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Sigillo dell’Università degli Studi di Padova


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UNIVERSITAS STUDII PADUANI – MCCXXII - Firma LVIGI. STRAZZBOSCO

 

Bronzo: 101,5 g; 59 mm; provenienza asta Elsen 153.

I particolari del sigillo

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Su un campo con nove stelle sono impresse le immagini del Cristo Redentore benedicente con la mano destra e con al fianco sinistro uno stendardo con una croce, alla destra del Cristo è Santa Caterina di Alessandria che porta al fianco sinistro la palma, simbolo con il quale nell'iconografia cattolica sono raffigurati i martiri e al fianco destro la ruota dentata, strumento del suo supplizio. Il Cristo e santa Caterina d’Alessandria erano i patroni rispettivamente dei due Studi, quello degli artisti e quello dei giuristi, nei quali dal 1399 alla seconda metà del Settecento era articolato lo Studio Padovano. Ai piedi delle due figure è riportato l’anno della fondazione MCCXXII e nel contorno la scritta Universitas Studii Paduani.

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Luigi Strazzabosco nacque a Padova nel 1895.

Nella città natale frequentò la Scuola d’Arte Pietro Selvatico e dopo la conclusione della prima guerra mondiale riprese gli studi all’Istituto Superiore d’Arte di Venezia sotto la guida dello scultore Carlo Lorenzetti.

Nel 1922 si sposò con la padovana Antonietta Simeoni (1897-1975): da quel momento le loro vite furono dedite alla vita famigliare e alla passione per l’arte.

Antonietta assecondò e appoggiò il marito in ogni sua scelta, anche quando, prima del secondo conflitto mondiale, decise di sciogliere la sua ditta di decorazioni a stucco, che a quel tempo aveva più di quaranta dipendenti e una certa notorietà, per dedicarsi completamente alla scultura.

Nei momenti più difficili Antonietta sostenne la famiglia vendendo i propri beni e i preziosi, ricavandone introiti utili per fare le fusioni delle opere del marito.

Luigi rivendicò sempre la sua libertà, anche se la committenza di quegli anni fu inevitabilmente legata al partito fascista. Era solito affermare: «Sono un uomo qualunque, che tiene alla sua libertà e alla sua arte. Non voglio etichette».

L’attività artistica come scultore e disegnatore lo vide partecipare a esposizioni locali, tra cui la seconda mostra nella Sala della Ragione (Padova, 1923) e una mostra al Circolo Filarmonico. Tenne diverse personali a Venezia, Milano, Bologna e Padova, prendendo parte anche alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma. Nella produzione giovanile si evidenzia la meditazione sulla statuaria antica interpretata con spirito libero e inquieto.

Dopo la seconda guerra mondiale le sue sculture divengono una meditazione sul destino doloroso dell’umanità e dalla fine degli anni Sessanta, in una sorta di sintesi quasi astratta, evocano immagini-archetipiche di idoli e riti ancestrali, con figure misteriose rese con plastica possente. Punto fermo della sua visione artistica rimase la religiosità cristiana, chiave interpretativa di qualsiasi soggetto, anche pagano.

La sua città gli dedicò nel 1980 una vasta antologica di sculture e disegni. Morì a Padova nel 1985.

Dopo l’occupazione tedesca, Luigi, assieme agli amici Mario Zuanassi, noto antifascista, e a Menotti Danesin, fotografo ufficiale della Biennale d’Arte Triveneta, contribuì a salvare ebrei e partigiani facendo le copie dei timbri per la realizzazione di nuovi documenti.

I coniugi Strazzabosco non si tirarono indietro quando, nell’ottobre del 1943, Anna Tartazski vedova Goldstein e le sue due figlie, Styra e Isabella, si rivolsero a loro per sottrarsi ai rastrellamenti nazisti. Le tre donne furono prontamente accolte e ospitate nell’abitazione padovana degli Strazzabosco. Più tardi, quando sfollarono a Bastia di Rovolon per evitare i bombardamenti sulla città, Luigi e Antonietta procurarono una casa anche per loro grazie al parroco di Bastia, che era consapevole di proteggere tre donne ebree.

Qui la famiglia Goldstein visse fino al 28 aprile 1945, data della liberazione di Padova.

Così scrivono Isabella e Styra Goldstein in una lettera datata Trieste 25 aprile 1995 e indirizzata alla famiglia Strazzabosco di Padova:

«In occasione del 50° Anniversario della Liberazione sentiamo il dovere di ricordare con gratitudine e affetto la memoria di Luigi e Antonietta Strazzabosco, ai quali dobbiamo la salvezza di nostra madre Anna Tartazski ved. Goldstein e nostra. Nell’ottobre 1943, quando nell’Italia del Nord ebbe inizio la caccia all’ebreo, nostro cognato Dario de Tuoni ci indirizzò alla famiglia di Luigi Strazzabosco, al quale era legato da fraterna amicizia: essi ci ospitarono nella loro abitazione in via Sorio a Padova, nonostante il pericolo che questo comportava per loro e per i loro sei figli. […] Con la liberazione tornammo tutti a Padova e, ancora una volta, fummo da loro ospitate con la solita affettuosa generosità, fino a quando ci fu possibile rientrare a Trieste. Sono passati cinquanta anni da allora, nostra madre e i vostri genitori (o nonni) non ci sono più e abbiamo sentito il dovere di commemorare la loro testimonianza di solidarietà umana, al di sopra delle differenze di religione e delle stesse Leggi allora vigenti, che illuminò un periodo buio della nostra storia e delle nostre vite, perché ne resti il ricordo come esempio alle generazioni più giovani».

Nel 1955, il Presidente del Comitato per le Celebrazioni del Decennale della Liberazione, Avv. Giuseppe Ottolenghi, a nome dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane fece avere a Luigi Strazzabosco un diploma con la scritta «Gli Ebrei d’Italia riconoscenti», che fu consegnato all’artista dall’allora Presidente della Comunità Israelitica di Padova, Michelangelo Romanin Jacur.

Nel 2012 Luigi e Antonietta Strazzabosco sono stati inseriti nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova.

 

https://www.padovanet.it/informazione/luigi-e-antonietta-strazzabosco

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