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Caterina De’ Medici, la storia della "strega" alla corte di Francia

 

Caterina De’ Medici era davvero una donna malvagia e senza scrupoli, una strega dedita allo studio dei veleni? La sua leggenda nera ha attraversato il tempo, arrivando fino a noi, ma forse sarebbe ora di rivalutare una figura chiave della storia di Francia

 

Per secoli il nome di Caterina De’ Medici è stato avvolto da un’aura oscura di mistero e perfidia. A questa italianissima Regina di Francia sono stati imputati crimini terribili e una mente superstiziosa, malevola, contorta, machiavellica nel senso più negativo del termine. Caterina l’assassina, Caterina l’avvelenatrice, Caterina l’avida fattucchiera. Questi sono solo alcuni degli epiteti che la Storia ha associato a questa sovrana, costruendole intorno una leggenda nera che ancora oggi gli studiosi faticano a separare dalla sua biografia. Caterina De’ Medici fu davvero la despota dedita alla magia nera che molti hanno descritto, oppure fu una mente politica, molto colta, dotata di una personalità fortissima, in grado di imprimere un’impronta indelebile sulla Francia, ma anche di una spregiudicatezza che la portò a commettere errori madornali?

Una giovinezza vissuta tra gli intrighi

Caterina De’ Medici (1519-1589) fu, suo malgrado, protagonista delle peripezie politiche del suo tempo. Perse i genitori quando era ancora in fasce: la madre, Maddalena De La Tour D’Auvergne per una febbre puerperale il 28 aprile 1519, il padre, Lorenzo II De’ Medici forse per sifilide il 4 maggio dello stesso anno. Caterina era l’unica erede della potente famiglia Medici e venne allevata prima a Roma dalla nonna paterna e poi a Firenze dalle zie paterne. Nel 1525 papa Clemente VII, che era cugino del nonno di Caterina, si alleò con la Francia e contro Carlo V d’Asburgo (1500-1558). Andò molto male: la sconfitta francese nella Battaglia di Pavia aprì le porte ai lanzichenecchi e al Sacco di Roma del 1527.

Clemente VII e Carlo V stipularono un armistizio, ma nel 1529 Firenze, amministrata da un uomo del Vaticano, si sollevò contro il pontefice. L’imperatore, ora alleato di Clemente VII, fece assediare la città, che capitolò nel 1530. Quel periodo fu molto duro per Caterina. La sua parentela con il papa la espose più di una volta a pericoli mortali. Alla fine, però, riuscì a tornare a Roma. Clemente VII riuscì a combinare il matrimonio tra la nipote e il secondogenito del Re francese Francesco I di Valois, Enrico. Il matrimonio avvenne nel 1533.

Il pontefice, però, morì nel 1534 e il suo successore, Paolo III, si rifiutò di allearsi con i francesi e pagare la dote di Caterina. Uno scherzo del destino che avrebbe potuto mettere in serio pericolo l’intera esistenza della ragazza. Ma non fu così: sebbene a corte la giovane sposa fosse appena tollerata, chiamata con disprezzo “la figlia dei banchieri”, seppe farsi amare dalla famiglia reale, che ammirava la sua cultura, la sua vivacità intellettuale, il suo carattere tranquillo. Caterina parlava perfettamente francese, ma conosceva anche il latino, il greco, leggeva testi di ogni tipo, dalla matematica alla teologia, dall’alchimia all’astronomia. Era un portento e riuscì ad affascinare i suoi parenti acquisiti.

Sembra sia stata proprio lei a inventare la cavalcatura all’amazzone, che le consentiva di cavalcare velocemente, mantenendo una postura decorosa per l’epoca. Non fu l’unica novità introdotta a corte da questa intrepida italiana: Caterina avrebbe insegnato ai francesi l’uso della forchetta e portato in Francia molti piatti tipici della sua terra che oggi sono considerati francesi (i cugini d’Oltralpe non dovrebbero dimenticarlo).

Nel 1536 il Delfino di Francia Francesco di Valois morì all’improvviso. Enrico e Caterina divennero i nuovi eredi al trono. Proprio in questo frangente iniziò a nascere la leggenda nera della futura Regina. Qualcuno ipotizzò che Francesco fosse stato ucciso proprio dalla delfina perché l’avvelenamento sarebbe stato “un’arte”, diciamo così, tutta italiana. Caterina fu vittima del pregiudizio, un male trasversale. Il Re, molto affezionato a lei, non fece caso alle dicerie.

Alla giovane Delfina non interessavano i commenti malevoli. Il suo vero problema era un altro: non riusciva a dare un erede al marito. Enrico non l’amava: i suoi sentimenti erano per la cortigiana Diana di Poitiers, che aveva 20 anni più di lui (sembra addirittura che la relazione tra i due fosse iniziata quando lui aveva circa 15 anni e lei 35). Diana avrebbe spinto Enrico a dormire con la moglie (del resto Caterina era meno pericolosa di un’altra possibile amante più giovane che avrebbe potuto strappare il futuro sovrano all’influenza della cortigiana). Caterina ed Enrico ebbero 10 figli e salirono al trono di Francia nel 1547. Il nuovo monarca, però, morì dopo 10 giorni di agonia nel 1559, durante un torneo cavalleresco. Caterina prese il lutto a vita, ma non si vestì di bianco, colore tradizionale delle Regine vedove, bensì di nero, inaugurando una nuova tradizione.

La Notte di San Bartolomeo

Caterina divenne una Regina Madre e una reggente. Il trono passò al figlio Francesco II che, però, morì nel 1560 a causa della sua salute cagionevole. Il potere finì nelle mani dell’altro figlio, Carlo IX. Anche quest’ultimo, malato di tubercolosi, spirò nel 1574. Caterina, che non si era mai ritirata dalla vita politica, con gli anni accentrò su di sé sempre più potere e nel 1562 promulgò l’editto di Saint Germain, concedendo libertà di culto ai protestanti. Una misura basata sulla tolleranza e con cui la sovrana tentò, invano, di evitare le guerre di religione.

Il culmine della lotta venne raggiunto durante la tristemente famosa Notte di San Bartolomeo, tra il 23 e il 24 agosto 1572. Doveva essere un momento di festa, stava per sposarsi la figlia di Caterina, Margherita (la Regina Margot di Dumas), con il principe Enrico III di Navarra. Invece si trasformò in un massacro: doveva essere una vendetta contro i capi ugonotti e il loro crescente potere nella società, ma la situazione sfuggì di mano: gli storici stimano che vennero uccise tra le 5mila e le 30mila persone a Parigi. I contemporanei e i posteri, almeno fino alla Rivoluzione francese, diedero la colpa della strage alla sola Caterina. Lei avrebbe premeditato l’assalto, attirando gli ugonotti nella capitale. Non sarebbe andata proprio così: gli studi più recenti, che rivalutano la figura della sovrana, sottolineano che sarebbe stato Carlo IX il principale responsabile di quell’evento.

Ci sono diverse interpretazioni sul vero ruolo di Caterina De’ Medici, ma sembra proprio che non sia stata la mandante della repressione. Commise comunque diversi errori fatali, non ribellandosi all’idea degli omicidi mirati dei capi ugonotti che sarebbe partita dal Re (sembra anche che fosse, almeno in parte, d’accordo) e sottovalutando la portata di ciò che stava accadendo. Quando, insieme a Carlo IX, avrebbe tentato di fermare il massacro, era troppo tardi. La Notte di San Bartolomeo macchiò in modo indelebile il suo nome, contribuendo al consolidamento della sua leggenda nera.

La leggenda nera

Per secoli storici e scrittori (perfino Dumas nella già citata “Regina Margot”) hanno perpetuato l’immagine oscura di Caterina De’ Medici: assassina, strega dedita a pratiche occulte, avvelenatrice. La leggenda vuole che sia stata lei a far uccidere Giovanna d’Albret, Regina di Navarra (mamma di Enrico II di Navarra), inviandole dei guanti profumati e avvelenati dal suo profumiere personale, Renato Bianco. Molto romanzesco, ma falso. Giovanna morì per cause naturali. Per qualcuno Caterina avrebbe avvelenato pure il figlio, Carlo IX, ma abbiamo visto che in realtà il sovrano morì di tubercolosi.

Sono certi, invece, gli incontri tra la monarca e Nostradamus, il quale avrebbe predetto la fine della dinastia dei Valois in modo molto particolare: la Regina si sarebbe seduta in una stanza, di spalle alla porta, guardando in uno specchio “magico”. Da lì avrebbe visto entrare nella camera, a uno a uno, il riflesso dei suoi figli, ognuno dei quali avrebbe compiuto un numero di giri della stanza pari agli anni di regno che gli erano destinati.

Molto probabilmente il "veggente" non predisse proprio nulla: Caterina sapeva che il casato era al tramonto, era afflitta e stanca, soprattutto nell’ultima parte della sua vita, a causa delle guerre di religione. Forse interpretò le parole di Nostradamus e ciò che credeva di aver visto nel modo più funesto perché era consapevole della sorte che attendeva i suoi figli e il suo regno. Inutile dire che la fama sinistra della Regina Madre arrivò fino alla Rivoluzione francese, durante la quale venne accentuata proprio per dimostrare una presunta decadenza morale dei reali francesi.

Per la verità non esiste neanche una prova dei presunti omicidi di Caterina, né del fatto che fosse una donna sadica e sanguinaria. Ma allora perché tutto questo accanimento nei suoi confronti? La risposta potrebbe essere molto semplice, almeno in parte: la Regina era una donna, una straniera che raggiunse l’apice del potere, diventando Regina di un Paese che non era il suo. Non le venne perdonata l’ascendenza italiana. Per di più Caterina era intelligente, curiosa, molto più abile e istruita di tanti suoi contemporanei uomini.

Il fatto che la sovrana conoscesse alcuni tra i più importanti astrologi dell’epoca, non vuol dire che avesse la mania dell’occultismo. Per prima cosa va sottolineato che astrologia ed esoterismo sono due cose diverse. Poi va anche ricordato che nel Cinquecento non era strano ritenere che gli astri influissero nella vita degli uomini. Il confine tra l’astrologia e la scienza che oggi chiamiamo astronomia non esisteva: le conoscenze riguardanti i corpi celesti si mescolavano con quelle che oggi sono delle superstizioni. In questo Caterina era solo figlia del suo tempo.

Inoltre, già tra i contemporanei della sovrana, si rafforzò uno strano binomio: profumo/veleno. Ovvero, se una persona crea profumi o è interessata alla materia, deve sapere per forza creare anche veleni. Non era un pensiero originale e all’epoca neanche del tutto errato, ma rimaneva un pregiudizio che offrì un appiglio ai detrattori di Caterina.

A Firenze il profumiere Renato Bianco (per qualcuno anche alchimista, creatore di profumi e sostanze mortali), realizzò per la De’ Medici un’essenza a base di agrumi, unico esempio del suo lavoro giunto fino a noi: l’Acqua della Regina, da cui avrebbe avuto origine l’Acqua di Colonia. La Francia vanta una lunga tradizione profumiera, ma spesso dimentica che quella consuetudine nacque grazie all’italiana Caterina, poiché la quotidianità della Firenze dell’epoca e della famiglia Medici era normalmente impreziosita dalle essenze. Profumi, non veleni. Forse è ora di rivalutare seriamente la figura di Caterina De’ Medici, ammettendo anche i debiti di riconoscenza nei suoi confronti.

 

https://www.ilgiornale.it/news/personaggi/caterina-de-medici-avvelenatrice-corte-francia-2196825.html

E non scordiamoci dell'Alchermes... qualcuno sostiene che sia una sua "invenzione" ma più probabilmente era solo:

un liquore molto amato dalla famiglia Medici, infatti in Francia era chiamato "liquore dei Medici".

Dalla versione originale, piuttosto alcolica, sono derivate copie di vario tipo, un po' in tutte le regioni d'Italia, caratterizzate da bassa gradazione alcolica ed un gusto più dolce.

Anticamente in Sicilia questo liquore, chiamato "Archemisi", veniva utilizzato contro i "vermi da spavento", vale a dire quando, ad esempio, un bambino riceveva un grande spavento da un determinato evento: in tal caso, i nonni si premuravano di dare al bambino un cucchiaio o due di questo liquore (a seconda del grado di spavento) per esorcizzare la paura.

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Inviato

L'alchermes o alkermes (dall'arabo القرمز, al-qirmiz, attraverso lo  spagnolo  alquermes, che significa  cocciniglia e che indica il color  cremisi, termine che deriva dalla stessa parola) è un liquore italiano  usato per dolci (tipicamente per la zuppa inglese) e preparazioni di vario genere, soprattutto per le creme di pasticceria.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Alchermes


Inviato (modificato)

Il castello di Chenonceau, il castello della Regina

(Nonché il mio castello francese preferito)

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Il castello di Chenonceau (/ʃənõ'so/) è un castello situato nei pressi di Chenonceaux nel dipartimento dell'Indre e Loira nella Valle della Loira in Francia. È classificato come Monumento storico di Francia dal 1840 (il parco dal 1962).

In origine nella tenuta sede dell'attuale castello si trovava un maniero che fu bruciato dalle truppe reali nel 1411 per punire il proprietario, Jean Marques, accusato di una cospirazione. Nel 1430 Marques ricostruì il castello insieme a un mulino fortificato, ma il suo erede, fortemente indebitato, nel  1513 vendette il castello a Thomas Bohier, tesoriere dei re Carlo VIII, Luigi XII e Francesco I. Bohier distrusse tutti gli edifici esistenti e diroccati tranne la torre di vedetta e tra il 1515 e il 1521  costruì un nuovo castello per la moglie, Catherine Briçonnet, che vi soleva intrattenere la nobiltà francese e in due occasioni ospitò anche re Francesco I.

Alla morte di Bohier (1524) e della moglie (1526) il figlio Antoine dovette cedere il castello alla corona per pagare i debiti del padre. Prese possesso del castello il governatore di Montmorency in nome del re Francesco I impegnato in quegli anni nella costruzione del castello di Chambord.

Il suo successore, Enrico II, offrì il castello in dono alla sua amante,  Diana di Poitiers, nel 1551 questa divenne duchessa del Valentinois e acquisì la proprietà del castello, divenne anche una delle donne più influenti dell'epoca. A Diane de Poitiers si deve in gran parte l'attuale struttura del castello, sua fu infatti la realizzazione del ponte sul fiume. Fece anche realizzare degli splendidi giardini lungo le rive del fiume.

Dopo la morte di Enrico II la vedova,  Caterina de' Medici, fece di tutto per scacciare Diane dal castello forzandola ad accettare lo scambio con il castello di Chaumont. Caterina de Medici ne fece la sua residenza preferita aggiungendo altri giardini. Nel suo periodo da reggente di Francia spese ingenti somme per il castello e per organizzarvi feste e intrattenimenti. Nel 1560, in occasione dell'ascesa al trono di suo figlio Francesco II, vi organizzò il primo spettacolo pirotecnico mai visto nel paese.

Nel 1589, alla morte di Caterina de' Medici il castello andò alla nuora,  Luisa di Lorena, moglie di re Enrico III. Questa apprese della morte del marito mentre risiedeva a Chenonceau, cadde in una profonda depressione, e trasformò il castello da luogo di feste in un luogo tetro e silenzioso. Da Luisa di Lorena il castello fu ereditato da  Cesare di Borbone-Vendôme (figlio illegittimo di Enrico IV) e da sua moglie, Francesca di Lorena, seguendo nel secolo successivo l'asse ereditario dei Duchi di Vendôme, fino al settimo duca Filippo di Borbone-Vendôme.

Nel 1720 fu comprato dal Duca di Borbone che, poco alla volta, ne vendette i contenuti. Molte delle statue finirono a Versailles. La proprietà fu infine venduta a Claude Dupin. Sua moglie, figlia del finanziere Samuel Bernard e nonna di George Sand, Madame Louise Dupin, riportò il castello, almeno in parte, agli antichi splendori intrattenendovi i leader dell'Illuminismo: Voltaire, Montesquieu, Buffon, Bernard le Bovier de Fontenelle, Pierre

 

de Marivaux e Jean-Jacques Rousseau. Il castello si salvò dalla distruzione da parte della Guardia rivoluzionaria durante la Rivoluzione francese, in quanto essenziale per le comunicazioni: era infatti l'unico ponte sul fiume per diversi chilometri.

Nel 1864 divenne proprietaria del castello Marguerite, moglie del chimico Théophile-Jules Pelouze, che lo aveva comprato dagli eredi di Madame Dupin. Dopo la morte del marito Marguerite iniziò dei lavori di ristrutturazione che riportarono il castello all'aspetto che probabilmente aveva all'inizio del XVI secolo. Nel 1913 il castello divenne proprietà della famiglia di industriali cioccolatai Menier. Durante la prima guerra mondiale fu in parte adibito ad ospedale, mentre durante la seconda guerra mondiale venne usato come via di fuga dalla zona di Vichy, occupata dai nazisti. 

Modificato da ARES III

Inviato
28 minuti fa, santone dice:

Donna intrigante

Se è una donna è per sua stessa natura, per noi uomini, intrigante...:rolleyes:


Inviato

Personaggio comunque notevole : una sua immagine da una medaglia ( 1555 / AE 65,6 g / 55 mm ) passata nel 2020 da Bertolami 90 al n. 2692 .

7330828.jpg


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