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CLAUDIVS II GOTHICVS, antoniniano FELICITAS TEMPORVM


Quintus

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Claudio II "il Gotico"

Marco Aurelio Flavio Valerio Claudio meglio conosciuto come Claudio II "il Gotico" (in latino Marcus Aurelius Flavius Valerius Claudius, nato a Sirmia il 10 maggio 213 o 214 e morto a Sirmium nel luglio 270) è stato un imperatore romano dal settembre/ottobre del 268 alla sua morte, ovvero un solo anno e nove mesi, periodo troppo breve per poter porre in atto efficaci riforme in campo militare, finanziario e sociale. Di stirpe illirica fu il primo di un gruppo di imperatori che durante il III secolo cercarono di risolvere i gravi problemi dell'impero. Gli ottimi rapporti che ebbe con il senato di Roma, grato per l'eliminazione di Gallieno, si manifestarono anche dopo la morte di Claudio con l'elezione ad Augusto del fratello Quintillo. Portò a termine la guerra con i Goti, meritandosi il titolo di Gothicus Maximus . [continua...]

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Claudio II "il Gotico" (213/214 - 270)

Valore nominale: Antoniniano
Zecca: Milan (Milano)
Officina: 3a
Anno: Settembre 268 - gennaio 269
Diritto:
. IMP CLAVDIVS P F AVG (Imperator Claudius Pius Felix Augustus)
. Busto radiato, drappeggiato e corazzato a destra visto di 3/4 dietro
Rovescio:
. FELI-C T-ENPO (Felicitas Temporum)
. La Felicitas in piedi di fronte a sinistra, con caduceo nella mano destra e scettro nella sinistra.
Campo:
Esergo: T
Conservazione:
Rarita':
Metallo: Billone
Peso: 3.34 gr
Diametro: 17.50 mm
Riferimenti/Link: RIC 145, Cohen 77
Note:

Il migliore dei mie monete di Claudio il Gallico e probabilmente anche la più bella che abbia visto. Ben centrata, ben conservata ma, soprattutto, con uno stupendo ritratto.
Claudio il gotico, un grande imperatore che cercò di risollevare le sorti di Roma... ma visse troppo poco per raggiungere il suo scopo, regnò per soli 21 mesi.

Di seguito la continuazione della sua biografia liberamente tratta dalla Wiki.

Ogni commento su moneta e imperatore è il benvenuto.

Ave!

Quintus

[continua...] Nacque probabilmente in Sirmia da famiglia illustre nel 213 o 214, che la Historia Augusta mette in relazione con la Gens Flavia (di Vespasiano, Tito e Domiziano). Aurelio Vittore sostiene che molti credevano fosse figlio di Gordiano II, il quale, ancora adolescente, venne iniziato da una donna matura in vista dell'imminente matrimonio. Vi sarebbe anche un accenno di parentela con il futuro imperatore Marco Aurelio Probo.

La Historia Augusta racconta che quando era ancora un giovane soldato:
"[Claudio] si mise in mostra in una gara tra i più forti lottatori, durante uno spettacolo che si teneva nell'accampamento in onore di Marte. Egli adiratosi con chi lo aveva afferrato non per la cintura, ma per i genitali, gli fece cadere con un sol pugno tutti i denti. Questo gesto gli fu perdonato, poiché si era vendicato per l'offesa ricevuta al proprio pudore."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 13.6-7)

Si racconta che durante questo episodio fosse presente lo stesso imperatore Decio (che regnò dal 249 al 251), il quale lo lodò pubblicamente per il valore e il pudore, tanto da donargli armillae (bracciali) e torques (collari), ma lo invitò anche a ritirarsi dalle competizioni militari, temendo che potesse compiere altri atti troppo violenti per le regole della lotta. Sembra si sia distinto per le sue capacità militari, poco dopo (attorno al 250), come tribunus militum, durante il periodo delle invasioni dei Goti. In questa circostanza venne inviato dallo stesso Decio presso il passo delle Termopili, a protezione del Peloponneso, ottenendo dal governatore dell'Acaia, duecento soldati della Dardania, cento cavalieri catafratti, sessanta cavalieri, sessanta arcieri cretesi e mille reclute ben armate.

Era ancora tribuno militare sotto l'imperatore Valeriano (tra il 253 ed il 258) della legio V Martia, dislocata a quel tempo nella provincia di Siria, come ci tramanda la Historia Augusta. Valeriano dispose, quindi, che fossero corrisposti a Claudio:
"...uno stipendium di 3.000 moggi di grano, 6.000 di orzo, 2.000 libbre di lardo, 3.500 sestari di vino invecchiato, 150 di olio di prima qualità, 600 di olio di seconda scelta, 20 moggi di sale, 150 libbre di cera, una giusta quantità di fieno, paglia, aceto, legumi, ortaggi, 300 pelli per le tende, sei muli all'anno, come pure tre cavalli, dieci cammelle, nove mule, 50 libbre all'anno di argento lavorato e 150 aurei (filippi in questo caso) con impresso il viso di Valeriano e, quale dono di Capodanno, altri 47 aurei (filippi) e 160 trienti. A ciò si aggiungano anfore, bicchieri e pentole per undici libbre. Due tuniche militari rosse e due mantelli militari all'anno, due fibbie d'argento dorato, un anello con due gemme del peso di un'oncia, un bracciale di sette once, una collana da una libbra, un elmo dorato, due scudi ornati d'oro e una corazza da restituire. Due lance erculiane, due giavellotti corti, due falci, quattro falci da fieno. Un cuoco ed un mulattiere con l'obbligo di restituirli. Due belle schiave di guerra. Una veste bianca di misto seta, ornata di porpora di Gerba, una tunica di porpora di Mauretania. Un segretario e uno schiavo addetto alla mensa, da restituire. Due paia di coperte di Cipro, due camicie bianche, una toga, un laticlavio, tutti da restituire. Due cacciatori personali, un carpentiere, un addetto al pretorio (alloggio personale), un portatore d'acqua, un pescatore ed un pasticcere. Mille libbre di legna al giorno, qualora se ne trovi, altrimenti di meno ed in misura di quanto possibile a seconda del luogo; quattro palate di legna secca al giorno. Un responsabile del bagno, compresa la legna per il bagno, altrimenti si laverà nei bagni pubblici."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 14.3-13)

Valeriano aggiunse, quindi, alla fine:
"Ho deciso di assegnare tutti questi particolari vantaggi [a Claudio], come se trattassi non di un tribuno, ma di un generale, poiché è un uomo tale che bisognerebbe assegnargli ancora di più [di quello che già gli ho concesso]." 
(Historia Augusta, Divus Claudius, 14.15)

In effetti il trattamento sembrerebbe riservato a un dux ducenarius, vale a dire a un ufficiale con uno stipendium base pari a 200.000 sesterzi annui. Dopo questo incarico, divenne governatore dell'Illyricum (dux totius Illyrici), che comprendeva, già dal tempo di Valeriano, un comando militare che sovrintendeva a tutti gli eserciti delle province romane della Tracia, delle due Mesie, della Dalmazia, delle due Pannonie e delle tre Dacie:
"[...] gli ho assegnato uno stipendium pari a quello del prefetto d'Egitto, un corredo di vestiario pari a quello del proconsole d'Africa, tanto argento quanto ne percepisce il sovrintendente alle miniere dell'Illyricum (curator Illyrici metallarius), un numero di addetti al suo servizio pari a quello che destino a me stesso [Valeriano] quando mi reco in ogni città, perché sia evidente a tutti quale sia la considerazione in cui tengo quell'uomo [Claudio]."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 15.4)

Sempre dalla Historia Augusta si sa che ebbe un ottimo rapporto con l'allora governatore della Mesia (non è noto se superiore o inferiore), Regaliano, al quale indirizzò una lettera, nella quale lo ringraziava per la riconquista di alcune regioni dell'Illirico (Mesia superiore), grazie anche al successo ottenuto nella battaglia combattuta presso Scupi. Tale episodio potrebbe riferirsi agli anni 258-259.
Qui esercitò il suo prestigioso comando, che sembra fosse il più importante dopo quello dell'imperatore stesso, per dieci anni a protezione del limes danubiano, contro l'ormai devastante pressione dei Goti (dal 258 al 268 circa). Un'altra indicazione presente in una lettera trascritta dalla Historia Augusta, indirizzata da Gallieno a un certo Venusto, vede Claudio in Dacia, quando sul trono vi era ancora probabilmente Valeriano, e non era ancora scomparso Cornelio Salonino (in un periodo ipotizzabile tra il 258 e il 260). Dopo il 258 potrebbe, inoltre, aver ricoperto il suo primo consolato.

Nel corso del 267, Gallieno, grazie all'appoggio di Aureolo (magister equitum) e alla perizia militare del suo magister militum, Claudio, combatté con successo le armate galliche secessioniste di Postumo. Quando forse la vittoria finale era vicina, tanto da ipotizzare una riunificazione dell'impero delle Gallie al potere centrale di Roma, con la fine del 267 e gli inizi del 268 una nuova e immensa invasione da parte dei Goti (unitamente a i Peucini, agli Eruli e a numerosi altri popoli) prese corpo dalla foce del fiume Tyras (presso l'omonima città), dando inizio al più sorprendente e devastante assalto di questo III secolo, che sconvolse le coste e l'entroterra delle province romane di Asia Minore, Tracia e Acaia affacciate sul Ponto Eusino e sul Mare Egeo.

"E così le diverse tribù della Scizia, come i Peucini, i Grutungi, gli Ostrogoti, i Tervingi, i Visigoti, i Gepidi, i Celti e gli Eruli, attirati dalla speranza di fare bottino, giunsero sul suolo romano e qui operarono grandi devastazioni, mentre Claudio era impegnato in altre azioni [contro gli Alemanni] [...]. Furono messi in campo trecentoventimila armati dalle diverse popolazioni [...] oltre a disporre di duemila navi (seimila secondo Zosimo), vale a dire un numero doppio di quello utilizzato dai Greci [...] quando intrapresero la conquista delle città d'Asia [la guerra di Troia]."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 6.2-8.1)

E mentre i Goti impegnavano lo stesso imperatore Gallieno in Tracia e Illirico, una nuova orda di Alemanni riusciva a penetrare nell'Italia settentrionale attraverso il passo del Brennero (nel 268), approfittando dell'assenza dell'esercito imperiale, impegnato a fronteggiare sia la devastante invasione dei Goti in Mesia, Acaia, Macedonia, Ponto e Asia, sia l'usurpatore Aureolo che, prima fu battuto presso Pontirolo sull'Adda (pons Aureoli), poi si fortificò a Mediolanum (Milano).

Gallieno, tornato a Mediolanum, si apprestò ad assediare Aureolo che qui si era rinchiuso, con la speranza di ricevere aiuto da parte di Postumo. Ma Aureolo, che aveva ormai perduto ogni speranza, fece spargere voci nel campo dell'imperatore, che inneggiavano contro Gallieno. Alcuni comandanti, stanchi dell'imperatore, ordirono una congiura e dissero al principe che Aureolo aveva tentato una sortita facendolo uscire dalla sua tenda. Gallieno fu ucciso a tradimento dal comandante della cavalleria dalmata Ceronio o Cecropio, in un agguato, insieme al fratello Publio Licinio Valeriano. Alla congiura pare non fosse estraneo il suo successore, Claudio, anche se non partecipò direttamente alla riunione.

"E poiché né Eracliano, né Marciano potevano sopportare una condotta tanto dissoluta da parte di Gallieno, si accordarono per pianificare chi tra loro due avesse assunto l'impero. [...] Di fatto venne però scelto Claudio, [...] uomo Optimus fra tutti, che non partecipò alla riunione, ma che godeva presso tutti di una tale riverenza, considerazione, da apparire giustamente degno dell'impero, come si poté poi comprovare in seguito."  (Historia Augusta, Gallieni duo, 14.1-2)

Altri storici (anche coevi) affermano che Gallieno morì in conseguenza di una brutta ferita riportata durante lo svolgersi dell'assedio. Tra gli organizzatori c'era il suo prefetto del pretorio Aurelio Eracliano e Marciano. Alla notizia della sua morte (avvenuta nel settembre/ottobre del 268), i suoi familiari furono assassinati. Morì così a cinquant'anni, dopo tre lustri di regno e fu divinizzato per volere del suo successore Claudio II, che nel frattempo era stato proclamato imperatore dalle truppe, decisione ratificata poco dopo dal Senato.

"[...] indossate le toghe i senatori si recarono al tempio di Apollo Palatino, e dopo aver dato lettura del messaggio dell'imperatore Claudio, vennero levate allo stesso le seguenti acclamazioni: “Claudio Augusto gli dei ti proteggano” ripetuto sessanta volte, [...] “Claudio Augusto, tu fratello, tu padre, tu amico, tu buon senatore, tu vero principe” (ripetuto ottanta volte), “Claudio Augusto, difendici tu da Aureolo... dai Palmireni... da Zenobia... da Vittoria... da Tetrico”."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 4.2-4.)

Aurelio Vittore, infine, sostiene che Gallieno sul letto di morte designò quale suo successore Claudio, che si trovava a Ticinum e al quale furono inviati gli indumenti imperiali attraverso Gallonio Basilio. Costrinse poco dopo il senato di Roma a deificare Gallieno. Vi è da aggiungere che Claudio appariva come il generale più esperto e il più vicino consigliere del precedente imperatore.

Claudio, una volta acclamato imperatore, ottenne la resa di Aureolo, il quale, una volta consegnatosi venne messo a morte e ucciso da Aureliano, contro il parere dello stesso Claudio. Dopo aver affidato ad Aureliano la conduzione della guerra contro i barbari della Meotide (Eruli e Goti), oltre al comando generale della cavalleria "mobile" (magister equitum), come testimonia la stessa Historia Augusta:
"Flavio Claudio saluta il suo Aureliano. La nostra repubblica si aspetta da te, come al solito, di contribuire con la tua opera: accostati a ciò. Voglio che i soldati siano sotto il tuo comando [...]. Bisogna attaccare i Goti e cacciarli dalla Tracia. Molti di quelli che infatti tu combattesti e che fuggirono, vessano l'Haemimontus e l'Europa. Affido a te il comando di tutti gli eserciti di Tracia, dell'Illirico e dell'intera frontiera. Svela a noi la tua solita virtù. Sarà al tuo fianco mio fratello Quintillo, quando potrà raggiungerti. Io sono impegnato in altre faccende, affido il comando supremo della guerra alle tue virtù." (Historia Augusta, Divus Aurelianus, 17.1-4)

Si recò, in primis, a Roma per omaggiare il senato romano e ottenere la ratifica del titolo di Augustus (conferitogli in precedenza dalle armate settentrionali), oltre ad ottenere il consolato per l'anno successivo e la deificazione di Gallieno. Claudio non volle commettere l'errore del suo predecessore, Massimino Trace (235-238), il quale, una volta dopo aver ottenuto la porpora imperiale, non aveva mai messo piede nella capitale e aveva preferito trascorrere il suo regno lungo i confini settentrionali, senza mai omaggiare il senato romano.

La sua assenza, se gli assicurò il sostegno del Senato, provocò nondimeno lo sfondamento del limes danubiano da parte dei barbari, tanto da costringerlo di lì a poco a far ritorno nel nord dell'Italia (inizi del 269), dove costrinse gli Alemanni a interrompere le loro scorrerie e a trattare il loro ritiro dal suolo italico. Il mancato accordo costrinse Claudio a combatterli. Egli, infatti, riportò la vittoria decisiva agli inizi di novembre, nella battaglia del lago Benaco (il lago di Garda) che, come racconta Aurelio Vittore, permise la loro definitiva cacciata dall'Italia settentrionale con gravissime perdite. Si racconta che più della metà dei barbari perì nel corso della battaglia (forse addirittura 50.000). Per questo successo ottenne il titolo di Germanicus Maximus.

Narra la Historia Augusta che verso la fine del 268, l'usurpatore Leliano (probabilmente governatore della Germania superiore), si era ribellato nell'Impero delle Gallie a Postumo, il quale lo aveva assediato a Mogontiacum, suo quartier generale e dove trasferì anche la sua zecca personale. Sembra però che al termine dell'assedio, sia Leliano sia Postumo siano rimasti uccisi. Postumo venne ucciso dai suoi soldati poiché non aveva concesso il saccheggio della città renana. Questi scontri destarono forte preoccupazione in Claudio, che preferì ritardare la sua partenza per il fronte balcanico, preferendo però osservare gli eventi da lontano, senza dover intervenire direttamente.

"Molte città della Gallia e anche molte fortezze che Postumo aveva costruito in territorio barbarico [oltre il fiume Reno] nel corso di sette anni e che, dopo la sua morte, erano state distrutte e incendiate durante un'improvvisa incursione dei Germani [si trattava o dei Franchi o degli Alemanni, al principio del 269], [Leliano] le ricostruì riportandole al precedente stato."  (Historia Augusta, Triginta tyranni, 4.)

Claudio, in seguito, operò una scelta strategica di non poco conto: preferì intervenire lungo il fronte balcanico contro i Goti, piuttosto che cercare lo scontro "fratricida" contro le forze secessioniste dell'Impero delle Gallie. Affidò, quindi, al fratello Quintillo il comando delle armate dell'Italia settentrionale, a guardia del fronte occidentale, e partì per il limes danubiano, ricongiungendosi con Aureliano e Marciano. Frattanto a Postumo e Leliano succedette Vittorino (verso la fine del 268 o gli inizi del 269). Quest'ultimo venne riconosciuto dalle province di Gallia e Britannia, ma non da quella della Hispania, che tornarono sotto il dominio dell'impero "centrale".

Subito dopo (nel 269), un certo Giulio Placidiano, vir perfectissimus e praefectus vigilum, venne inviato nella Gallia Narbonensis dall'imperatore Claudio a occupare i territori sottratti all'impero "centrale". Placidiano riuscì probabilmente a riconquistare la parte orientale della Narbonensis, controllando la bassa valle del Rodano, nello stesso periodo in cui le truppe renane dell'Impero delle Gallie di Vittorino marciavano su Augustodunum per sedare una rivolta, scoppiata forse in coincidenza con l'arrivo di Placidiano. Vittorino, alla fine, riuscì a impedire che la città ribelle di Augustodunum Haeduorum (Autun), che aveva richiesto l'intervento militare di Claudio, ritornasse anch'essa all'impero "centrale". Assediò, infatti, la città per sette mesi, prima di conquistarla e saccheggiarla (estate 270). Claudio, impegnato com'era nella guerra contro i Goti, suo obbiettivo prioritario, non poté fare altro che assistere all'inutile secessione di parte della Gallia Narbonense, senza poter intervenire direttamente.

Egli cercò nei pochi anni di regno di risolvere la difficile situazione interna e contemporaneamente fronteggiò con energia le gravi invasioni barbariche, affrontando con successo diverse popolazioni che si erano riversate entro i confini dell'Impero in grandi battaglie campali. Dopo gli Alemanni, fu la volta di Goti (tra cui Grutungi, Ostrogoti, Tervingi e Visigoti), Peucini, Eruli e Gepidi, che stavano devastando l'Acaia e le coste del Mar Mediterraneo. La Historia Augusta cita una lettera che Claudio avrebbe inviato al Senato romano nella quale dava indicazione del numero dei barbari:
"Claudio imperatore al senato e al popolo romano. O senatori ascoltate e rimanete sbalorditi, per ciò che è la verità. Trecentoventimila barbari sono penetrati in armi in territorio romano. Se riuscirò a vincerli, ricompensatemi sulla base dei miei meriti. Se non ci riuscirò, sappiate che mi sono sforzato di combatterli, dopo il regno di Gallieno. La Repubblica è stremata. [...] Non rimangono ormai più scudi, né spade, né pila. La Gallia e la Spagna sono nelle mani di Tetrico, mentre gli arcieri sono sotto il controllo di Zenobia. Qualunque cosa riusciremo a fare, sarà già abbastanza grande."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 7.2-5)

Agli inizi del 269, dopo che per alcuni mesi i Goti erano stati tenuti a bada dalle armate romane di Marciano, Claudio riuscì a raggiungere il teatro degli scontri e a riportare una vittoria decisiva su queste genti nella battaglia di Naisso, dove si racconta che persero la vita ben cinquantamila barbari, mentre pochi poterono far ritorno oltre il Danubio. E così il senato di Roma gli tributò, per i successi ottenuti insieme a Marciano, una statua, oltre al consolato.

I Germani erano arrivati nel cuore della Mesia percorrendo la strada che da Tessalonica conduce a Scupi e poi verso nord, dopo aver devastato i territori attorno a Pelagonia (l'attuale Bitola). I sopravvissuti alla battaglia di Naisso, proteggendosi con i carri, si diressero in Macedonia. Durante la lunga marcia sulla via del ritorno, molti dei barbari morirono insieme alle loro bestie, oppressi dalla fame; altri furono uccisi in un nuovo scontro con la cavalleria romana degli "equites Delmatae", la riserva strategica mobile appena istituita da Gallieno. La marcia dei Goti proseguì in direzione orientale verso il monte Hemaus. Tuttavia i barbari, seppure circondati dalle legioni, riuscirono a procurare non poche perdite alla fanteria romana, che fu salvata solo grazie all'intervento della cavalleria affidata ad Aureliano, alleviando la sconfitta.

Contemporaneamente le altre orde di Goti, che si erano riversate l'anno precedente (nel 268) nel Mare Egeo e nel Mediterraneo orientale e avevano compiuto azioni di pirateria, furono respinte definitivamente dopo una serie di scontri dall'accorrente prefetto d'Egitto, Tenagino Probo, nelle acque di fronte alle isole di Cipro, Creta e Rodi. La Historia Augusta, riferendosi a un discorso di Claudio gli fa pronunciare queste parole:
"Abbiamo distrutto trecentoventimila Goti e abbiamo affondato duemila navi. I fiumi sono ricoperti degli scudi del nemico, tutte le spiagge sono ricoperte di spade e lance. I campi neppure più si vedono nascosti dalle ossa, non esiste alcuna strada libera, numerosi carri sono stati abbandonati. Abbiamo catturato tante donne, che i nostri soldati vincitori ne possono tenere per sé due o tre a testa."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 8.4-8.6)

In sintesi il principale teatro della guerra gotica furono le province romane delle due Mesie e della Tracia. Vennero combattute numerose battaglie nei pressi di Marcianopoli, di Bisanzio e di Tessalonica (presa d'assalto dai barbari in assenza di Claudio). Ovunque si combatté sotto il comando di Claudio, le truppe romane ottennero la vittoria sui Goti. Vennero catturati molti barbari, tra cui numerose donne nobili dei barbari, e le province romane si riempirono di servi e agricoltori della coalizione dei Goti, trasformando questi ultimi in coloni del territorio di frontiera. Alla fine della guerra, Claudio aveva così procurato alla Repubblica romana, sicurezza e abbondanti ricchezze.

In seguito a questi eventi Claudio, che era riuscito a ricacciare oltre il Danubio quell'immensa orda barbarica, poté fregiarsi dell'appellativo di "Gothicus maximus" e le monete coniate quell'anno ne celebrarono la "Victoria gothica". Dei barbari superstiti, una parte fu colpita da una terribile pestilenza, un'altra entrò a far parte dell'esercito romano, e un'ultima si fermò a coltivare le terre ricevute lungo i confini imperiali. Vi è da aggiungere che, in questo periodo, le forze militari romane presenti in Dacia erano ormai allo stremo. Evidentemente quando Aureliano gli subentrò nell'impero (estate del 270), la situazione nella provincia d'oltre Danubio era ormai irrimediabilmente compromessa e prossima all'abbandono definitivo, come accadde tra il 271 e il 274.

Mentre Claudio era impegnato nelle guerre di confine contro i Goti, Zenobia, regina dei Palmireni, dopo la morte del marito Odenato, prese sulle spalle il manto imperiale. Successivamente inviò due suoi generali, Settimio Zabdas e Timagene, a conquistare la provincia romana d'Egitto (nel 269/270), importante granaio imperiale.

Alla fine Timagene riuscì a uccidere in un agguato il prefetto d'Egitto, Tenagino Probo e le armate palmirene di Zabdas ottennero la vittoria, mentre tutti gli Egiziani facevano atto di sottomissione a Zenobia di Palmira, giurandole fedeltà e riconoscendola come Regina d'Egitto.

Con l'inizio del 270, vide la fine della guerra gotica. Infatti i Goti superstiti, che erano confluiti nella regione dell'Haemimontus, furono decimati da fame e pestilenza, senza che Claudio decidesse di intervenire per dar loro il colpo di grazia. E così mentre l'imperatore era ancora impegnato nelle regioni del basso Danubio, forse in una campagna contro i Vandali, una nuova invasione di Iutungi tornò a procurare ingenti danni più ad occidente, in Rezia e Norico. Claudio, costretto a intervenire con grande prontezza, affidò il comando balcanico ad Aureliano, mentre egli stesso si dirigeva a Sirmium (Sremska Mitrovica in Voivodina), suo quartier generale (estate del 270), da dove poteva meglio controllare e operare contro i barbari. Poco dopo tuttavia morì, in seguito a una nuova epidemia di peste scoppiata tra le file del suo esercito (luglio/agosto).

La sua morte venne interpretata, in modo assai retorico, come sommo sacrificio dell'imperatore per salvare l'impero stesso (res publica), come sembra fosse stato predetto dagli Oracoli sibillini.

Non si può tuttavia escludere che l'imperatore sia stato avvelenato per ordine di qualche rivale. La sua morte fu una disgrazia per l'impero romano che aveva finalmente trovato un uomo capace di accontentare tutti: senato, esercito e popolo.

"In suo onore, tutto il Senato dispose che fosse collocato nella curia romana un clipeus d'oro (uno scudo), sul quale si riconosce la sua immagine in un busto in rilievo. A lui, il popolo romano eresse a proprie spese sul Campidoglio, davanti al tempio di Giove Ottimo Massimo, una statua d'oro alta dieci piedi. In suo onore, per volontà di tutto il mondo, fu posta sui rostri [nel foro romano] una colonna palmata, sopra la quale venne posta una statua d'argento del peso di 1.500 libbre."  (Historia Augusta, Divus Claudius, 3.3-4)

E mentre Claudio moriva, il fratello Quintillo, uomo di elevate virtù, secondo quanto ci racconta la Historia Augusta, assunse l'impero conferitogli per consenso unanime, non per diritto di eredità, ma per merito delle sue doti. Pochi giorni più tardi veniva ucciso o, più probabilmente, si tolse la vita ad Aquileia, lasciando che fosse Aureliano a ereditarne l'impero.

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  • Quintus ha rinominato il titolo in CLAUDIVS II GOTHICVS, antoniniano FELICITAS TEMPORVM

La maggior parte degli studi, data il regno di Claudio dal settembre dell’anno 268 al luglio/agosto dell’anno 270, ipotesi ancora oggi accettata.  La studiosa francese, H. Huvelin, rimarca però il fatto che sembra che il Gotico abbia cessato di batter moneta verso la fine del 269 e pertanto ritiene incoerente  il fatto  che in un momento nel quale serviva molta moneta circolante, non si sia battuta per circa un anno e cioè fino all’inizio del regno del fratello Quintillo. La studiosa quindi “anticipa” il regno di Claudio ai primi mesi dell’anno 269 e lo fa terminare all’inizio del 270. Se questa ipotesi per la cronologia monetaria risulterebbe  più congrua, non rispecchierebbe però quanto raccontato e desumibile dalla scarsa letteratura disponibile.

Così come si ritiene che il regno del fratello Quintillo sia durato più di qualche giorno come desunto dalle fonti, se non altro per la presenza di una moneta di Alessandria per Quintillo: all'epoca era necessario un po' di tempo affinchè arrivasse in tutte le zone dell'Impero la notizia di un nuovo Imperatore e quindi la presenza di una moneta egiziana testimonierebbe un periodo di regno almeno di qualche mese, escludendo ovviamente che sia stata coniata postuma

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Un ritratto di Claudio decisamente espressivo e sicuramente una moneta che ha circolato assai poco, indice di una tesaurizzazione a ridosso della sua emissione. La foto spara molto i colori sul "rame" mi incuriosisce sapere in mano com'è: se ci sono ancora tracce di argentatura visibile. Se non ricordo male le emissioni milanesi avevano standard migliori per quanto riguarda la composizione della lega rispetto alle coeve emissioni dell'Urbe.

Che dire... con me vinci facile vista la mia passione per il III secolo! Non è una gallica, ma Claudio II (e soprattutto la zecca milanese) è un personaggio strettamente connesso con le vicende dell'impero secessionista gallico! Una gran bella moneta!!!

La moneta corrisponde al tipo n. 36 del nuovo ric, consultabile online qui: https://ric.mom.fr/en/coin/36 e rientra nella prima emissione milanese (settembre 268 - giugno 269?). Nel nuovo ric online ne vengono censiti 182 esemplari, quindi una moneta piuttosto comune, ciononostante è decisamente meno comune trovarla in questo stato di conservazione.

Se hai voglia di perderci la vista... molti di questi 182 esemplari sono fotografati e potresti divertirti a cercare qualche dies link!

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Awards

9 ore fa, modulo_largo dice:

Alla fine l hai presa? Piuttosto cara, ma effettivamente non ho mai visto un antoniniano suo in tali eccezionali condizioni! Complimenti!

Si, come si sul dire... all'amor non si comanda! ?

E poi è costata abbastanza meno di quanto riportato sul sito.

Ave!

Quintus

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Inviato (modificato)
14 ore fa, grigioviola dice:

Un ritratto di Claudio decisamente espressivo e sicuramente una moneta che ha circolato assai poco, indice di una tesaurizzazione a ridosso della sua emissione.

Si, qualche antico romano ha pensato di farmi un bel regalo! ?

14 ore fa, grigioviola dice:

La foto spara molto i colori sul "rame" mi incuriosisce sapere in mano com'è: se ci sono ancora tracce di argentatura visibile. Se non ricordo male le emissioni milanesi avevano standard migliori per quanto riguarda la composizione della lega rispetto alle coeve emissioni dell'Urbe.

Questa è la foto pubblicata da CGB senza "correzioni" fatte in post-produzione...

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Provvederò quanto prima a pubblicare foto fatte da me sperando che siano il più realistiche possibile.

14 ore fa, grigioviola dice:

Che dire... con me vinci facile vista la mia passione per il III secolo! Non è una gallica, ma Claudio II (e soprattutto la zecca milanese) è un personaggio strettamente connesso con le vicende dell'impero secessionista gallico! Una gran bella moneta!!!

Grazie per i complimenti mio maestro.  Il 2° e 3° secolo sono i miei preferiti!!! ?

14 ore fa, grigioviola dice:

La moneta corrisponde al tipo n. 36 del nuovo ric, consultabile online qui: https://ric.mom.fr/en/coin/36 e rientra nella prima emissione milanese (settembre 268 - giugno 269?). Nel nuovo ric online ne vengono censiti 182 esemplari, quindi una moneta piuttosto comune, ciononostante è decisamente meno comune trovarla in questo stato di conservazione.

Se hai voglia di perderci la vista... molti di questi 182 esemplari sono fotografati e potresti divertirti a cercare qualche dies link!

Sono già partito con la ricerca, ma ho deciso di scaricare tutte le immagini per poi poterle confrontare con calma... ne riparliamo tra qualche giorno!

Grazie!

Quintus

Modificato da Quintus
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DE GREGE EPICURI

Complimenti, mai visto un ritratto di Claudio così bello (è vero che io mi sono occupato soprattutto di Claudi imitatiivi, e quelli...sono tutt'altra cosa!)

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Per tornare al tema del contenuto d'argento modesto nelle emissioni di Claudio il Gotico soprattutto per la zecca di Roma, riporto questo esemplare invece ben argentato RIC  98 September 268 – end 269 D/ CLAVDIVS AVG R/ SALVS AVG

   

CG2.jpg

CG1.jpg

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Supporter

@Quintus

La tua moneta e' davvero bella, mi piace molto; il ritratto di Claudio II e' stupefacente per i dettagli.

Mi ha colpito la legenda del rovescio: FELICIT TENPO, con la N.

Sono quindi andato a vedermi la classificazione del vecchio RIC V.1.:

 

Claudio II.png

Come si può notare, al numero 145, non viene contemplata la variante FELIC TENPO, con la lettera N (il vecchio RIC V conferma un po' i suoi limiti). Riconosce solo una variante TENDO.

Per di più, la 145 e' descritta come busto a sinistra e con lancia.

Sono poi andato su Wildwinds, che identifica una  145 var:

Morgat 859
RIC 145v
Claudius II, Billon antoninianus, Milan mint. 268 AD. IMP CLAVDIVS PF AVG, radiate, draped, cuirassed bust right / FELIC TENPO, Felicitas standing left, holding caduceus and sceptre. Officina letter T below. Morgat-en-Crozon hoard 759; RIC V-1, 145 Milan var (rev legend.).

Interessante la parte testuale:

Claudius II, Billon antoninianus, Milan mint. 268 AD.

IMP CLAVDIVS PF AVG, radiate, draped, cuirassed bust right.
FELIC TENPO, Felicitas standing left, holding caduceus and 
sceptre.
Officina letter T below.

Morgat-en-Crozon hoard 759; RIC V-1, 145 Milan var (rev legend.).

Note: Many people think that TENPO is an engraver's error.
However, in his article about the coinage and mints of 
Claudius II, Märkl gave a convincing argument that the 
spelling was deliberate and was one way of distinguishing
the Milan version of this reverse type.

Infine, interessante il soggetto del rovescio e la legenda, che mi ha portato subito alla mente le mie FEL TEMP REPARATIO.

La Felicitas ha nella mano destra un caduceo, qui simbolo di prosperità, di benessere e quindi di felicità. E' la felicità dei tempi, operata dal sovrano (lo scettro nella mano sinistra). Sarebbe interessante sapere se la moneta possa essere stata coniata dopo la vittoria di Naisso contro i Goti. In questo caso la moneta avrebbe un significato davvero particolare. 

Ancora complimenti per l'acquisizione.

Buona notte da Stilicho

Modificato da Stilicho
busto con lancia
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