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Sfogliando i cataloghi d’asta o visionando l’enorme mole di materiale accessibile in rete, si nota come per l’inizio della monetazione sibarita si conservi ancora la datazione "alta" del 550 a.C. risalente a studi di vecchia data. E ciò nonostante i dati degli scavi di Sardis (Cahill-Kroll 2005) sembrerebbero comprovare la tradizione erodotea (I, 94) che ascrive alla Lidia di Creso (560-46 a.C.) la prima coniazione dell’argento, che solo successivamente sarebbe passata in Grecia – intorno al 540 per le prime serie corinzie – e in Magna Grecia. Sulla base di questi dati la datazione intorno alla metà del VI secolo per le serie di Sibari sembrerebbe definitivamente perdere credito, mentre resta al centro di un acceso dibattito la questione se l’avvio della coniazione sibarita vada posto nell’epoca precedente l’arrivo di Pitagora (Spagnoli 2013: 540/30) o negli anni immediatamente successivi (Carroccio 2017: post 530/25) in concomitanza con Crotone e Metaponto.

 

Leu 8, 23.10.2021, 10

 

LUCANIA. Sybaris.

Circa 550-510 BC. Stater (Silver, 30 mm, 8.12 g, 12 h). Bull standing left on dotted ground line, his head turned back to right; in exergue, VM; all within border of dots. Rev. Bull standing right on dotted ground line, his head turned back to left; all within border of dots; all incuse. Antike Kunst (1967), 453 ( this coin ). HN Italy 1729. SNG ANS 829. SNG Copenhagen 1388. SNG München 1154. Beautifully toned. Struck on a somewhat irregular flan, otherwise, good very fine.

From the collection of Regierungsrat Dr. iur. Hans Krähenbühl, privately acquired from Bank Leu on 17 December 1963 (with a photocopy of the original invoice enclosed).

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Ma se l’inizio della monetazione in Magna Grecia resta un argomento spinoso e fortemente dibattuto, alcune cronologie relative a singole fasi produttive risultano invece meglio definite. È il caso, solo per citare un esempio, del passaggio dalla tecnica incusa a quella a doppio rilievo che a Caulonia (gruppo E Noe) sembrerebbe porsi non prima degli anni Settanta del V secolo in base alle riconiazioni su didrammi di Siracusa e di Agrigento (Garraffo 1984, 98-9). E sarebbe pertanto auspicabile che queste cronologie, in assenza di nuovi elementi di giudizio, fossero tenute in debito conto nella compilazione delle schede informative delle monete o quantomeno che venisse motivato un eventuale disaccordo nel caso di proposte differenti. Cosa, purtroppo, alquanto rara. In proposito non poche perplessità desta la datazione al 530-485 per l’esemplare cauloniate con tipi in rilievo su entrambi i lati apparso recentemente sul mercato antiquario.

 

Gorny & Mosch 282, 14.10.2021, 3016

 

BRUTTIUM. KAULONIA.

Didrachme ø 23mm (7,37g). ca. 530 - 485 v. Chr. Vs.: ΚΑΥΛ, Apoll schreitet n. r. aus u. hält in der erhobenen Rechten einen Lorbeerkranz, auf dem ausgestreckten l. Arm läuft eine kleine männliche Figur n. r., r. im Feld ein stehender Hirsch. Rs.: ΚΑΥΛ (retr.), rechtshin stehender Hirsch, davor Zweig. SNG ANS 175; Rutter, HN Italy 2046. Zarte Tönung,

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Pur facendo un corretto riferimento bibliografico al catalogo di Rutter (HN Italy, 2046 = gruppo F Noe), i compilatori, inspiegabilmente, non ne hanno seguito l’inquadramento cronologico (ca. 475-425) propendendo invece per una datazione “alta” che risulta inaccettabile. Essa, infatti, pone un problema che dal piano squisitamente numismatico si estende a quello storico. Collocare il gruppo F Noe nel momento iniziale dell’attività della zecca equivale ad affermare (implicitamente) che il doppio rilievo era già in uso tra le colonie (o sub-colonie) achee della Magna Grecia intorno al 530. Peraltro lo stesso commento di Rutter (p. 165) al catalogo precisa che il gruppo F Noe dovrebbe inquadrarsi entro la metà del V secolo circa (ca. 460-450/45) sulla base del noto ripostiglio di S. Giovanni Ionico 1971 edito da Kraay-King nel 1987.

E ci sarebbe da discutere anche sulla definizione dello statere come “didrachme”. Per quanto i due termini siano ormai diventati sinonimi nel linguaggio comune, il significato del termine greco didrachmon resta pur sempre quello di “due volte la dracma” e mal si adatta allo statere di Caulonia che utilizza il piede corinzio.

Ma ancor più insidiosa è la rivisitazione in chiave mitica tipi monetali oggetto di una bibliografia litigiosa. L’iconografia monetale di Caulonia rappresenta a tutt’oggi una delle più enigmatiche della magna Grecia e, senza ripercorrere la secolare storia esegetica del tipo, andrebbe meglio argomentata (soprattutto a livello bibliografico) la presunta identificazione con Dafne (!) - colta nel momento immediatamente precedente la trasformazione in alloro - della piccola figura in corsa sul braccio della divinità. L’immagine è al centro di numerose interpretazioni ma certo è che la sua funzione era quella di esplicitare meglio l’episodio mitico di riferimento attraverso una composizione iconografica il cui significato doveva all’epoca risultare inequivocabile.

 

Heritage Auctions, 3093, 28.10.2021, 31005

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BRUTTIUM. Caulonia. Early 5th century BC. AR stater or nomos (27mm, 7.51 gm, 12h).

[………..] This magnificent piece is dominated by the figure of Apollo, entirely nude and shown in a refined Archaic form, striding to the right. On Apollo's left arm, a small figure, traditionally described as a winged daemon, is depicted running right; to Apollo's right stands a stag, sacred to both Apollo and his sister Artemis. However, as mentioned earlier, the tradition of claiming the small figure as a winged daemon does not seem to be grounded with any evidence connected to either the city or Apollo's mythology and iconography. Most likely, the iconography depicts the myth of Apollo's hopeless pursuit of the nymph Daphne. Upon seeing Daphne for the first time, Apollo had a moment of either love at first sight, or with some intervention of a certain god of love, Eros, fell madly in love with Daphne. He began chasing her. In order to protect herself from his dangerous pursuit, as she had vowed to be a maiden, she pleaded to her father, Peneus, for assistance. In response, Peneus, a river god, transformed Daphne into a laurel tree, thereby thwarting Apollo's pursuit. Still loving Daphne, Apollo vowed to honor her for all time; thus the laurel tree, which is Daphne in Greek (ΔΆΦΝΗ), became Apollo's chief attribute, with the laurel wreath he wore upon his head and the laurel staff he often carried. The laurel wreath became used as a prize for victors, as well as a symbol for the power of leadership. Therefore, the small figure on the coin running away from Apollo with branches in their hands, or as arms, is most likely Daphne mid-metamorphosis. The artist designed this coin type placing in perspective the three figures and giving each a separate ground line and size to show a depth of field. Apollo is the largest and most prominent figure; as such, he is in the foreground. The deer is smaller and has its own ground line, placing it further back in the scene, in the midground. Lastly, there is the small figure of Daphne with her ground line behind Apollo's arm. She is the smallest figure because she is the furthest away. She looks back to see if Apollo is still in pursuit as she runs away mid-transformation. By depicting the figures this way, the artist cleverly shows the full story of the myth, stuck forever in a pregnant pause.

Va infatti osservato che si tratta di una figura in secondo piano e la cui resa stilistica appare estremamente eterogenea, a volte abbastanza accurata, altre estremamente schematica. Su alcuni coni sembra addirittura alata (?) e rivestita da una sorta di clamide (?), su altri del tutto sommaria e ridotta ad una forma stilizzata e disarmonica con sproporzione delle parti anatomiche. È come se si trattasse di un’immagine la cui iconografia, al contrario di quella di Apollo e della cerva, non attinge ad un repertorio iconico standard e pienamente definito ma resta affidata ad una variegata ed autonoma rielaborazione dell’incisore. Non a caso è stata identificata con un daimon, il quale peraltro tenderà a sparire nel corso delle emissioni a doppio rilievo.

Questo stato di indeterminatezza non mi pare possa contribuire all’identificazione della piccola figura in corsa – dall’esecuzione progressivamente scadente – con una ninfa dalla celebrata bellezza quale Dafne, anche (e soprattutto) tenuto conto delle fattezze dell’immagine che mi sembrano assimilabili ad una figura maschile più che femminile.

 

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Semmai si può parlare di un Apollo daphneforos nel senso letterale di portatore di alloro, ma non di più in quanto l’epiclesi del dio (se presente) è alquanto controversa. Adornato (2007), ad esempio, propone  di leggere l’iconografia monetale come il ritorno di Apollo Daphnephoros nel santuario delfico con il pais amphithales o di interpretare la figura in corsa sul braccio del dio come l’eidola, lo spirito di un defunto. In quest’ultimo caso la scena rappresenterebbe la purificazione del luogo sacro dall’eidolon di un daimon. Ma a prescindere da queste interpretazioni, certamente suggestive ma non comprovate, si può osservare che un riflesso della tipologia cauloniate si può cogliere nell’attività dell’incisore che tra fine V e inizio IV secolo a.C. realizzò alcuni pregevoli coni per la zecca di Abdera, i quali peraltro, come sottolinea Gorini (2010), contribuiscono all’identificazione con Apollo del tipo cauloniate.

 

Nomos 3, 2011, 37

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Lanz 138, 2007, 169

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E mi chiedo se, mutatis mutandis, la piccola Nike in corsa sul braccio di Apollo che versa l’acqua nella patera retta dal dio non possa richiamare quello stesso atto di purificazione compiuto dal daimon (o altro essere) ritratto sugli incusi cauloniati. A ben vedere non mancano nel corso delle emissioni simboli che conducono in questa direzione, tra cui trampolieri, fontane, altari e corone d’alloro.

 

Abbreviazioni:

Adornato 2007 = G.   Adornato, XAPAKTHP. Note iconografiche sugli stateri di Kaulonia, in M.C.  Parra (ed.), Kaulonìa, Caulonia, Stilida (e oltre). Contributi, storici, archeologici e topografici, II, Pisa 2007, 333-49.

Cahill-Kroll 2005 = N. Cahill-J.H. Kroll, New Archaic Coin Finds at Sardis, “American Journal of Archaeology”, 109/4, 2005, 589–617.

Carroccio 2017 = B. Carroccio, Monetazioni incuse, Pitagorismo e aristocrazie indigene: appunti per una ridefinizione del problema, in G. De Sensi Sestito-S. Mancuso (edd.), Enotri e Brettii in Magna Grecia. Modi e forme di interazione culturale, II, Soveria Mannelli 2017, 77-107.

Garraffo 1984 = S. Garraffo, Le riconiazioni in Magna Grecia e in Sicilia. Emissioni argentee dal VI al IV secolo a.C., Catania 1984.

Gorini 2010 = G. Gorini, Intervento, in L. Lepore-P. Turi (edd.), Caulonia tra Crotone e Locri (Atti del Convegno internazionale - Firenze 2007), Firenze 2010, 480-94.

Spagnoli 2013 = E. Spagnoli, La prima moneta in Magna Grecia: il caso di Sibari, Pomigliano d’Arco 2013.

 

            

 

 

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Buongiorno e grazie per questa splendida discussione.

Ti volevo chiedere qualche informazione in più in merito alle due ultime monete che citi... Nomos 3, 2011, 37 e Lanz 138, 2007, 169. 

Vorrei comprenderne meglio la loro collocazione storica e geografica, e il loro significato intrinseco. 

Grazie ?

 


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12 ore fa, Lino86 dice:

Buongiorno e grazie per questa splendida discussione.

Ti volevo chiedere qualche informazione in più in merito alle due ultime monete che citi... Nomos 3, 2011, 37 e Lanz 138, 2007, 169. 

Vorrei comprenderne meglio la loro collocazione storica e geografica, e il loro significato intrinseco. 

Grazie ?

 

Ciao Lino e grazie per la richiesta di informazioni che ti fornisco volentieri anche se in modo forzatamente sintetico.

La monetazione della tracia Abdera – colonia greca prima di Clazomene (ca. 655/50), poi di Teos (544/3 a.C.) -, celebre per la sua scuola filosofica, è stata oggetto di uno studio analitico a firma di J.F. May, The Coinage of Abdera (540-345 BC), London 1966.

La zecca adottò lo stesso tipo monetale della sua “seconda” metropoli, ossia il grifone, variandone esclusivamente la direzione (a sinistra).

Per quanto concerne le monete con Apollo al R/ esse appartengono al periodo VI della classificazione May (tipi 349 e 449), datato al 411/10-386/5 se non oltre, ossia nel periodo immediatamente successivo la defezione della città dalla Lega delio-attica - avvenuta probabilmente nel 411 sulla scia di Thasos - quando la zecca adottò il sistema eginetico, probabile spia del nuovo indirizzo politico assunto durante il turbolento periodo della rivolta anti-ateniese.

 Si tratta di emissioni che associano al tradizionale tipo del D/ (grifone) immagini allusive al nome del magistrato presente al R/. Nel caso specifico si ripropone una formula ampiamente nota anche attraverso i documenti epigrafici (EPI APOLLADOS) che indica il personaggio (magistrato) incaricato/responsabile della coniazione a cui si associa di frequente (ma non sempre) la relativa immagine “parlante”. Tali personaggi peraltro dovettero avere anche una certa influenza nella scelta del repertorio tipologico. Così ad  Apollas viene abbinata la statua di Apollo, a Dionysas la testa di Dioniso, a Pythagores una testa barbuta che forse rappresenta il filosofo Piragora, a Python il tripode delfico, ecc. Un fenomeno simile si riscontra nella monetazione romano-repubblicana, sebbene in un contesto socio-politico del tutto diverso.

Nel caso di Apollo la divinità viene raffigurata con attributi tipici della sfera cultuale tra cui la cerva, animale sacro al dio e alla sorella Artemide, e il ramo d’alloro (Apollo Daphneforos) che richiamava la virtù purificatrice e risanatrice del dio (Apollo Alexikakos), ma che costituiva anche l'ambito premio pei vincitori pitici.

Non si esclude nemeno che le immagini monetali del dio derivino da una statua (o più) di culto esistente in città, che per Raven (Review, “Num. Chr.”, 7, 1967, 294), sulla scia di Müller, sarebbe quella quella di Apollo Derenos, divinità citata da Pindaro (Peana 2) proprio in riferimento ad Abdera. L’epiclesi è tuttavia controversa: Wilamowitz (Pindars Paean für Abdera, in Id., Sappho und Simonides. Untersuchungen über griechische Lyrike, Berlin 1913, 246-56) rifacendosi ad uno scolio all’Alessandra di Lycofrone (Schol. ad Lycophr., Alex., 440), ritiene l’epiclesi Derenos si riferisca al nome stesso del luogo dove si trovava il tempio di Apollo. Danov (Altthrakien, Berlin-New-York 1976, 162), invece, propone di ricercare l’origine del nome nell’ambito dell’onomastica delle tribù della Tracia settentrionale (Zeranioi, Zerania) ritenendo che il culto di Derenos, originariamente tracio (Derenos), solo successivamente fu assimilato a quello propriamente ellenico di Apollo (Dereinos). Su questa linea si pone anche Rokov (The Cult of Apollo Derenos in Abdera, “Epoché”, 1-2, 2004, 57-64), secondo cui il termine Derenos trarrebbe origine dal nome della tribù dei Derrones.

Un utile focus delle vicende storiche (e numismatiche) si trova in B.H. Isaac, The Greek Settlements in Thrace Until the Macedonian Conquest, Leiden 1986, 73 ss.

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Inviato

Anche questo, un intervento dettagliato e di grande interesse come sempre .

Per quello che E. Spagnoli titola " il caso di Sibari " la mia esigua documentazione  @dracma  non dissipa una mia curiosità .

Accettando che i rapporti tra Sibari e Mileto fossero importanti e di non breve periodo, la conoscenza in Sibari della monetazione della Ionia e della Lidia dovrebbe esserne ragionevole conseguenza .

Creso avrebbe avviata la monetazione in argento dopo il 560 a.C. , con tipologie precedute da non meno di 1 secolo di monetazione in elettro, questa diffusa anche nella Ionia .

Misurando il tempo in generazioni, Sibari è esistita ( fino al 510 a.C. ) per 9 generazioni, avendo iniziata e sviluppata la propria, cospicua monetazione, solo nell'ultima di queste e non prima . 

 


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8 ore fa, VALTERI dice:

Anche questo, un intervento dettagliato e di grande interesse come sempre .

Per quello che E. Spagnoli titola " il caso di Sibari " la mia esigua documentazione  @dracma  non dissipa una mia curiosità .

Accettando che i rapporti tra Sibari e Mileto fossero importanti e di non breve periodo, la conoscenza in Sibari della monetazione della Ionia e della Lidia dovrebbe esserne ragionevole conseguenza .

Creso avrebbe avviata la monetazione in argento dopo il 560 a.C. , con tipologie precedute da non meno di 1 secolo di monetazione in elettro, questa diffusa anche nella Ionia .

Misurando il tempo in generazioni, Sibari è esistita ( fino al 510 a.C. ) per 9 generazioni, avendo iniziata e sviluppata la propria, cospicua monetazione, solo nell'ultima di queste e non prima . 

 

Hai pienamente centrato una delle maggiori questioni poste dal volume citato. La ricostruzione delle emissioni sibarite proposta dall'A. induce infatti a riflettere su non poche problematiche e la prima risiede proprio nella data d'inizio delle emissioni. In altri termini che quella di Sibari sia davvero "la prima moneta in Magna Grecia" è tutto da dimostrare ed è necessaria una certa prudenza, soprattutto nel caso di monetazioni così antiche, quando si propongono cronologie iniziali (540/30) basate su calcoli statistici e dati quantitativi. E nondimeno quando si prospetta una certa regolarità della coniazione che invece regolare non sembra a giudicare dalla discontinuità che emerge dalla sequenza dei coni, costituita per lo più da coppie isolate alternate a piccole strutture a grappolo. 

Se poi dai dati di Sardis confermano lo slittamento, già prospettato, al 540 circa per l'avvio della moneta corinzia, risulta ancor meno credibile che Sibari abbia cominciato ad emettere moneta intorno a quella data e quindi in sostanziale concomitanza con Corinto. E' pur vero che i contatti tra le due poleis appaiono precoci e intensi e non solo a livello monetale (tondello sottile, sistema ponderale, presenza di pegasi e di moneta sibarita nel tesoro di Sambiase, riconiazioni) ma è altrettanto difficile ammettere una cronologia pressoché omogenea per le due valute  in un ripostiglio, come quello di Sambiase (56+ stateri di Sibari, fase A; 3 stateri di Corinto, periodo I Ravel; 1 lingotto AR) considerato che il divario tra due centri di emissione avrà necessariamente comportato un certo lasso di tempo per l'arrivo dei pegasi in Magna Grecia (Carroccio 2017), i quali, peraltro, potrebbero essere stati tesaurizzati proprio in virtù del loro carattere ormai obsoleto e, in quanto straniera, priva di corso legale (e quindi tesaurizzata o, all'occorrenza, riconiata).

Hai ben ragione quando affermi che gli intensi rapporti tra Sibari e il mondo orientale, e Mileto in particolare, si sarebbero potuti tradurre in un utilizzo precoce utilizzo della moneta coniata nella colonia achea e non solo nell'ultima fase di vita. Il problema tuttavia sta proprio nel comprendere la causa (o le cause) che avrebbe determinato l'avvio della coniazione -  che secondo l'A. fu soprattutto una scelta culturale (p. 208) - e soprattutto un volume di emissione del tutto senza precedenti e che nell'arco di appena un trentennio equivale a circa 1/3 (408 coppie di coni) di quello documentato a Taranto in 230 anni di monetazione (510-280 a.C.: 1141 coppie) - benché per quest'ultima disponiamo dei soli dati relativi agli stateri e non è nota l'incidenza dei divisionali.

A cosa poteva servire un tale gettito di moneta concentrato in un periodo tutto sommato ristretto (540/30-510) e tenuto conto che l'A. parla di funzionalità connesse con esigenze soprattutto interne alla polis, generatesi e strutturatesi in particolar modo dopo la vittoria su Siris e legate alla proprietà terriera e agli ambienti aristocratici?

 

 


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