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IGNORED

Dopo i cani e i gatti, gli altri animali


apollonia

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@ARES III

Anche le poste italiane si sono occupate del cane, che fin nell'antichità ha simbolicamente rappresentato la fedeltà e la vigilanza (cani da guardia e da pastore), con quattro emissioni nel 1994 a testimonianza dell'amicizia più antica.

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apollonia

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Urca, quanti!

Aggiungo questa serie di San Marino in vendita sulla baia

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apollonia

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Questi invece li ho appena scovati.

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apollonia

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La foto dei delfini con l’anaconda lascia perplessi gli scienziati
Scattata nei fiumi boliviani, l’immagine di due delfini che maneggiano con un grande serpente come se fosse un peluche.

Nei fiumi boliviani, come in diversi altri grandi fiumi del Sud America e dell’Asia, si possono osservare alcune specie di delfini, ma il delfino di fiume boliviano (Inia geoffrensis boliviensis), una delle poche specie del genere, è piuttosto sfuggente. I biologi sono particolarmente interessati a questa specie perché le loro popolazioni fungono da indicatori per la salute generale dei bacini in cui vivono, ma di solito possono individuare solo le pinne o le code di alcuni esemplari.

In uno degli avvistamenti, nell’agosto del 2021 vicino al fiume Tijamuchi, in Bolivia, i ricercatori hanno potuto osservare un gruppo di delfini rimanere sopra l’acqua più a lungo del solito, ma è stato solo dopo aver esaminato le foto che hanno avuto un’idea migliore di cosa stava succedendo: due delfini che tenevano un’anaconda in bocca, maneggiandola come se fosse un peluche.

“Dopo aver controllato le prime immagini, ci siamo resi conto che un serpente era stato maneggiato dai [delfini] e, sebbene fosse difficile stimare le dimensioni del loro gruppo, ce n’erano almeno sei – scrivono i ricercatori nel documento che descrive l’osservazione – . È diventato chiaro che preferivano giocare con il serpente piuttosto che cercare di mangiarlo”

Sfortunatamente, è probabile che l’esperienza non sia finita bene per il serpente, che è rimasto sott’acqua per molto tempo, il che fa pensare che probabilmente fosse già morto prima della fine del gioco. “Non credo che il serpente si sia divertito molto” ha detto al New York Times uno dei membri del team, il biologo Steffen Reichle del Museo di storia naturale Noel Kempff Mercado in Bolivia. Queste interazioni tra i delfini sono rare, ed è possibile che i delfini si stessero insegnando qualcosa a vicenda sul serpente, dicono i ricercatori, o forse lo mangiassero piuttosto che giocarci. 

https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/la-foto-dei-delfini-con-unanaconda-in-bocca-lascia-perplessi-gli-scienziati/

 

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  • 4 settimane dopo...
  • 2 settimane dopo...
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Dalla SE.

apollonia

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  • 1 mese dopo...

CICCIO

Non ricordo se da qualche altra parte vi ho già parlato di Ciccio. Ad ogni modo, mi sembra che la sua storia sia adatta a questa discussione. Ciccio “il riccio” si presentò una mattina di ottobre caracollando in giardino con fare stranito. Attirò subito la nostra attenzione perché il riccio è un animale prettamente notturno ed il fatto che se ne andasse in giro in pieno giorno era un’anomalia che, di solito, denota la presenza di problemi.

Ad un primo controllo risultò avere una zampina rotta, ma c’era di peggio: aveva profondi tagli al collo e alla testa, al solo spostare i suoi aculei si aprivano ferite sanguinanti e ribollenti di larve di mosca carnaria ed era letteralmente ricoperto di zecche. Probabilmente, dato che spesso si infrattano sotto mucchi di foglie, era stato sorpeso da un "tagliaerba a filo" condotto da un maldestro giardiniere che, forse, non s'era neppure accorto di averlo ferito. Poterlo aiutare si presentava come una “mission impossible”, ma questo non ci fece esitare un solo momento. Con acqua tiepida ripulimmo le ferite rimuovendo tutte le larve, tamponammo i tagli con polvere antibiotica e lo sistemammo in una gabbietta in modo che non potesse muoversi troppo per non danneggiare ulteriormente la zampina rotta. Nonostante la letteratura lo desse per “spacciato” per le ferite alla testa, dimostrava di avere appetito così le scatolette dei gatti furono per lui un succulento pasto condito con una cefalosporina di seconda generazione di cui avevamo un campione in casa. Una confezione inutile perché scarsa per noi umani, una scorta infinita per un animaletto selvatico come lui. L’antibiotico per via orale si dimostrò anche un ottimo antiparassitario: nei giorni successivi (e per un paio di mesi) raccogliemmo ogni mattina attorno alla gabbietta da dieci a venti zecche passate a miglior vita (alla fine ne contammo più di trecento). Per farla breve, cercando di non eccedere con la dose quotidiana e osservando una settimana tra un ciclo e l’altro, gli somministrammo ben cinque cicli di cinque giorni di antibiotico prima di vederlo di nuovo in forma. Nei primi tempi fu anche sottoposto a bagnetti con qualche goccia di candeggina (unico modo per pulire a fondo la pelle ricoperta di aculei e… zecche) e poi con funzione riabilitativa per la zampina cui alla fine dovemmo pure tagliare le unghiette perché, non usandola, gli erano cresciute a dismisura e non riusciva a camminare bene. Non mancarono uova e latte e passeggiatine sul prato durante l'inverno. Ovviamente, tenendolo al riparo nel garage, per quanto con temperatura inferiore rispetto al resto della casa, non poté andare in letargo, ma in primavera si presentò all’ultima passeggiata in piena forma e pronto per essere liberato. Così, dopo un’ultima grattatina propiziatoria, libero da parassiti e con la pancina piena, fu messo in un piccolo recinto in un angolo del prato dove speravamo rimanesse per qualche giorno prima di tornare nel bosco. Al mattino, però, il richiamo della natura gli aveva dato la forza per scavalcare la rete e non lo vedemmo più. Buon viaggio Ciccio, noi speriamo sempre di rivederti (o di vedere un tuo discendente...) indaffarato a frugare nel piatto degli avanzi illuminato da una bella luna.

 

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Ciccio nella base della gabbietta durante pulizia e rifornimento.

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Ciccio in esplorazione durante una passeggiatina.

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"Adoro l'aroma del muschio!"...

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Ciccio qualche giorno prima di tornare libero.

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La "grattatina" propiziatoria...

 

 

Modificato da El Chupacabra
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Un episodio che commuove: l'occasione per un "bagnetto" agli occhi.

apollonia

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I CINQUE FRATELLINI

Un bel mattino di tardo settembre di qualche anno fa, aprendo la finestra e guardando in giardino, mi colpì la presenza di uno strano oggetto che se ne stava nel mezzo del prato. Mi avvicinai circospetto per accorgermi subito che si trattava di una di quelle casette che avevo sparso su alcuni alberi per agevolare gli uccellini a fare il nido.

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Unità abitativa standard.

Nel sollevarla mi accorsi che era abitata, ma non da qualche uccellino, bensì da un gruppetto di piccoli ghiri che, tanto per essere fedeli al loro nome “ronfavano della grossa”. Nemmeno la caduta dall’albero li aveva messi in allerta: eppure, per essere precipitata, la casetta doveva essere stata “attaccata”, probabilmente, da qualche animale notturno (un rapace, una martora,…?) che aveva catturato i genitori e, nella lotta, aveva divelto i sostegni. Presi e infilati nella gabbietta per uccelli, li portai in casa e telefonai al veterinario per avere un’idea di come nutrirli, ma non ebbi risposta: non rientrano negli animali domestici. Così, con una ciotola d’acqua e con qualche ghianda e qualche castagna recuperate nel prato ed un pezzetto di mela li lasciai per la notte in cucina chiusi nella gabbietta. Al mattino, la sorpresa: la gabbia era vuota e loro erano sparsi (addormentati tanto per cambiare) per tutto il locale. Chi dormiva nel cesto della frutta, chi nel piccolo paiolo fra olio e aceto, chi di qui chi di là. Erano così piccoli che erano usciti agevolmente attraverso le pur strette sbarre della gabbietta. A questo punto, dopo averli recuperati tutti, infilai la gabbia degli uccelli in quella per il trasporto mici in modo da creare un doppio sbarramento. La cosa funzionò e per rimanere il più fedele possibile alle loro necessità invernali, posi “le gabbie” appese al muro fuori sotto il portico nella speranza di vedere se un genitore si sarebbe fatto vivo. Passarono i giorni, la gabbietta si arricchì di una ruota per fare ginnastica, di un tubo dove infilarsi tutti insieme e di un nido in legno riempito di paglia per il riposo dei giusti. Genitori non se ne videro e i piccoli crebbero. Se pensate che i ghiri dormano come gli orsi di un letargo di alcuni mesi siete sulla strada sbagliata. Loro hanno un letargo simile a quello degli scoiattoli e cioè: si dorme tutto il giorno, ma alla notte si fa baldoria. Dopo tutto coi loro occhioni grandi e scuri loro sono animali prettamente notturni. Verso le ventidue si svegliavano e via fra una sgranocchiata e l’altra, via a correre come matti sulla ruota (se vi avessi attaccato un alternatore, avrei potuto tenere accesa una lòampadina!). Il divertente era che ci stavano solo in quattro e che, il quinto stava aggrappato all’esterno finendo spesso per partire per la tangente e spiaccicarsi sul fondo della gabbia. Questo però, non lo scoraggiava e risaliva sulla giostra pronto per volare di nuovo a faccia in giù.

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Così tra un gioco e l’altro, una sgranocchiata di castagne, ghiande e frutta varia (si sono mangiati anche un avocado!) e tante belle dormite è passato l’inverno. Le prime gemme stavano sbocciando e la Primavera scaldava i motori per cui decisi che non potevo più rimandare la liberazione nel fitto del bosco. Così a malincuore mi avviai coi miei, ormai vecchi amici, verso il profondo della foresta dove li liberai. Per un attimo rimasero interdetti e mi osservarono con sguardo interrogativo. Poi il richiamo della natura ebbe il sopravvento e, in men che non si dica, sparirono fra i rami deli alberi.

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 Buona fortuna, piccolini!

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Il 19/7/2022 alle 21:13, El Chupacabra dice:

I CINQUE FRATELLINI

Un bel mattino di tardo settembre di qualche anno fa, aprendo la finestra e guardando in giardino, mi colpì la presenza di uno strano oggetto che se ne stava nel mezzo del prato. Mi avvicinai circospetto per accorgermi subito che si trattava di una di quelle casette che avevo sparso su alcuni alberi per agevolare gli uccellini a fare il nido.

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Unità abitativa standard.

 

 

Nel sollevarla mi accorsi che era abitata, ma non da qualche uccellino, bensì da un gruppetto di piccoli ghiri che, tanto per essere fedeli al loro nome “ronfavano della grossa”. Nemmeno la caduta dall’albero li aveva messi in allerta: eppure, per essere precipitata, la casetta doveva essere stata “attaccata”, probabilmente, da qualche animale notturno (un rapace, una martora,…?) che aveva catturato i genitori e, nella lotta, aveva divelto i sostegni. Presi e infilati nella gabbietta per uccelli, li portai in casa e telefonai al veterinario per avere un’idea di come nutrirli, ma non ebbi risposta: non rientrano negli animali domestici. Così, con una ciotola d’acqua e con qualche ghianda e qualche castagna recuperate nel prato ed un pezzetto di mela li lasciai per la notte in cucina chiusi nella gabbietta. Al mattino, la sorpresa: la gabbia era vuota e loro erano sparsi (addormentati tanto per cambiare) per tutto il locale. Chi dormiva nel cesto della frutta, chi nel piccolo paiolo fra olio e aceto, chi di qui chi di là. Erano così piccoli che erano usciti agevolmente attraverso le pur strette sbarre della gabbietta. A questo punto, dopo averli recuperati tutti, infilai la gabbia degli uccelli in quella per il trasporto mici in modo da creare un doppio sbarramento. La cosa funzionò e per rimanere il più fedele possibile alle loro necessità invernali, posi “le gabbie” appese al muro fuori sotto il portico nella speranza di vedere se un genitore si sarebbe fatto vivo. Passarono i giorni, la gabbietta si arricchì di una ruota per fare ginnastica, di un tubo dove infilarsi tutti insieme e di un nido in legno riempito di paglia per il riposo dei giusti. Genitori non se ne videro e i piccoli crebbero. Se pensate che i ghiri dormano come gli orsi di un letargo di alcuni mesi siete sulla strada sbagliata. Loro hanno un letargo simile a quello degli scoiattoli e cioè: si dorme tutto il giorno, ma alla notte si fa baldoria. Dopo tutto coi loro occhioni grandi e scuri loro sono animali prettamente notturni. Verso le ventidue si svegliavano e via fra una sgranocchiata e l’altra, via a correre come matti sulla ruota (se vi avessi attaccato un alternatore, avrei potuto tenere accesa una lòampadina!). Il divertente era che ci stavano solo in quattro e che, il quinto stava aggrappato all’esterno finendo spesso per partire per la tangente e spiaccicarsi sul fondo della gabbia. Questo però, non lo scoraggiava e risaliva sulla giostra pronto per volare di nuovo a faccia in giù.

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Così tra un gioco e l’altro, una sgranocchiata di castagne, ghiande e frutta varia (si sono mangiati anche un avocado!) e tante belle dormite è passato l’inverno. Le prime gemme stavano sbocciando e la Primavera scaldava i motori per cui decisi che non potevo più rimandare la liberazione nel fitto del bosco. Così a malincuore mi avviai coi miei, ormai vecchi amici, verso il profondo della foresta dove li liberai. Per un attimo rimasero interdetti e mi osservarono con sguardo interrogativo. Poi il richiamo della natura ebbe il sopravvento e, in men che non si dica, sparirono fra i rami deli alberi.

 

 

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 Buona fortuna, piccolini!

 

E' anche il mio augurio

apollonia

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Anche la vignetta di questo rebus è una storia è a lieto fine.

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apollonia

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Il rebus è stato risolto nella sezione apposita. Vediamo assieme la soluzione.

Prima vignetta: VI nidi

Seconda vignetta: V à l’idea

Terza vignetta: idea messa in atto

Quarta vignetta: risultato N nate

Quindi: VINI DI VALIDE ANNATE

Aggiungo io: per un brindisi alle paperette, a mamma Chioccia, e ai giovani per la tenerezza e l’affetto sia reciproco sia verso gli animali che traspare specialmente dall’ultima vignetta.

apollonia

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  • 2 settimane dopo...
Supporter

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Da "Il Mese Enigmistico"

apollonia

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  • 2 mesi dopo...
  • 2 settimane dopo...

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