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Halloween è una festa italiana, lo dice l’antropologia

 

Secondo alcuni studi antropologici, Halloween è una festa italiana che deriva dalla tradizione del “Coccalu di muortu” a Serra San Bruno, in Calabria. Le popolazioni meridionali italiane, emigrando negli Stati Uniti, avrebbero dato origine alla festa di Halloween come la conosciamo oggi

Halloween è una tradizione italiana. Non è una presa in giro, ma la tesi che Luigi Maria Lombardi Satriani, antropologo calabrese e professore all’università Sapienza di Roma, sostiene nel suo libro “Il Ponte di San Gacomo”, in cui analizza i luoghi del mondo contadino dove si rifugia e si affronta la morte.

In un capitolo del libro Lombardi Satriani, infatti, ipotizza che la popolare festa degli orrori statunitense non sia altro che la contaminazione di una tradizione popolare tutta italiana ed in particolare calabrese.

A Serra San Bruno, paese in provincia di Vibo Valentia, in Calabria, da secoli per la ricorrenza dei morti i bambini  svuotano grosse zucche gialle, danno loro l’aspetto macabro e spaventoso di un teschio e vanno in giro per il paese chiedendo un’offerta.

Halloween e la tradizione del “Coccalu di muortu”

È la tradizione – spiega Maria Luigi Lombardi Satriani nel libro – del ”Coccalu di muortu”, teschio di morto in dialetto serrese,  di cui l’antropologo ha trovato traccia in Calabria molto prima che negli Stati Uniti iniziasse la tetra messa in scena di Halloween.

L’usanza di svuotare una zucca, ricavarne tratti di un viso umano e porvi dentro una candela risalirebbe quindi alla migrazione delle popolazioni meridionali in America che avrebbero portato con loro e continuato a praticare una tradizione dal significato antropologico ben preciso, ovvero stabilire un contatto con i propri cari defunti. In Italia e in Calabria Halloween sarebbe, dunque, una “festa di ritorno”.

Una tradizione esportata e rientrata nel Bel Paese con nuove usanze e nuovi riti. I gruppi di bambini che fanno il giro del paese con la zucca chiedendo un’offerta sarebbero la versione più antica e popolare del “dolcetto o scherzetto”.

Proprio come i loro coetanei  americani, i bambini di Serra, infatti, bussano alle porte o più semplicemente fermano la gente per strada chiedendo: “Mi lu pagati lu coccalu?” (Mi pagate il teschio di morto?), un modo diretto per dire “guardate che bel lavoro che ho fatto per i nostri defunti, volete darmi un premio”. E il premio è quasi sempre una piccola somma di denaro che alla fine del giro i bambini dividono tra di loro per andare a comprare qualche leccornia.

Nonostante negli utlimi anni le celebrazioni di Halloween  siano entrate nel giro della globalizzazione, la tradizione del “coccalu di muortu” a Serra San Bruno ha conservato il sapore antico della tradizione.

Lo conferma il sindaco, Bruno Rosi, che al telefono spiega ad Italyamonews come i bambini di oggi seguano esattamente la tradizione tramandata dai loro avi.

“La tradizione è ancora molto viva in paese. Tutti i bambini a partire dal 31 ottobre cominciano a svuotare la zucca gialla – precisa il primo cittadino – vi intagliano, occhi, naso e bocca per dare le sembianze di un teschio e cominciano a fare il giro del paese chiedendo un’offerta. Si è sempre fatto. Anche io da bambino l’ho fatto e si continuerà a farlo. Fa parte della nostra tradizione” che, per fortuna non è stata intaccata dalla globalizzazione di Halloween. I bambini serresi non vanno in giro mascherati, non indossano maschere spaventose. Si divertono e fanno rivivere una tradizione dal forte significato antropologico.

Una tradizione che è, quindi, lontana dai riti pagani di Halloween e che da secoli viene celebrata in uno dei luoghi più mistici della Calabria.

Serra San Bruno

Serra San Bruno, che sorge sull’altopiano delle Serre, deve infatti, la sua origine alla venuta in questi luoghi del monaco Bruno di Colonia, fondatore dell’ordine dei Certosini, che qui costruì un eremo, la Certosa di Santo Stefano del Bosco, primo monastero in Italia e secondo in Europa dopo quello di Grenoble in Francia.

Serra San Bruno

Il paese è formato dal centro storico, chiamato Terra Vecchia, e da Spinetto, quartiere più nuovo del primo perché ricostruito dopo il terremoto del 1783 che distrusse anche alcuni edifici del monastero, tra cui la Chiesa conventuale certosina di cui oggi rimane solo la cinquecentesca facciata in granito. Camminando a Serra San Bruno e negli splendidiboschi in cui è immersa si è lontani dal mondo di streghe e fattucchiere di Halloween.

Qui le numerose chiese conservano preziose 

testimonianze del glorioso passato artistico e mistico di questo  bellissimo paese, da cui già sul finire dell’ottocento in tanti partirono alla ricerca di fortuna.

È quindi verosimile pensare che gli emigrati arrivati negli Stati Uniti abbiano continuato a praticare gli usi e i costumi della terra d’origine e che le tradizioni italiane (tradizioni similari a quella di Serra San Bruno sono state riscontrate in Friuli, Sardegna, Puglia, Sicilia, anche queste terre di forte emigrazione) abbiano incrociato quelle celtiche ed irlandesi della festa di Samhain (fine dell’estate inizio del nuovo anno), a cui si fa risalire la festa di Halloween (All – hallows eve).

https://www.roma-artigiana.it/halloween-una-festa-italiana/

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Modificato da ARES III
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Inviato

Sinceramente la tradizione delle zucche a mo'di lanterna per spaventare le persone nei giorni precedenti alla festa di Ognissanti la si ritrova anche in Ungheria, però solo negli ambienti protestanti tedeschi (calvinisti). Come mi raccontava mio nonno quando era bambino nel quartiere protestante lui con i suoi amici, dopo aver svuotato e intagliato una zucca , mettevano una candela accesa al suo interno. Poi la zucca veniva appoggiata su una struttura in legno a forma di croce che veniva vestita con una camicia logora. Infine i ragazzi prendevano questa specie di spaventapasseri e giravano la sera per i vicoli poco illuminati spaventando i passanti.

Questa tradizione non è conosciuta dalla popolazione ungherese se non dalla minoranza protestante tedesca.


Inviato (modificato)

Nei giorni 'dei Santi' in campagne del basso Piemonte/Langa, da tempi lontani i contadini, lungo viottoli e sentieri, a volte ponevano ( pongono ? ) su pali, dei contenitori svuotati e forati ( zucche o altro ) con all' interno piccoli lumi accesi .

Modificato da VALTERI

Inviato

Anche in Campania esiste questa tradizione. Ricordo da bambino il rito dello svuotamento della zucca, gli occhi rotondi, il naso a forma di triangolo, la bocca a forma di rettangolo allungato. Si prendevano dei bastoncini che si infilzavano nello spazio vuoto della bocca per farne una sorta di dentatura. Naturalmente si iniziava dal tagliare la porticina posteriore da cui si estraeva il contenuto della zucca e da dove si introduceva il cero. Ricordo che facevamo due buchetti nella parte superiore della zucca. Lo scopo era quello di passarci uno spago per poterla appendere ad una ringhiera o a un albero o a qualsiasi posto in alto in modo che si vedesse da lontano. Così era pronta "a cap 'e mort" che tradotto, per chi non comprende la lingua napoletana, "la testa di morto".

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Inviato

In greco moderno kòkkalo, o kòkalo (κόκαλο) significa osso.

 


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