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Via Appia "39", scoperte archeologiche in uno dei luoghi più sacri (e inesplorati) di Roma antica

Via Appia 39 è un numero civico, ma ora è soprattutto un promettente sito archeologico. Si trova fuori dalla cerchia delle Mura Aureliane, nel punto in cui l'Appia Antica scavalca un piccolo corso d'acqua, l'Aimone, che un tempo raggiungeva il Tevere, ma ora finisce più tristemente nel vari canali di scolo sotto la metropoli. È uno scavo universitario, con finalità didattiche e, naturalmente, di ricerca, diretto dalla professoressa Rachele Dubbini, che insegna Archeologia Classica all'università di ferrara. Un'area "vergine" dal punto di vista degli scavi scientifici, anche perchè, dal punto di vista urbanistico-ambientale non lo era affatto. Era occupata in parte da uno sfasciacarrozze. Luogo ideale per applicare un approccio multidisciplinare all'archeologia: landscape archaeology, archeologia dei resti umani, sull'incerta linea di confine tra luogi urbani e sacri, tra necropoli e attività produttive ed agricole. Era l'area dell'antico santuario di Marte Gradivo, luogo di reminiscenze ancestrali, legate al concepimento di Romolo e Remo. E, anche se non espressamente dichiarato come "fine ultimo", ai ricercatori non dispiacerebbe trovare qualche struttura che possa richiamare proprio quell'antico luogo di culto. Ma i risultati del progetto, sotto il cappello del laboratorio EceC (Eredità culturali e comunità), sono comunque già molto interessanti nel corso di questa prima stagione di scavo, che, come obiettivo, ha quello del coinvolgimento della comunità locale, insomma dei cittadini, nell'ottica dell'archeologia partecipata. Un'archeologia che è nei fatti la public archaeology anglosassone, dove lo scavo non arriva come un corpo estraneo nel territorio, ma viene, appunto, pubblicamente reso coinvolgente per chi abita nella zona. Il progetto archeologico Appia 39 rientra nell’ambito del laboratorio ECeC – Eredità Culturali e Comunità dell’Università degli studi di Ferrara. Direttrice del progetto è la prof.Rachele Dubbini,.Le attività di scavo sono dirette dal dott. Fabio Turchetta, della società ARCHEO. Lo scavo è finanziato dalla fondazione Patrum Lumen Sustine - PLuS Stiftung e Associazione L’Italia Fenice

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Appia Antica, il laboratorio di archeologia partecipata scopre un complesso funerario

Presentato il report sui ritrovamenti a pochi passi dal Sepolcro di Geta

Il primo miglio dell’Appia Antica rappresenta un luogo ricco di mistero. E’ lì che viene collocato uno dei miti della fondazione di Roma: la sede dell’incontro tra Rea Silvia e Marte Gradivo. Ma è anche il luogo dove la ninfa Egeria, moglie del re Numa Pompilio, si sciolse in lacrime generando l’omonima fonte. E’ inoltre sempre nel primo miglio della Regina Viarum, che avvenne l’incontro tra San Pietro, in fuga dalle persecuzioni, ed il Cristo. Oggi c’è una chiesetta, del Domine quo vadis, a celebrare quell’apparizione.

Un luogo da investigare

Il primo miglio è anche lo spazio in cui l’Appia Antica supera la valle dell’Almone, segnando il confine della città di Roma. E’ un luogo quindi di confine, sacro e funerario. Tre aspetti su cui si è concentrata l’attenzione del progetto di ricerca “Via Appia Antica 39”. Un’attivtà del laboratorio ECeC – Eredità Culturali e Comunità che, nel corso delle scorso settimane, ha visto la partecipazione di ventisette professionisti e sette studenti dell’Università di Ferrara. Uno scavo che ha impegnato la professoressa Rachele Dubbini ed il direttore del cantiere Fabio Turchetta.

Il complesso funerario

“A poco più di un metro di profondità dal piano di calpestio moderno, sono state intercettate le murature di un ampio complesso funerario – ha premesso Turchetta – Dell’intera superficie del saggio, pari a circa 80 mq, il 33% è occupato da ambienti organizzati in due piccole strutture verosimilmente pertinenti a singole famiglie o piccoli gruppi familiari. Oltre a queste, molto interessante risulta essere un colombario in opera laterizia di eccezionale fattura, costituito da due vani intonacati e contraddistinti da nicchie a pianta circolare e quadrangolare, ognuna delle quali ospita due coppie di urne cinerarie inserite direttamente nelle murature, per un totale complessivo di 22 olle fittili”. 

Il complesso funerario, rinvenuto a poca distanza dal sepolcro di Geta, nel suo insieme potrebbe  coprire verosimilmente un arco cronologico compreso tra la prima e la media età imperiale. In età tarda, legate all’abbandono e alla conseguente perdita di utilizzo dei colombari, si possono invece collocare alcune tombe a inumazione realizzate in uno spazio esterno agli edifici: “si tratta – ha spiegato l’archeologo Turchetta – di tombe singole, con deposizioni supine e in un caso i resti ossei mettevano in evidenza l’uso di un sudario”. Per quanto riguarda l’età anagrafica degli individui, invece, “una prima valutazione porta all’identificazione di tre adulti e di un subaldulto (10-18 anni), tre maschi e una femmina”.

Non un semplice scavo

E' la prima volta che, in quell'area così baricentrica per la storia dell'antica Roma, viene attivato uno scavo archeologico con finalità di ricerca. Dopo 7 anni dalla pubblicazione dello studio sul paesaggio antico della valle dell’Almone è stato finalmente possibile aprire non solo uno scavo archeologico ma un laboratorio in cui sperimentare nuove metodologie della ricerca archeologica e rappresentare, per questo luogo così critico una  scintilla del cambiamento” ha commentato  Dubbini, titolare della cattedra di archeologia classica dell’Università di Ferrara, che sottolinea come questo risultato sia stato raggiunto “attraverso una forte sinergia tra Università degli studi di Ferrara e le istituzioni presenti sul territorio, il ministero della cultura, l’ente parco regionale Appia Antica e il Comune di Roma, senza dimenticare il contributo fondamentale dei cittadini, delle associazioni e dei comitati presenti nell’area, come il comitato per il Parco della Caffarella”. 

A proposito di collaborazioni istituzionali, oltre ai tanti cittadini, anche i presidenti dei municipi VII e VIII che si sono recati in visita agli scavi si sono dichiarati entusiasti dell’esperimento. Amedeo Ciaccheri, il minisindaco del municipio VIII, ha parlato di  “un banco di prova per scrivere nuove politiche di turismo lento e di condivisione sul territorio del nostro patrimonio storico e archeologico come bene comune”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Francesco Laddaga, presidente del Municipio VII, che ha offerto “disponibilità e supporto istituzionale per le prossime campagne, anche per fare in modo che sempre più persone possano godere, in fase di scavo, di un’esperienza straordinaria e della possibilità di conoscere i nuovi resti venuti alla luce”.

Chi cura la comunicazione del laboratorio ECeC – Eredità Culturali e Comunità fa sapere che la ripresa delle indagini archeologiche è prevista per maggio 2023. Un appuntamento che rappresenta che una tappa di un lungo percorso di iniziative culturali pensate per accompagnare la comunità alla riscoperta della propria eredità culturale. 

https://amp.romatoday.it/politica/scavi-appia-antica-laboratorio-archeologia-complesso-funerario.html

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  • 11 mesi dopo...
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Appia Antica 39, ultime scoperte archeologiche nell'affollata necropoli di età Romana

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  • 3 mesi dopo...
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