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Inviato

Riflessione sulle monete del 212-209 a.C. In Magna Graecia

Prendendo l’input da una prossima asta dove, solitamente, alle descrizioni delle ultime coniazioni di Taranto e Metaponto viene scritto “occupazione punica” o, nel migliore dei casi “tempo di Annibale” e quindi “statere ridotto” o “mezzo shekel”.

Ora dico:  capisco le inveterate consuetudini dei vecchi numismatici di scopiazzarsi tra di loro ma, non sarebbe più giusto parlare di “prima occupazione romana di Taranto e Metaponto” ( non oso dire denari per non urtare la sensibilità dei veri studiosi)  visto il calo ponderale equiparato al denario, visto lo stile non propriamente greco e vista l’aquiletta romana sulla destra del delfiniere ( ali aperte e petto in fuori) ? 
 

Non me ne vogliate per l’audacia, scostandomi dai soliti canoni, è solo un motivo di confronto.

 

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Inviato

Condivido in pieno le tue perplessità. Purtroppo temo che il principale motivo dell'incertezza nella definizione di questi nominali, che costituiscono uno degli argomenti più dibattuti negli studi numismatici, derivi dalla mancanza di un esame complessivo degli esemplari in questione. Per Taranto, in particolare, lo studio di Fischer-Bossert si ferma al 280 a.C. e peraltro si limita alla sequenza dei didrammi, tralasciando la moneta divisionale che nel III secolo appare particolarmente abbondante e dalla quale potrebbero trarsi importanti elementi.

Pertanto le serie tarantine più tarde sono ferme al contributo di Evans (1889), che le inquadra nel X periodo della sua classificazione, corrispondente all'età annibalica. In questo periodo, come ben noto, la zecca di Taranto sembrerebbe riprendere la coniazione, seppur in modo discontinuo, allineando il nominale maggiore (ridotto a ca. gr. 6,60) con la valuta cartaginese, con valori intorno a gr. 3,90 o di poco inferiori. 

Da questo deriva la variegata definizione di questi esemplari, che oscilla tra statere ridotto e/o mezzo shekel ma che in realtà, come ben osservi, andrebbe meglio puntualizzata.

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Inviato

@dracma, grazie per la tua riflessione.
La cosa che subito stupisce è il confronto con altre zecche  dello stesso periodo. 
Dico, solo come esempi, le monete di Luceria, Venusia, Orra e Brundisium. Non ho mai letto per queste zecche “dominazione punica” , “mezzo shekel  o “monetazione annibalica”. Queste zecche seguivano ugualmente la divisione romana ( con le dovute eccezioni per le quincunce) ma Roma lasciava la libertà di battere moneta con le loro tradizionali iconografie e ad oggi vengono catalogate con il nome proprio delle zecche che le hanno battute.  
Sono convinto che ci sia stato poco coraggio nello stravolgere le dichiarazioni dei primi numismatici di 200 anni fa nel chiamare per quelle che sono le monete di Metaponto e Taranto del 212-209 nonostante peso e stile siano passati  da stateri a denari romani
 


Inviato

Pur non accettando supinamente (anzi) le posizioni di vecchi studi, Giuseppe Libero Mangieri sembra profondamente convinto circa l’attribuzione all’occupazione annibalica ed al sistema ponderale cartaginese per le emissioni di Taranto in questione.

Merita certamente una lettura il Notiziario del Portale Numismatico dello Stato (n.8 del 2016) inerente il medagliere del museo archeologico di Taranto, dove veniva pubblicato un contributo del dottor Mangieri dal titolo “I tesoretti di Francavilla Fontana (BR) del 1926 e di Surbo (LE) del 1928”. Di particolare interesse la pagina 88 e, immagino, anche i riferimenti citati nella nota 24, tutti dell’ultimo decennio, cui purtroppo non ho accesso (Mangieri 2012 -  Il tesoretto di monete rinvenuto a Taranto nel 1883, in Taranto 1883: il Medagliere prima del Museo, EOS IV ; Cantilena 2013 - Considerazioni sui “cavalieri” di Taranto di III sec. a.C. , EOS V). Chissà qualche utente li abbia o li abbia letti.

Quindi, pur non trattandosi di studi sistematici, dobbiamo prendere atto che non tutti hanno “dormito” dai tempi di Evans, anche se non hanno potuto stravolgere del tutto quanto di buono i vecchi studi potevano contenere, secondo i loro pareri e visti i materiali indagati ed i dati ricostruiti negli ultimi anni.

 

https://www.numismaticadellostato.it/pns-pdf/notiziario/Notiziario_8_2016.pdf

 

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Inviato

Grazie @Archestrato per aver ricordato i contributi di Mangieri e Cantilena, che delineano le principali problematiche connesse a queste emissioni seppur sulla base di una documentazione parziale. Le posizioni tuttavia rimangono ancora fortemente divergenti tra gli studiosi e credo che solo uno studio sistematico dell'evidenza disponibile - attraverso la sequenza dei conii e l'analisi dei dati di rinvenimento  - potrà fornire indicazioni utili ad un migliore inquadramento delle serie in oggetto.

La questione non è certo semplice in quanto ci troviamo nella delicata fase di passaggio dal nomos al denarius. Per Taranto come per Metaponto restano pertanto aperte molte questioni che andranno indagate con sistematicità.  Il carattere sostanzialmente cartaginese delle serie tarantine è ad esempio evidenziato anche da Burnett (La documentazione numismatica, in "Tramonto della magna Grecia", Atti del XLIV Conv. di studi sulla Magna Grecia-Taranto 2004, Taranto 2005, 161 ss., di cui allego alcune pp.), benché gli elementi portati a sostegno della sua ipotesi restino subordinati, come dicevo prima, ad uno studio organico della documentazione.

 

Burnett 2005, 170-3

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Inviato (modificato)

A pag. 171 Burnett afferma che le monete battute a Capua, Atella e Calatia dai cartaginesi tra il 216 ed il 211 erano caratterizzate dell’alfabeto osco quale indicazione chiara dell’ostilità a Roma.

Oltretutto, le monete battute ( probabilmente) nel Bruzio avevano caratteristiche prettamente cartaginesi: Testa di Tanit e cavallo stante sul retro. 
 

Nonostante l’alternarsi delle vicende contro Taranto non c’è alcun dubbio che proprio quest’ultima fu lo zoccolo duro per Annibale. 
Viene spontaneo chiedersi il motivo per cui Cartagine non abbia optato anche per Taranto e Metaponto i caratteri prettamente punici sulle sue monete o comunque una diversificazione delle iconografie tipiche di Taranto e Metaponto per imprimere il messaggio di ostilità e potenza propria.
Forse l’assedio di Taranto non fu  così incombente e distruttivo tale da poter dare forza a Cartagine di battere moneta

Modificato da D'Aragona II

Inviato
16 ore fa, D'Aragona II dice:

Viene spontaneo chiedersi il motivo per cui Cartagine non abbia optato anche per Taranto e Metaponto i caratteri prettamente punici sulle sue monete o comunque una diversificazione delle iconografie tipiche di Taranto e Metaponto per imprimere il messaggio di ostilità e potenza propria.
Forse l’assedio di Taranto non fu  così incombente e distruttivo tale da poter dare forza a Cartagine di battere moneta

 

Una delle ipotesi che è stata avanzata (per Taranto) è che una impellente urgenza di moneta per pagare le truppe cartaginesi avrebbe determinato per questi nominali l'utilizzo di conii già approntati per gli stateri. E a ben guardare tra gli uni e gli altri non si osservano differenze di modulo. Ovviamente si tratta solo di un'ipotesi che andrebbe verificata con lo studio complessivo delle ultime serie emesse da Taranto.

I problemi aperti restano tuttavia molti e di non facile soluzione. Tra i maggiori, la continuità/discontinuità tra i periodi IX-X Evans che si lega tra l'altro alla dibattuta questione dell'anno 228 quale data di cessazione (o sospensione?) dell'attività monetaria della zecca; secondo quali modalità Taranto emise moneta in età annibalica e, in particolare, l'eventuale adeguamento ponderale alla valuta cartaginese o alla moneta di Roma, specie in considerazione del più ampio credito conferito alla seconda guerra punica quale contesto di riferimento per l'emissione del denarius rispetto al 269 indicato da Plinio.  In quest'ottica andrà chiarito se questa ulteriore "riduzione ponderale" documentata dalle ultime serie sia in qualche rapporto con la precedente, cominciata in età pirrica e poi proseguita stabilmente o se risponda a nuove esigenze determinate da situazioni diverse e contingenti. 

Le stesse considerazioni di Mangieri sul ripostiglio rinvenuto di Taranto 1883, messo in relazione con gli avvenimenti della conquista cartaginese di Taranto, appaiono certamente interessanti ma andrebbero comprovate da una generale risistemazione dei periodi IX e X Evans che risultano a tutt'oggi poco indagati.

  • Grazie 1

Inviato

Riassumendo brevemente la questione.

Negli studi sul tema è stata conferita particolare importanza ad un ripostiglio rinvenuto a Taranto nel 1908 (IGCH 2016), pubblicato da Vlasto (NC, s. IV, vol. IX, 1909, 253-63) e smembrato subito dopo la scoperta, composto da più di 151 monete, di cui 126 nominali di Taranto del peso di gr. 3,90-3,20 e 1,70-1,60 (X periodo Evans), 19 di Metaponto e 6 esemplari cartaginesi.

Da Vlasto 1909, pl. XIX

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Da Kraay, IGCH, p. 300, n. 2016

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La corrispondenza dei valori ponderali degli esemplari di Tarentum e Metapontum con quelli dei nominali cartaginesi ha veicolato l’ipotesi che le due zecche magnogreche avessero tagliato la loro valuta sul modello di quella di Cartagine. Da ciò è scaturita la definizione di tali monete come ½ e ¼ di shekel, la moneta utilizzata da Annibale durante la seconda guerra punica.

A sostegno di tale ipotesi Evans osservava che alcuni nomi presenti sulle monete, ad esempio Seràmbos e Sokànnas, non sembravano riferibili all’onomastica greca e propose di riconoscere in essi nomi di personaggi cartaginesi con funzione di controllori delle emissioni monetarie.

Queste osservazioni appaiono certamente interessanti, tuttavia non spiegano perché durante gli anni dell’occupazione punica Taranto avesse conservato il diritto di battere moneta con tipi propri e in alfabeto greco. Dovremmo supporre che la città avesse mantenuto ancora un ruolo preminente che le consentiva di tener aperta la zecca e produrre moneta ma nel contempo bisognerebbe anche tener presente che una tipologia sostanzialmente greca (Taras sul delfino, cavaliere), accompagnata dall’etnico cittadino (e dai nomi dei personaggi) in caratteri greci e realizzata da maestranze greche, improvvisamente adotti valori ponderali specifici e funzionali al pagamento delle truppe cartaginesi.

La questione è in realtà molto complessa. Se da un lato le osservazioni di Evans sono di una certa acutezza, dall’altro non si può non constatare che questi esemplari appaiono plurifunzionali potendo afferire:

a) al sistema monetario greco ossia sottomultipli corrispondenti alla metà dei didrammi di peso ridotto

b) al sistema cartaginese (½ e ¼ di shekel)

c) al sistema romano per il peso che non si discosta da quello del denarius, la cui emissione sembrerebbe avvenire proprio negli anni della seconda guerra punica, secondo le più diffuse tendenze della recente bibliografia.

Sempre che non si tratti di una funzione bivalente che poteva soddisfare, considerato il peso e il metallo adoperato, tanto l’ipotesi b) quanto la c). Sappiamo peraltro dalle fonti che l’occupazione punica non fu totale ma riguardò sostanzialmente la parte orientale della città mentre la rocca restò in mano ai Romani.

Altro punto che i successivi studi dovranno chiarire è il motivo per cui Metaponto, a differenza di Taranto, pur coniando nominali di peso analogo, adottò al D/ tipi differenti per ciascuno di essi (risp. testa di Athena e testa di Demetra). Mangieri chiama in causa a tal proposito un’urgenza di moneta che avrebbe determinato a Taranto l’utilizzo di conii già approntati per la battitura dei nomoi, ipotesi che spiegherebbe la sostanziale coincidenza dei moduli tra questi ultimi e i nominali di peso ridotto ma che tuttavia andrà verificata attraverso l’esame della documentazione disponibile e che in ogni caso lascia aperte molte questioni, non ultima l’adozione del simbolo dell’aquila.

RN 7, 2014, 29 (gr. 3,53)

 Lucania, Metapontion AR 1/2 Shekel. Punic occupation, circa 212-207 BC. Head of Athena to right wearing crested Corinthian helmet / Ear of barley with leaf to right; owl in flight above leaf. Robinson, Punic pg. 50, 3; SNG ANS 550; HN Italy 1634. 3.53g, 20mm, 3h.

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Gorny & Mosch 224, 2014, 32 (gr. 1,94)

1/4 Schekel (1,94g). Circa 212 - 207 v. Chr. (Zeit des Hannibal) Vs.: Kopf der Demeter mit Ohrring n. r., im Haar Ährenkranz. Rs.: Zwei nebeneinander aufrecht stehende Gerstenähren, r. Fackel mit Kreuz, l. am Rand META. SNG ANS 551; HN Italy 1636.

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Inviato

Un osservazione che mi sovviene sul simbolo dell’aquila ad ali aperte è la relativa somiglianza con il tipo presente sulle emissioni auree tarantine datate all’epoca di Pirro.

Cronologicamente siamo due o tre generazioni prima dell’epoca di Annibale, eppure anche allora Taranto si confrontava con gli sviluppi del crescente, dilagante, potere di Roma. Certo sono due contesti non poco differenti all’atto pratico, eppure mi pare una curiosa coincidenza il riproporsi di un’aquila, ancorché come simbolo e non tipo principale, dalle fattezze alquanto simili.

 

Come esempi riporto due esemplari:

 

Uno statere ex CNG TRITON XX/20:

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https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=324213

 

Un quarto di statere ex CNG TRITON XX/21:

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https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=324214

 

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