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Se lo Stato non autorizza l’esportazione ci teniamo i soldi


Risposte migliori

Navigando tra le varie aste del momento, mi sono imbattuto in una clausola contenuta nelle condizioni generali di una casa d’aste italiana (di cui non farò il nome) che mi ha lasciato a dir poco perplesso:

“ 13) SPEDIZIONI ALL’ESTERO – CERTIFICATO DI ESPORTAZIONE:
Le spedizioni all’estero di Monete, medaglie, gettoni e banconote aventi più di 70 anni sono soggette ad autorizzazione di legge da parte dei competenti Organi Amministrativi Italiani.
Tali oggetti devono essere pertanto provvisti di certificato di esportazione, che deve essere richiesto direttamente dall’acquirente, fatta salva diversa pattuizione scritta.
Il tempo necessario per ottenere le autorizzazioni ed il certificato di esportazione richiede un periodo variabile, indicativamente dai 120 ai 180 giorni.
L’acquirente deve tuttavia provvedere al pagamento della merce entro il termine di 10 giorni dalla conclusione dell’asta e l’eventuale mancata autorizzazione all’esportazione da parte dei competenti Organi Amministrativi italiani non determina l’annullamento della vendita. […]” 

Ho evidenziato in grassetto la parte che ha attirato la mia attenzione e che a me suona così: se l’esportazione non viene autorizzata l’acquirente si piange soldi e moneta.

Da giurista preferisco non esprimere la mia opinione su una clausola del genere ma mi piacerebbe conoscere quella dei tanti commercianti presenti sul forum.

Saluti

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Direi di no : rimani proprietario della moneta, che hai pagato, ma non la puoi portare legalmente all'estero, quindi  è più una clausola per acquirenti esteri, che comprano senza avere certezza totale di portarsi l'oggetto a casa propria ( e sottolineo legalmente). Poi cosa avvenga dopo la consegna sul territorio.....  non è dato sapere 😉

Un cordiale saluto,

Enrico

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7 minuti fa, vitellio dice:

Direi di no : rimani proprietario della moneta, che hai pagato, ma non la puoi portare legalmente all'estero, quindi  è più una clausola per acquirenti esteri, che comprano senza avere certezza totale di portarsi l'oggetto a casa propria ( e sottolineo legalmente). Poi cosa avvenga dopo la consegna sul territorio.....  non è dato sapere 😉

Un cordiale saluto,

Enrico

 

E’ proprio questo che suona come una presa in giro: a quale straniero potrebbe mai interessare diventare proprietario di una moneta che si trova e resterà nello Stato italiano?

Non sarebbe stato almeno eticamente più corretto escludere a monte la vendita all’estero a questo punto?

Senza considerare tutti gli aspetti giuridici legati al fatto di mettere in vendita per l’estero qualcosa che all’estero non può andarci. Ok, il commerciante non può prevederlo in anticipo… ma suvvia… almeno il rimborso del prezzo… tenetevi pure i diritti d’asta a tutto voler concedere… 

Saluti

 

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8 ore fa, allek dice:

almeno il rimborso del prezzo

Così tutte le conseguenze negative ricadrebbero sul commerciante.

Questa normativa vale anche in altri stati europei, anche se molti non lo sanno. Ma almeno c'è una normativa che fino a una certa (variabile a seconda degli stati) somma l'esportazione è libera. Già più di una volta mi sono fermato dal fare offerte quando la cifra si avvicinava alla necessità di richiedere l'autorizzazione all'esportazione con tutte le conseguenze negative che comporta. Il nostro è diventato un lavoro molto complicato.

Arka

Diligite iustitiam

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9 ore fa, allek dice:

E’ proprio questo che suona come una presa in giro: a quale straniero potrebbe mai interessare diventare proprietario di una moneta che si trova e resterà nello Stato italiano?

Non sarebbe stato almeno eticamente più corretto escludere a monte la vendita all’estero a questo punto?

Senza considerare tutti gli aspetti giuridici legati al fatto di mettere in vendita per l’estero qualcosa che all’estero non può andarci. Ok, il commerciante non può prevederlo in anticipo… ma suvvia… almeno il rimborso del prezzo… tenetevi pure i diritti d’asta a tutto voler concedere… 

Saluti

 

 

Perché?… è una alea non dipendente dal commerciante ma da una istituzione al di sopra e non collegata alla esaustività o legittimità o meno della documentazione presentata. 
Sarà il cliente ad opporsi in sede opportuna alla decisione presa dall’istituzione. 
Come  ha già detto qualcun'altro, è una regola presente da parecchi anni, in tutte le aste tenute nei paesi in cui devono sottostare all ottenimento dei permessi per esportare. 
Mi pare una regola più che giustificata. 
L'onere dell’esportazione non è regola di legge che sia a carico del venditore, ma dell’esportatore : ovvero il cliente estero 

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1 ora fa, Tinia Numismatica dice:

Perché?… è una alea non dipendente dal commerciante ma da una istituzione al di sopra e non collegata alla esaustività o legittimità o meno della documentazione presentata. 
Sarà il cliente ad opporsi in sede opportuna alla decisione presa dall’istituzione. 
Come  ha già detto qualcun'altro, è una regola presente da parecchi anni, in tutte le aste tenute nei paesi in cui devono sottostare all ottenimento dei permessi per esportare. 
Mi pare una regola più che giustificata. 
L'onere dell’esportazione non è regola di legge che sia a carico del venditore, ma dell’esportatore : ovvero il cliente estero 

 

Forse non sono stato molto chiaro nel rappresentare quella che è la mia perplessità: ciò che trovo non eticamente corretto è che la casa d'aste trattenga comunque il prezzo di aggiudicazione... e anchela moneta (di fatto)... a meno che l'acquirente estero non si rechi personalmente in Italia per ritirarla senza tuttavia poter oltrepassare i confini italiani con essa.

Come ho detto in apertura del post non voglio sindacare la legittimità o meno della clausola dal punto di vista giuridico ma pongo solo un problema di leale cooperazione tra le parti... mettiamola così.

Le parti (acquirente straniero e casa d'aste) accettano consapevolmente entrambe il rischio che quanto messo in vendita non sia esportabile, e va bene, sono libere di farlo.

Ma perché non strutturare la clausola in maniera tale da condizionare il perfezionamento della vendita all'ottenimento dell'autorizzazione all'esportazione e, quindi, contemplare solo il diritto del venditore a trattenere esclusivamente le commissioni e le spese varie ed eventuali piuttosto che l'intero prezzo di aggiudicazione?

Così (credo) - e rispondo anche ad @Arka -  il commerciante non ci rimetterebbe un centesimo (a differenza dell'acquirente che, però, quantomeno vedrebbe limitato il danno). E la moneta resterebbe comunque di proprietà del commerciante o del conferente (a seconda dei casi).

Grazie per i vostri interventi.

Saluti.

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5 minuti fa, allek dice:

E la moneta resterebbe comunque di proprietà del commerciante o del conferente (a seconda dei casi).

Non è proprio così. La vendita ha delle conseguenze legali e fiscali. E ci sono i diritti degli altri competitori all'asta.

Arka

Diligite iustitiam

  • Grazie 1
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11 ore fa, allek dice:

E’ proprio questo che suona come una presa in giro: a quale straniero potrebbe mai interessare diventare proprietario di una moneta che si trova e resterà nello Stato italiano?

 

 

 

Beh credo che nulla si possa escludere a priori...

Inoltre, come ha già detto qualcuno, questa è una alea di rischio che non dipende dal venditore e se entrambe le parti ne hanno piena consapevolezza, francamente non vedo il problema.

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52 minuti fa, allek dice:

Forse non sono stato molto chiaro nel rappresentare quella che è la mia perplessità: ciò che trovo non eticamente corretto è che la casa d'aste trattenga comunque il prezzo di aggiudicazione... e anchela moneta (di fatto)... a meno che l'acquirente estero non si rechi personalmente in Italia per ritirarla senza tuttavia poter oltrepassare i confini italiani con essa.

Come ho detto in apertura del post non voglio sindacare la legittimità o meno della clausola dal punto di vista giuridico ma pongo solo un problema di leale cooperazione tra le parti... mettiamola così.

Le parti (acquirente straniero e casa d'aste) accettano consapevolmente entrambe il rischio che quanto messo in vendita non sia esportabile, e va bene, sono libere di farlo.

Ma perché non strutturare la clausola in maniera tale da condizionare il perfezionamento della vendita all'ottenimento dell'autorizzazione all'esportazione e, quindi, contemplare solo il diritto del venditore a trattenere esclusivamente le commissioni e le spese varie ed eventuali piuttosto che l'intero prezzo di aggiudicazione?

Così (credo) - e rispondo anche ad @Arka -  il commerciante non ci rimetterebbe un centesimo (a differenza dell'acquirente che, però, quantomeno vedrebbe limitato il danno). E la moneta resterebbe comunque di proprietà del commerciante o del conferente (a seconda dei casi).

Grazie per i vostri interventi.

Saluti.

 

Per una casa daste, che vive di commissioni, potrebbe anche funzionare, in via puramente etica e teorica, ma per un commerciante che la moneta l’ha acquistata e pagata? 

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54 minuti fa, allek dice:

Forse non sono stato molto chiaro nel rappresentare quella che è la mia perplessità: ciò che trovo non eticamente corretto è che la casa d'aste trattenga comunque il prezzo di aggiudicazione... e anchela moneta (di fatto)... a meno che l'acquirente estero non si rechi personalmente in Italia per ritirarla senza tuttavia poter oltrepassare i confini italiani con essa.

Come ho detto in apertura del post non voglio sindacare la legittimità o meno della clausola dal punto di vista giuridico ma pongo solo un problema di leale cooperazione tra le parti... mettiamola così.

Le parti (acquirente straniero e casa d'aste) accettano consapevolmente entrambe il rischio che quanto messo in vendita non sia esportabile, e va bene, sono libere di farlo.

Ma perché non strutturare la clausola in maniera tale da condizionare il perfezionamento della vendita all'ottenimento dell'autorizzazione all'esportazione e, quindi, contemplare solo il diritto del venditore a trattenere esclusivamente le commissioni e le spese varie ed eventuali piuttosto che l'intero prezzo di aggiudicazione?

Così (credo) - e rispondo anche ad @Arka -  il commerciante non ci rimetterebbe un centesimo (a differenza dell'acquirente che, però, quantomeno vedrebbe limitato il danno). E la moneta resterebbe comunque di proprietà del commerciante o del conferente (a seconda dei casi).

Grazie per i vostri interventi.

Saluti.

 

Subordinare  la vendita all’ottenimento o meno del permesso di esportazione , limiterebbe la possibilità per l’acquirente di fare ricorso verso il responso negativo. In più trasferirebbe l'onere di un eventuale opposizione facoltativa da parte dell’acquirente, al provvedimento di negazione, e relativi costi, sul venditore , anziché sul compratore stesso. Cosa succederebbe in caso di reiterazione del parere negativo e quali tempistiche dovrebbe affrontare il conferente per sapere se incasserà o no il suo avere? 
Evidentemente, se tutte le aste procedono col medesimo protocollo, ci saranno state valutazioni che hanno portato a questo. 

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1 ora fa, Arka dice:

Non è proprio così. La vendita ha delle conseguenze legali e fiscali. E ci sono i diritti degli altri competitori all'asta.

Arka

Diligite iustitiam

 

La vendita ha conseguenze legali e fiscali se la vendita si perfeziona: non a caso ho parlato di vendita condizionata. Se non arriva l’autorizzazione all’export la vendita non si perfeziona e, quindi, non dovrebbe maturare alcun onere fiscale credo (ma non sono un commercialista e qui parlo con il beneficio del dubbio).

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3 minuti fa, allek dice:

La vendita ha conseguenze legali e fiscali se la vendita si perfeziona: non a caso ho parlato di vendita condizionata. Se non arriva l’autorizzazione all’export la vendita non si perfeziona e, quindi, non dovrebbe maturare alcun onere fiscale credo (ma non sono un commercialista e qui parlo con il beneficio del dubbio).

 

Sono due cose slegate tra di loro 

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40 minuti fa, Tinia Numismatica dice:

Per una casa daste, che vive di commissioni, potrebbe anche funzionare, in via puramente etica e teorica, ma per un commerciante che la moneta l’ha acquistata e pagata? 

 

Non vedo il problema onestamente.

Potrà sempre rivenderla in Italia.
Del resto se l’avesse acquistata al precipuo fine di venderla all’estero vuol dire che ha fatto male i suoi conti…

1 minuto fa, Tinia Numismatica dice:

Sono due cose slegate tra di loro 

 

In che senso?

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1 minuto fa, allek dice:

vendita condizionata

Tra me commerciante e il mio cliente possiamo (entro un limite di tempo che non rammento) annullare la vendita. Nel caso dell'asta è diverso perchè entrano in gioco anche soggetti terzi, ovvero altri partecipanti all'asta. Le loro offerte hanno pure valenza legale e in caso di annullamento della vendita avrebbero da recriminare e giustamente.

Arka

Diligite iustitiam

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Per come la vedo io il problema si porrebbe solo se si agisce  così senza dichiararlo nelle codizioni di vendita.

Una volta dichiarato l'eventuale offerente straniero sa a cosa va incontro. Non sono un giurista e legalmente non mi esprimo, ma da un punto di vista etico/morale non trovo ci sia nulla da  eccepire.

  • Grazie 1
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11 minuti fa, allek dice:

Non vedo il problema onestamente.

Potrà sempre rivenderla in Italia.
Del resto se l’avesse acquistata al precipuo fine di venderla all’estero vuol dire che ha fatto male i suoi conti…

 

Se un cliente straniero viene da me in negozio e mi chiede di acquistare una moneta, io non posso esimermi dal vendergliela solo perché potrei supporre che lui la esporterà. 

Potrebbe anche non esportarla, o esportarla tra anni, o non chiedere i permessi.

Di tutto ciò non posso essere responsabile io venditore.

Quindi la contemporaneità tra vendita ed esportazione, non è sempre valida come per un asta, quella è  una situazione specifica come sequenza temporale degli avvenimenti.

Nelle altre situazioni, la subordinazione, o la mancanza di previdenza attribuibile al venditore sono considerazioni errate.
 

8 minuti fa, Arka dice:

Tra me commerciante e il mio cliente possiamo (entro un limite di tempo che non rammento) annullare la vendita. Nel caso dell'asta è diverso perchè entrano in gioco anche soggetti terzi, ovvero altri partecipanti all'asta. Le loro offerte hanno pure valenza legale e in caso di annullamento della vendita avrebbero da recriminare e giustamente.

Arka

Diligite iustitiam

 

Con le fatture elettroniche c’è una settimana prima di trasformare l’eventuale proforma in fattura effettiva . Oltre questo termine, in caso di ritorno della moneta,  vanno effettuate due operazioni( acquisto e poi successiva nuova registrazione) come se fosse un’altra moneta , con le imposte relative da applicare. Non è una cosa così lineare e semplice come si può pensare… 

Modificato da Tinia Numismatica
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44 minuti fa, Tinia Numismatica dice:

Con le fatture elettroniche c’è una settimana prima di trasformare l’eventuale proforma in fattura effettiva .

Ecco, una settimana. Quindi nemmeno in questo caso si potrebbe annullare gli effetti fiscali, perchè la risposta sull'esportazione arriva mesi dopo.

Arka

Diligite iustitiam

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