Vai al contenuto

Risposte migliori

Inviato (modificato)

Una delle storie più interessanti proviene dalla Necropoli di Cannicella che, insieme alla Necropoli del Crocifisso del Tufo, rappresenta una delle maggiori testimonianze della civiltà etrusca vissuta molti secoli nell’Italia centrale.

Gli scavi effettuati negli anni in quest’area hanno portato alla luce una statua di fattezze femminili denominata la ‘Venere di Cannicella’, insieme ad un piccolo pezzo di bronzo con una curiosa iscrizione. Il problema principale che devono affrontare i ricercatori che si occupano dei siti etruschi è la lingua usata da questa antica cultura.

Sebbene sia stata in buona parte compresa e decodificata, il linguaggio usato dagli etruschi è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi. Infatti, non sempre le loro conclusioni convergono. 

Uno dei ritrovamenti più importanti nel sito di Cannicella è la cosiddetta ‘Venere’, che Riccardo Mancini scoprì, insieme al tempio stesso, nel 1884. Si tratta di una statuina di 80 cm raffigurante una donna nuda in piedi, con il braccio destro rivolto verso il ventre, ma mancante della mano, il braccio sinistro (anch’esso perduto) forse era steso sul fianco, ma mancano studi in merito.

venere-cannicella.jpg?w=585&h=592

La statua, ora nel Museo Faina, è realizzata con marmo e proviene dall’isola di Paro in Grecia. Per lo stile è databile verso la fine del VI secolo a.C. Gli studiosi ipotizzano che il manufatto sia stato importato da una delle colonie greche in Italia. Infatti, la statua non mostra lo stile tipico etrusco. Inoltre, il marmo era un materiale usato molto raramente dagli artisti etruschi.

All’interno del santuario è stato trovato anche un piccolo pezzo di bronzo su cui è invisa la scritta ‘thval veal‘, indizio che ha fatto concludere agli studiosi che il tempio fosse dedicato alla dea Vei, la corrispondente etrusca della dea greca Demetra.

Questo fa ipotizzare agli studiosi moderni che la statuina ritrovata nel tempio rappresenti Vei, mentre Riccardo Mancini riteneva che si trattasse della dea Cecere, l’equivalente romana di Demetra.

Il ritrovamento di uteri votivi iscritti nell’anticamera del mitreo di Vulci e gli organi riproduttivi nella Venere della Cannicella, rimandano la sfera di competenza di questa divinità alla tutela della fertilità della terra e dell’essere umano.

Un’altra ipotesi è che in Etruria esistesse una divinità femminile ancestrale, che ha successivamente subito un processo di assimilazione con Demetra da un lato e Cerere dall’altro.

Vei, Demetra e Cecere rappresentano divinità legate alla fertilità e dunque alla vita. Perciò, cosa ci fa una dea della fertilità in un cimitero?

La Necropoli del Crocefisso del Tufo è una necropoli etrusca situata alla base della rupe di Orvieto, che raggiunse la sua massima estensione tra la metà del VI secolo a.C. e la metà del secolo successivo. Vi si accede da una strada pedonale collegata al camminamento pedonale che circonda la rupe.

orvieto-necropoli.jpg?w=768

 

Si tratterebbe di un culto piuttosto complicato. Il contesto funerario e la natura di Vei mostrano un duplice aspetto: la fertilità e il culto degli antenati.

Per noi moderni sembra paradossale associare la vita alla morte, ma per le culture antiche era qualcosa di ovvio. Gli etruschi credevano che l’aldilà non fosse altro che la continuazione della vita sulla Terra. Infatti, le necropoli, come quella del ‘Crocifisso di Tufo’, erano organizzate come delle vere e proprie cittadelle per i defunti.

https://gaetaniumberto.wordpress.com/2017/01/31/la-divinita-etrusca-di-orvieto-che-confonde-i-ricercatori/

veneredicannicella1-83041.jpg

Aiser_agosto_3_4.jpg

IMG_9185-2-768x1024.jpg

Modificato da ARES III

Inviato

 

AGOSTO E LA DEA VEI


Protettrice della vita

Fig. 1, Testa di statua in terracotta modellata a mano, dal deposito votivo di Fontanile di Legnisina a Vulci, scavi 1985, fine IV secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. A Fontanile di Legnisina è documentato il culto di Vei; la statua potrebbe essere un’offerta votiva o l’immagine di una delle divinità venerate nel santuario.

Fig. 1, Testa di statua in terracotta modellata a mano, dal deposito votivo di Fontanile di Legnisina a Vulci, scavi 1985, fine IV secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. A Fontanile di Legnisina è documentato il culto di Vei; la statua potrebbe essere un’offerta votiva o l’immagine di una delle divinità venerate nel santuario.

Ad Agosto parliamo di Vei, una divinità sconosciuta fino agli anni ’80 del secolo scorso perché il suo nome non compare sul Fegato di Piacenza né fra le divinità etrusche tramandate dalle fonti antiche.

Le iscrizioni e lo studio dei dati archeologici hanno permesso la “riscoperta” di questa figura divina, che ad oggi risulta venerata in molte grandi città etrusche, come Cerveteri, Tarquinia (presso il porto di Gravisca), Vulci (fig. 1), Orvieto e Veio; quest’ultima città addirittura porta lo stesso nome della dea.

Si trattava quindi di una divinità importante, probabilmente fra le più antiche del pantheon etrusco.
Secondo una suggestiva interpretazione, “Vei” potrebbe aver avuto lo stesso significato del termine latino “vis”, da intendere specificamente come “forza generatrice”.

Il nome, qualunque sia stato il significato originario, definisce certamente una dea preposta alla rigenerazione del ciclo vitale, sia umano sia della natura, e non a caso “Ati” (Madre) era uno dei suoi attributi.

Per le sue caratteristiche Vei venne assimilata alla Demetra dei Greci e alla Cerere dei Romani.

Fig. 2, Statuetta votiva in terracotta modellata a stampo con due dee in trono, dal santuario di Vei a Campetti (Veio). Fine V secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. La statuetta, di cui esistono diverse repliche, raffigura forse la coppia di dee Demetra (Vei) e Persefone.

Fig. 2, Statuetta votiva in terracotta modellata a stampo con due dee in trono, dal santuario di Vei a Campetti (Veio). Fine V secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. La statuetta, di cui esistono diverse repliche, raffigura forse la coppia di dee Demetra (Vei) e Persefone.

Il culto doveva comprendere l’offerta di primizie e di simboli legati alla fertilità: in diversi santuari sono state rinvenute “ollette” (recipienti da fuoco) destinate probabilmente alla preparazione di zuppe di cereali e uteri femminili (fig. 4).

Questi doni richiamano la capacità di Vei di assicurare la fertilità dei campi e la fecondità umana, attraverso la protezione della gravidanza.

Non sembra sia esistito un modo “etrusco” di raffigurare la dea: le immagini note derivano da iconografie greche, legate soprattutto a Demetra (fig. 2) ma anche ad Afrodite.

Fig. 3a, Statua di divinità femminile in marmo pario di produzione greca dal santuario della Cannicella a Orvieto. Fine VI secolo a.C., Museo Claudio Faina – Orvieto. Credits: wikimedia commons. Fig. 3b, Ricostruzione della Venere della Cannicella in versione "nuda" e "vestita". Disegno di Nancy de Grummond. Credits: wikimedia commons.

Fig. 3a, Statua di divinità femminile in marmo pario di produzione greca dal santuario della Cannicella a Orvieto. Fine VI secolo a.C., Museo Claudio Faina – Orvieto. Credits: wikimedia commons. Fig. 3b, Ricostruzione della Venere della Cannicella in versione "nuda" e "vestita". Disegno di Nancy de Grummond. Credits: wikimedia commons.

È il caso della cosiddetta Venere della Cannicella (fig. 3a), una scultura di importazione realizzata in marmo greco e rinvenuta a Orvieto, dove era quasi certamente utilizzata per il culto di Vei.

La dea è nuda, in origine la statua era completata da gioielli e forse era anche rivestita di stoffe preziose (fig. 3b).

I seni appaiono “consumati”, tanto che uno venne restaurato in antico: probabilmente in alcune occasioni i fedeli potevano toccare la statua per assicurarsi la protezione della divinità, come accade ancora oggi in alcuni santuari cristiani.

Fig. 4, Utero a placca in terracotta modellata a stampo con iscrizione “Vei” dal deposito votivo di Fontanile di Legnisina a Vulci, scavi 1985. Fine IV secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Fig. 4, Utero a placca in terracotta modellata a stampo con iscrizione “Vei” dal deposito votivo di Fontanile di Legnisina a Vulci, scavi 1985. Fine IV secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

L’assimilazione di Vei con Demetra favorì anche la diffusione dei misteri eleusini (riti segreti che si celebravano in origine nel santuario di Demetra a Eleusi) in Etruria: agli iniziati veniva promessa una sorte migliore nell’aldilà o una “rigenerazione”, ovvero una nuova vita dopo la morte.

A Fontanile di Legnisina è documentato il culto di Vei; gli uteri, sia del modello “a placca” sia “pieni” (raffigurati gonfi, probabilmente per indicare una gravidanza) sono una delle offerte votive più comuni del santuario.


Unisciti alla discussione

Puoi iniziare a scrivere subito, e completare la registrazione in un secondo momento. Se hai già un account, accedi al Forum con il tuo profilo utente..

Ospite
Rispondi a questa discussione...

×   Hai incollato il contenuto con la formattazione.   Rimuovere la formattazione

  Only 75 emoji are allowed.

×   Il tuo collegamento è stato incorporato automaticamente.   Mostra come un collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato..   Cancella editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

Caricamento...
×
  • Crea Nuovo...

Avviso Importante

Il presente sito fa uso di cookie. Si rinvia all'informativa estesa per ulteriori informazioni. La prosecuzione nella navigazione comporta l'accettazione dei cookie, dei Terms of Use e della Privacy Policy.