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La Titanomachia su un gettone di Luigi XV


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Salve.

Gettone del “benvoluto” re Luigi XV, Camera di Commercio La Rochelle, 1757, che raffigura sul rovescio una scena della Titanomachia, la mitica lotta tra gli dei olimpici e la generazione delle divinità precedenti. Zeus, seduto su una nuvola accanto a un’aquila, ha lo scettro in una mano e con l’altra scaglia saette contro tre Titani caduti sulle rocce.

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World Tokens
FRANCE, Royal. Louis XV le Bien-Aimé (the Well-Beloved). 1715–1774. AR Jeton (28mm, 5.84 g, 6h). La Rochelle Chamber of Commerce. Dated 1757. LUD XV REX CHRISTIANSS, armored and draped bust right / DISCITE IUSTITIAM, the Titanomachy: Zeus seated left on eagle in cloud, hoding scepter and hurling thunderbolts at three fallen Titans on rocks; in exergue, ORDINAIRE DES/ GUERRES/ 1757. Feuardent 605. Lustrous, areas of weak strike. Good VF.

SOLD $100. Est. $100

apollonia

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La Titanomachia è una guerra della mitologia greca combattuta da Zeus e gli altri dei dell’Olimpo (cui si erano uniti i ciclopi e gli ecatonchiri) contro la generazione delle divinità precedenti, quella di Crono e dei titani.

L’antefatto riconduce al principio dell'universo quando c'era solo il Caos, e poi apparve Gea, Madre Terra, la quale generò Urano, il Cielo, e si unì a lui dando alla luce la stirpe dei titani, sei maschi e sei femmine (dette titanidi). Oltre a queste Gea diede vita anche ad alcune creature mostruose, tre ciclopi e tre ecatonchiri, che Urano tuttavia odiava e, per liberarsi di loro, le incatenava nel Tartaro non appena nascevano provandone grande piacere. Per vendicarsi di ciò Gea invitò i titani a ribellarsi, ma essi erano tutti intimoriti dal potente padre tranne Crono, il più giovane di essi, che accolse la richiesta. Armatosi di un falcetto creato dalla madre, Crono sorprese il padre mentre desiderava unirsi con Gea e gli tagliò i genitali, gettandoli poi in mare. In questo modo i titani ottennero il dominio sull'universo sotto il comando di Crono, ma questi non si comportò bene con i ciclopi e gli ecatonchiri ricacciandoli nuovamente nel Tartaro dove già li aveva confinati Urano.

Crono sposò sua sorella Rea, ma essendo stato profetizzato da Urano morente e da Gea che proprio uno dei suoi figli sarebbe stato colui che lo avrebbe spodestato, ogni volta che Rea dava alla luce un figlio, Crono lo divorava. Fecero questa fine Estia, Demetra, Era, Ade e Poseidone. Quando fu la volta di Zeus, per evitargli la stessa sorte degli altri, Rea lo partorì di notte e lo affidò a Gea che lo portò a Creta. Per ingannare Crono Rea avvolse una pietra nelle fasce e la consegnò al marito, che la divorò nella convinzione che si trattasse del piccolo Zeus.

Zeus crebbe quindi a Creta e quando raggiunse un'età adeguata decise di vendicarsi di Crono. Con l'aiuto della madre Rea chiese e ottenne di diventare coppiere del padre (il quale evidentemente non lo riconobbe), ma approfittando di tale posizione, versò un emetico nelle bevande di Crono. Questi cominciò a vomitare e in questo modo tirò fuori prima la pietra e poi tutti e cinque gli dei olimpici che aveva divorato. Questi uscirono illesi e già adulti, e visto il trattamento subito, non potevano che provare un odio profondo per Crono e gli altri titani, tanto che fu subito chiaro che tra gli dei olimpici e i titani sarebbe scoppiata una guerra. Gli dei per gratitudine offrirono a Zeus di guidarli, mentre i titani scelsero come capo Atlante.

La battaglia

Il conflitto vedeva gli dei situati sul monte Olimpo e i titani sul monte Otri (con l'eccezione di Prometeo e Stige che appoggiavano gli dei pur essendo figli di titani). La guerra infuriò per dieci anni, ma a un certo punto Gea profetizzò che gli dei avrebbero vinto soltanto se avessero ottenuto l'appoggio dei ciclopi e degli ecatonchiri che erano ancora nel Tartaro, dove li aveva confinati Crono. Zeus allora uccise Campe, l'anziana carceriera, e li liberò, rifocillandoli con nettare e ambrosia. I ciclopi per riconoscenza donarono a Zeus il fulmine, arma molto potente, ad Ade un elmo che rende invisibili e a Poseidone un tridente.

I tre dei si introdussero poi nella dimora di Crono e mentre Poseidone lo teneva a bada col tridente, Zeus lo colpì col fulmine e Ade gli rubò le armi. Intanto gli altri titani furono bersagliati di pietre dagli ecatonchiri, che avendo cento braccia e cento mani potevano lanciarne un numero enorme. Intervenne infine un lacerante urlo del dio Pan che mise definitivamente in fuga i titani. La battaglia si concluse dunque con la vittoria degli dei olimpici che confinarono gli sconfitti nel Tartaro, sotto la sorveglianza degli ecatonchiri. Atlante, capo della fazione perdente, fu condannato a reggere la volta del cielo, mentre le titanidi non subirono punizioni, per l'intervento di Rea e Meti. Cominciò così il dominio degli dei olimpici: Zeus divenne padrone del cielo, Poseidone del mare e Ade dell'oltretomba. I titani non ebbero mai più modo di prendersi una rivincita, portando così a una stabilizzazione definitiva delle divinità dominanti.

apollonia

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L’aquila come attributo di Zeus

Riferisce Fulgenzio (Mythologiarum Libri III, 475-525 d. C.) che l'aquila fu una creazione della dea primordiale Gaia, che apparve a Zeus all'inizio della Titanomachia, la grande guerra tra gli dei dell'Olimpo e i loro predecessori, i Titani.

Zeus considerò l’apparizione come un presagio favorevole di vittoria, tanto da adottare l'aquila come proprio attributo: "per un così felice presagio, tanto più che la vittoria si verificò, fece un'aquila d'oro per i suoi stendardi di guerra e la consacrò alla potenza della sua protezione, per cui anche presso i Romani si portano stendardi di questo tipo".

apollonia


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