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IGNORED

Da "Italia Numismatica" del 1961


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Supporter
Inviato

A legger questo trafiletto risalente a 60 anni fa mi viene in mente la massima: "La storia si ripete perché nessuno ascolta la prima volta"


Inviato (modificato)

A volte ci sono assestamenti di mercato che sono molto rapidi. Questo capita quando arrivano capitali freschi in un settore. Nell'articolo si parla infatti di investitori nuovi disposti a spendere tanto. La stessa cosa potete leggerla in tutte le ultime discussioni sull'argomento. Ringrazio @Alberto Varesi per aver riportato questo articolo.

Una situazione simile è avvenuta nei parsi ex comunisti, dove in pochi anni le monete hanno raggiunto valori di parecchie volte superiori che in precedenza. Prima o poi arriva un nuovo equilibrio e tutto torna nella norma.

Infine c'è chi resta ancorato alla situazione precedente. Ho amici che continuano a dirmi che compravano zecchini veneziani a 20.000 lire... ☺️

Arka

Diligite iustitiam

Modificato da Arka

Inviato
42 minuti fa, Arka dice:

Infine c'è chi resta ancorato alla situazione precedente. Ho amici che continuano a dirmi che compravano zecchini veneziani a 20.000 lire... ☺️

Arka

Diligite iustitiam

Modificato 39 minuti fa da Arka

Non c'è nulla di strano a pensare che si vendevano zecchini a 20.000 lire ( naturalmente anni comuni e conservazioni normali) facendo semplicemente due conti: negli anni 50 e per tutti i 60, una sterlina d'oro costava circa 6.000 lire, la stessa contiene il fino di due zecchini, con le nostre 20.000 acquistavamo 3,33 pezzi di sovrane, quindi se consideriamo il valore di una sterlina d'oro ad oggi, 390 abbiamo un valore di € 1.298,  non pensi che con tale cifra si possa acquistare uno zecchino? Sicuramente due, forse se ci si accontenta nella conservazione anche tre! Come vedi anche se paiono poche 20.000 lire per uno zecchino, nella moneta di 50/60 anni fa, probabilmente oggi costano ancor meno!!! 

Saluti 

TIBERIVS 

 


Inviato

Molto bello questo trafiletto e scritto in un italiano molto colto e cortese. Io però sono degli anni 80 e forse mi è consentito non conoscere le bolle speculative dei mercati che si sono verificate 20 anni prima della mia nascita, e forse anche se nn sono sicuro, così tanto comprare era permesso dal diffuso benessere di cui si parla ancora oggi relativo a quegli anni. Permettetemi però di dire che ora come allora secondo me la numismatica si divide tra piccoli collezionisti e altre tipologie di persone che comprendono grandi collezionisti commercianti e investitori, e davanti ad un vecchio problema che ritorna, occorre vedere se ci sono strumenti nuovi per affrontarlo o se occorra rifarsi a quelli vecchi. Io nel mio piccolo vedo un solo  rimedio....comprare poco e in bella conservazione, se quel poco diventa assai dispendioso, anche se il collezionista che è in me insisterebbe con le offerte, cedere il passo.....passata la delusione iniziale e lo spirito competitivo da asta  mi rendo conto di aver fatto la miglior scelta!

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Inviato
3 ore fa, Devant81 dice:

Molto bello questo trafiletto e scritto in un italiano molto colto e cortese. Io però sono degli anni 80 e forse mi è consentito non conoscere le bolle speculative dei mercati che si sono verificate 20 anni prima della mia nascita, e forse anche se nn sono sicuro, così tanto comprare era permesso dal diffuso benessere di cui si parla ancora oggi relativo a quegli anni. Permettetemi però di dire che ora come allora secondo me la numismatica si divide tra piccoli collezionisti e altre tipologie di persone che comprendono grandi collezionisti commercianti e investitori, e davanti ad un vecchio problema che ritorna, occorre vedere se ci sono strumenti nuovi per affrontarlo o se occorra rifarsi a quelli vecchi. Io nel mio piccolo vedo un solo  rimedio....comprare poco e in bella conservazione, se quel poco diventa assai dispendioso, anche se il collezionista che è in me insisterebbe con le offerte, cedere il passo.....passata la delusione iniziale e lo spirito competitivo da asta  mi rendo conto di aver fatto la miglior scelta!

Vedi, il punto è che non sono bolle speculative del mercato numismatico.

Quello che dovremmo capire dal trafiletto postato da Varesi, è che la numismatica è una forma d'investimento e, come tale, è destinata a salire nel tempo; era così prima e continuerà ad essere, ovviamente con dei distinguo.

Nell'articolo del 1961 si danno tre motivazioni all'impennata delle quotazioni, che in parte potrebbero valere ancor oggi.

La prima: la gente si fa prendere  dall'euforia dell'asta  e strapaga quello che sul mercato si può trovare a meno, anche alla metà o addirittura un decimo.

Può esserci qualcuno così e ne ho conosciuti, ma non è la norma nelle aste; anche se durante il lockdown (dovuto alla scusa del covid) qualche eccesso c'è stato.

Poi, siamo sicuri che ad oggi sul mercato si possa trovare qualcosa a meno? Oggi (e dico oggi, che solo pochi anni fa era diverso) sul mercato non trovi quasi niente!
La seconda: nuovi compratori che racimolavano tutto, per investimento e guadagno. Ora, invece, puntano solo sulla qualità, sulla conservazione. In effetti si sono rarefatti i collezionisti di fascia bassa e media, quelli che si accontentavano di un BB o, financo, di un MB.

Questo perché vi erano appassionati di numismatica anche tra le persone di finanze normali o modeste, ma che avevano comunque una certa cultura; ora, (salvo eccezioni) un giovanotto con stipendio di livello base, secondo voi comprerà qualche moneta dei tempi passati o acquisterà l'ultimo modello di telefonino?

E così la numismatica sarà per i più abbienti; che investiranno i loro soldi sulle belle monete, che sono alla loro portata.

La terza motivazione: la perdita di valore della lira, dovuta all'inflazione cagionata dallo stampare cartamoneta in modo scriteriato. E non è quello che sta avvenendo anche oggi con l'euro da parte della BCE?

La Banca Centrale Europea decide la quantità delle banconote da stampare nella zona di circolazione dell’Euro, ma fisicamente la maggior parte delle banconote in circolazione vengono stampate dalle banche nazionali degli stati membri, o da stampatori privati autorizzati. Stanno stampando moneta a tempo pieno; e tutta questa carta va per lo più alle banche, non alla gente; e le banche la usano per i loro giochetti finanziari (qui sì vedrei la bolla speculativa).

In questa situazione mi dovrei comprare un titolo a rendimento insignificante, che è carta ad alto rischio, o piuttosto una bella moneta?

Aggiungerei poi un ulteriore rilievo: oggi con internet anche il mercato numismatico è globale, con compratori da ogni parte del mondo.

E se dopo la caduta del muro arrivarono i russi, ora vediamo sempre più cinesi, rumeni, polacchi; e già si affacciano indiani e indonesiani.

 

 

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Inviato (modificato)
59 minuti fa, gioal dice:

 

La terza motivazione: la perdita di valore della lira, dovuta all'inflazione cagionata dallo stampare cartamoneta in modo scriteriato. E non è quello che sta avvenendo anche oggi con l'euro da parte della BCE?

La Banca Centrale Europea decide la quantità delle banconote da stampare nella zona di circolazione dell’Euro, ma fisicamente la maggior parte delle banconote in circolazione vengono stampate dalle banche nazionali degli stati membri, o da stampatori privati autorizzati. Stanno stampando moneta a tempo pieno; e tutta questa carta va per lo più alle banche, non alla gente; e le banche la usano per i loro giochetti finanziari (qui sì vedrei la bolla speculativa).

 

 

 

Aggiusterei il tiro su alcune affermazioni del punto 3: nel 1961, anno dell'articolo, la lira non era assolutamente inflazionata per una stampa senza criterio, per assistere a questo scenario si dovrà attendere quasi vent'anni  ( fine anni 70 ma soprattutto anni '80) quindi per il 1961 non era certo il motivo  flazionistico che spingeva questo tipo di acquisti. 

La BCE è vero sta stampando ( mai come la FED) è ininfluente al problema se tutta questa carta viene prodotta da stamperie nazionali o private, comunque stampano ciò che la BCE decide. 

Questa massa monetaria non è usata dalle banche per i loro "giochetti" speculativi in borsa, ma, in larga misura, viene "prestata" alle banche che sono "invogliate" ad acquistare le emissioni del nostro debito pubblico, che con i tassi attuali più nessun privato acquista. 

Saluti 

TIBERIVS 

 

 

Modificato da TIBERIVS
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Inviato
Il 29/10/2021 alle 15:10, lorluke dice:

A legger questo trafiletto risalente a 60 anni fa mi viene in mente la massima: "La storia si ripete perché nessuno ascolta la prima volta"

Non mi e’ chiaro cosa occorrerebbe fare affinché non si ripeta 

sessanta anni fa era cosi, ma e’ stato vero anche per gli anni Settanta ( che hanno portati ai forse unici veri eccessi di valutazione - per il cui smaltimento quali sono occorsi decenni ), e per i primi duemila e se vogliamo il trend dura tuttora.

la domanda e’ : si puo’ fermare il Mercato? Provateci e poi mi dite.

e’ giusto fermare il Mercato? In Cina ci ha provato un certo Signor Xi che qualche anno fa ha provato ad ordinare alla Borsa di salire ma sembra gli sia andata male e allora oggi ha cambiato strategia - invece della Borsa che non riesce a governare se la prende con i capitalisti ( quotati in Borsa) che quelli - si - gli devono dare retta ?

per il resto non credo ci sia da tirar fuori insegnamenti o morale dalla situazione degli Anni Sessanta ( ma idem anche di cento anni fa). Si tratta invece di constatare come si muove il Mercato.

sta a noi poi decidere se e come seguirlo…


Inviato
3 ore fa, TIBERIVS dice:

Aggiusterei il tiro su alcune affermazioni del punto 3: nel 1961, anno dell'articolo, la lira non era assolutamente inflazionata per una stampa senza criterio, per assistere a questo scenario si dovrà attendere quasi vent'anni  ( fine anni 70 ma soprattutto anni '80) quindi per il 1961 non era certo il motivo  flazionistico che spingeva questo tipo di acquisti. 

L'esplosione dell'inflazione a mia memoria parte dal 1973 e da lì è stata sempre alta; prima non ho memoria, ma è proprio nell'articolo del 1961 che si afferma che la lira non ha più il potere d'acquisto precedente; e infatti i nostri genitori ben sapevano di che si trattava.

Del resto, storicamente è sempre esistita; i prezzi son sempre aumentati; poi, negli ultimi anni andavano dicendo che non ci fosse, così tenevano bassi i tassi e gli stipendi; in realtà, se andavi a far la spesa, la percepivi, eccome!

E che ciò dipendesse sempre dallo stampar moneta (come negli anni 80) non è detto, ma certamente farlo la fa aumentare; ed è quello che stanno facendo ora, sia BCE che FED.

Come dice un mio amico, che spende a man bassa: "tanto è tutta carta!".

Ma ora vorrebbero toglierci anche quella; in passato han tolto la convertibilità della banconota, ora nemmeno vogliono più darcela (c'è già il progetto dell'euro digitale); tanto ai boccaloni si fa credere che far sparire il contante, serve a evitare l'evasione fiscale.


Supporter
Inviato

Il Mercato non si può fermare e non sarebbe neanche corretto fermarlo senza intaccare valori ben superiori da tutelare.

Semmai, quello che invece si dovrebbe fare è individuare margini di miglioramento e regolamentare il Mercato stesso in modo tale che sia coerente con il contesto in cui opera.

L’articolo del post #1 e’ proprio significativo e dovrebbe far riflettere un po’ tutti. 
Cosa è sostanzialmente cambiato oggi rispetto a ieri leggendo l’articolo?
La verità forse sta nel fatto che dietro a questo Mercato, oggi, c’è un intreccio internazionale di interessi economici, un vero business che certe volte travalica l’oggetto del “contendere”.

Regolamentare, diffondere cultura, informare, essere trasparenti, queste dovrebbero essere le carte vincenti.

Domenico


Inviato (modificato)
11 ore fa, Oppiano dice:

Semmai, quello che invece si dovrebbe fare è individuare margini di miglioramento e regolamentare il Mercato stesso in modo tale che sia coerente con il contesto in cui opera.

Questo è un punto molto delicato. 
il commercio numismatico ( di monete da collezione - distinto dal mercato ‘bullion’ ovvero monete in oro da investimento) al pari dell’antiquariato, del commercio di libri antichi, dipinti etc etc non sono mercati  regolamentati sotto l’aspetto economico ( lo sono sotto l’aspetto normativo ai fini dell’esportazione e della eventuale prelazione che lo Stato puo’ esercitare nello scambio che avviene in asta pubblica di questi beni - tra l’altro non nello scambio tra privati). 
Ma il meccanismo della formazione dei prezzi - che avviene con lo strumento della vendita all’asta - e’ un meccanismo di mercato dove l’autorità di controllo non esiste, o meglio dove lo Stato/autorità pubblica, si astiene dall’intervenire ( eccetto nei paesi a regime autarchico per le sole transazioni nazionali). 

 un’autorita’ di controllo esiste per i Mercati finanziari ad esempio che - non a caso - si chiamano mercati regolamentati, che provvede a normare l’attività di questi mercati e degli strumenti utilizzati come l’emissione di azioni ed obbligazioni che sono strumenti finanziari ( Consob in Italia, SEC in USA, AMF in francia etc).

pero’ e’ importante notare che anche queste autorità dei mercati non intervengono MAI nel meccanismo di formazione dei prezzi che e’ lasciato libero, liberissimo, di incrociare domanda e offerta al livello che ritiene piu’ opportuno. Non esiste quindi un tetto alla quotazione di un’azione ( prendere l’esempio di Tesla o anche del Bitcoin) ma si sorveglia invece che gli scambi e soprattutto le informazioni che portano alla quotazione avvengano secondo la normativa del mercato regolamentato e quindi ad esempio  che l’azienda quotata comunichi in modo trasparente fatti o dati che possono influire sul prezzo del suo titolo.

Sul meccanismo di formazione del prezzo non si interviene mai. Cosi nel 1600 alla borsa merci di Amsterdam i bulbi dei  tulipani avevano potuto raggiungere  quotazioni completamente folli senza che nessuna autorità - nemmeno quella regale - potesse fermarne lo scambio. Idem funziona con le monete. 
ammesso che tutti i realizzi cui assistiamo siano autentici ( e non lo do’ per scontato nella totalità dei casi ma nella grande maggioranza si) è il mercato stesso che - nel corso del tempo - si riequilibra da solo assorbendo gli eccessi, con naturalmente vincitori e vinti a seconda se quanto si e’ comprato si riesca poi a rivendere ( con profitto o meno). 


I realizzi attuali di alcune monete sono la conseguenza di eccessi competitivi. Si paga oggi un prezzo che potrebbe essere definito un prezzo di scambio che la moneta avra’ tra 3-4 anni. Per monete di particolare qualità e rarità ci puo’ stare tranquillamente.

per monete invece meno ‘dotate’ essendo il mercato di scambio altamente imperfetto ( in un’asta successiva uno degli acquirenti piu’ agguerriti puo’ magari astenersi o essere impossibilitato a partecipare facendo mancare  un elemento fondamentale per il rialzo del prezzo ) il rischio di pagare ‘troppo’ e che la moneta resti ‘al palo’ purtroppo esiste  anche se nel tempo le quotazioni tendono - in media - comunque a salire. 

Il mercato delle opere d’arte contemporanee esprime follie ancora piu’ estreme. Un quadro che si e’ parzialmente autodistrutto ( Banksy) e’ stato venduto ad 1 milione di sterline nel 2018 ( subito prima che si autodistruggesse) acquisendo una popolarità planetaria per essere rivenduto a 16milioni quest’anno ( e non si fermera’ li).

follie? Si 

puo’ intervenire/ interviene un’autorita’ di mercato a fermare tale follia? No

chi ha comprato il quadro a 1 milione puo’ definirsi folle ma e’ corretto definirlo  fesso ( lo ha rivenduto a 5 e quest’ultimo acquirente a 16) ? Giudicate voi.

Questa storia ci insegna qualcosa? A me sfugge cosa ( meglio farci una battuta sopra - si rischiano di dire banalità).
 

Ma tornando all’affermazione di OppianO. Chi e come potrebbe regolamentare il mercato numismatico? E con quale autorità ( essendo tra l’altro buona parte delle transazioni trasnazionali). E su quali principi potrebbe essere regolamentato: impedendo a qualche collezionista fesso di fare delle follie? 
magari ‘fessi’  ( io lo sono spesso ?) lo siamo stati un po’ tutti una volta o l’altra nelle nostrr battaglie per aggiudicarci una moneta.
a volte quella moneta si e’ poi apprezzata di valore oltre quanto l’abbiamo pagata. Altre invece la nostra ‘follia’ e’ rimasta tale. 
 
non credo vi possano essere molti rimedi per l’attuale situazione se non cercare di comprare con intelligenza - opportunità se ne trovano se uno sa sfruttarle.

per chi non riesce piu’ a comprare suggerirei di vedere comunque l’altro lato  positivo - ribaltando la situazione:  le sue monete si trovano ad essere  rivalutate, e probabilmente piu’ di quanto sarebbe stato lecito attendersi  il che porta opportunità di tipo diverso delle quali si puo’ comunque approfittare ? 

Modificato da numa numa
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Inviato (modificato)

Buongiorno a tutti.

Io credo che parlare di regolamentazione del Mercato in ambito numismatico sia velleitario per tutta una serie di ragioni che sarebbe lungo elencare. Anche perché stiamo parlando di un Mercato dove non esiste alcun bene pubblico da tutelare, a differenza di altri per i quali è previsto ad esempio il reato di aggiotaggio e altre fattispecie. Se io sono un "fesso" e strapago una moneta affari miei e buon per chi la vende...

Quanto sopra fa il paio con una considerazione che ripropongo da tempo. Se il Mercato guarda quasi solo ai FDC super, slabbati, "migliore esemplare conosciuto" e altri specchi per le allodole, tanto meglio per chi è in grado di apprezzare uno SPL o uno SPL/FDC (secondo la definizione che ne diede il compianto Tevere) poiché potrebbe mettere in collezione ottime monete a un prezzo onesto.

@gioal Non ho capito perché l'eliminazione del contante non sarebbe di alcuna utilità nel contrasto all'evasione fiscale. E' chiaro che il problema non si risolve in mezz'ora ma, fermo il fatto che da qualche parte bisogna cominciare, non capisco quali possano essere le alternative. Esempio: se nella ristorazione non girasse più contante magari qualche soldino in più lo Stato lo piglierebbe.... o no?

 

Modificato da viganò

Supporter
Inviato

Buongiorno,

ringrazio @numa numa per le sue oggettive e condivisibili osservazioni, anche perché ha fatto esplicito riferimento allo storico caso dei tulipani.

A quest’ultimo proposito, il tulipano merita un approfondimento conoscitivo che metto a fattor comune.

Da: https://www.consob.it/web/investor-education/la-bolla-dei-tulipani1

La bolla dei tulipani nel 1637 fu la prima grande crisi finanziaria innescata dall'utilizzo di strumenti finanziari con finalità speculative.

Nella seconda metà del 1500 i bulbi di tulipano iniziarono ad essere esportati dalla Turchia in Europa e l'Olanda fu il paese che si fece promotore della loro diffusione.

Negli ultimi anni del 1500 la coltivazione del tulipano fu avviata nei Paesi Bassi. Le varietà meno comuni di questo fiore vennero rapidamente considerate come merce di lusso, altamente desiderate presso la borghesia e i ricchi mercanti (si parlò di "mania dei tulipani).

La domanda di nuovi fiori superò ben presto la loro offerta, a causa del lento ciclo riproduttivo, cosicché i prezzi delle specie più ricercate di tulipani subirono delle continue spinte al rialzo. All'epoca si arrivò a considerare il bulbo del tulipano come un solido investimento, in quanto rappresentava un "concentrato di fiori futuri"; venne quindi utilizzato come un'embrionale forma di "future" sul tulipano.

Le contrattazioni avvenivano in aste tenute in luoghi pubblici o in privato (in collegi di coltivatori e commercianti riuniti nelle locande) delle varie città olandesi, tra cui Haarlem, L'Aia ecc.http://www.consob.it/documents/11981/0/tulipani/b5960a16-f4f9-44bb-a1f7-a89d5be6f81c?t=1430321633292

L'espansione commerciale dell'Olanda (grazie al suo dominio delle vie marittime verso le Indie orientali), con l'ampliamento dell'economia e l'accrescimento della ricchezza finanziaria privata, favorì lo sviluppo di questa bolla: non solo gli intenditori e appassionati di fiori ("per hobby") appartenenti alle classi più agiate, ma anche fioristi-commercianti delle classi meno abbienti iniziarono a partecipare, a partire dal 1635, in modo sistematico e organizzato alle transazioni su bulbi di tulipano anche di specie più comuni.

L'interesse generato dal commercio di tulipani fu tale che si radicò la consuetudine di prenotare in anticipo presso i contadini-coltivatori i bulbi ancora "in terra" attraverso l'utilizzo di contratti con prezzi fissati ex-ante da onorare a scadenza; ciò consentiva l'estensione del periodo di compravendite da pochi mesi estivi (ossia, solo dopo che i bulbi venivano dissotterrati) a tutto l'anno.

In altre parole, si negoziavano i "diritti sul bulbo", cioè i futures di tulipani, pagando subito solo un acconto del prezzo finale e corrispondendo il saldo alla consegna del bulbo fiorito, dando luogo a quel fenomeno che venne chiamato "il commercio al vento" perché lo scambio reale era di fatto differito ad una data futura identificata nel contratto. In realtà, dato che la consegna materiale avveniva a distanza di mesi, furono oggetto di negoziazione tra i fioristi-commercianti gli stessi contratti a termine già stipulati. Si creava così una lunga catena d'impegni che legava insieme tutti i partecipanti, con il rischio che l'inadempimento dell'ultimo acquirente avrebbe creato un effetto-domino sui precedenti acquirenti-debitori. I collegi di commercianti – che gestivano le contrattazioni locali - infatti non controllavano né che gli acquirenti disponessero di denaro sufficiente a saldare i debiti contratti né che i venditori possedessero i bulbi di tulipano che s'impegnavano a cedere.

Gli acquisti con consegna futura del bulbo erano effettuati solo allo scopo di partecipare al "gioco al rialzo" dei prezzi, così da potere lucrare, attraverso la vendita, sull'incremento indotto dei prezzi medesimi. In tal modo, le aspettative di facile guadagno nonché l'avidità e la cecità collettiva che ne costituivano le fondamenta alimentarono di continuo la crescita dei prezzi.

I prezzi ben presto ebbero un andamento del tutto slegato dalla realtà dando luogo ad una vera e propria "bolla" (termine che ben riflette la <<psicosi>> diffusa tra i commercianti di tulipani). Si arrivò addirittura a vendere immobili per poter acquistare i diritti sui bulbi più grandi e pregiati.

Per fornire una vivida illustrazione di questo smisurato scollamento tra valore di scambio di un bulbo di tulipano pregiato ed economia reale è sufficiente menzionare quanto riportato da un cronista dell'epoca: un fiore di tulipano del valore di 3000 fiorini avrebbe potuto essere scambiato nel gennaio 1637 (nel cuore della bolla) con un enorme quantità di merci come "8 maiali grassi, 4 buoi grassi, 12 pecore grasse, 24 tonnellate di grano, 48 tonnellate di segale, 2 botti di vino…" e altro ancora1

La bolla dei tulipani culminò nella famosa asta di Alkmaar del 5 febbraio 1637, in cui centinaia di lotti di bulbi furono venduti per un ammontare monetario di 90.000 fiorini (l'equivalente di circa 5 milioni di euro), ossia ciascun bulbo venduto al prezzo medio pari al reddito di oltre un anno e mezzo di un muratore dell'epoca.

Nei giorni immediatamente successivi, la febbre dei tulipani si tramutò all'improvviso in panico: fu sufficiente che ad Haarlem un'asta di bulbi andasse deserta per provocare il c.d. panic selling incontrollato e far precipitare i prezzi di mercato in tutto il paese.

Nonostante gli sforzi degli operatori, la domanda per le varietà considerate prima nuove e attraenti divenne rarefatta e largamente insufficiente a sostenere le forti richieste di vendite: il mercato dei tulipani crollò del tutto e le negoziazioni s'interruppero. In una tale situazione, chi aveva acquistato attraverso i contratti (futures) i bulbi (i fioristi) si ritrovò vincolato contrattualmente a pagarli una cifra notevolmente più elevata rispetto ai prezzi reali del momento, a vantaggio dei contadini (possessori dei bulbi) che essendo parte-venditrice nei contratti futures avevano il diritto di percepire prezzi elevatissimi per dei bulbi che ormai non valevano quasi più nulla.

Indice dei prezzi standard per i contratti dei bulbi,
con il brusco crollo in febbraio.

http://www.consob.it/documents/11981/0/grafico+tulipani/ee8d77cf-51db-49df-a67e-71ebd5164308?t=1430322524960

NB: Mancando i dati tra il 9 febbraio e il 1º maggio,
la forma esatta del grafico del ribasso non è nota.

Il mercato di negoziazione di contratti su tulipani smise semplicemente di esistere. La diffusione dell'informazione circa il crollo dei prezzi e l'impossibilità di trovare acquirenti innescò una corsa dei fioristi a vendere a qualsiasi prezzo. Il panico si diffuse in tutti i centri urbani delle Provincie Unite dei Paesi Bassi

La lobby dei fioristi, gravemente colpita, in questo periodo indusse la giustizia delle Provincie unite olandesi a decretare la trasformazione dei contratti a termine (i futures) in contratti di opzione. In questo modo il detentore del contratto (in questo caso il fiorista o il commerciante) fu autorizzato a non onorare l'impegno (nei confronti dei contadini o coltivatori) pagando solo una penalità pari al 3,5% del prezzo pattuito, anziché essere obbligato a comprare a prezzi elevatissimi un bulbo che in quel momento aveva un valore di mercato largamente inferiore a quanto previsto nel contratto originario.

Questa bolla può essere assolutamente considerata il primo grande crack finanziario della storia originato da un comportamento di massa guidato dalla diffusa credenza del facile arricchimento.

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Inviato (modificato)
2 ore fa, Oppiano dice:

Questa bolla può essere assolutamente considerata il primo grande crack finanziario della storia originato da un comportamento di massa guidato dalla diffusa credenza del facile arricchimento.

Ringrazio Oppiano per la ricca citazione del ‘crack dei tulipani’ che e’ bene di tanto in tanto ripercorrere nei dettagli e ricordare…

non so se possa essere considerato il primo crack finanziario in assoluto ma probabilmente il primo avvenuto in mercati gia’ all’epoca regolamentati.

riguardo le monete invece vorrei rincuorare chi magari abbia potuto spaventarsi. Esse sono profondamente diverse dai tulipani e la loro domanda non e’ dovuta solamente  a criteri di rarità ma anche - spesso - alla componente artistica che le rende beni comunque ricercati ( mentre Per  azioni, obbligazioni, bitcoin, valute, l’oro stesso , che sono nella loro categoria beni perfettamente fungibili : un titolo azionario - della stessa societa’ - e’ eguale ad un altro , non vi sono caratteristiche/differenziazioni specifiche, ne’ contenuti artistici particolari) . La moneta invece no e questo determina per essa una domanda ben differenziata e - ove ricorrano certe caratteristiche - una forte concorrenza per il loro possesso..

Modificato da numa numa
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