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Salve a tutti/e,

Nella preparazione del mio catalogo dei talleri medicei per pisa si incontrano varianti di ogni genere. Vistose, tipo le legende, la forma della corona al rovescio, la forma dei numeri, e poco vistose, tipo la posizione della legenda rispetto al ritratto sul dritto. Nel suo volume sulle monete di Ferdinando I, Corrado Ciabatti determina e cataloga un "tipo" per ogni minima variante, anche in base alla posizione della legenda.

 

voi quali caratteristiche considerate per determinare tipo e rarità di un'esemplare?

considerate anche  varianti minime come la posizione della legenda rispetto alla raffigurazione centrale del conio?

La domanda connessa è come determinare la rarità.

Io propendo per considerare le varianti in questo ordine: Differenze nella forma dei numeri della data; differenze iconografiche; differenze nella legenda.

Seguo quest'ordine perché ho notato che ci sono talleri con numeri grossi e piccoli dove questi due gruppi hanno a loro volta ulteriori varianti grafiche. Ci sono correlazioni tra le varianti nella data, grafiche e della legenda che in questo modo possono essere catalogate in maniera più semplice.

La posizione della legenda per me è irrilevante.

Esempio con 3 talleri del 1603 (data a mio avviso evidente, ma per alcuni un 1605) 

questo È il rovescio del tipo più diffuso (nel mio corpus comunque sia solo 5 esemplari)

 

 

 

400R.jpeg

Modificato da manuelcecca
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Inviato (modificato)

Variante nella forma della corona.

 

come si vede, le corone degli esemplari qui riportati non sono identiche: la prima ha più trattini della seconda (le punte del retro della corona).

io propenderei a non considerare questi esemplari come ulteriori varianti della variante (variante B-1 e B-2, per esempio).

questo ha conseguenze sull'indice di rarità. 

Nel caso venissero considerati 2 esemplari della variante B del 1603, il numero di esemplari noti nel mio corpus sarebbe 2. quindi un bell'R5.

diversamente, catalogandoli come 2 varianti diverse tra loro, sarebbero due pezzi unici rispettivamente.

che ne pensate?

R.jpg

R.png

Modificato da manuelcecca
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Tutto dipende dal grado di approfondimento che vuoi usare. Se fai uno studio per conio, che di norma si fa in monetazioni greche, tutte le differenze sono da segnalare, perchè provengono da coni diversi. Spesso lo si fa anche nelle emissioni medievali.

Per le monete moderne credo che i tuoi criteri possano essere validi. L'importante è specificarli nell'introduzione.

E lo stesso vale per le rarità. C'è chi scrive solo gli esemplari noti senza specificare la rarità. Attenzione che a volte l'esistenza di altri esemplari potrebbe non essere nota per vari motivi.

Arka

Diligite iustitiam

Modificato da Arka
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Inviato

Concordo con @Arka: tutto dipende dal target. 

Fino ai primi dell'Ottocento i conii erano pressochè tutti diversi perchè approntati singolarmente (anche se talora con punzoni complessi preformati) per cui le monete da essi derivate sono tutte formalmente "varianti" (e anche gli accoppiamenti di conii). Se la moneta era coniata in elevata tiratura (es. 2-300.000 esemplari) i conii a monte potevano essere 20-30 o più. Ha senso considerarli tutti in una pubblicazione? A motivo di studio sì, a motivo di collezionismo solo quelli che presentano differenze "importanti" che possono derivare da tradizioni del passato (es. puntali aguzzi o sagomati delle alabarde dello stemma napoleonico nella monetazione decimale), varianti significative di legenda (errori, dimensioni, ...) o particolari modificati delle raffigurazioni (es. approntati da incisori diversi, ecc.).

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Inviato

A mio avviso, il concetto di “rarità” è relativo e dovrebbe essere sempre contestualizzato temporalmente, raffrontando il concetto stesso rispetto a dei punti di riferimento. Oserei dire che è un concetto tendenzialmente e verosimilmente dinamico.

Solo mia opinione.

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Inviato (modificato)
2 ore fa, Oppiano dice:

A mio avviso, il concetto di “rarità” è relativo e dovrebbe essere sempre contestualizzato temporalmente, raffrontando il concetto stesso rispetto a dei punti di riferimento. Oserei dire che è un concetto tendenzialmente e verosimilmente dinamico.

Solo mia opinione.

 

certamente il concetto di "raritÀ" è dinamico e varia nel tempo. questo va tenuto presente. Tuttavia quando poi un catalogo viene dato alle stampe riporta l'interpretazione fatta sulla base di un momento preciso.
 

quello che ho in mente è uno strumento per collezionisti con una organizzazione del materiale che tenda ai criteri di una pubblicazione scientifica. Un cosa a metà, diciamo.

in effetti potrebbe essere un'opzione dare un numero di catalogo alle varianti e valutare la rarità delle varianti principali, non delle singole sotto-varianti. nel caso dei talleri presentati qui sopra ci potrebbero dunque essere 3 tipi 1603-A;   1603-B1; 1603-B2  e solamente 2 indicazioni di raritÀ, una per il tipo 1603-A ed una per la variante 1603-B.

Per le diverse posizioni della legenda rispetto alla figura del conio non mi pare il caso di attribuire un 'tipo'. per il collezionista è ininfluente e ci sarebbe una proliferazione incontrollata dei tipi.  Inoltre si tratta a volte di differenze così piccole, che si perde tempo per notarle. Si perde dunque la praticitÀ di un catalogo. È il caso del volume di Corrado Ciabatti sulle monete di Ferdinando I. Alla fine si fa un po' di fatica a trovare il tipo di una moneta che si vuole identificare seguendo la sua catalogazione.

La raritÀ si basa sugli esemplari che ho nel corpus, per ora circa 350.

@fofo, te che ne pensi?

 

in foto una pagina tipo del catalogo

 

 

Seiten aus Report7.jpg

Modificato da manuelcecca
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Inviato
7 ore fa, manuelcecca dice:

Salve a tutti/e,

Nella preparazione del mio catalogo dei talleri medicei per pisa si incontrano varianti di ogni genere. Vistose, tipo le legende, la forma della corona al rovescio, la forma dei numeri, e poco vistose, tipo la posizione della legenda rispetto al ritratto sul dritto. Nel suo volume sulle monete di Ferdinando I, Corrado Ciabatti determina e cataloga un "tipo" per ogni minima variante, anche in base alla posizione della legenda.

 

voi quali caratteristiche considerate per determinare tipo e rarità di un'esemplare?

considerate anche  varianti minime come la posizione della legenda rispetto alla raffigurazione centrale del conio?

La domanda connessa è come determinare la rarità.

Io propendo per considerare le varianti in questo ordine: Differenze nella forma dei numeri della data; differenze iconografiche; differenze nella legenda.

Seguo quest'ordine perché ho notato che ci sono talleri con numeri grossi e piccoli dove questi due gruppi hanno a loro volta ulteriori varianti grafiche. Ci sono correlazioni tra le varianti nella data, grafiche e della legenda che in questo modo possono essere catalogate in maniera più semplice.

La posizione della legenda per me è irrilevante.

Esempio con 3 talleri del 1603 (data a mio avviso evidente, ma per alcuni un 1605) 

questo È il rovescio del tipo più diffuso (nel mio corpus comunque sia solo 5 esemplari)

 

 

 

400R.jpeg

 

Piu’ osserviamo una moneta - anche coniata a macchina - e piu’ siamo suscettibili di scoprire minuziose differenze che la distinguono dalle altre.

in breve scopriremmo che ogni moneta e’ unica e che costituisce una variante a se’ stante per piccole infime differenze 

giusto riportare in un catalogo varianti di conio ma - almeno per il sottoscritto - una variante acquista significato quando e’ ‘tipologica’ 

 

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Inviato
1 ora fa, numa numa dice:

Piu’ osserviamo una moneta - anche coniata a macchina - e piu’ siamo suscettibili di scoprire minuziose differenze che la distinguono dalle altre.

in breve scopriremmo che ogni moneta e’ unica e che costituisce una variante a se’ stante per piccole infime differenze 

giusto riportare in un catalogo varianti di conio ma - almeno per il sottoscritto - una variante acquista significato quando e’ ‘tipologica’ 

 

 

in linea di principio son d'accordo. 

il punto è difatti come definire un "tipo"


Inviato (modificato)

Ciao Manuel (professore) direí che il tuo ragionamento è buono ed è molto preciso, essendo una zecca che vanta poche decine di anni in Pisa e poi in Firenze nel caso specifico potresti farla ben precisa, ma credo che il colpo d'occhio la faccia da padrone si dice e quindi ad esempio sul rovescio del tallero quel che mi piace è notare MEMORIAm con la M piccola ad esempio in legenda, anche perchè sul diritto solo il 1595 sembra essere di primo tipo e di secondo tipo col viso e arma diversa, per quanto riguarda la data io concordo con te e indico 1603 e non 1605 per i tipi del Ciabatti dove mette invece nelle sue ricerche il rovescio in uso nel 1606/7 facendo secondo me confusione, il 1603 rimane 1603 ed ha piú tipi di rovesci come ad esempio sono in uso per il 1606 questo non vuol dire che nel 1603 non fossero coniate con quel rovescio o quella legenda..

Sul fatto di raritá come scritto dagli altri potresti fare qualcosa, ma credo che il numero di esemplari, se indicato in collezioni private o aste indichi la presenza e il passaggio di esso sino ad oggi e quindi, ci fa capire bene la sua importanza e raritá di per sé..

Continui professore negli studi..

Un saluto

Modificato da fofo

Inviato (modificato)

E anche la data al diritto sotto il busto o in legrnda come variante va sicuramente citata, poi vi è data piccola o grande ma credo che basti dividere dal primo al secondo..poi la descrizione completa è sicuramente apprezzabile!

Non so Manuel se sai che il Ciabatti ora ha pubblicato anche il libro su Ferdinando II, ancora io non l ho visto..

Modificato da fofo

Inviato

Buongiorno @manuelcecca, da Autore (sebbene le mie ricerche vertano su un'altra Zecca) mi permetto di condividere la mia metodologia di studio nella speranza di fornire uno spunto.

12 ore fa, manuelcecca dice:

in linea di principio son d'accordo. 

il punto è difatti come definire un "tipo"

 

Il "tipo" è - come ci ricordano i vari manuali numismatici - la parte figurativa del conio: busti, stemmi... Nello specifico caso quindi un "1 tipo" può essere un tallero con busto giovanile mentre un "2 tipo" un tallero del medesimo Granduca ma con busto adulto. Si tratta di differenze macroscopiche, se parlassimo ad es. dei testoni sempre medicei potremmo notare anche le forme differenti dei colletti o della figurazione del San Giovanni. 

Da questa distinzione poi - logicamente - possono esser fatti discendere dei sotto-tipi: conii composti con punzoni FIGURATI differenti. 

Le legende e le loro varietà solitamente vengono considerate come secondarie (e pressoché trascurabili, se stiamo riferendoci a differenti abbreviazioni. Ovvio che se la scritta cambiasse completamente la varietà sarebbe ben più importante).

Le varietà anche di legenda - o di grandezza della data - sono invece importanti eventualmente per proporre cronologie interne alle varie tipologie. E' uno studio molto più avanzato e specialistico, meno "collezionistico".

 

15 ore fa, Oppiano dice:

A mio avviso, il concetto di “rarità” è relativo e dovrebbe essere sempre contestualizzato temporalmente, raffrontando il concetto stesso rispetto a dei punti di riferimento. Oserei dire che è un concetto tendenzialmente e verosimilmente dinamico.

Solo mia opinione.

 

Concetto di rarità:

Personalmente considero differenti la rarità e la reperibilità. La prima è relativa agli esemplari oggi noti, nel loro totale. La seconda prende in considerazione i soli esemplari passati sul mercato.

Mentre la rarità è un concetto relativamente stabile se sono state svolte indagini accurate, la reperibilità può ben variare (periodi di maggiore disponibilità di esemplari, causa cessione di raccolte specializzate, ad esempio).

Per dare un grado di rarità accurato bisogna porre la massima attenzione, specie nel caso delle varianti non tipologiche o assolutamente minori: esemplari mal catalogati in passato, non illustrati o semplicemente non noti potrebbero stravolgere le nostre stime. Raccomando quindi la massima prudenza, senza scomodare i massimi gradi per differenze dovute a minimi particolari. Semmai meglio indicare "variante rarissima" o "molto rara", senza dare alle stampe un'Opera che rischierebbe di diventare parzialmente obsoleta nel giro di breve tempo.

Anche perché, ricordiamolo, non c'é come indicare una minima variante "R5" per veder puntualmente partire la ricerca tra gli appassionati e far spuntare nuovi esemplari in un batter d'occhio.

 

Cordiali saluti, 

Antonio Rimoldi

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  • Grazie 1

Inviato (modificato)
3 ore fa, fofo dice:

E anche la data al diritto sotto il busto o in legrnda come variante va sicuramente citata, poi vi è data piccola o grande ma credo che basti dividere dal primo al secondo..poi la descrizione completa è sicuramente apprezzabile!

Non so Manuel se sai che il Ciabatti ora ha pubblicato anche il libro su Ferdinando II, ancora io non l ho visto..

 

Grazie, @fofo ma non chiamarmi ˺professore'.

 Certamente varianti come la posizione della data e legenda sono importanti. Data piccola / grande ha in certi casi correlazione con il tipo della raffigurazione: 1619 piccolo : Cosimo con baffetti. 1619 grosso senza baffetti. Per il 1620, grosso  o piccolo, invece, non pare ci sia relazione con l'iconografia del granduca.
anche io vedo nei talleri con data sotto il busto un 1603, tranne in un caso dove il 1605 risulta la lettura più plausibile (esitato da Christies ma non citato da Ciabatti, vedi sotto). e in effetti questo ha pure una legenda diversa al rovescio essendo l'unico dei talleri in questione ad avere 'MEMORIA', presenta inoltre anche differenze al dritto rispetto ai '1603', (due spunzoni tra III e FERDINANDVS invece di uno) vedi foto.

 

RIGUARDO AI  2 TALLERI del COMMENTO  nr. 2

comunque sia, gli esemplari postati al commento 2 rimangono isolati. Prendendoli come 1603 avrebbero una variante nella legenda e nella forma della corona sopra la croce. Volendo attribuirli al 1605, avrebbero allora la variante della data sotto al busto invece che nella legenda. Anche in questo caso sarebbero comunque gli unici 2 con questa variante.
Il fatto che il rovescio sembri in effetti quello di alcuni talleri del 1606, come dice il Ciabatti, è problematico perché i conii si deterioravano presto. difficile che nel 1603 e nel 1606 potessero usare lo stesso conio. Si potrebbe ipotizzare che i 2  talleri in questione siano allora una sorta di fase intermedia tra i comuni talleri del 1605 con data nel giro e quelli del 1606 realizzati con lo stesso conio del rovescio. Il problema è però che paleograficamente l'ultima cifra pare proprio un '3' 

il 1603 dell'asta Rauch (dove il 3 è piuttosto evidente). 
sotto il 1605 di Christies

 

ciao

image.jpeg.2b08eb66847caf47ccf8951bb777aa1c.jpeg

 

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il rovescio del tallero di christiesimage.jpeg.8e32d94f5633b8a8f343ead706352462.jpeg

Modificato da manuelcecca
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Inviato
21 ore fa, anto R dice:

Buongiorno @manuelcecca, da Autore (sebbene le mie ricerche vertano su un'altra Zecca) mi permetto di condividere la mia metodologia di studio nella speranza di fornire uno spunto.

Il "tipo" è - come ci ricordano i vari manuali numismatici - la parte figurativa del conio: busti, stemmi... Nello specifico caso quindi un "1 tipo" può essere un tallero con busto giovanile mentre un "2 tipo" un tallero del medesimo Granduca ma con busto adulto. Si tratta di differenze macroscopiche, se parlassimo ad es. dei testoni sempre medicei potremmo notare anche le forme differenti dei colletti o della figurazione del San Giovanni. 

Da questa distinzione poi - logicamente - possono esser fatti discendere dei sotto-tipi: conii composti con punzoni FIGURATI differenti. 

Le legende e le loro varietà solitamente vengono considerate come secondarie (e pressoché trascurabili, se stiamo riferendoci a differenti abbreviazioni. Ovvio che se la scritta cambiasse completamente la varietà sarebbe ben più importante).

Le varietà anche di legenda - o di grandezza della data - sono invece importanti eventualmente per proporre cronologie interne alle varie tipologie. E' uno studio molto più avanzato e specialistico, meno "collezionistico".

 

Concetto di rarità:

Personalmente considero differenti la rarità e la reperibilità. La prima è relativa agli esemplari oggi noti, nel loro totale. La seconda prende in considerazione i soli esemplari passati sul mercato.

Mentre la rarità è un concetto relativamente stabile se sono state svolte indagini accurate, la reperibilità può ben variare (periodi di maggiore disponibilità di esemplari, causa cessione di raccolte specializzate, ad esempio).

Per dare un grado di rarità accurato bisogna porre la massima attenzione, specie nel caso delle varianti non tipologiche o assolutamente minori: esemplari mal catalogati in passato, non illustrati o semplicemente non noti potrebbero stravolgere le nostre stime. Raccomando quindi la massima prudenza, senza scomodare i massimi gradi per differenze dovute a minimi particolari. Semmai meglio indicare "variante rarissima" o "molto rara", senza dare alle stampe un'Opera che rischierebbe di diventare parzialmente obsoleta nel giro di breve tempo.

Anche perché, ricordiamolo, non c'é come indicare una minima variante "R5" per veder puntualmente partire la ricerca tra gli appassionati e far spuntare nuovi esemplari in un batter d'occhio.

 

Cordiali saluti, 

Antonio Rimoldi

 

 

Ti ringrazio molto per questi spunti ed approfondimenti. 
È in effetti quello che vorrei fare: definire delle varianti principali e secondarie.
riguardo alla reperibilità vs. rarità son d'accordo. tuttavia per la monetazione in questione è quasi impossibile parlare di rarità in senso proprio, visto che non si hanno notizie se non per un paio di anni sul numero dei pezzi coniati. Quindi quando parlo di rarità intendo effettivamente la reperibilità sul mercato. Si può però separare monete di collezioni inalienabili come musei ed università da quelle private. 

 

saluti

Manuel


Inviato
4 ore fa, manuelcecca dice:

 

Ti ringrazio molto per questi spunti ed approfondimenti. 
È in effetti quello che vorrei fare: definire delle varianti principali e secondarie.
riguardo alla reperibilità vs. rarità son d'accordo. tuttavia per la monetazione in questione è quasi impossibile parlare di rarità in senso proprio, visto che non si hanno notizie se non per un paio di anni sul numero dei pezzi coniati. Quindi quando parlo di rarità intendo effettivamente la reperibilità sul mercato. Si può però separare monete di collezioni inalienabili come musei ed università da quelle private. 

 

saluti

Manuel

 

Così si introduce un terzo concetto, quello di tiratura. Per ovvia logica tiratura > rarità > reperibilità.

Non necessariamente una tiratura elevata è sinonimo (oggi) di moneta comune e facilmente reperibile. Dipende tutto da variabili come ritiri, rifusioni, ribattiture... 


Inviato

Poi c è chi per Raritá intende il solo anno e non la variante di conio.

Ma io trovo invece molto interessante parlare di varianti quando per esse si intende ad esempio un diverso ritratto o armatura o busto e non per le piccole varianti ad esempio data piccola o grande..


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