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Inviato (modificato)

L'ultimo acquisto mi permette di scrivere qualcosa su uno dei misteri (tanti) della monetazione sabauda.

La moneta, come da titolo, è un Cavallotto del primo tipo di Carlo Emanuele I.

La data è il 1587 come tutti quelli di quel tipo, anacronistiche sono le date 1586, antecedente all'ordinanza della loro produzione e il 1588 che, come l'esemplare pubblicato dal Cudazzo, è un falso d'epoca.

Quello di cui mi interessa parlare è invece il segno di zecca, l'ultimo che mi mancava in collezione e molto discusso, le lettere VA in nesso.

20230807_194204.jpg20230807_194322.jpg

Parliamo dell'anno 1587 e delle zecche attive in quell'anno al di qua delle Alpi. 

La maggior parte delle pubblicazioni numismatiche che trattano la monetazione sabauda affermano che le zecche "al di qua dei monti", cioè Aosta, Asti, Torino, Vercelli e Nizza furono appaltate agli zecchieri Roglia, Robbio e Cesare Valgrandi. 

Sono affermazioni imprecise,  il Promis scrive chiaramente che il 31 Dicembre 1586 l'appalto di queste zecche fu dato a Giovanni Tommaso Roglia e Giovanni Tommaso Robbio tutti e due di Chieri per tre anni, ma il Duca non approvò questo contratto ed affidò le zecche a Cesare Valgrandi che gli fece una offerta migliore, 13000 scudi annui al posto degli 11000 degli altri due offerenti.

Quindi l'unico appaltatore delle cinque zecche aperte in quell'anno fu solamente il Valgrandi.

Non ci aiuta il fatto che non siano ad oggi rintracciati rendiconti di battitura di quell'anno di queste zecche, quindi si parla solo per ipotesi senza poter far riferimento a numeri precisi.

Ora voglio parlare di questo segno di zecca.

Le sigle VA in nesso ad oggi sono state rintracciate solamente su quattro tipologie monetali, non escludo che in futuro possano uscire fuori nuovi esemplari di tipologie diverse, con le monete sabaude non sarebbe una eccezione,  e sono la lira, la mezza lira, il cavallotto del I tipo ed il mezzo grosso di Piemonte. 

In queste monete solo il cavallotto ed il mezzo grosso sono datate, ma è da ipotizzare che anche la lira e la sua mezza siano state prodotte in quell'anno proprio per l'identico segno di zecca.

In nessuna altra moneta di altre zecche viene inserito il nome dello zecchiere, come ho già scritto era solamente il Valgradi quindi non necessitava, era sott'inteso... perché in questo caso si?

E qui la mia, penso più che valida, ipotesi:

Nell'ordinanza era scritto che le monete dovevano essere battute con l'iniziale della zecca

"Colla permissione di battere secondo l'ordine al contratto annesso in Torino, Aosta, Vercelli, Asti e Nizza, col contrassegno per ciascuna zecca dell'iniziale del nome della città"  citando Promis.

Fin qui nessun problema per Torino,  Vercelli e Nizza,  ma Asti ed Aosta?

Ora da uno studio dell'Orlandoni risulta che molti cavallotti con la A sono stati rinvenuti in Valle di Aosta e quindi è probabile che questa sigla corrisponda proprio ad Aosta, quindi perché siglare con VA altre monete di Aosta come affermano quasi tutti?

La mia ipotesi è che queste monete siano state prodotte ad Asti, probabilmente in maniera meno copiosa visto il numero esiguo di esemplari, e utilizzata la sigla VA proprio per differenziarle da quelle Valdostane.

Non esistono per ora documenti che comprovino la cosa, ma neppure nulla che lo escluda!

Vorrei sentire dei pareri su queste mie considerazioni, anche se oramai si mettono solo più i "mi piace" o i "grazie", anche perché magari qualcuno è a conoscenza di qualche particolare o qualche notizia che mi sfugge, o potrebbe aiutarmi nel capire se sono nella giusta direzione oppure no.

Altra considerazione, anzi è solamente un appunto...

Ai fianchi della sigla di zecca sono presenti due punti o bisanti, a parte Torino che presenta dei trifogli o più raramente bisanti e questa sigla VA che ha dei triangoli o raramente  bisanti, ... il perché di queste differenze rimarrà un mistero.

Modificato da savoiardo
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Inviato
Il 11/8/2023 alle 15:05, savoiardo dice:

L'ultimo acquisto mi permette di scrivere qualcosa su uno dei misteri (tanti) della monetazione sabauda.

La moneta, come da titolo, è un Cavallotto del primo tipo di Carlo Emanuele I.

La data è il 1587 come tutti quelli di quel tipo, anacronistiche sono le date 1586, antecedente all'ordinanza della loro produzione e il 1588 che, come l'esemplare pubblicato dal Cudazzo, è un falso d'epoca.

Quello di cui mi interessa parlare è invece il segno di zecca, l'ultimo che mi mancava in collezione e molto discusso, le lettere VA in nesso.

20230807_194204.jpg20230807_194322.jpg

Parliamo dell'anno 1587 e delle zecche attive in quell'anno al di qua delle Alpi. 

La maggior parte delle pubblicazioni numismatiche che trattano la monetazione sabauda affermano che le zecche "al di qua dei monti", cioè Aosta, Asti, Torino, Vercelli e Nizza furono appaltate agli zecchieri Roglia, Robbio e Cesare Valgrandi. 

Sono affermazioni imprecise,  il Promis scrive chiaramente che il 31 Dicembre 1586 l'appalto di queste zecche fu dato a Giovanni Tommaso Roglia e Giovanni Tommaso Robbio tutti e due di Chieri per tre anni, ma il Duca non approvò questo contratto ed affidò le zecche a Cesare Valgrandi che gli fece una offerta migliore, 13000 scudi annui al posto degli 11000 degli altri due offerenti.

Quindi l'unico appaltatore delle cinque zecche aperte in quell'anno fu solamente il Valgrandi.

Non ci aiuta il fatto che non siano ad oggi rintracciati rendiconti di battitura di quell'anno di queste zecche, quindi si parla solo per ipotesi senza poter far riferimento a numeri precisi.

Ora voglio parlare di questo segno di zecca.

Le sigle VA in nesso ad oggi sono state rintracciate solamente su quattro tipologie monetali, non escludo che in futuro possano uscire fuori nuovi esemplari di tipologie diverse, con le monete sabaude non sarebbe una eccezione,  e sono la lira, la mezza lira, il cavallotto del I tipo ed il mezzo grosso di Piemonte. 

In queste monete solo il cavallotto ed il mezzo grosso sono datate, ma è da ipotizzare che anche la lira e la sua mezza siano state prodotte in quell'anno proprio per l'identico segno di zecca.

In nessuna altra moneta di altre zecche viene inserito il nome dello zecchiere, come ho già scritto era solamente il Valgradi quindi non necessitava, era sott'inteso... perché in questo caso si?

E qui la mia, penso più che valida, ipotesi:

Nell'ordinanza era scritto che le monete dovevano essere battute con l'iniziale della zecca

"Colla permissione di battere secondo l'ordine al contratto annesso in Torino, Aosta, Vercelli, Asti e Nizza, col contrassegno per ciascuna zecca dell'iniziale del nome della città"  citando Promis.

Fin qui nessun problema per Torino,  Vercelli e Nizza,  ma Asti ed Aosta?

Ora da uno studio dell'Orlandoni risulta che molti cavallotti con la A sono stati rinvenuti in Valle di Aosta e quindi è probabile che questa sigla corrisponda proprio ad Aosta, quindi perché siglare con VA altre monete di Aosta come affermano quasi tutti?

La mia ipotesi è che queste monete siano state prodotte ad Asti, probabilmente in maniera meno copiosa visto il numero esiguo di esemplari, e utilizzata la sigla VA proprio per differenziarle da quelle Valdostane.

Non esistono per ora documenti che comprovino la cosa, ma neppure nulla che lo escluda!

Vorrei sentire dei pareri su queste mie considerazioni, anche se oramai si mettono solo più i "mi piace" o i "grazie", anche perché magari qualcuno è a conoscenza di qualche particolare o qualche notizia che mi sfugge, o potrebbe aiutarmi nel capire se sono nella giusta direzione oppure no.

Altra considerazione, anzi è solamente un appunto...

Ai fianchi della sigla di zecca sono presenti due punti o bisanti, a parte Torino che presenta dei trifogli o più raramente bisanti e questa sigla VA che ha dei triangoli o raramente  bisanti, ... il perché di queste differenze rimarrà un mistero.

 

A(sti); VA(lle d'aosta), V(alle) (d')A(osta)

a logica


Supporter
Inviato
21 ore fa, PK. dice:

A(sti); VA(lle d'aosta), V(alle) (d')A(osta)

a logica

 

Non è possibile...

Aosta era la sede della zecca, in quel periodo la regione non esisteva e non si considerava quindi la Valle di Aosta,  ma il Ducato di Aosta, come esisteva la Contea di Nizza o il Marchesato di Saluzzo...

I territori non avevano la stessa divisione e neppure lo stesso nome di oggi...


  • 5 settimane dopo...
Inviato
Il 15/8/2023 alle 00:09, savoiardo dice:

Non è possibile...

Aosta era la sede della zecca, in quel periodo la regione non esisteva e non si considerava quindi la Valle di Aosta,  ma il Ducato di Aosta, come esisteva la Contea di Nizza o il Marchesato di Saluzzo...

I territori non avevano la stessa divisione e neppure lo stesso nome di oggi...

 

esatto Silvio, per quanto riguarda il tuo concetto mi trovi d' accordo ma in tantissimi punti le monete dei Savoia sono e per il momento ancora, dei veri misteri. Ciao

  • Mi piace 2
Awards

Supporter
Inviato
3 ore fa, cembruno5500 dice:

esatto Silvio, per quanto riguarda il tuo concetto mi trovi d' accordo ma in tantissimi punti le monete dei Savoia sono e per il momento ancora, dei veri misteri. Ciao

 

Ciao Bruno

è un vero piacere sentirti e sapere che condividi il mio pensiero.

Purtroppo nonostante le "nuove luci sulla monetazione sabauda" rimangono grandi zone buie, ma sono uno dei motivi per cui questa millenaria monetazione mi affascina ancora!

Chissà se gli altri "Valdostani" sono daccordo con le mie ipotesi...

  • Mi piace 1

Inviato
Il 13/9/2023 alle 13:32, savoiardo dice:

Ciao Bruno

è un vero piacere sentirti e sapere che condividi il mio pensiero.

Purtroppo nonostante le "nuove luci sulla monetazione sabauda" rimangono grandi zone buie, ma sono uno dei motivi per cui questa millenaria monetazione mi affascina ancora!

Chissà se gli altri "Valdostani" sono daccordo con le mie ipotesi...

 

Sì, ne ho parlato con alcuni di loro e siamo tutti d' accordo. Come tutti i collezionisti dei Savoia, ogni giorno ne scopriamo una nuova ed è importantissimo confrontarci, altrimenti non ne usciamo. Ciao

  • Grazie 1
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