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IGNORED

Curiosità nella lingua italiana: aforismi, battute, aneddoti, ecc.


apollonia

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Supporter

Per tornare ad "aterosclerosi"- "arteriosclerosi" (dal post # 25) l'aggettivo "arteriosclerotico" e' spesso usato con accezione negativa.

Ad esempio: "un vecchio arteriosclerotico", per indicare una persona anziana affetta da una qualche forma di involuzione cerebrale senile (tipo demenza  in senso lato).

Ciao.

Stilicho

Modificato da Stilicho
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Supporter
2 ore fa, Stilicho dice:

Balzàno

Bàlzano

Forse, sulle "a" ci andava l'accento acuto?

Ma come si mette con le tastiere?

Ciao.

Stilicho

 

 

No, l'accento è grave nell'aggettivo e nel verbo. Per battere la a con l'accento grave, dal file di Word bisogna cliccare su Inserisci e poi in alto a destra.su Simbolo e, in basso, su Altri simboli. Nelle prime pagine di Caratteri speciali (testo normale) si trovano le vocali maiuscole e minuscole con i vari tipi di accento che si scrivono evidenziandole e poi cliccando su Inserisci e Chiudi.

Ciao.

apollonia

 

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Supporter

Nell’antica Roma veniva detto proletarius chi era escluso dalle cinque classi di possidenti, che si differenziavano per censo e potevano armarsi a proprie spese.

Qual è la tradizionale spiegazione di tale parola?

apollonia

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Supporter
2 ore fa, Arka dice:

Da qualche lontano ricordo liceale, colui che possedeva solo la prole?

Arka 🤔

Diligite iustitiam

 

La spiegazione è che il proletarius poteva offrire allo Stato soltanto i propri figli (proles).

apollonia

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Supporter

Si è girato pagina e ripeto la domanda perché non passi inosservata.

Si dice “inerente a qualcosa” o “inerente qualcosa”?

Oppure si possono usare entrambe le espressioni (come si è visto per “riguardo a qualcosa” e “riguardo qualcosa”) anche se una è più gettonata dell’altra?

Qualcuno vuol dire la sua in merito?

apollonia

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Supporter

Qualcuno sa perché, durante il Medioevo, chi si rivolgeva all’autorità giudiziaria era obbligato a pagare la cosiddetta tassa della candela?

apollonia

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Il 12/8/2023 alle 20:02, Stilicho dice:

Per tornare ad "aterosclerosi"- "arteriosclerosi" (dal post # 25) l'aggettivo "arteriosclerotico" e' spesso usato con accezione negativa.

Ad esempio: "un vecchio arteriosclerotico", per indicare una persona anziana affetta da una qualche forma di involuzione cerebrale senile (tipo demenza  in senso lato).

Ciao.

Stilicho

 

Molto molto interessante questo utilizzo dell'aggettivo ''arteriosclerotico'' nella lingua parlata!! 

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Il 13/8/2023 alle 18:42, apollonia dice:

Si è girato pagina e ripeto la domanda perché non passi inosservata.

Si dice “inerente a qualcosa” o “inerente qualcosa”?

Oppure si possono usare entrambe le espressioni (come si è visto per “riguardo a qualcosa” e “riguardo qualcosa”) anche se una è più gettonata dell’altra?

Qualcuno vuol dire la sua in merito?

apollonia

 

Salve, 

forse avrei detto ''inerente qualcosa'' pensando che quel participio presente reggesse un complemento oggetto. Invece cercando sul vocabolario italiano risulta che il verbo inerire è intransitivo.

E' utile risalire all'etimologia di ''inerire'' : in + haerere.  Haerere = stare attaccato, essere fisso, aderire a o in; il verbo è seguito da in +ablativo oppure dal solo ablativo oppure è seguito da ad+accusativo. 

Sebbene molti verbi cambino reggenza dal passaggio dal latino/greco all'italiano, in questo caso il verbo si è mantenuto intransitivo, esprimendo prima di tutto un senso di posizione. 

Quindi la forma corretta sarà ''inerente a qualcosa''. L'errore di usare l'altra forma deriva (nel mio caso) dal non conoscere il significato del verbo inerire. Inerire: essere unito a qualcosa: i doveri che ineriscono al nostro ufficio; aderire, acconsentire :inerire ai desideri, al volere di qualcuno. 

 

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Supporter
4 ore fa, vindar dice:

Molto molto interessante questo utilizzo dell'aggettivo ''arteriosclerotico'' nella lingua parlata!! 

 

Probabilmente il riferimento è relativo ad una malattia delle arterie cerebrali con conseguente minor afflusso di sangue al cervello. 

Ciao. 

Stilicho 

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Supporter
7 ore fa, vindar dice:

Salve, 

forse avrei detto ''inerente qualcosa'' pensando che quel participio presente reggesse un complemento oggetto. Invece cercando sul vocabolario italiano risulta che il verbo inerire è intransitivo.

E' utile risalire all'etimologia di ''inerire'' : in + haerere.  Haerere = stare attaccato, essere fisso, aderire a o in; il verbo è seguito da in +ablativo oppure dal solo ablativo oppure è seguito da ad+accusativo. 

Sebbene molti verbi cambino reggenza dal passaggio dal latino/greco all'italiano, in questo caso il verbo si è mantenuto intransitivo, esprimendo prima di tutto un senso di posizione. 

Quindi la forma corretta sarà ''inerente a qualcosa''. L'errore di usare l'altra forma deriva (nel mio caso) dal non conoscere il significato del verbo inerire. Inerire: essere unito a qualcosa: i doveri che ineriscono al nostro ufficio; aderire, acconsentire :inerire ai desideri, al volere di qualcuno. 

 

 

Proprio così.

Risposta dedicata dagli esperti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota alla questione nel loro Il Salvaitaliano (Sperling & Kupfer, 2000, p. 218):

“Inerente” (parola del linguaggio burocratico che vuol dire 'che appartiene', 'che riguarda') è il participio presente del verbo inerire, che è intransitivo, e richiede la preposizione a: «gli obblighi inerenti al decreto», non «gli obblighi inerenti il decreto».

Quindi “inerente” vuole la preposizione a, richiesta anche da altri verbi intransitivi come “attinente” e “afferente”.

La tendenza a eliminare la a dopo inerente, attinente e afferente è dovuta, con tutta probabilità, al modello di altri participi tipici del linguaggio burocratico che, legittimamente, non reggono la preposizione a, come “facente”, “ledente”, “implicante”: (funzionario facente funzione, norme ledenti gli interessi, decreto implicante le norme, ecc.).

apollonia

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Supporter
Il 14/8/2023 alle 16:48, apollonia dice:

Qualcuno sa perché, durante il Medioevo, chi si rivolgeva all’autorità giudiziaria era obbligato a pagare la cosiddetta tassa della candela?

apollonia

 

Do io la risposta a questa tassa curiosa:

era per rimborsare il giudice a titolo formale delle candele che consumava durante lo studio della causa.

apollonia

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Supporter

Come è chiamato dagli archeologi questo tipo di vaso dal corpo sferico e collo stretto, dimensione tipica di ca. 7-8 cm, adoperato nell’antica Grecia per contenere oli e profumi?

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apollonia

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Ieri sera, a cena, ho trovato sul menù del ristorante questa frase di Oscar Wilde: … Ho dei gusti semplicissimi, mi accontento sempre del meglio…

E in una pagina successiva la frase: … Mangiare è una necessità, mangiare intelligentemente è un’arte …

apollonia

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Il 16/8/2023 alle 18:05, apollonia dice:

Come è chiamato dagli archeologi questo tipo di vaso dal corpo sferico e collo stretto, dimensione tipica di ca. 7-8 cm, adoperato nell’antica Grecia per contenere oli e profumi?

1692862225_vasodeltestlinguistico.jpg.fa6c9732fa323e08e1f4c1b44cb2edbd.jpg

apollonia

 

Aryballos.

Dove hai preso la foto ? Ieri ne ho visto uno simile a Perugia ,mi aveva colpito l'inconsueta teoria di opliti.

Modificato da Adelchi66
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5 ore fa, Arka dice:

Ampolla?

Arka

Diligite iustitiam

 

Sì, un vasetto per olî e profumi che si usava nei bagni e nelle palestre.

apollonia

4 ore fa, Adelchi66 dice:

Aryballos.

Dove hai preso la foto ? Ieri ne ho visto uno simile a Perugia ,mi aveva colpito l'inconsueta teoria di opliti.

 

Aryballos Tardo Corinzio, 575-550 a.C., da Francavilla Marittima
Museo Archeologico della Sibaritide

http://www.frru2.altervista.org/ARCH/ceram/aryba/ariballo.htm

apollonia

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Supporter

Notare che per le piccole dimensioni, l’ariballo poteva anche essere portato al polso, legato con appositi lacci.

Descrizione da https://www.treccani.it/enciclopedia/ariballo_(Enciclopedia-Italiana)/

Vasetto per olî e profumi che si usava nei bagni e nelle palestre (Polluc., VII, 166, X, 638; Aristoph., Caval., v. 1090 s.). Gli archeologi sono giunti a identificare l'ariballo attraverso la descrizione di Ateneo (XI, p. 783 s.), che lo rassomiglia a una borsa con l'imboccatura chiusa e che risponde in tutto ai vasetti raffigurati nelle rappresentazioni vascolari attiche con scene di bagni o di palestra. La forma più comune era quella globulare, per quanto fosse diffusissimo anche il tipo ovoidale. Aveva un collo strettissimo, perché il liquido potesse colare lentamente, e labbro piatto e largo che si strofinava sulla pelle per umettarla. Portava una sola ansa verticale ed era tenuto sospeso con una coreggia o un filo. Con tutta probabilità la forma derivò da quella della brocchetta a staffa cretese-micenea; nelle necropoli tarde sub-micenee si sono ritrovati infatti dei vasetti quasi globulari e con una sola ansa. L'ariballo fu assai diffuso in tutto il mondo greco sino dal sec. IX a. C., sia come prodotto di fabbricazione locale, sia come oggetto d'importazione dalla costa corinzia, dove nei periodi geometrico ed orientalizzante (IX-VII sec. a. C.) esistevano importanti fabbriche di ceramiche. In questi primi prodotti domina uno stile miniaturistico, che si svolge dapprima in semplici schermi lineari, resi con una vernice bruno-scura sul fondo giallo-chiaro dell'argilla, e poi con motivi tratti dal mondo vegetale e animale e derivati dalle arti orientali: l'ariballo che si trova ora al Vaticano, Museo Gregoriano etrusco, è appunto un esemplare molto pregevole di questa classe. La figura umana vi compare solo nel sec. VII a. C. e generalmente in scene di battaglia o di caccia. In questo secolo appariscono anche le iscrizioni che designano il ceramista o la persona cui il vaso era dedicato. In età classica l'ariballo non è più così diffuso nella sua forma globulare originaria. Subentra al suo posto una forma di lecito (v.), la quale, per il suo corpo tondeggiante, che la fa rassomigliare all'ariballo, è detta ariballica. L'ariballo aveva talora una decorazione plastica. Uno dei più antichi e dei più belli esemplari di questo tipo è l'ariballo Macmillan (a Londra, nel British Museum), la cui bocca è foggiata a testa di leone.

Bibl.: Daremberg e Saglio, Dict. des antiq. grecques et rom., I, Parigi 1877, p. 153; H. B. Walters, Hist. of ancient pottery, I, Londra 1905; E. Pfuhl, Malerei u. Zeichnung d. Griechen, Monaco 1923.

apollonia

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4 ore fa, Adelchi66 dice:

"Appariscono" ?

 

Yes! Così vuole il presente indicativo del verbo apparire: appàio o apparisco, appari o apparisci, ecc.

Come nell’aggettivo appariscènte e nel sostantivo appariscènza.

apollonia

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Supporter
3 ore fa, Adelchi66 dice:

Naturalmente il dubbio era dato dalla pochezza del mio lessico .

 

A volte ho conferma di forme lessicali, ma spesso ne apprendo dalle osservazioni di chi segue questa discussione.

apollonia

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Luca Signorelli: ritratto di un uomo anziano

Luca-Signorelli-Portrait-of-an-Elderly-Man-2-.jpg.f5c59027188e86bb66413981a0e75faf.jpg

Luca Signorelli - legna - 50 x 32 cm - 1492 - (Staatliche Museen (Berlin, Germany))

La scena al lato sinistro dello sfondo raffigura due fanciulle davanti a un tempio a pianta circolare e quella a destra due giovani nudi davanti a una rovina romana. In secondo piano, sempre a destra, vi è un arco sul cui lato si scorge un rilievo raffigurante altri due giovani.

Il gesto di una delle donne sul lato sinistro del quadro sembra voler allontanare la sua compagna.

I due giovani raffigurati sull’arco fanno pensare a Castore e Polluce, i cosiddetti Dioscuri, nati dall’unione di Zeus con Leda, regina di Sparta. Per avvicinarla Zeus si era trasformato in cigno e quando si fece riconoscere le preannunciò che dalla loro unione sarebbero nati due gemelli che sarebbero stati i difensori del Paese, guida dei marinai e custodi dei diritti dell’ospitalità. Castore era mortale, Polluce immortale. Costui, per amore del fratello decise di rinunciare all’immortalità. Zeus, impietosito, stabilì che ognuno di essi abitasse un giorno vivo sull’Olimpo e il giorno dopo, morto, nell’Erebo, dandosi così il cambio. L’Erebo era il paese tenebroso che scende nelle profonde viscere della Terra verso l’estremo Occidente al di là dell’oceano, che per gli antichi non era un mare ma un fiume che circondava il disco piatto della Terra. Nell’Erebo non penetravano i raggi del Sole e l’atmosfera era fosca e pesante a causa di una densa nebbia. Su questo regno dei Morti regnava Ade, fratello di Zeus. Nell’antica Roma esisteva un tempio dedicata a Castore e Polluce e nelle immediate vicinanze si trovava il tempio di Vesta che aveva la cella circolare delimitata da colonne corinzie e coperta da una cupola d’ottone, proprio simile a quella raffigurata a sinistra nel quadro del Signorelli. Le due giovani, quindi, potrebbero essere due vestali (sacerdotesse di Vesta). Il loro compito era quello di tenere sempre acceso il fuoco sacro a Vesta, simbolo della patria. I due giovani sulla destra del paesaggio, infine, potrebbero raffigurare Romolo e Remo, nati dagli amori furtivi del dio Marte con la vestale Rea Silvia (discendente di Enea). Dunque, due coppie di gemelli nati da una donna mortale e da un dio. Si presume, quindi, che il ritratto rappresenti una sorta di riflessione sulle origini della storia di Roma e che il personaggio raffigurato stesse meditando sul glorioso passato della città.

apollonia

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