della Cultura (DD DG-ABAP 872-873/2021), in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Barletta, Andria, Trani e Foggia, la Direzione Regionale Musei Puglia e il Parco Archeologico di Siponto.

https://www.archaeoreporter.com/it/2024/02/29/scavi-archeologici-di-siponto-lo-speciale-di-archaeoreporter/

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