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Dalla supercazzula alla supercazzuola: la storia dello strumento più usato in archeologia (*)


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Io conservo ancora come reliquie le mie trowel Battiferro e WHS. Non scaverò mai più maposso reinvasare i gladioli pensando di esser Indiana Jones

(*) il titolo è stato scelto per la  sola assonanza

di Stefano Valentini*

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Trowelologia potrebbe essere un buon neologismo (non uno scioglilingua) per indicare la scienza che studia la trowel, l’arnese dell’archeologo per antonomasia. Scherzi a parte, tutti gli archeologi che si rispettino ne hanno una. Ci sono siti web in cui se ne descrivono nei minimi dettagli le caratteristiche, talvolta corredate persino da “consigli per l’acquisto e istruzioni per l’uso”. Ma forse in pochi si sono chiesti quale sia la storia di questo strumento e come e perché sia stato utilizzato dagli archeologi.

(Nota agli utenti: contatore visualizzazioni articolo non funzionante correttamente, è quasi bloccato Stiamo lavorando per ripristinarlo)

Trowel è una parola inglese dal sound piacevole, tradotta con l’italiano “cazzuola”, che, viceversa, anche per certe assonanze, suona un po’ peggio. In realtà a ben vedere non sono proprio dei sinonimi, perché trowel e cazzuola sono due attrezzi diversi. In Italia, se voi andate in una qualsiasi ferramenta, anche la più fornita e chiedete una cazzuola, vi daranno uno strumento, che al di là delle varianti, presenta una caratteristica costruttiva ben precisa: l’imposta del manico, cioè quella parte dell’arnese che fa da raccordo tra il piatto e l’impugnatura è saldato al piatto. La trowel invece, al di là della forma e delle dimensioni, è realizzata con un unico pezzo di metallo forgiato e questa caratteristica incide in maniera fondamentale sulla sua resistenza all’uso, rendendola particolarmente adatta per gli scavi archeologici. Ma anche la forma è diversa. Le cazzuole hanno un piatto generalmente triangolare, mentre le trowel hanno un piatto a forma di rombo (o diamante, foglia, goccia d’acqua), fatta eccezione per le cosiddette margin trowels, con piatto di forma rettangolare, utilizzate per rifilare le sezioni dei sondaggi.

Appunti di “trowelologia”

774066a2-ff34-48bb-ae74-1a22e6055412-e16 Confronto tra esemplare originale di WHS utilizzata nei cantieri edili, prodotto prima del 1951 ed esemplare originale di Marshalltown utilizzata nei cantieri edili, prodotto intorno al 1950 (archivio CAMNES).

Sono queste due caratteristiche specifiche della trowel che ne hanno determinato il “successo” in archeologia. Ma come e quando le trowels hanno iniziato ad essere utilizzate in archeologia?

La trowel più diffusa è senza dubbio la mitica WHS pointing trowel, di produzione inglese. Vi siete mai chiesti cosa significhino queste tre lettere? La storia viene da molto lontano. Il marchio WHS nasce nel 1793 e le lettere sono le iniziali di William Hunt&Sons produttori di utensili in acciaio a Rowley Regis, nel Worcestershire. Questa trowel forgiata viene realizzata per la prima volta in Inghilterra, probabilmente alla fine del ‘700, per essere impiegata nei lavori edili, in particolare nella costruzione di edifici in mattoni. Non a caso, essendo in origine pensata per i muratori, ha un’inclinazione dell’impugnatura rispetto al piatto (cioè non sono allineati) per evitare che la malta scivoli verso la punta della cazzuola, durante la messa in opera dei mattoni. Proprio in Inghilterra e in quel periodo, perché quella è l’età aurea degli edifici in mattoni costruiti negli stabilimenti industriali e nei quartieri dei lavoratori. E ancora oggi, in Inghilterra, i muratori utilizzano la trowel per rompere i mattoni e metterli in opera costruendo muri. Il termine pointing (con il quale ci si riferisce a questo specifico tipo di trowel) ha proprio a che fare con la tecnica di messa in opera dei mattoni (sull’Oxford dictionary leggiamo: “Pointing: the action of filling the joints of brickwork or masonry with mortar”). Quindi questi arnesi nascono con una vocazione tecnica, artigianale potremmo dire, molto specifica. C’è perfino un aneddoto a riguardo. Nel settore edile, in Inghilterra, le iniziali WHS sono state riadattate per la frase Work Hard or Starve! (trad. it: Lavora duro o muori di fame!) che un po’ vale anche per gli archeologi…

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Tornando alla storia del marchio, nel 1951 la William Hunt & Sons (WHS) si fuse con la Nash Tyzack, formando il gruppo Brades Nash Tyzack Industries, che venne poi acquistato nel 1962 dal gruppo Spear&Jackson, che vantava una tradizione antichissima nella produzione d’acciaio, essendo stato fondato nel 1760 a Sheffield, la città dell’acciaio per eccellenza. Nel 1985 Spear&Jackson è stata assorbita dal gruppo Neill Tools, con sede sempre a Sheffield, che detiene tuttora, nella produzione delle trowels, i marchi WHS, Spear & Jackson e Tyzack. Questo spiega il perché si trovino in commercio trowels con diversi loghi, o loghi compositi; ad esempio WHS-Tyzack (Tyzack è stato aggiunto nel 2006 al logo WHS), oppure solo Tyzack (il logo con le tre gambe era quello della Joseph Tyzack&Son di Sheffiled che si fuse con la WHS negli anni ’50).

Ma quando è stata introdotta la WHS negli scavi archeologici? Non possiamo saperlo con certezza, ma di sicuro nel 1946, Atkinson (noto per aver scavato Stonehenge) nel suo manuale Field Archaeology raccomanda l’uso della trowel WHS (R. J. C. Atkinson, Field Archaeology, Methuen&Co. Ltd. London, 1946).

Se andiamo a vedere quanto scrive Atkinson a pagina 47, dove viene descritta la trowel, lui raccomanda quella da 5 pollici (che equivalgono a 12,7 cm) e non quella standard da 4 pollici (circa 10 cm), che si è nel tempo affermata tra gli archeologi. Nel testo si legge che la lama deve essere piatta (springy, quindi non esageratamente dura, ma leggermente elastica) e più o meno parallela al manico; il codolo deve essere forgiato con la lama; la punta deve essere leggermente arrotondata per non danneggiare i reperti. Atkinson dà persino delle istruzioni sull’uso, dicendo che può essere usata in quattro modi.

E cosa dire della trowel Marshalltown? La Marshalltown Company è in pratica l’equivalente americano dell’inglese Neill Tools, proprietaria del marchio WHS; una potenza nella produzione e fabbricazione di attrezzature per l’edilizia e settori affini. La sede centrale si trova in Iowa, dove fu fondata nel 1890. Nella sua produzione non poteva mancare la pointed trowel, verosimilmente mutuata dal modello inglese originale, la WHS. La sua diffusione tra gli archeologi, inizialmente americani, ma poi di tutto il mondo, si deve ad un iconico articolo di Kent Flannery (“The Golden Marshalltown: A Parable for the Archeology of the 1980s”, in American Anthropologist New Series, Vol. 84, No. 2 (Jun., 1982), pp. 265-278).

In questo articolo, l’autore descrive un episodio personale. Si trova in volo con alcuni suoi colleghi di ritorno da un convegno, e ci racconta che il vecchio professore in sua compagnia gli mostra una trowel Marshalltown: “La sua mano palpò per un momento nelle profondità della sua borsa da viaggio segnata dalla battaglia, e improvvisamente tirò fuori una trowel. Una trowel che non avevo mai visto. Una cazzuola che si trasformò in una fiamma gialla ai raggi del sole al tramonto mentre la teneva contro il finestrino del 747”. E il vecchio professore dice: “Questa è stata la mia prima trowel Marshalltown. Sai com’è la prima Marshalltown di un archeologo? Come il primo guanto Wilson (da baseball, ndr.) di una major league. Ho scavato a Pecos con questa cazzuola, sotto Kidder. E nelle rovine azteche con Morris. E a Kincaid con Fay-Cooper Cole. E al Lindenmeier con Frank Roberts. Figliolo, questa cazzuola è stata a Snaketown, ad Angel Mound, e al Dalles of the Columbia con Luther Cressman” (trad. it di pagina 268, ndr.)

Proprio dopo la pubblicazione di questo articolo la Marshalltown ha iniziato davvero a fare concorrenza alla WHS. E questa concorrenza dura tutt’oggi.

Nonostante la produzione di queste due cazzuole presenti ormai diverse varianti, in origine, la differenza fondamentale stava nello spessore del piatto. Come tutti sanno per esperienza, il piatto della WHS è di solito più spesso e rigido di quello della Marshalltown. Nel 2005 -e questo è un altro aneddoto che ci restituisce l’attenzione che certi archeologi, giustamente, ripongono sui loro arnesi da lavoro- i produttori della WHS misero sul mercato una versione dal design più leggero. Bene, questa “innovazione” incontrò una resistenza tale da parte degli archeologi inglesi, che la British Archeological Jobs Resource riportò casi di rottura del piatto, mentre Oxford Archaeology suggerì addirittura il passaggio alla Marshalltown di fabbricazione americana. Come conseguenza l’azienda tornò sui propri passi, lasciando in produzione solo il modello standard con lama più spessa.

Ma la storia non finisce qui, perché oltre alla WHS e alla Marshalltown, più recentemente, abbiamo assistito anche alla diffusione tra gli archeologi italiani di una trowel di produzione nazionale. E dovremmo esserne orgogliosi, considerata la qualità del prodotto (lo dico per esperienza!). Si tratta del modello prodotto dalla Battiferro (il nome è tutto un programma…) di Maniago (Pordenone), azienda che dal 1957 produce utensili per l’edilizia, e che dalla fine degli anni ’90 ha avviato anche una produzione di trowel per archeologi. C’è una storia davvero intrigante parallela a questa produzione della Battiferro di Maniago. L’azienda francese Strati Concept, La boutique de l’archéologue nel 1998 ha progettato, sviluppato e realizzato una particolare trowel forgiata, frutto di una serie di studi ergonomici, la Pi2, che potremmo considerare come la prima trowel pensata e realizzata “esclusivamente” per gli archeologi (almeno da quanto si può apprende da alcune info reperibili on-line). Questo test pilota, nel 2012, è divenuto un prodotto commerciale, grazie alla collaborazione tra Strati e la Battiferro di Maniago. Purtroppo però questo modello non è più in commercio, la Strati Concept non fornisce più le normali cazzuole dal 1° gennaio 2016.

QUI DIRETTAMENTE UNO DEI VIDEO SULLE TROWEL DAL CANALE DI CAMNES:

Ma non tutto è perduto! Se la produzione industriale non vi accontenta, potete sempre rivolgervi, come ho fatto io, che sono amante dell’artigianato, alla fonderia olandese Sneeboer. Questa piccola azienda olandese è famosa in tutto il mondo, da oltre 100 anni, per la produzione di utensili ed attrezzi (costosissimi…) per il giardinaggio. Hanno in catalogo un unico modello di trowel, forgiata in un solo pezzo per battitura e rifinita a mano. Proprio perché si tratta di pezzi unici, con tutte le imperfezioni e il fascino della produzione artigianale (oltre al costo e ai tempi di consegna, non inferiori ai due mesi!) potete persino richiedere delle modifiche personali. Io, ad esempio, basandomi sul progetto della Strati Concept, ho chiesto che l’impugnatura fosse allineata con la lama, dunque con un angolo a 90° tra piatto ed innesto del manico. In questo modo si può ottenere la massima precisione nei movimenti e la massima sensibilità durante lo scavo. È una questione ergonomica, e come tutti sapete l’ergonomia è la regola con cui, nell’uso di un oggetto di design -e la trowel non fa eccezione- un essere umano ottiene il migliore utilizzo possibile, con il minimo sforzo.

*CAMNES, Firenze

Modificato da Vel Saties
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  • Vel Saties ha rinominato il titolo in Dalla supercazzula alla supercazzuola: la storia dello strumento più usato in archeologia (*)

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