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Bronzi provinciali romani e mitologia greca


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Il rovescio di questa moneta fa riferimento al mito di Licaone, un greco arcadico che ricevette da Apollo la profezia di fondare una città in Asia Minore nel luogo in cui era apparso un lupo irrequieto che stringeva una mano umana. I Licaoni e la regione che abitavano avrebbero preso il nome da lui, e il mito fu debitamente commemorato sulla moneta di Laranda.

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Posta sull’importante strada che congiungeva Iconio con Seleucia d’Isauria (Silifke), Laranda, a 1122 mt d’altezza sul versante settentrionale del monte Tauro, fu una delle principali città della Licaonia. Essa subì una devastazione per opera di un luogotenente di Alessandro Magno, Perdicca († 321 a.C.) il quale così volle punire l’assassinio d’un governatore macedone. In epoca successiva Laranda passò sotto il dominio dei Seleucidi (280-189 a.C.) e degli Attalidi di Pergamo (189-133 a.C.). Nel secolo I a.C. Antipatro, tiranno della vicina Derbe (50-36 a.C. ca.), vi eresse una fortezza che passò in potere di Aminta quando questi sconfìsse Antipatro (36 a.C.). In seguito il territorio di Laranda venne annesso alla provincia romana di Galazia-Cappadocia (I sec. a.C.) e, sotto Antonino Pio (137-161 d.C.), alla provincia di Cilicia.

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Bronzo di Caracalla (Isaura, Cilicia) che raffigura al rovescio Licaone, laureato e in abiti militari, che tiene un lungo scettro nella mano sinistra e riceve nella destra una tavoletta da Apollo, nudo, che tiene un ramo di alloro nella mano sinistra; tra i due un lupo che ha in bocca una mano umana in bocca; in esergo un altare (Leu Numismatik, Auction 11).

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Roman Provincial
CILICIA. Isaura. Caracalla, 198-217. Diassarion (Bronze, 25 mm, 7.82 g, 7 h), 205-209. AY K M AY ANTΩNЄINOC Laureate and cuirassed bust of Caracalla to right, breastplate decorated with gorgoneion. Rev. MHTPOΠOΛЄΩC ICAYPΩN Lycaon, laureate and on the left, standing right in military attire, holding long scepter in his left hand and receiving a tablet from Apollo, on the right, standing left, nude, holding laurel branch in his left hand; between them, wolf recumbent to left, head to right, holding human hand in his mouth; in exergue, altar. SNG Levante 262 (same dies). SNG Paris 494-495 var. (differing reverse legend arrangement and wolf reclining right). SNG von Aulock 5410-5411 var. (differing reverse legend arrangement and wolf reclining right). Rare and undoubtedly the finest known example. A magnificent coin of wonderful style, very sharply struck from fresh dies and with a beautiful brown patina. Small flan fault on the reverse edge, otherwise, good extremely fine.
Ex Leu 7, 24-25 October 2020, 1474 corr. (reverse reinterpreted).
Base d’asta: 2.000 CHF. Valutazione: 2.500 CHF. Risultato: 3.200 CHF.

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Il rovescio di questa magnifica emissione era stato finora interpretato come raffigurante l'imperatore e Apollo (si veda anche la nota relativa all'ultima volta che abbiamo proposto questa moneta in Leu 7 (2020), 1474). Tuttavia, il piccolo animale reclinato a sinistra è la chiave per l'interpretazione della scena, poiché è apparso chiaro a questo catalogatore che l'oggetto tenuto in bocca dall'animale non è un ramo, ma in realtà una mano umana! Simili raffigurazioni sono note a Laranda in Licaonia, dove un lupo che cammina verso sinistra con una mano umana in bocca compare su monete di Filippo II (SNG von Aulock 5401. Per una discussione più approfondita, si veda Peter Weiss: Mythen, Dichter und Münzen von Lykaonien, in: Chiron 20 (1990), pp. 222-235), il cui significato è rivelato dall'autore bizantino Eustathius of Thessalonica (circa 1115-1195/6), il quale afferma che:

'I Licaoni prendono il nome da un certo Licaone, un arcadico, che, secondo un oracolo, fondò una città nel luogo in cui apparve un lupo inquieto, che teneva una mano umana tra le sue grinfie - questo era, ciò che Apollo aveva predetto. (Eustath. comm. Dion. Per. 857).

Con questa reinterpretazione, diventa ora chiaro che la nostra moneta mostra esattamente il mito di Licaone, che appare a sinistra in abbigliamento militare e riceve la profezia da Apollo a destra, con in mezzo il lupo che tiene una mano umana tra le fauci. Inoltre, un'attenta analisi del lotto 201 rivela che lo stesso lupo appare anche ai piedi della dea-città su quella moneta, un dettaglio trascurato in qualsiasi discussione sulla monetazione di Isaura fino a oggi.

Isaura riconduce quindi le sue origini al mitico Licaone, eponimo della Licaonia. A questo proposito, vale la pena notare che la convenzione numismatica di assegnare le città greche a province specifiche e invariabili come la Lidia, la Frigia o la Cilicia non fornisce un quadro accurato della realtà storica, poiché i confini delle regioni geografiche dell'Asia Minore spesso non erano chiaramente definiti e i confini delle province romane erano soggetti a numerosi cambiamenti nel corso dei secoli. Pertanto, il fatto che oggi assegniamo Isaura alla Cilicia non esclude che i suoi cittadini si sentissero licaoni ai loro tempi. L'identità, dopo tutto, è autodeterminata e autodefinita, a prescindere dalle attribuzioni esterne.

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Bronzo pseudoautonomo di Focea (Ionia) che raffigura al rovescio un mastino che attacca un delfino (Leu Web Auction 3).

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Roman Provincial
IONIA. Phocaea. Pseudo-autonomous issue. Hemiassarion (Bronze, 19 mm, 3.41 g, 7 h), circa 238-260. ΦO-KЄA Turreted and draped bust of the city-goddess to right. Rev. ΦOKAIЄ/ΩN Hound right, attacking dolphin. SNG Copenhagen 1059. SNG von Aulock 2141. Rare. A very interesting issue. Very fine.
From the Ktistes Collection.

Base d’asta: 75 CHF. Risultato: 160 CHF.

Head ha suggerito che questo enigmatico tipo di rovescio potrebbe essere una rappresentazione del fiume locale Smardos, sotto forma di cane, che si precipita verso il mare, personificato dal delfino. Non è noto se ciò sia vero o se il rovescio alluda a un mito locale altrimenti non attestato.

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Bronzo di Settimio Severo (Isaura, Cilicia) che raffigura al rovescio la porta della città con tre torri e all’interno la dea tutelare della città seduta, con spighe di grano nella mano destra e cornucopie nella sinistra; ai suoi piedi la parte anteriore di un lupo rivolto a sinistra, testa a destra, che tiene in bocca una mano umana (Leu Numismatik, Auction 11).

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Roman Provincial
CILICIA. Isaura. Septimius Severus, 193-211. Tetrassarion (Bronze, 29 mm, 14.15 g, 6 h), 205-209. AY•K•Λ•CЄΠ•CЄOYHPOC ΠЄPT Laureate head of Septimius Severus to right. Rev. MHTPOΠOΛЄΩC / ICAYPΩN City-gate with three towers; within, the city-goddess seated to left, holding grain ears in her right hand and cornucopiae in her left; at her feet, forepart of a wolf to left, head to right, holding human hand in his mouth. SNG Levante 259 corr. (same dies, but reverse misdescribed). SNG Paris 490 corr. (same dies, but reverse misdescribed). SNG von Aulock 5408 corr. (same dies, but reverse misdescribed). Rare. In exceptional condition for the issue, perfectly struck on a full flan and with a wonderful architectural reverse. Extremely fine.
From a European collection, formed before 2005.

Base d’asta: 2.000 CHF. Valutazione: 2.500 CHF. Risultato: 3.600 CHF.

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Descrizione

Situata a un'altitudine di 1400 m sul livello del mare, su una cresta montuosa, Isaura si sviluppò da una fortezza costruita dal re galateo Amyntas (39-25 a.C.) sui monti Isauri. La città ha battuto monete provinciali romane in tre occasioni: una prima volta sotto Antonino Pio per la Diva Faustina I e Galerio Antonino (RPC IV.3 5730, ma si noti che la lettura ΙϹΑΥΡΙΩΝ non è sicura), una seconda volta sotto Settimio Severo e una terza e ultima volta sotto Severo Alessandro per Giulia Mamaea (RPC VI online 6854). Sia la prima che l'ultima emissione sono attestate in un solo esemplare di stile rozzo, mentre l'emissione di Settimio Severo non solo è più abbondante, ma anche molto più elaborata. Per ragioni a noi sconosciute Isaura poté ingaggiare in questa occasione uno stampatore molto abile, che produsse una serie di matrici altamente artistiche. L'emissione comprende monete di Settimio Severo, Giulia Domna, Caracalla Augusto e Geta Cesare, ma nessuna di Plautilla, e può quindi essere datata al 205-209.

Vale la pena notare che lo stile dei ritratti è molto simile ad alcune produzioni contemporanee della zecca di Seleucia ad Calycadnum (ad esempio Prieur 747A). Forse l'emissione fu finanziata da un ricco cittadino locale orgoglioso di assumere uno degli artisti più esperti di Seleucia, o addirittura che fece produrre le monete nella più grande città costiera. Ciò avrebbe perfettamente senso perché la regione montuosa di Isaura, pur essendo vicina alla pianura di Panfilia, era molto più facilmente accessibile attraverso la valle del fiume Calycadnus, che nasce vicino alla città e scorre fino a Seleucia prima di sfociare nel Mar Mediterraneo. Il bellissimo rovescio di questa emissione vanta le impenetrabili mura della fortezza montana Isaura e fa riferimento al mito della fondazione della città mostrando un piccolo lupo che tiene in bocca una mano umana ai piedi della dea della città (si veda la nota sul lotto 202).

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https://it.wikipedia.org/wiki/Isauria

Isauria (in greco Ἰσαυρία) era il nome di un'antica regione nel sud della penisola anatolica, la cui posizione variò sensibilmente nei secoli. Essa corrisponde grossomodo alla parte sudoccidentale dell'attuale provincia turca di Konya.

L'Isauria prese il nome dal popolo isaurico (Isauri) che abitò quella regione, e conseguentemente dalle due città di Isaura Palaea (Ίσαυρα Παλαιά, in latino Isaura Vetus) e Isaura Nea (Ίσαυρα Νέα, Isaura Nova). Il nucleo originario della regione si trovava ai piedi del versante settentrionale della catena del Tauro.

In epoca alto-imperiale la regione, già soggiogata intorno al 78 a.C., fece parte, assieme alla Licaonia, del regno cliente e in seguito della provincia di Galazia.

 

Provincia romana di Isauria

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Divinità tutelare di Isaura Vetus https://art.torvergata.it/retrieve/handle/2108/1081/5731/04 Prima parte - evocatio - Giunone.pdf

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Segue da https://it.wikipedia.org/wiki/Isauria

 

La provincia di Isauria fu istituita con la riforma amministrativa di Diocleziano (297). La nuova provincia di Isauria, parte della Diocesi d'Oriente, copriva entrambi i versanti del Tauro fino al Mar Mediterraneo, comprendendo la regione precedentemente nota come Cilicia Trachea e il bacino del fiume Calicadno.

L'Isauria era infestata da briganti, detti Isauri, che prendevano il nome della regione stessa di cui essi erano nativi e dove operavano. Il problema delle loro scorrerie afflisse l'Isauria e le regioni confinanti, come la Licia e la Panfilia, per diversi secoli. Si narra che, sotto il regno di Probo (276-282), gli Isauri, condotti dal loro capo Lidio, saccheggiarono la Panfilia e la Licia, prima di essere fermati dall'esercito romano, il quale, strettolo d'assedio presso la città di Crimna, in Licia, riuscirono ad uccidere Lidio e a fermare i saccheggi[1]. Nel corso del secolo successivo, nel IV secolo, i saccheggi degli Isauri tornarono un problema serio.

Intorno al 354, i briganti Isauri devastarono le province dell'Oriente romano. I motivi della rivolta fu l'uccisione di un loro associato, che fatto prigioniero dalle autorità romane, fu gettato in pasto alle belve durante i giochi all'anfiteatro di Iconio, città della Pisidia, ritenuto dai briganti Isauri un oltraggio senza precedenti[2]. Giunsero ad attaccare le navi romane costeggiate lungo la costa, uccidendone gli equipaggi e ritirandosi con un ricco bottino; tanto era il timore degli equipaggi di essere assaliti e uccisi dai briganti Isauri che non osavano più approdare sulle coste dell'Isauria bensì sostare a Cipro, sulla sponda opposta[2]. Non essendo rimasto più nulla da saccheggiare in Isauria, passarono poi a devastare la Licaonia, provincia limitrofa all'Isauria, e, bloccando le strade con strette barriccate, depredarono i beni dei provinciali e dei viaggiatori[2]. Le guarnigioni romane in un primo momento fallirono nel loro tentativo di arrestare i saccheggi dei briganti Isauri, in quanto questi ultimi conoscevano bene il loro territorio montagnoso e approfittarono della conoscenza della configurazione del terreno impervio per tendere imboscate e insidie alle armate romane[2]. Tuttavia, in un terreno pianeggiante, gli Isauri non potevano minimamente competere con le armate romane, ragion per cui i briganti Isauri, dopo aver avuto qualche rovescio in Licaonia in quanto territorio in gran parte pianeggiante, deliberarono di ritirarsi in Pamfilia[2]. Dopo aver affrontato estreme difficoltà, gli Isauri giunsero sulle rive del Melas, un fiume che forniva riparo alle popolazioni locali dai saccheggi nemici, con l'intenzione di attraversarlo: il fiume era tuttavia molto profondo e inoltre, mentre gli Isauri erano alla ricerca di imbarcazioni per attraversarlo, intervennero le legioni romane, che riuscirono a respingere gli Isauri, costringendoli a ripiegare in direzione di Laranda, dove si riposarono per qualche giorno e si rifornirono di provviste[2]. Da qui attaccarono alcuni villaggi ricchi, senza molto successo in quanto essi erano difesi da alcune coorti di cavalleria romana, che non ebbero problemi a respingere gli assalti degli Isauri su un territorio pianeggiante[2]. Tentarono poi di assaltare per tre giorni e per tre notti la fortezza di Palea, nei pressi del mare, ma questa era protetta da delle mura molto resistenti, e dunque l'assalto fallì[2]. Essi decisero pertanto di assaltare Seleucia, la metropoli della provincia, con l'intento di distruggerla: essa era tuttavia difesa da tre legioni sotto il comando del comes Castricio, il quale, avvertito dagli esploratori delle intenzioni degli Isauri, decise di scontrarsi con gli Isauri per difendere la città[2]. Le tre legioni romane avevano intenzione di scontrarsi con i briganti isauri nei pressi del fiume Calicadno, il cui corso costeggia le torri delle mura di Seleucia, ma, dopo alcune schermaglie iniziali, esse furono richiamate indietro dai loro comandanti, i quali ritenevano troppo rischiosa una battaglia a così poca distanza dalle fortificazioni[2]. Ritornate dentro le mura, sbarrarono tutti gli ingressi, e presero posizione sulle torri e sulle mura per difenderle dall'assedio degli Isauri[2]. Questi ultimi avevano catturato alcune imbarcazioni che stavano trasportando grano sul fiume, e si impadronirono di nuove provviste, mentre gli assediati avevano già esaurito le loro scorte regolari di provviste, e rischiavano di capitolare per fame[2]. Quando le notizie dell'assedio di Seleucia raggiunsero Costantinopoli, il Cesare Gallo decise di ordinare a NebridioComes Orientis, di intervenire in soccorso della città assediata: alla notizia dell'arrivo imminente della potente armata di Nebridio, i saccheggiatori isauri decisero di levare immediatamente l'assedio, trovando di nuovo riparo sulle loro montagne[2].

Gli Isauri proseguirono le loro scorrerie anche sotto il regno dell'Imperatore Valente (364-378); in particolare intorno al 375 devastarono le province della Licia e Panfilia, devastando le campagne nel caso non riuscissero ad impadronirsi delle città dotate di solide fortificazioni; le truppe inviate da Valente da Antiochia per fermare le incursioni, allorché gli Isauri si ritiravano sulle montagne con tutto il loro bottino, si rifiutavano di seguirli sulle montagne, timorosi probabilmente di imboscate[3]. Gli Isauri ripresero poi le loro incursioni nel 405, sotto il regno di Arcadio, devastando le campagne e le città non ben fortificate o addirittura prive di fortificazioni; i loro saccheggi furono agevolati dal fatto che le fortificazioni delle città di quelle regioni (Panfilia e Cilicia) erano già state danneggiate dalle incursioni del generale ribelle Tribigildo alcuni anni prima (399). Il generale Arbazacio, inviato dall'Imperatore per porre fine ai saccheggi dei briganti Isauri, riuscì ad occupare molte città cadute in mano ai briganti e a risospingerli sulle montagne, uccidendo anche molti di loro, ma poi non portò fino in fondo a termine il suo incarico, pensando ad arricchirsi in maniera illecita con diversi abusi. Richiamato a Costantinopoli per essere processato per gli abusi commessi, riuscì però ad essere assolto grazie alla cessione all'Imperatrice di parte del bottino recuperato agli Isauri[4].

 

Per approfondimento vedi https://www.treccani.it/enciclopedia/isaura-vetus_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/

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Bronzo di Filippo I (Apamea, Frigia) che raffigura al rovescio la storia di Noè: a destra, figure a mezzo busto di Noè e di sua moglie, in tunica e stola, in piedi a sinistra in una cassa quadrata che rappresenta l'Arca, con l'iscrizione NΩЄ e galleggiante sulle onde; in alto a destra, un uccello seduto; a sinistra, Noè e sua moglie in piedi a sinistra sulla terraferma, che alzano le mani in segno di supplica; in alto, un uccello che torna dalla terraferma con un ramo d'ulivo negli artigli (Leu Numismatik 7).

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Roman Provincial
PHRYGIA. Apameia. Philip I, 244-249. Pentassarion (Bronze, 36 mm, 22.45 g, 7 h), Aur. Alexander, archon for the second time. •AYT•K•IOYΛ•ΦIΛIΠΠOC•AVΓ• Laureate, draped and cuirassed bust of Philip I to right, seen from behind. Rev. ЄΠ M AYP AΛЄΞANΔP//OY B•APXI•AΠ/AMЄΩN• The story of Noah: on the right, half-length figures of Noah and his wife, in tunic and stola, standing left in square chest representing the Ark, inscribed NΩЄ and floating on waves; above to right, a seated bird; on the left, Noah and his wife standing left upon dry land, raising hands in supplication; above, a bird returning from land with olive branch in its talons. BMC 182. SNG von Aulock 8348 (this coin). Extremely rare and undoubtedly the finest known. A magnificent example of this tremendously important issue, beautifully struck on a broad flan and preserving incredible reverse details. Insignificant flan fault on the obverse and with some very minor flatness on the reverse, otherwise, nearly extremely fine.
 

From a German collection, privately purchased in the 1980s, ex Auctiones 8, 27-28 June 1978, 445 (expertly cleaned since) and from the Hans von Aulock Collection.

Base d’asta: 35.000 CHF. Risultato: 240.000 CHF.

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Apamea fu fondata dal re seleucide Antioco I (281-261 a.C.) in onore della madre Apame, figlia del ribelle baktriano Spitamene e moglie di Seleuco I. La città ospitava una comunità ebraica, i cui antenati furono probabilmente insediati nell'area dal generale seleucide Zeuxis, che deportò 2.000 famiglie ebraiche da Babilonia in Asia Minore per volere di Antioco III "il Grande" (223-187 a.C.) (Gios. Ant. XII, 3.4). Si è a lungo creduto che la sorprendente comparsa della storia di Noè sulle monete del III secolo d.C. dell'Apamea frigia fosse dovuta a un presunto carattere ebraico della città, ma le fonti letterarie sono estremamente scarse e il fatto che non si conoscano nomi ebraici e una sola iscrizione ebraica dalla necropoli locale invita alla cautela. D'altra parte, le fonti che attestano la presenza di una grande comunità cristiana ad Apamea sono abbondanti: non solo gli epitaffi cristiani sono numerosi, ma il vescovo Giuliano di Apamea attestato da Eusebio (Euseb. HE 5.16.17) dimostra che il cristianesimo aveva preso piede nella città già alla fine del II secolo. L'improvvisa comparsa dell'Arca di Noè sulla moneta civica di Apamea, in un momento in cui tutte le fonti indicano una crescente influenza della comunità cristiana nell'area, deve quindi riflettere, nonostante le sovrapposizioni culturali, la crescente importanza delle tradizioni cristiane in misura maggiore rispetto a quelle di una secolare comunità ebraica locale.

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Apamea si differenziava dalle altre città omonime per l'appellativo ή Kίβωtός, letteralmente "il forziere", un riferimento alla sua importanza come stazione commerciale. Il fatto che l'Arca di Noè fosse conosciuta in greco anche come Kίβωtός avrebbe dato origine a un mito pseudo-etimologico locale, secondo il quale la montagna dietro la città sarebbe il vero Monte Ararat sul quale l'Arca di Noè sarebbe approdata dopo il diluvio. La nostra moneta mostra quindi, a destra, Noè e sua moglie nell'Arca - sotto forma di ή Kίβωtός localmente radicata - e ancora a sinistra, dopo l'approdo dell'Arca sul Monte Ararat, con l'uccello cercatore di terra in alto che tiene un ramo d'ulivo negli artigli. Si tratta dell'unico tipo di moneta greco-romana a mostrare una scena della Bibbia e di una testimonianza incredibilmente importante della storia delle prime comunità giudeo-cristiane in Asia Minore.

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Bronzo di Antonino Pio (Nicopoli ad Istrum, Mesia inferiore) che raffigura al rovescio Apollo in piedi a destra, con la mano appoggiata su un tronco d'albero su cui si arrampica una lucertola e con in mano una freccia(?) (Roma Numismatics, E Sale 47).

Roma Numismatics Limited, E Sale 47, lot 477, 28.06.2018.

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Roman Provincial
Antoninus Pius Æ19 of Nicopolis ad Istrum, Moesia Inferior. AD 138-161. AV T AI AΔPIA ANTΩNEINOC, bare head right / NEIKOΠOΛEITΩN, Apollo standing right, resting hand on tree trunk upon which a lizard is climbing and holding arrow(?). RPC IV Online 4328 var. (rev. legend, temporary); Varbanov 2116; Naumann 60, 268; CNG 69, 919; Peus 378, 989. 4.51g, 19mm, 7h.
Good Very Fine. Of fine style and well-centred. Very Rare.

Base d’asta: 60 GBP. Valutazione: 75 GBP. Risultato: 460 GBP.

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Il soggetto di questo tipo di rovescio ricorda una scultura greca in bronzo di Apollo riportata da Plinio: "Prassitele fece anche un Apollo giovane chiamato in greco l'Uccisore di lucertole perché aspetta con una freccia una lucertola che striscia verso di lui" (Storia naturale, 34.69-70). Si ritiene che una scultura in bronzo conservata al Museo di Cleveland sia un originale greco di Prassitele o una copia arcaizzante romana successiva. Il suggerimento di Plinio che la scultura sia una rappresentazione di Apollo come Sauroktonos o Uccisore di lucertole è difficile da interpretare in assenza di un precedente mitologico.

Michael Bennet ha suggerito che la lucertola rappresenti un pitone in scala ridotta e che quindi ricordi Apollo che uccide il Pitone a Delfi (Praxiteles: The Cleveland Apollo (Londra: Cleveland Museum of Art, 2013, 82-83). La reimmaginazione giocosa del gigantesco Pitone come una piccola lucertola aggrappata a un albero suggerisce la padronanza di Apollo su di esso e anticipa la sua sconfitta finale, alludendo così a un importante evento mitologico: la fondazione dell'oracolo delfico.

Le numerose copie in marmo della scultura sopravvissute (si vedano gli esempi del Vaticano e del Louvre) suggeriscono che l'opera di Prassitele era ben conosciuta nell'antichità, così come le monete battute a Nicopolis ad Istrum nel II secolo. Questo tipo di rovescio battuto per Antonino Pio è la prima rappresentazione registrata della famosa scultura su una moneta, un tipo che sarà utilizzato fino al regno di Macrino (cfr. Varbanov 3372).

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Emissione semiautonoma della zecca di Sinnada (Frigia) che raffigura al dritto il busto di Thynnaros e al rovescio Iside in piedi, di fronte, con la testa rivolta a sinistra e con il loto in mano, che tiene un sistro nella mano destra e una situla nella sinistra (Leu Numismatik, Web Auction 2).

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Roman Provincial
PHRYGIA. Synnada. Pseudo-autonomous issue. Hemiassarion (Bronze, 18 mm, 3.60 g, 6 h), 2nd to early 3rd century AD. ΘYNNAPOC Draped bust of Thynnaros to right. Rev. CYNNAΔEΩN Isis standing facing, head to left and wearing lotus, holding sistrum in her right hand and situla with her left. RPC IV online 9996. Very rare. Very fine.

Thynnaros era uno dei fondatori mitologici di Synnada, l'altro era Akamas (vedi anche il bronzo successivo).

Base d’asta: 50 CHF. Risultato: 425 CHF.

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Emissione semiautonoma della zecca di Sinnada (Frigia) che raffigura al dritto il busto di Akamas (Acamante), uno dei fondatori di Sinnada, e al rovescio Iside in piedi, di fronte, con la testa rivolta a sinistra, che tiene un sistro nella mano destra e una situla nella sinistra (Leu Numismatik, Web Auction 2).

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PHRYGIA. Synnada. Pseudo-autonomous issue. Hemiassarion (Bronze, 18 mm, 4.37 g, 7 h), 2nd to early 3rd century AD. AKAMAC Helmeted head of the hero Akamas to right. Rev. CYNNAΔEΩN Isis standing front, head to left, holding sistrum in her right hand and situla in her left. RPC IV online 9995. Very rare. Attractive earthen deposits. The obverse somewhat rough, otherwise, very fine.
 

Akamas era il figlio dell'eroe ateniese Teseo e uno dei quaranta soldati greci nascosti nel Cavallo di Troia e il fondatore con Thynnaros della città di Synnada.

Base d’asta: 50 CHF. Risultato: 550 CHF.

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Acamante

Figlio di Fedra, fratello di Demofoonte, Acamante si recò a Troia assieme a Diomede al fine di chiedere la restituzione di Elena. Qui fu scorto da Laodice, figlia di Priamo, la quale s'innamorò di lui. La ragazza confidò la sua passione alla moglie di Perseo, Filobia, la quale decise subito di aiutarla. Convinse il proprio marito, che regnava sulla città di Dardano, in Troade, a invitare separatamente i due giovani a un banchetto e a metterli l'uno accanto all'altra. Laodice sarebbe così passata per una cortigiana della reggia di Priamo. Alla fine del banchetto, Laodice era diventata la moglie di Acamante. Da questa unione nacque un figlio, Munito, che fu allevato nella casa di Priamo dalla bisnonna, Etra, madre di Teseo, allora prigioniera d'Elena. Alla caduta di Troia, mentre Laodice stava nel santuario di Troo, la terra si aprì e la inghiottì davanti agli occhi degli astanti. Nella confusione che seguì, Etra fuggì con Munito al campo greco, dove Acamante e Demofoonte riconobbero in lei la loro nonna che credevano morta da tempo. Subito chiesero ad Agamennone che la vecchia fosse rimpatriata. Agamennone accolse la loro richiesta, ma in cambio volle che rinunciassero alla loro parte del bottino. Sventuratamente, quando Acamante sbarcò in Tracia durante il viaggio di ritorno in patria, Munito, a Olinto, mentre cacciava fu morso da un serpente e morì.

Acamante partecipò poi alla guerra di Troia e fu tra quelli che si nascosero nel famoso cavallo di legno architettato da Ulisse. Dopo che la città fu espugnata dagli Achei, Acamante liberò la nonna paterna Etra che aveva accompagnato Elena a Troia; si mosse poi verso la Tracia dove rimase a lungo per amore di Fillide, figlia del re Fileo.

Un'altra versione della leggenda racconta che Fillide si era innamorata di Acamante e l'attendeva ansiosa. Quando Troia cadde e la flotta ateniese fece ritorno, Fillide scendeva spesso alla spiaggia con la speranza di avvistare la nave di Acamante; ma egli era stato attardato da un'avaria e Fillide morì di dolore dopo nove giorni, in in luogo chiamato Enneodo ("le Nove Strade"). Fillide fu trasformata da Atena in un mandorlo e Acamante, arrivato il dì seguente, potè abbracciare soltanto il suo nudo tronco. Sotto le sue carezze i rami si coprirono di fiori anziché di foglie, e da quel giorno tale rimase la caratteristica dei mandorli. Ogni anno gli Ateniesi danzano in onore di Fillide e di Acamante.
Secondo altre leggende, Acamante, dopo aver partecipato alla presa di Troia col fratello Demofoonte, ritornò in Attica con la nonna Etra e qui riprese il potere e regnò in pace.

Fondò una colonia a Cipro, dove morì per un singolare incidente: rimase trafitto dalla sua stessa spada in seguito a una caduta da cavallo.

 

Da https://ilcrepuscolo.altervista.org/php5/index.php?title=Acamante_(3)

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Bronzo di Traiano (Efeso, Ionia) che raffigura al rovescio Androclo in piedi a sinistra che stringe le mani al dio della montagna Koressos (Leu Numismatik, Web Auction 3).

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Roman Provincial
IONIA. Ephesus. Trajan, 98-117. Hemiassarion (Bronze, 20 mm, 3.78 g, 7 h). AYTO NEPBAC TPAIANOC KECAP Laureate head of Trajan to right. Rev. ΑΝΔΡΟΚΛΟС ΚΟΡΗСΟС ΕΦΕ Androklos, on the right, standing left, clasping hands with the mountain-god Koressos, on the left, standing right. Karwiese 146 (this coin). RPC III 2049 corr. (obverse legend). Very rare. Somewhat rough as usual, otherwise, very fine.
From the Ktistes Collection.

Base d’asta: 75 CHF. Risultato: 240 CHF.

Il rovescio mostra Androclo, figlio di Kodros di Atene e fondatore mitologico di Efeso, insieme al dio della montagna Koressos. Secondo Strabone, Androclo sconfisse i Cari e i Lelegi e ampliò i confini della città fino al Koressos.

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Bronzo di Gallieno (Efeso, Ionia) che raffigura al rovescio l'eroe Androclo che cammina a destra, tenendo la lancia sulla spalla sinistra e un cinghiale morto con la mano destra; dietro, un albero (Leu Numismatik, Web Auction 3).

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Roman Provincial
IONIA. Ephesus. Gallienus, 253-268. Tetrassarion (Bronze, 26 mm, 6.96 g, 1 h). AYT•ΠΟ•ΛΙΚ•ΓΑΛ[ΛΙΕΝΟC] Laureate, draped and cuirassed bust of Gallienus to right, seen from behind. Rev. EΦECIΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ The hero Androklos walking right, holding spear over his left shoulder and dead boor with his right hand; behind, tree. SNG Copenhagen 512. SNG von Aulock -. Rare. An unusually attractive example with a fine green patina. Light smoothing, otherwise, good very fine.
From the Ktistes Collection, ex CNG E-Auction 203 (2009), 294 (expertly cleaned since).
Base d’asta: 100 CHF. Risultato: 280 CHF.

Androclo era il mitologico fondatore di Efeso, incaricato dall'oracolo di Delfi di fondare la sua città in un luogo indicato da un pesce e da un cinghiale. Un giorno, mentre Androclo e i suoi compagni di caccia stavano cucinando un pesce alla griglia, uno di essi uscì dalla padella incendiando i cespugli. Questo spaventò un cinghiale che cercò di fuggire, ma fu ucciso da Androclo che realizzò così la profezia.

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Bronzo di Valeriano I (Tiro, Fenicia) che raffigura al rovescio Didone in abito lungo e mantello mentre sovrintende alla costruzione della città di Cartagine, con uno scettro nella mano sinistra e indicando con un'asta nella mano destra abbassata un operaio con piccone; in alto, un muratore sta lavorando alla porta della città; in basso a destra un murex (Hess Divo, Auction 339).

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ROMAN PROVINCIAL COINS. PHOENICIA.
TYROS. Valerianus I, AD 253-260. Bronze. AE 14.21 g. IMP C P LIC VALERIANVS AVG Radiate, draped and cuirassed bust r. Rev. COL TVR - O M - ETR Dido, wearing long dress and mantle, standing l., supervising the construction of the city of Carthago: she holds a sceptre in her l. hand and pointing with a rod in her lowered r. hand to a workman with pickaxe; above, a bricklayer is working at the city-gate; low in field r., murex. BMC 290, 470var.; Cf. Auction Münzen & Medaillen GmbH, Weil/Rh. 20 (2006), 917.

Base d’asta: 450 CHF. Risultato: 3.200 CHF.

Rare and interesting mythological scene. Dark green patina. Good very fine

Provenance: Auction F. Sternberg, Zürich VI (1976),733.

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DIDONE (lat. Dido, gr. Δευδώ)

Secondo la leggenda più antica, a noi giunta per mezzo dei Greci (Timeo, fr. 27; Giustino, XVIII, 4-6), Didone era figlia del re di Tiro Muttone (personaggio storico) e sposò lo zio, il ricchissimo sacerdote di Ercole (Melqart), Sicheo (Sicherba), che il fratello di D., il re Pigmalione (re storico), fece uccidere per averne le ricchezze. D. fuggì allora da Tiro per mare con alcuni cittadini a lei fedeli, portando seco i sacra di Ercole; imbarcò a Cipro una sacerdotessa di Giunone e alcune donne per i compagni, e sbarcò infine in Africa, ove acquistò dal principe indigeno Iarbas tanto terreno, quanto ne poteva coprire una pelle di bue, che essa tagliò in sottilissime strisce, con le quali ricinse un ampio spazio (così si spiegava il nome della rocca di Cartagine Βύρσα, in greco "pelle", che significa invece "fortezza"). Quivi D. edificò una città, che divenne subito prospera, ed ebbe dagl'indigeni il nome di Δειδώ dal suo lungo errare, mentre il suo primo nome era Elissa (fenicio ‛Ǎlīzāh, "la gioconda"). Chiesta in sposa con minacce da Iarbas, poiché i suoi concittadini timorosi volevano costringerla alle nozze, D., invocando i mani di Sicheo, si precipitò dalla reggia su un'alta pira e morì tra le fiamme. Ebbe poi sempre culto in Cartagine. Mentre alcuni la ritengono una figura storica, altri la credono invece un'ipostasi della dea punica Tanit. La leggenda di D. ebbe nuova vita nella poesia latina, sotto l'influsso del duello fra Roma e Cartagine, che già Timeo credeva fondate contemporaneamente: e parrebbe che già Nevio avesse fatto approdare Enea a Cartagine e cantati i suoi amori con Didone (secondo un'altra versione, Enea avrebbe amato invece Anna: Servio, Ad Aen., IV, 682; V, 4). Virgilio l'accolse infine e la rivestì di forme magnifiche nell'Eneide.

Enea, sbalzato dalla tempesta sulla costa dell'Africa, giunge a Cartagine, ove s'incontra con Didone, che invita l'eroe nella reggia. Durante il convito, Amore, in sembianza di Iulo figlio di Enea, ispira a D. amore per l'ospite, che a richiesta della regina le narra la caduta di Troia e le proprie peregrinazioni (l. I-III). Didone tenta di resistere alla nascente passione, ma infine, spinta anche dalla sorella Anna, dimentica la fede giurata a Sicheo e durante una caccia interrotta dalla tempesta, rifugiatasi in una grotta con Enea, stringe con lui il connubio. Ed Enea sarebbe rimasto a Cartagine, se Giove non avesse richiamato l'eroe ai suoi alti destini, imponendogli di riprendere la navigazione verso il Lazio. D. s'accorge dei segreti preparativi per la partenza, prega, minaccia, scongiura invano, e infine, mentre la flotta troiana veleggia verso l'Italia, dopo aver imprecato odio eterno dei Cartaginesi ai discendenti di Enea, si dà la morte sulla pira da lei fatta preparare (l. IV). La Didone virgiliana è una delle più stupende creazioni poetiche e accresce interesse alla sua figura il profondo significato storico che il poeta le diede.

La leggenda di D. nella sua forma primitiva, senza relazione con Enea, visse per tutta l'antichità specialmente in Africa: la cronologia canonica stessa escludeva la possibilità del suo incontro con Enea. Nella nuova forma essa ritorna in Ovidio (Heroid., VII), in Silio Italico (Pun., III, 82, ecc.) e in altri minori.

Bibl.: O. Meltzer, Gesch. der Karthager, I, Berlino 1879, p. 111 e in Roscher, Lexikon d. griechischen u. römischen Mythologie, I, col. 1012; E. Stampini, Alcune osservazioni sulla leggenda di Enea e Didone, Messina 1903; O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, 1903, col. 426; G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, Torino 1916, pp. 20, 82; S. Gsell, Histoire ancienne de l'Afrique du Nord, I, Parigi 1914, p. 380; H. Dessau, in Hermes, 1914, p. 508; 1917, p. 470; C. Pascal, in Athenaeum, 1917, p. 285; M. M. Odgers, in Classical Weekly, XVIII, p. 145; M.B. Ogle, in Classical Journal, XX, p. 261; M. Runes, in Wiener Studien, XLIV, p. 113; J. Kowalski, De Didone graeca et latina, Cracovia 1929.

Da https://www.treccani.it/enciclopedia/didone_(Enciclopedia-Italiana)/

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Bronzo di Crispina (Ilio, Troade) che raffigura al rovescio Dardano seduto a sinistra, con la clamide drappeggiata sul braccio sinistro e lo scettro nella mano sinistra, che cinge con il braccio destro una giovane figura femminile (Bateia) appoggiata a lui, con in mano un ramo di vite (?) (Leu Numismatik, Auction 3).

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Roman Provincial
TROAS. Ilium. Crispina. Diassarion (Bronze, 27 mm, 9.69 g, 7 h). KPICΠЄINA CЄBACTH Draped bust of Crispina to right. Rev. ΔAPΔANOC IΛIEΩN Dardanos seated left, chlamys draped over his left arm, holding scepter in his left hand and laying his right arm around young female figure (Bateia) leaning against him and holding a vine-branch (?). Bellinger pl. 9, T202 (same dies). BMC 71 = RPC IV online 133.1 var. (differing reverse legend arrangement). Extremely rare and of great mythological interest. The obverse somewhat rough , otherwise, good very fine.

Base d’asta: 400 CHF. Valutazione: 500 CHF. Risultato: 1.700 CHF.

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Dardano era il figlio di Zeus che fondò la città di Dardano, diventando così il capostipite dei Dardani troiani e l'eponimo dei Dardanelli, lo stretto tra il Chersoneso tracio e l'Asia Minore. La donna che Dardano tiene sottobraccio su questa moneta deve essere la sua seconda moglie Bateia, madre dell'eroe eponimo di Ilion, Ilos. La moneta vanta quindi l'illustre eredità di Ilio, ma collega anche la città ai suoi dominatori romani, poiché l'Enea di Virgilio apprende in sogno che Elettra, la madre del suo antenato Dardano, era stata la moglie di Corythus, il re della città etrusca di Tarquinia, e il principe era quindi di origine italica (Verg. Aen. 3.163ss).

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Dardano e mito

Figlio di Zeus e di Elettra, fratello di Iasone. Dopo la morte del fratello abbandonò l’isola di Samotracia e si recò presso il re Teucro, che lo accolse benevolmente. Qui sposò la figlia del re, Batea, e regnò su una parte delle terre di Teucro, alla cui morte costruì la città di Troia e chiamò Dardania tutta la regione.

Introdusse il culto dei Cabiri (di cui sembra facesse parte) e di Cibele; trafugò infine il Palladio, che divenne così il monumento protettore della città. Da Batea ebbe Erittonio e Idea.

Virgilio vuole invece che fosse nato in Italia, dove sconfisse gli aborigeni e fondò la città di Cortona; da qui si spinse poi in Frigia.

Dardano è anche il nome di un guerriero troiano, figlio di Biante.

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Bronzo di Atene (Attica) che raffigura Atena con elmo corinzio crestato al dritto e al rovescio Temistocle in piedi su una galea, con una frusta nella mano destra e un trofeo sulla spalla sinistra (Leu Numismatik, Web Auction 23).

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Roman Provincial
ATTICA. Athens. Pseudo-autonomous issue. Assarion (Bronze, 21 mm, 5.24 g, 8 h), circa 145/55-175 AD. Bust of Athena to right, wearing crested Corinthian helmet. Rev. [A]ΘΗΝΑΙΩN Themistokles standing right on galley, holding wreath in his right hand and trophy over his left shoulder. Kroll 374. Svoronos, pl. 97, 27. A very rare and interesting issue showing Athen's most famous citizen. Edge split and with a flan fault on the obverse, otherwise, fine.

Base d’asta: 50 CHF. Risultato: 300 CHF.

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Se Atene è nota soprattutto per i suoi longevi e influenti tetradrammi d'argento, nel II-III secolo d. C. la città produsse anche un'affascinante monetazione in bronzo. Il dritto di queste monete mostra invariabilmente Atena piuttosto che l'imperatore regnante, probabilmente una scelta consapevole volta a richiamare la monetazione di un tempo e a sottolineare l'autonomia della città. I rovesci, invece, mostrano una sorprendente varietà di disegni tratti dal passato mitologico e reale di Atene. Così incontriamo la contesa tra Atena e Poseidone, Teseo e il Minotauro, Milziade con i prigionieri persiani, e così via.

Sul pezzo in esame il rovescio mostra il grande statista ateniese Temistocle, vissuto nel V secolo a. C. Fu Temistocle a esortare gli Ateniesi a rafforzare la loro flotta nel 490 a. C., una saggia decisione che avrebbe salvato la Grecia dalla conquista dei Persiani durante la seconda invasione persiana del 480-479 a. C. L'apice della sua attività di generale fu senza dubbio la battaglia di Salamina del 480 a. C. in cui sconfisse sonoramente la flotta persiana con un'accurata trappola, paralizzando così lo sforzo bellico di quest'ultima.

Il prestigio acquisito grazie alle sue vittorie si rivelò però la sua rovina e i suoi concittadini votarono per ostracizzarlo alla fine del 470 a. C. Per ironia della sorte, lo statista ateniese trovò infine rifugio presso la corte persiana, dove gli furono affidate diverse città dell'Asia Minore (Magnesia al Meandro, Myus, Lampsaco, Perkote e Palaiskepsis). In seguito gli Ateniesi vollero riabilitare la reputazione di Temistocle e la nostra moneta lo raffigura come un generale vittorioso a bordo di una nave.

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Temìstocle

Politico e generale ateniese (n. circa 530-525 - m. 460 circa a. C.). T. fu tra i principali artefici della vittoria greca sui Persiani e il creatore della potenza ateniese. Dotato di un fine intuito politico, fu arconte nel 493-92 e fortificò il Pireo e Atene; vincitore di Salamina (480), ostracizzato nel 471 o 470, accusato poi di medismo*, trovò rifugio presso Artaserse I e si stabilì a Magnesia, dove morì.

*Atteggiamento politico di favore o di esplicita collaborazione con i Persiani (detti dai Greci Medi), di cui i sostenitori della libertà greca accusavano chi osteggiava l’indipendenza nazionale o la sostenevano senza convinzione (per es., gli Alevadi di Tessaglia e gli oligarchi di Tebe). All’atteggiamento filopersiano si affiancava a volte un’aspirazione alla tirannide.

VITA E ATTIVITÀ

Figlio di Neocle e di una donna tracia, nel periodo in cui fu arconte si occupò della fortificazione del Pireo, di cui voleva fare il porto militare di Atene, con l'intento di favorire la costituzione della potenza navale ateniese, benché l'audace politica marittima fosse avversata dai moderati. Solo dopo l'ostracismo di Aristide (483-82) riuscì a far trionfare il suo programma navale, ottenendo che con 100 talenti ricavati dalle miniere del Laurio si fabbricassero 100 triremi. Così Atene divenne la prima potenza marittima della Grecia e T. poté preparare la resistenza contro la minaccia allora incombente dell'invasione persiana, collaborando attivamente con Sparta in qualità di stratego ateniese (481-80 e 480-79) ad apprestare le difese. La disfatta delle forze terrestri alle Termopile e la ritirata della flotta all'Artemisio indussero T. a far evacuare Atene con tutta la popolazione civile e mentre l'esercito federale si raccoglieva sull'istmo, radunò la flotta presso l'isola di Salamina, impedendo ai contingenti degli alleati di disperdersi e rendendo così possibile la vittoria navale dei Greci. L'anno dopo T. non partecipò alla direzione delle operazioni militari, che furono dirette da Aristide per l'esercito e da Santippo per la flotta, richiamati in patria dall'ostracismo su proposta di Temistocle. Egli provvide allora alla costruzione delle mura di Atene e alla fortificazione del Pireo, cercando anche di indurre Atene ad affrancarsi dalla soggezione a Sparta appoggiando il movimento democratico scoppiato nel Peloponneso. Ostracizzato e rifugiatosi ad Arto, T. fu accusato dagli Spartani di aver cospirato con i Persiani insieme con Pausania. Di fronte alla richiesta di estradizione, T. si rifugiò presso Artaserse (465-64) che gli assegnò il dominio di Magnesia sul Meandro. Ivi T. morì di malattia, secondo Tucidide, che pur conosceva la tradizione di una morte per suicidio, altrove rappresentata, e motivata col fatto che T. non poté mantenere al re la promessa di sottomettergli la Grecia. Tutta la sua azione in politica estera, dopo le guerre persiane, mirò costantemente a procurare alla sua città, Atene, la supremazia sui Greci, non indietreggiando, con spregiudicato realismo, neppure di fronte a un'eventuale alleanza ateniese-persiana. Il suo ritratto ci è noto da un'erma di Ostia, che si presenta dal punto di vista stilistico come un prodotto composito i cui caratteri si sono spiegati variamente (considerando cioè l'erma come copia romana di un originale del 5º sec. a. C., o di un originale del 4º che rielabora un ritratto del 5º, o come il frutto di una ricostruzione convenzionale del periodo neoattico).

Fonte https://www.treccani.it/enciclopedia/temistocle/

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