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Enea è approdato a Castro. Lo documentano gli scavi

L’archeologo accademico dei Lincei racconta come, partendo dai versi di Virgilio, sia arrivato a scoprire sulla costa salentina il Santuario di Atena, la cui statua colossale è stata da poco restaurata, e dove, come descritto nel libro III dell’Eneide, sarebbe sbarcato l’eroe

il bronzetto di Atena con elmo frigio. A queste novità è dedicata la mostra «Athenaion. Tarantini, Messapi e altri nel santuario di Atena a Castro», aperta presso il MArTA, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, fino al 15 ottobreil bronzetto di Atena con elmo frigio. A queste novità è dedicata la mostra «Athenaion. Tarantini, Messapi e altri nel santuario di Atena a Castro», aperta presso il MArTA, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, fino al 15 ottobre

Era l’ultima carta da giocare, per evitare la soppressione della sua Diocesi, e monsignor Francesco Antonio Del Duca, vescovo di Castro, nelle Puglie, aveva fatto estremo ricorso a Virgilio che, nel libro III dell’Eneide, descrive il primo approdo in Italia di Enea proprio in questo sito all’ingresso del Canale di Otranto, dove sorgeva il tempio di Minerva. In data 30 ottobre 1793 il presule aveva inviato una lunga missiva al re di Napoli, Ferdinando IV di Borbone, con un retorico commento al celebre testo latino, annunciando di aver finalmente identificato il tempio di Minerva, addirittura entro la grotta Zinzulusa che si apre sul mare a nord della cittadina, in uno scenario di straordinaria bellezza. Le stalattiti, secondo il monsignore, non erano altro che le colonne del tempio e sulle pareti della grotta si poteva leggere la presenza di figure e «in talune pietre vi si scorge scolpita la civetta».

Si trattava di pura fantasia e la Diocesi fu accorpata alla sede otrantina, ma a rivendicare il prestigioso collegamento con i versi dell’Eneide, sino dal Cinquecento si era sviluppata una competizione tra le città salentine della costa adriatica: Brindisi, Otranto e infine Leuca dove sarebbe sbarcato san Pietro, anche lui in viaggio da Oriente, diretto, come Enea, sulle coste del Lazio. Sulla punta estrema della penisola salentina il principe degli Apostoli avrebbe trovato il tempio di Minerva e sulle sue rovine avrebbe poi fondato il Santuario di Santa Maria, de Finibus terrae appunto.

Al mio arrivo all’Università del Salento anch’io era stato colpito dai versi di Virgilio, in particolare nell’uso del termine «humilis Italia», a indicare la bassa costa salentina che i migranti troiani scorgono all’alba, dopo aver attraversato il tratto di mare che divide la nostra penisola dai monti Acrocerauni, nell’attuale Albania. «Umile Italia» era anche l’espressione di Dante, nel canto I dell’Inferno, a indicare l’umiliazione della Patria che sarà salvata dal Veltro e poi Pasolini, nella poesia «Le ceneri di Gramsci», a riproporre la stessa immagine: «Ah, rondini, umilissima voce,//dell’umile Italia!», come metafora dell’innocenza di un popolo emarginato dalla Storia.

Mi ero chiesto se il tempio di Minerva fosse soltanto un’invenzione poetica di Virgilio, ma l’antico nome di Castro era Castrum Minervae e pure il Poeta aveva descritto con grande precisione gli scogli turriti sui quali si infrangono le onde spumose del mare, il porto protetto dai venti orientali e infine il tempio sull’acropoli (arx) che dominava il porto: «Crebrescunt optatae aurae portusque patescit iam propior templumque adparet in arce Minervae» («Le brezze sperate rinforzano, ormai vicino si schiude un porto, e sulla rocca si profila il tempio di Minerva», traduzione di Vittorio Sermonti).

La questione ha trovato infine la sua definitiva soluzione nel 2000, quando lo scavo delle trincee per la posa delle condutture fognarie permise di intercettare, nella zona sud-est della cerchia muraria di Castro, i blocchi delle fortificazioni ellenistiche. Grazie alla provvida acquisizione, da parte del Comune, dell’area indicata come fondo Capanne, fu possibile iniziare una serie di campagne di scavo nel corso delle quali si portò alla luce, già nel 2008, il bronzetto di Atena con elmo frigio, una scoperta fondamentale, che permette di collegare il contesto alla tradizione troiana. A quel primo importante indizio fece seguito nel 2015 la scoperta del busto in calcare, appartenente alla statua colossale della divinità, e delle balaustre del recinto sacro recanti i rilievi a girali abitati («peopled scrolls»).

Le sculture, insieme ai materiali votivi, erano contenute entro una grande colmata, della potenza di più di 6 metri, creata nella prima metà del II secolo a.C., a riempimento dello spazio all’interno della nuova linea di fortificazione realizzata dai Romani, che ampliava il pianoro attraverso un sistema di terrazzamenti costruiti sul ripido pendio orientale dell’altura di Castro. Un passo di Livio (40, 19, 9-10) permette di inquadrare cronologicamente queste imponenti opere difensive delle coste salentine. Nel 181 a.C. il Senato di Roma, dopo aver ripristinato il governo provinciale della regione, decise di inviare in Puglia il pretore Lucio Duronio, al fine di provvedere alla difesa della costa adriatica, su richiesta di una delegazione di tarantini e brindisini che chiedevano protezione per i loro traffici in queste zone infestate dalla pirateria illirica. Di particolare importanza il ritrovamento delle sculture di IV secolo a.C. che ornavano il santuario, in particolare della statua di culto di Atena Iliaca, un’immagine colossale, alta 3,40 m, la più grande sinora rinvenuta in Magna Grecia.

Tutte le sculture sono realizzate in pietra leccese, una calcarenite a grana molto fine proveniente dalle vicine cave, che gli scultori tarantini, ai quali fu affidato l’arredo del santuario, dovettero scoprire proprio nel cantiere di Castro, apprezzandone quella duttilità e facilità di lavorazione che, quasi duemila anni dopo, permise le stravaganti creazioni del Barocco leccese. E barocchi sono i rilievi della balaustra, lunga 8 metri e alta almeno 1,40 che circondava l’area sacra. In un percorso creativo che nel IV secolo a.C. collega Taranto alla Macedonia, passando proprio da luoghi come Castro, la scoperta della natura nell’arte ellenica porta a inventare questi girali floreali in cui si muovono figure umane e animali, in cui una forza plastica «…come una linfa, rende turgidi gli steli, gonfia le foglie carnose e increspa i margini dell’acanto in ondulazioni ravvicinate e sovrapposte» (T. Ismaelli).

© Riproduzione riservatala colossale statua di Atena, della II metà del IV secolo a.C., nel Museo Archeologico di Castro dopo il restauro eseguito da Mario Catania grazie alla Fondazione Banca Popolare Pugliese.la colossale statua di Atena, della II metà del IV secolo a.C., nel Museo Archeologico di Castro dopo il restauro eseguito da Mario Catania grazie alla Fondazione Banca Popolare Pugliese.

https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/enea-approdato-a-castro-lo-documentano-gli-scavi/142773.html

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Eccezionale scoperta a Castro: ritrovata statua di Atena che identifica l’esatto luogo d’approdo di Enea

 

 
Puglia - Ricostruzione del frontone del tempio di Atena/Minerva, a Castro (Lecce) - Ph. Colar | CCBY-SA3.0

Puglia – Ricostruzione del frontone del tempio di Atena/Minerva, a Castro (Lecce) – Ph. Colar | CCBY-SA3.0 | Photo gallery a fondo pagina

«Il porto si curva in arco contro il mare d’oriente, due promontori schiumano sotto l’urto delle onde e il porto vi sta nascosto; gli scogli come torri proiettano due braccia che sembrano muraglie; il tempio è lassù in alto, ben lontano dal mare»
Virgilio, Eneide, L. III

«Dicono che i salentini siano coloni dei Cretesi; presso di loro si trova il santuario di Athena, che un tempo era noto per la sua ricchezza…»
Strabone, Geografia, L. VI

di Kasia Burney Gargiulo

Il busto di Atena ritrovato a Castro (Le) - Ph. Courtesy of Comune di Castro

Il busto di Atena ritrovato a Castro (Le) – Ph. Courtesy of Comune di Castro

Il dibattito su dove Enea – eroe in fuga da Troia distrutta e progenitore di Roma – fosse approdato arrivando in Italia è una vexata quaestio che ha visto coinvolti, fin dai primi studi umanistici, studiosi nazionali e letterati salentini: a contendersi questo approdo che, fra storia e mito, avrebbe cambiato i destini d’Italia e dell’intero Mediterraneo, sono stati a lungo soprattutto Porto Badisco (Otranto, Lecce) e Roca Vecchia (Melendugno, Lecce). Tuttavia è da anni che una lettura incrociata di fonti letterarie, dati topografici e recenti scoperte archeologiche, andava accreditando in modo sempre più insistente l’ipotesi che il prestigioso approdo coincidesse con Castro (Lecce), borgo situato lungo la costa orientale della penisola salentina e formato da un abitato principale di origine medievale, posto su un promontorio a 98 m s.l.m. e da una parte bassa, Castro Marina, sviluppatasi intorno al porto.

A offrirne la prova in queste ultime ore è il ritrovamento di una statua femminile con veste finemente drappeggiata e dimensioni doppie rispetto alla grandezza naturale. Raffigurerebbe appunto la dea Atena/Minerva alla quale era dedicato l’antico tempio citato da Virgilio e da altri autori proprio in correlazione con l’approdo di Enea. A ritrovarla, tre metri sotto terra, in pieno centro storico,  è stata l’équipe diretta dall’archeologo Amedeo Galati, attivo sul sito da quasi sei anni. Nell’arco della giornata di oggi gli archeologi presenteranno alla stampa quest’opera che si ritiene risalga al III° sec. a.C., o addirittura ad epoca antecedente. Si tratta di una scoperta eccezionale che sembra aver ormai rimosso qualsiasi dubbio sulla precisa collocazione del luogo di virgiliana memoria.

Ad essere recuperati finora sono il busto della statua con il peplo drappeggiato sul seno su cui spiccano rarissime tracce di colore rosso porpora, un braccio e la falange del dito di una mano; frammenti ritrovati su una struttura in grandi blocchi monolitici di pietra leccese. Mancano al momento la testa e la parte inferiore del corpo, ma gli archeologi si dicono fiduciosi sul loro prossimo rinvenimento. Si ritiene che la figura, a dimensione intera e compreso il piedistallo, raggiunga i quattro metri di altezza. La strana postura in cui la statua è stata rinvenuta, come deposta su un fianco, ha fatto ipotizzare che il suo interramento non sia avvenuto in modo casuale, ma con la precisa volontà di conservare traccia della divinità dopo una probabile demolizione del vecchio tempio in cui era venerata. Dai tratti stilistici chiaramente leggibili si deduce trattarsi di opera proveniente da qualche raffinata bottega tarantina, fra le tante operative sul territorio messapico salentino.

Di segnali circa la presenza a Castro di un luogo di culto dedicato ad Atena/Minerva, il cui nome peraltro già compariva nell’antica denominazione romana di Castrum Minervae, se ne sono avuti diversi nell’arco degli ultimi anni: dal rinvenimento di una metopa con triglifo, attribuibile ad un tempio che probabilmente sorgeva sull’acropoli della cittadella messapica, a quello casuale di una statuetta bronzea raffigurante Atena Iliaca con elmo frigio, reperto che per primo ha fatto identificare l’ipotizzata area di culto come un Athenaion affacciato verso il mare ed il porto. L’ipotesi è andata quindi ulteriormente consolidandosi nei mesi scorsi con il ritrovamento di pezzi del basamento della statua recanti un motivo floreale a traforo.

In realtà già nel 2009 l’identificazione era stata sostenuta da Francesco D’Andria – attuale direttore scientifico degli scavi oltre che docente di archeologia e direttore della scuola di specializzazione in archeologia classica e medievale all’università di Lecce – nel libro Castrum Minervae (Congedo, Galatina 2009) dedicato ai risultati degli scavi compiuti nel 2007 e 2008  con ampia risonanza nazionale e internazionale (se ne occupò anche The Independent con un’intera pagina dal titolo “In the steps of a Trojan hero”, 2007).  Di probabile origine cretese o greca, successivamente popolata dai Messapi, Castro divenne colonia romana nel 123 a.C. col nome appunto di Castrum Minervae, toponimo derivato dal tempio in onore di Pallade Atena, ossia colei che per i Romani era la dea Minerva. Nel suo libro D’Andria spiega come l’impianto di un santuario di Atena a Castro vada collegato a tradizioni molto antiche, già adombrate nel mito di fondazione da parte di Idomeneo, e che i materiali del VI secolo a.C. qui ritrovati si riferiscono senz’altro ad una frequentazione cultuale già in epoca arcaica. Frequentazione che, secondo lo studioso, si intensifica nel IV e III secolo a.C. e va a ricollegarsi al mondo della Magna Grecia, come testimoniato da diverse tracce di pratiche religiose (sacrifici di animali e libagioni, ma anche oggetti votivi come punte di frecce e lance ed armi che rimandano al culto di Atena, similmente a quanto emerso in altri siti della Magna Grecia dedicati alla dea).

Veduta panoramica di Castro (Lecce) - Ph. Lupiae | Public domain

Veduta panoramica di Castro (Lecce) – Ph. Lupiae | Public domain

Gli scavi archeologici di Castro – finanziati con fondi della Comunità Europea e del Comune – si stanno svolgendo in un’area espropriata dieci anni fa a privati e coinvolgono, oltre all’archeologo Amedeo Galati, anche i topografi Fabrizio Ghio e Alessandro Rizzo e la dottoressa Laura Masiello che rappresenta la Soprintendenza archeologica di Taranto. Tutti i reperti già recuperati o in corso di recupero saranno custoditi presso il museo archeologico di Castro che ha sede nel locale castello aragonese.

Eccezionale scoperta a Castro: ritrovata statua di Atena che identifica l’esatto luogo d’approdo di Enea

Il busto della statua colossale di Atena ritrovata a Castro (Lecce)

Eccezionale scoperta a Castro: ritrovata statua di Atena che identifica l’esatto luogo d’approdo di Enea

Visione aerea dell'area degli scavi nell'Athenaion, Castro (Le)

Eccezionale scoperta a Castro: ritrovata statua di Atena che identifica l’esatto luogo d’approdo di Enea

Archeologi a lavoro nell'area degli scavi nell'Athenaion, Castro (Le)

Eccezionale scoperta a Castro: ritrovata statua di Atena che identifica l’esatto luogo d’approdo di Enea

Foto di gruppo con la statua di Atena ritrovata a Castro (Le)

Eccezionale scoperta a Castro: ritrovata statua di Atena che identifica l’esatto luogo d’approdo di Enea

Archeologi a lavoro nell'area degli scavi nell'Athenaion, Castro (Le)

 
 
 
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Credito immagini: Comune di Castro (Lecce)
 
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Castro, ritrovata la statua di Minerva nella città dove approdò Enea

Arrivo a Castro al mattino, presto. In questi giorni la temperatura raggiunge soglie di 35 gradi, se non di più. È un luogo incantevole, in cui il mare Adriatico fa da sfondo a strade in cui una luce vivida si sposa con le case in pietra calcarea. Una terra a forte vocazione turistica, ricca di cultura e storia. Incontro il responsabile del cantiere, l’archeologo Amedeo Galati, nella piazza della Cattedrale e percorriamo insieme il breve tratto che separa la piazza dal cantiere degli scavi archeologici. Veniamo fermati un paio di volte da gente del posto che cerca di sapere le ultime novità sui ritrovamenti. Si avverte il fermento, in paese, perché tra quelle pietre millenarie sta rivivendo una storia lontana ormai millenni, del tempo in cui nelle terre di Puglia risuonava la lingua madre del Mediterraneo: il greco.

 

Sono a Castro perché ancora una volta i poemi epici trovano un riscontro nei ritrovamenti archeologici. O almeno così pare. Un antico tempio dedicato alla dea Atena, si sarebbe trovato in Salento, proprio dove oggi sorge Castro. Sarebbe proprio la “rocca con il tempio di Minerva” dove, nella leggenda narrata nell’’Eneide’, Virgilio collocò l’approdo del troiano Enea, in fuga dalla città distrutta dagli Achei.

Dal libro III dell’’Eneide’, “le brezze bramate crescono ed ormai più vicino si apre il porto e sulla rocca appare il tempio di Minerva” .
La città, in epoca romana, aveva proprio il nome di Castrum Minervae.

 

Dell’area di scavi archeologici, che sorge nei pressi della Cattedrale, aveva parlato, recentemente, in un libro, ‘Castrum Minervae (Congedo, Galatina 2009), il prof Francesco D’Andria, docente di archeologia e direttore della scuola di specializzazione in archeologia classica e medievale all’università di Lecce. Nel testo erano raccolti i risultati degli scavi del periodo 2007-2008. Gli attuali scavi, cominciati anni or sono, sono ripresi grazie ad un progetto che si chiama “Sulle orme di Enea” e che consiste nell’implementazione di un Parco Archeologico su tutta l’area Comunale.

Proprio nelle scorse settimane, la sorpresa. Nel cantiere diretto dall’archeologo Amedeo Galati, l’importante scoperta del torso, prova della presenza, sul luogo, di un tempio dedicato alla dea Atena, già in età messapica. Ossia il periodo in cui il Sud Italia era integrato nella cultura magnogreca.

 

L’ipotesi che il manufatto rappresentasse Atena sarebbe avvalorata dalla corrispondenza tra l’impostazione delle braccia sul busto ritrovato e quella osservata nell’iconografia tipica dell’Atena Iliaca, del periodo messapico, di forte influenza orientale (vedere foto per confronto). Ciò sarebbe confermato dal precedente ritrovamento, sempre negli scavi a Castro, in località Capanne, di una statuetta in bronzo raffigurante la dea Atena, oggi conservata e visibile nel museo cittadino, all’interno del suggestivo castello, peraltro assai ben conservato.

La statuetta presenta un copricapo frigio, a chiara denuncia dell’ispirazione iconografica orientale. D’altronde, il primo insediamento messapico gravitava nell’area influenzata da Taranto, colonia spartana. Solo in età romana, la località messapica inizialmente denominata – con buona probabilità – Lik, sarebbe stata rinominata Castrum Minervae. L’antico nome di Castro, Lik, trova una conferma nella cosiddetta mappa di Soleto, un frammento a vernice nera che costituisce la più antica mappa geografica occidentale proveniente dall’antichità classica, attualmente conservata nel Museo archeologico nazionale di Taranto e raffigurante il sud del Salento. Vi si leggono chiaramente l’indicazione del Golfo di Taranto e la posizione della città di Otranto (Hydruntum).

Il torso ritrovato negli scavi a Castro, in località Capanne, ha una dimensione di 1.10mx0.90m, lasciando intendere che il corpo intero dovesse raggiungere circa 2,5m di altezza, escluso il basamento, al quale sono con buona probabilità attribuite delle decorazioni rinvenute negli scavi.

Riporto anche una bella immagine del momento in cui il busto viene estratto dal piano degli scavi, che ho avuto la possibilità di visionare, nella loro complessità stratigrafica, proprio in prossimità di una porta dell’antica città, risalente al IV-III sec. a.C.

Nei giorni scorsi sono stati rinvenuti anche la mano e l’avambraccio sinistro. Ciò lascia sperare che altre sorprendenti scoperte possano emergere nell’ambito di ulteriori campagne di scavo. La storia di queste terre millenarie continua a parlarci.
 

Qui sotto, una immagine aerea con legenda degli scavi in cui è stato ritrovato il busto attribuito alla dea Atena.

 

Infine, una bella immagine di una ricostruzione della zona in cui sorgeva l’area oggetto di scavo.

Modificato da ARES III

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Suggestivo il collegamento cercato, al mito di Enea verso l' Italia .

Della statua colossale ricomposta, sarebbero da evidenziare eventuali integrazioni, ad esempio alla base .


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3 minuti fa, VALTERI dice:

Suggestivo il collegamento cercato, al mito di Enea verso l' Italia .

Della statua colossale ricomposta, sarebbero da evidenziare eventuali integrazioni, ad esempio alla base .

 

 

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