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IGNORED

Un nuovo 2008/9 bancario ?


Risposte migliori

Inviato
10 minuti fa, ART dice:

amicizia" è finita.

E quando è mai cominciata l'amicizia tra

- Francia ed Italia

- Francia e Gran Bretagna

- Francia e Germania

- Gran Bretagna e Germania

- Spagna e Gran Bretagna

- Grecia e Turchia

- Croazia e Serbia

- ma potrei continuare con moltissime altre.

Il dio denaro appiana tutto.

14 minuti fa, ART dice:

Meglio farsene una ragione, poi sognare non costa niente.

Personalmente il mio non è un desiderio, ma una constatazione.


Inviato
19 minuti fa, ART dice:

Mettiti nei miei panni, mi serve una casa più bella. (Si capisce che sto scherzando?)

La Russia può essere Europa geografica quanto vogliamo, e un residuo di commercio è ovvio che ci sarà sempre, ma dopo l'invasione dell'Ucraina l' "amicizia" è finita. Meglio farsene una ragione, poi sognare non costa niente.

 

Ti sostengo pienamente. Nessuna amicizia. Niente gas e petrolio. Nessun acquisto.
Ma torniamo all'appartamento. Dove?


Inviato (modificato)

E' inutile andare avanti con questa discussione OT: quello che penso l'ho detto, liberissimi di pensarla diversamente (non siamo in Russia).

6 minuti fa, Brios dice:

Ma torniamo all'appartamento. Dove?

Sto considerando seriamete Moskva, ma siccome non voglio essere troppo lontano da madrepatria UE credo che opterò per Kaliningrad.

 

Modificato da ART

Inviato
16 minuti fa, Brios dice:

Per il tuo ottimismo.

Ma non sono i popoli europei (tutti) che hanno deciso e che subiscono le conseguenze. 

Mi viene in mente il Congresso di Vienna nel 1814/5 quando i politici francesi diedero tutta la colpa a Napoleone per evitare le conseguenze della sconfitta (economiche e territoriali)....e furono accontentati.

Quindi una mano tesa è sempre utile tenerla.

PS: la Cina e USA fanno solo i loro comodi , allora perché non farlo pure noi europei ?

 


Inviato

Questo è un caso di reperimento clandestino di componenti fatto attraverso coperture dai sevizi segreti, che è tutt'altra cosa. Ma non stavamo parlando della banche USA?


Inviato
17 minuti fa, ART dice:

E' inutile andare avanti con questa discussione OT: quello che penso l'ho detto, liberissimi di pensarla diversamente (non siamo in Russia).

Sto considerando seriamete Moskva, ma siccome non voglio essere troppo lontano da madrepatria UE credo che opterò per Kaliningrad.

 

 

Raccomando Klaipela dopo che la città è di nuovo una Memel tedesca. Sarà una buona città in Russia.


Inviato
5 ore fa, ARES III dice:

ricordando che le banche americane non hanno un sistema di protezione realmente efficace).

Non so se ne siete al corrente ma il "Fondo Interbancario di tutela depositi" che dovrebbe garantire i conti correnti fino a 100.000 euro 

"Nel 2024, sulla base delle stime contenute nel piano per gli esercizi successivi, la dotazione finanziaria dovrebbe raggiungere i 6 miliardi di euro, pari allo 0,8% dell’ammontare totale dei depositi protetti. (Il Sole 24 ore).


Inviato
5 minuti fa, fagiolino dice:

Non so se ne siete al corrente ma il "Fondo Interbancario di tutela depositi" che dovrebbe garantire i conti correnti fino a 100.000 euro 

"Nel 2024, sulla base delle stime contenute nel piano per gli esercizi successivi, la dotazione finanziaria dovrebbe raggiungere i 6 miliardi di euro, pari allo 0,8% dell’ammontare totale dei depositi protetti. (Il Sole 24 ore).

 

Certo ma negli USA non hanno neppure questo (oltre ad avere meno garanzie ).


Inviato
2 minuti fa, ARES III dice:

Certo ma negli USA non hanno neppure questo (oltre ad avere meno garanzie ).

 

Spero che la banca dove tengo i miei soldini aspetti il prossimo anno a fallire così per i 30.000 che ho in c/c riceverò 240 euri. Quest'anno me ne danno solo 69. :yahoo::yahoo::yahoo:


Inviato
1 ora fa, ART dice:

Questo è un caso di reperimento clandestino

È mercato nero, ma è pur sempre mercato...e le leggi le stabilisce il mercato!

 


Inviato
1 ora fa, Brios dice:

Raccomando Klaipela

A me Klaipeda è piaciuta. Non c'è molto da vedere e da fare ma è un posto tranquillo "all'antica".


Inviato

A questo punto io preferisco Tallin, ed in parte mi capiscono...


Inviato (modificato)

Ma siete Kantiani ?

Ma siete Kantiani ?

Modificato da Polemarco

Inviato
Adesso, Polemarco dice:

Kantiano

Quella è Köninsberg / Kaliningrad.

 


Inviato

Tranquilli, tranquilli. Presto fallirà tutto e il mondo intero sprofonderà nel caos, e ci divertiremo molto. La fine del mondo è vicina, raccomandate le vostre anime.


Inviato
18 ore fa, ART dice:

E' inutile andare avanti con questa discussione OT: quello che penso l'ho detto, liberissimi di pensarla diversamente (non siamo in Russia).

Sto considerando seriamete Moskva, ma siccome non voglio essere troppo lontano da madrepatria UE credo che opterò per Kaliningrad.

 

 

Citavo


Inviato (modificato)

Ovviamente stavo scherzando, sul trasferirmi in Russia.

Modificato da ART
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Inviato
1 ora fa, ART dice:

Ovviamente stavo scherzando, sul trasferirmi in Russia.

Bhè certo la tua metà originale è in realtà la Bielorussia...


Inviato

Ecco un'altra conferma che le regole non fermano la creatività del mercato

LIMESIn Russia c’è un barile di petrolio desideroso di raggiungere l’Italia, in barba alle sanzioni. Quali opzioni ha?

AMORETTINe ha tre. La prima è l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc), che parte dall’Azerbaigian ed è gestito da Bp. L’Azerbaigian oggi sta esportando più petrolio di quanto ne produca nella misura di circa 242 mila barili al giorno, a fronte di una produzione nazionale in continua diminuzione....


Inviato

Ecco un altro sintomo del pericolo che aleggia sull'economia americana e non solo, proveniente dal FMI

 

La Russia cresce, Usa a rischio default: il paradosso della guerra

Per il Fmi la Russia quest’anno crescerà più di Berlino e Londra, mentre gli Usa a giugno rischiano il default a causa del debito: la guerra sta facendo male più all’Occidente?

“Il momento massimo di impatto delle sanzioni adottate dall’Ue contro la Russia sarà quest’estate, nel senso che avranno il loro impatto massimo da quest’estate in poi”. Musica e parole di Mario Draghi, intonate dall’ex presidente del Consiglio lo scorso maggio in occasione di un vertice comunitario a Bruxelles.

Un concetto questo che Draghi ha ribadito anche a settembre in occasione della sua ultima conferenza stampa: “le sanzioni alla Russia funzionano”, tanto da avere avuto un “effetto dirompente” sull’economia di Mosca.

Toni quasi entusiastici invece sono stati quelli usati da Enrico Letta a marzo 2022 “sono le sanzioni più dure mai comminate e in qualche giorno porteranno al collasso l’economia russa”, con la strategia dell’Occidente che a settembre è stata difesa anche da Giorgia Meloni “le sanzioni alla Russia non funzionano? A me non risulta”.

Dal momento in cui Vladimir Putin ha dato il via alla sua operazione speciale invadendo l’Ucraina, la strategia degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell’Unione europea è stata fin da subito molto chiara: sostegno militare, umanitario e finanziario a Kiev, dure sanzioni contro la Russia per mettere in ginocchio Mosca sia sul fronte bellico sia su quello economico costringendo così il Cremlino a rivedere i suoi piani senza un intervento militare diretto della Nato.

Oltre 400 giorni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il Fondo monetario internazionale adesso ci fa sapere che le stime di crescita della Russia in questo 2023 sarebbero maggiori rispetto a quelle di Germania, Regno Unito, Francia e probabilmente anche Italia.

Nel frattempo Oltreoceano è arrivato il grido d’allarme di Janet Yellen, la segretaria al Tesoro americana: “La nostra migliore stima è che non saremo in grado di continuare a soddisfare tutti gli obblighi del governo entro l’inizio di giugno, e potenzialmente già il 1° giugno, se il Congresso non alzerà o sospenderà il limite del debito prima di allora”. Gli Usa in sostanza sono a rischio default se non verrà alzato il limite al tetto del debito - 31.400 miliardi di dollari - che Washington ha raggiunto a inizio anno.

L’economia russa regge, quella Usa no: guerra a rischio escalation?

A Bruxelles in queste ore si sta discutendo dell’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia da quando c’è la guerra in Ucraina; come sottolineato dal Fmi l’economia di Mosca però sembrerebbe aver retto diversificando i compratori e aggirando le misure grazie a triangolazioni con Paesi terzi.

Questo non vuol dire che la situazione in Russia sia idilliaca - la guerra ha costi altissimi e la situazione sul campo di battaglia è molto complessa in virtù della straordinaria resistenza messa in atto dal coriaceo esercito ucraino - ma alla luce di questi dati tutte le previsioni fatte dall’Occidente in merito alle sanzioni sembrerebbero essere state sballate.

Gli Usa , nonostante i vantaggi economici derivanti dalla guerra - leggere alla voce gas naturale liquefatto -, sono alle prese con un debito record a causa anche dello sforzo fatto per sostenere l’Ucraina. Se a breve non sarà alzato il tetto del debito, a Washington a riguardo è in atto un braccio di ferro con i Repubblicani che sono maggioranza alla Camera, il rischio di un catastrofico default è reale come ha voluto sottolineare Yellen.

L’Europa poi non se la passerebbe molto meglio anche se la tanto annunciata recessione in questo 2023 dovrebbe essere scongiurata, ma il cielo sopra il Vecchio Continente resterebbe sempre plumbeo vista l’inflazione che non starebbe scendendo come previsto tanto da costringere la Bce a un nuovo aumento dei tassi di interesse.

In questo scenario torna in mente una vecchia massima mai come in questo momento tristemente attuale: ogni grande guerra è la soluzione “naturale” di una grande crisi. In questo caso si tratterebbe di quella innescata dalla pandemia e poi acuita dal conflitto in Ucraina.

Il rafforzamento della Cina, il mancato crollo della Russia e il rischio default degli Usa, sono così tutti elementi che possono incidere sugli sviluppi della guerra più dei missili o dei tank: la speranza è quella di una accelerata diplomatica perché altrimenti, se dovessero continuare a parlare solo le armi, a quel punto un’escalation mondiale o nucleare potrebbe essere inevitabile.

 

https://www.money.it/russia-cresce-usa-rischio-default-paradosso-guerra

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Inviato

Già si stanno ventilando apertamente i licenziamenti:

 

Casa Bianca: con default Stato a rischio 8 milioni posti di lavoro

Il presidente Joe Biden ribadirà molto chiaramente che il Congresso deve agire sul tetto al debito, nell'incontro alla Casa Bianca con i leader del parlamento, con cui spera di avere "una conversazione costruttiva".

 

Lo ha detto la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, confermando che con un default sarebbero a rischio 8 milioni di posti di lavoro.

 

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/casa-bianca-default-stato-rischio-lavoro_64528685-202302k.shtml

Ma ci sono anche gli avvertimenti di vecchie volpi.....

L’allarme di Warren Buffett: il boom economico è ormai finito, ecco perché

 

Warren Buffett ha lanciato un allarme economico: il boom negli Usa è finito, con quali conseguenze? Cosa prevede il miliardario più famoso al mondo e quali sono gli ultimi consigli di investimento.

Torna a parlare Warren Buffett, lanciando un allarme economico da non sottovalutare.

L’investitore più famoso e seguito al mondo, il cui conglomerato è visto come un barometro della salute economica degli Stati Uniti grazie alla gamma di attività che possiede, ha detto qualcosa che non fa ben sperare coloro che credono che si può ancora evitare una recessione.

Il boom economico della potenza americana è finito e il clima è cambiato: questa la convinzione dell’anziano miliardario. Parlando all’assemblea generale annuale del Berkshire Hathaway a Omaha, Warren Buffett ha spiegato perché il rallentamento è in corso e cosa aspettarsi per l’economia Usa. Non sono mancati i consigli su come investire per ottenere guadagni, anche in un periodo così incerto.

Perché il boom economico è finito secondo Warren Buffett

Warren Buffett ha condiviso una cupa previsione per le sue attività e per l’economia in generale: i bei tempi potrebbero essere finiti.

L’investitore miliardario ha stimato, infatti, che i guadagni della maggior parte delle operazioni di Berkshire diminuiranno quest’anno, poiché una recessione a lungo prevista rallenterà l’attività economica. I suoi commenti sono arrivati nell’ambito dell’assemblea generale annuale del conglomerato a Omaha, Nebraska, dopo che Berkshire ha registrato un aumento di quasi il 13% degli utili operativi a $8,07 miliardi per il primo trimestre.

 

“La maggior parte delle nostre aziende registrerà guadagni inferiori quest’anno rispetto allo scorso anno”, ha annunciato Buffett e questo accadrà perché negli ultimi sei mesi circa, il “periodo incredibile” che ha vissuto l’economia statunitense sta volgendo al termine.

L ’Oracolo di Omaha ritiene che il boom economico, spinto da spese eccessive sulla scia dello stimolo della pandemia sia finito. Buffett ha affermato che le sue attività hanno vissuto un periodo “estremo” in cui i consumatori hanno fatto pazzie negli acquisti, il che ha portato molti manager delle sue filiali a sopravvalutare la domanda di determinati prodotti.

Prima, “la gente comprava e non aspettava i saldi”, ma adesso il “feedback che riceviamo è che, forse la maggior parte delle nostre aziende riporterà effettivamente guadagni inferiori”, con inventari pieni di merci da piazzare in un clima meno propenso ad acquistare.

L’economia statunitense è alle prese con una serie di rialzi aggressivi dei tassi, che hanno in parte innescato tre fallimenti bancari nell’arco di poche settimane a causa di attività e passività non corrispondenti.

La Federal Reserve ha appena approvato il decimo rialzo dei tassi dal 2022, portando il tasso sui fondi federali a un intervallo obiettivo del 5%-5,25%, il più alto dall’agosto 2007. In più, c’è l’ombra del mancato accordo sull’innalzamento del tetto del debito a oscurare le finanze Usa, con il rischio default.

Un contesto non facile e lo stesso Buffett ha lanciato l’allarme del rallentamento economico. Con una precisazione, però: “Niente è sicuro domani, niente è sicuro l’anno prossimo e niente è mai sicuro, né nei mercati né nelle previsioni commerciali, né in qualsiasi altra cosa”.

Gli ultimi consigli di investimento di Buffett

Warren Buffett ha dichiarato che ci saranno sempre opportunità negli investimenti di valore: tutto ciò che serve è capitalizzare le “cose stupide che fanno gli altri”.

Il 92enne CEO di Berkshire Hathaway pensa che la strategia di investimento che lo ha reso ricco non stia passando di moda, ma oggi la gente potrebbe dover cercare in posti diversi per trovare società sottovalutate, ha detto sabato in occasione di un’assemblea annuale degli azionisti a Omaha, Nebraska.

Rispondendo a una domanda del pubblico sugli impatti sul mercato dell’innovazione tecnologica dirompente, Buffett ha affermato che il cambiamento non riduce necessariamente le opportunità di investimento di valore, che implicano la ricerca di azioni o attività disponibili a prezzi stracciati.

Buffett ha poi ribadito la sua convinzione di investire in fondi indicizzati e ha affermato che i fondi indicizzati sono un ottimo strumento di investimento perché i costi sono bassi. La sua simpatia per i fondi indicizzati può essere misurata dal fatto che ha incaricato i suoi fiduciari di investire il 90% del suo patrimonio nel fondo indicizzato S&P 500.

Inoltre, ha sottolineato che “Apple è il business migliore di qualsiasi altro nel portafoglio di Berkshire Hathaway Inc”. Su Tesla, invece, è rimasto u alone di scetticismo e pur elogiando Musk come un ragazzo brillante, Buffett ha espresso poca convinzione nell’investire nel settore automobilistico poiché con troppa concorrenza e poca certezza su dove andrà in futuro.

L’investitore miliardario ha anche dichiarato di essere più a suo agio con investimenti in Giappone piuttosto che a Taiwan, riflettendo le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina.

Il Berkshire ha investito, infatti, in cinque case commerciali giapponesi, mentre ha fatto un passo indietro su un investimento multimiliardario in Taiwan Semiconductor Manufacturing (ha investito più di 4 miliardi di dollari in TSMC lo scorso anno, per venderne la maggior parte entro tre mesi).

 


Inviato

Investimenti cinesi in ritirata dall’Europa, ma c’è un’eccezione

 

Divorzio al rallentatore tra la Repubblica Popolare e il Vecchio continente. Tensione nei rapporti tra Berlino e Pechino che con le sue tecnologie può sostituire il Made in Germany. L’unico settore in controtendenza è quello delle batterie per auto elettriche

Isegnali di raffreddamento nella relazione economica tra la Repubblica Popolare e il Vecchio continente si moltiplicano. È finita la corsa cinese a investire da noi, i dati lo confermano. Con una eccezione molto rilevante: batterie per veicoli elettrici, l’unico settore in controtendenza dove gli investimenti cinesi in Europa continuano ad aumentare. Ma questa eccezione a sua volta fa da sfondo alle tensioni nei rapporti fra Pechino e Berlino: l’industria tedesca dell’automobile si sente minacciata da una Cina che è determinata a penetrare sul suo stesso mercato domestico.

Tra i numeri recenti che illustrano lo stato delle relazioni Cina-UE, il più significativo è il dato sugli investimenti esteri diretti. Gli investimenti cinesi nell’UE sono scesi a 7,9 miliardi di euro nel 2022, un calo del 22% rispetto al 2021, che li ha fatti ritornare indietro di un decennio. Per la prima volta gli investimenti diretti, cioè l’apertura di nuove fabbriche, hanno superato le acquisizioni di società europee già esistenti. Il settore in controtendenza ha visto invece un balzo del 53% negli investimenti cinesi in Europa per la fabbricazione di batterie per auto elettriche: ormai questa è la voce principale nel flusso di capitali cinesi. Nell’ultimo quinquennio gli investimenti cinesi nell’UE in questo settore hanno superato i 16 miliardi di euro. La più grande fabbrica di batterie cinesi in Europa in progetto è quella che la Catl vorrebbe costruire in Ungheria. Anche i big cinesi dell’auto elettrica stanno pensando di potersi insediare direttamente nel Vecchio continente. Questo interesse è stato accelerato dalla decisione di Bruxelles di mettere fuori legge le vendite di auto a carburanti fossili nel 2035.

Il quadro di un divorzio al rallentatore con l’Europa – e anche con gli Stati Uniti – è arricchito da un altro dato che riguarda il commercio estero. Le importazioni cinesi sono scese del 7,9% in aprile rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. In parte questo significa che la ripresa economica della Repubblica Popolare si rivela meno vigorosa di quanto previsto; in una certa misura è anche il segnale di un mercato meno ricettivo per i beni di consumo prodotti in Occidente. Con l’eccezione rilevante del lusso, dove le vendite di gruppi come Lvmh e Hermès sono state brillanti.

Il divorzio al rallentatore può avere molte concause. Sul fronte degli investimenti la diminuzione delle acquisizioni di aziende europee da parte di capitali cinesi può essere provocata anche da un clima meno tollerante nella capitali europee e da nuovi controlli governativi sulle acquisizioni in settori strategici. Si ha anche l’impressione che la Repubblica Popolare tragga le conseguenze dal nuovo clima geopolitico riorientando le proprie relazioni soprattutto verso i Brics (Brasile Russia India Sudafrica) e altri paesi emergenti.

Sul fronte del commercio estero una vittima illustre di questo divorzio al rallentatore è la Germania. Per decenni la Repubblica Popolare è stata una vorace acquirente di tecnologia tedesca, dai macchinari alle automobili. Ora è diventata sempre più spesso una concorrente diretta, che con le sue tecnologie punta a sostituire il made in Germany, sia in casa propria che su altri mercati.

I rapporti politici tra Berlino e Pechino ne risentono. È stata cancellata all’ultimo minuto una visita in Cina da parte del ministro delle Finanze tedesco, il liberale Christian Lindner. Non è chiaro se a provocare la cancellazione o il rinvio abbiano contribuito le posizioni molto critiche dei liberali tedeschi sul dossier di Taiwan. La ministra tedesca degli Esteri, la Verde Annalena Baerbock, è stata a sua volta protagonista di uno scontro con il suo omologo cinese Qin Gang, sull’appoggio della Repubblica Popolare alla Russia nella guerra in Ucraina. Su quel fronte, da Pechino trapelano voci secondo cui una missione cinese a Kiev sarebbe ormai imminente.

 

 

https://www.corriere.it/oriente-occidente-federico-rampini/23_maggio_10/investimenti-cinesi-ritirata-dall-europa-ma-c-un-eccezione-ab15952a-ef4b-11ed-948b-ad2f170e5fee.shtml

 

Allora si può parlare di deindustrializzazione europea 2.0 ?

PS: non capisco il senso pratico del ".0" che piace molto in questi ultimi tempi....


Inviato

Usa in default: così il dollaro può crollare. A vantaggio della Cina

 

Cosa può succedere al dollaro con un default Usa? Il biglietto verde è minacciato nello status di riserva mondiale e rischia di sconvolgere l’intero sistema finanziario. A tutto vantaggio della Cina.

C’è molto nervosismo sulla possibilità di un default Usa e ora anche il trono del re dollaro è visto vacillare.

Le analisi sono tutte ipotetiche, ma si rincorrono scenari cupi tra gli analisti, considerando che le parole del Segretario al Tesoro Yellen si fanno ogni giorno più allarmanti: “un fallimento per insolvenza innescherebbe una recessione globale...rischierebbe anche di minare la leadership economica mondiale degli Stati Uniti e solleverebbe interrogativi sulla nostra capacità di difendere i nostri interessi di sicurezza nazionale”. Queste sono state, in ordine cronologico, le ultime dichiarazioni ufficiali.

Già qualche giorno fa Janet Yellen si era pronunciata sull’impatto catastrofico del mancato innalzamento del tetto al debito sul dollaro, asset rifugio e sicuro per eccellenza, oltre che riserva valutaria mondiale. Con un abbassamento del rating Usa, il biglietto verde perderebbe la sua credibilità.

Cosa può davvero accadere al dollaro con un default degli Stati Uniti? Per alcuni analisti sarà crollo e a beneficiarne può essere la Cina: le previsioni.

Default Usa e dollaro: cosa può davvero succedere?

Un default del debito potrebbe minacciare lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale. In effetti, con il loro atteggiamento rischioso, i repubblicani del Congresso stanno giocando alla roulette russa con il primato dell’America nel sistema finanziario globale, una posizione privilegiata alla base del nostro tenore di vita e dell’influenza internazionale: questa l’opinione di DiMike Lofgren su The New York Times.

La questione del ruolo del biglietto verde è cruciale. Per gli Usa, ma anche per l’intero sistema finanziario globale. L’ex membro dello staff delle commissioni di bilancio della Camera e del Senato ha spiegato sul giornale statunitense che un default del debito sovrano è allarmante per una serie di turbolenze che innesca: recessione, un calo del dollaro che aumenterebbe ulteriormente l’inflazione tra l’aumento dei tassi di interesse, un crollo delle azioni, un arresto dei pagamenti della previdenza sociale e panico nei fondi del mercato monetario.

Nonostante previsioni da catastrofe, per DiMike Lofgren i repubblicani sembrano prendere in considerazione un altro potenziale scenario: “da quando il presidente Richard Nixon ha svincolato il dollaro dall’oro, i profeti di sventura hanno predetto l’imminente scomparsa del dollaro come valuta di riserva mondiale. Questa profezia si è finora rivelata errata; il dominio del dollaro è appena inferiore a quello che era ai tempi di Nixon, e in realtà ha rafforzato il suo status di rifugio sicuro durante la pandemia”.

Tradotto: vogliono indebolire il biglietto verde. L’analista ha ricordato, però, che avere la valuta di riserva mondiale ha permesso agli Stati Uniti di gestire per decenni un budget molto elevato, scambi di merci e deficit delle partite correnti.

 

I dollari che fluiscono all’estero come risultato di tali deficit sono necessari ad altri paesi per acquistare materie prime come il petrolio e per condurre altri scambi.

Le nazioni con eccedenze di dollari li “riciclano” come investimenti negli Stati Uniti. Ecco perché New York ha i mercati finanziari più liquidi del mondo. Questi forti mercati a loro volta incoraggiano molte banche centrali estere a detenere i propri asset anche a New York.

Nel commento, l’esperto ha poi aggiunto che Stati avversari come la Cina e la Russia hanno tentato per anni di detronizzare il dollaro come valuta di riserva mondiale, finora con scarso successo. Il fatto che la maggior parte degli accordi finanziari internazionali sia regolata in dollari, proprio come la rete di transazioni internazionali SWIFT è dominata dagli Stati Uniti, rende le sanzioni economiche di Washington contro i regimi canaglia una vera minaccia.

Il predominio del dollaro significa, infatti, che a un certo punto il commercio deve passare attraverso una banca americana. Questo è un modo importante per conferire agli Stati Uniti un enorme potere politico, soprattutto per punire rivali economici e governi ostili.

Perché, allora, la potenziale perdita di status del dollaro porterebbe a un cambiamento epocale? Lo ha chiarito DiMike Lofgren:

“È improbabile che un’inadempienza porti all’istante Armageddon, ma è possibile, forse anche probabile, che contribuisca a un lento disfacimento. Gli investitori stranieri inizierebbero a proteggersi dall’acquisto di debito statunitense, o esplorerebbero l’utilizzo dell’euro o di un paniere di valute stabili. A seguito di un default, gli esportatori di petrolio sarebbero più propensi ad accettare pagamenti in strumenti diversi dai dollari”.

E attenzione, in questo scenario, al ruolo della Cina.

Usa in fallimento e dollaro in declino: a vincere è la Cina

Nell’analisi su The New York Times c’è una considerazione lucida: “Gli unici beneficiari del default sarebbero attori avversari come Russia e Cina. Per evitare anche solo la possibilità di questo risultato, il presidente Biden farebbe bene a prendere tutte le misure disponibili per evitare una simile calamità”.

D’altronde si parla già da tempo dei tentativi di de-dollarizzazione. In un estremo scenario della perdita di status del dollaro, secondo alcuni analisti, mentre l’euro ne beneficerebbe come sostituto del biglietto verde in qualità di principale unità di conto mondiale, lo yuan cinese passerebbe al secondo posto.

 

Se lo yuan dovesse diventare un’unità di conto internazionale significativa, ciò rafforzerebbe la posizione internazionale della Cina sia economicamente che politicamente. Così com’è, la Cina ha lavorato con gli altri Paesi BRIC – Brasile, Russia e India – per accettare lo yuan come unità di conto. Un default degli Stati Uniti sosterrebbe tale sforzo.

Potrebbero non essere soli: di recente, l’Arabia Saudita ha suggerito di essere aperta a commerciare parte del suo petrolio in valute diverse dal dollaro – qualcosa che cambierebbe la politica di vecchia data.

I dati parlano di una piccola rivoluzione in corso: la Cina ha notevolmente aumentato l’uso dello yuan per acquistare materie prime russe nell’ultimo anno, con quasi tutti i suoi acquisti di petrolio, carbone e alcuni metalli dal suo vicino ora regolati nella valuta cinese invece che in dollari, secondo Reuters.

Il passaggio allo yuan per pagare gran parte di un commercio di materie prime di circa 88 miliardi di dollari sulla scia della guerra in Ucraina accelera gli sforzi della Cina per internazionalizzare la sua valuta, anche se si prevede che severi controlli sui capitali limiteranno il suo ruolo globale.

A marzo, lo yuan - noto anche come renminbi - è diventato la valuta più utilizzata per le transazioni transfrontaliere in Cina, superando per la prima volta il dollaro, secondo i dati ufficiali, anche se la sua quota come valuta globale per i pagamenti rimane piccola a 2,5%, secondo SWIFT, contro il 39,4% del dollaro e il 35,8% dell’euro.

 

https://www.money.it/usa-lo-tsunami-del-debito-si-abbattera-sul-dollaro


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