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IGNORED

I privati possono censurare liberamente ?


Risposte migliori

Inviato

Già sentita, ma sempre divertente.

Arka

Diligite iustitiam


Inviato

So che Facebook banna senza dare spiegazioni, e che lo fa (il ban) un algoritmo che puo' non essere molto intelligente (ho letto di casi spassosi verificatisi, anche piu' di quello della foto da figlio della lupa).

Mi pare comunque che, a seguito del ban, sia possibile cercare di far intervenire un umano a verificare cosa e' realmente avvenuto, per una eventuale revoca del ban, non so se corrisponde a verita'.


Inviato
Il 19/1/2021 alle 08:53, carletto23 dice:

Contro Facebook, Google e Amazon sono in corso centinaia di cause in quasi tutti gli stati Usa, c'era una voltauna legge sull'antitrust, ora non so che fine abbia fatto, se sia ancora in vigore e sia in fase dormiente, o se gli interessi economici prevalgano.

Come per altri settori c'e' stata una crescita rapidissima di entita' a cui non ha fatto seguito una parallela crescita di normative, da qui il Nuovo Far West, che non credo sara' ne' facile ne' breve civilizzare.

Non c'è antitrust che tenga e non serve nessuna normativa particolare, perchè facebook & c. (che sono utilizzati come appoggio dei servizi segreti USA) hanno una specie di salvacondotto governativo in cambio del quale si attengono a una sorta di codice informale. Il motivo è semplice, anche se così strano da sembrare incredibile: in realtà sono "al giunzaglio" del governo federale USA.

Lo so, sembra una teoria da sito estremista politico /di balle complottiste, ma in questo settore la narrazione e le convinzioni comuni sono molto diverse dalla realtà.

 

Consiglio a tutti di procurarsi e leggere questo numero della rivista di geopolitica Limes, che spiega molto chiaramente e nel dettaglio quali sono la vera natura e la funzione strategica di faccialibro e i suoi amichetti.

https://www.limesonline.com/sommari-rivista/chi-controlla-internet-usa-rete-a-stelle-e-strisce

 

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Inviato

Eh ci vuol poco a crederci, con i miliardi che costoro 'pompano' in giro per il mondo, praticamente esentasse, sara' ben difficile che cambi qualcosa 


Inviato

E dopo la Polonia arriva anche l'Ungheria:

Censura online: anche l’Ungheria si muove contro i social media

Il governo ungherese segue la Polonia nel muoversi contro la Big Tech, facendo voto di agire contro la “messa al bando nell’ombra”, comunemente conosciuta come Shadowban delle “opinioni cristiane, conservatrici e di destra”.

“Shadowban” significa l’atto dei gestori di social media che, segretamente, per scopi politici, limitano la visibilità e l’accesso al nostro profilo utente senza che noi ne siamo a conoscenza”, ha spiegato Judit Varga, il ministro della giustizia del governo conservatore nazionale di Viktor Orbán, in una dichiarazione condivisa sui social media, affermando di aver avuto lei stessa “un’esperienza personale” di tale trattamento per mano della “Big Tech”.

“Per ridurre la loro portata, Facebook limita anche la visibilità delle opinioni cristiane, conservatrici e di destra”, ha continuato il ministro della Giustizia, impegnandosi a convocare una “riunione straordinaria del Comitato per la libertà digitale” per affrontare tali “abusi sistemici”.

“Mi consulterò anche con il presidente dell’Autorità ungherese per la concorrenza sulla possibilità di sanzionare le pratiche commerciali sleali”, ha avvertito.

La mossa ungherese contro le società sempre più censorie – e politicamente parziali – che controllano un’ampia fascia del discorso pubblico, attraverso la proprietà delle principali piattaforme di social media , segue un provvedimento particolarmente duro contro la censura tecnologica da parte del governo polacco, che opera secondo principi ampiamente simili e spesso collabora con Budapest in sedi internazionali.

Il ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro e il vice ministro della giustizia Sebastian Kaleta hanno presentato un progetto di legge che darà il potere a un nuovo Free Speech Board di ascoltare gli appelli degli utenti dei 

social media che credono di essere stati banditi o che hanno fatto rimuovere i loro contenuti dalle piattaforme dei social media, e di ordinare a tali piattaforme di reintegrarli se il discorso per cui sono stati puniti era legale secondo la costituzione polacca.

Le società tecnologiche che non rispettano la legge saranno soggette a multe fino a 50 milioni di złoty (circa 9,8 milioni di sterline o 13,3 milioni di dollari).

La legislazione ha cominciato ad essere redatta dopo che il governo polacco si è preoccupato di rimuovere la censura di alcune pagine cristiane da parte di Facebook, ma ha guadagnato nuovo slancio dopo che Twitter, Facebook e altre aziende Big Tech si sono mosse per bandire il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dalle loro piattaforme nelle ultime settimane, con Apple, Google e Amazon che hanno cancellato l’alternativa orientata alla libertà di parola Parler da Internet poco dopo.

https://www.lavocedelpatriota.it/censura-online-anche-lungheria-si-muove-contro-i-social-media/


  • 4 settimane dopo...
Inviato

Ecco che i miei timori sono diventati realtà:

Facebook blocca l'accesso alle pagine dei media in Australia

Come rappresaglia per nuova legge che lo costringe a pagare news

https://it.notizie.yahoo.com/amphtml/facebook-blocca-laccesso-alle-pagine-110043021.html?guccounter=1&guce_referrer=aHR0cHM6Ly93d3cuZ29vZ2xlLmNvbS8&guce_referrer_sig=AQAAAL4ZZTQq34QZuY7vV-P7_zLUWbSRZQ_vmUy9ToTmqpaKrl8gTVrhrFGYyk9t5fqxuxmmIECFuBJA2Ucb5umujnEz3eyMbWyxgQWfgcy9k_HieMt9HUvnpSSZDXnJD3PLOOwlFlN3u52fANbnBfeJvGExrI1m2U1Fd3WH6-Lmxpq5

Facebook rompe con l’Australia: vietata la condivisione di news e link agli utenti. E Google firma l’accordo con News Corp

La società di Mark Zuckerberg reagisce alla scelta di Canberra di imporre alle piattaforme digitali di pagare per la condivisione di notizie. Storico accordo invece tra Mountain Views e il magnate Ruperth Murdoch per il pagamento dei contenuti

Non era solo una minaccia. Facebook ha deciso veramente di bloccare la condivisione di link e news per gli utenti e per le pagine in Australia. Una decisione senza precedenti, quella del social network di Mark Zuckerberg, che reagisce in modo del tutto inaspettato alla querelle in corso col governo australiano. Il motivo del contendere è chiaramente economico.

A Canberra, infatti, hanno appena approvato una modifica al Consumer Act 2010, introducendo un nuovo regolamento che impone alle piattaforme digitali di pagare per la condivisione delle news. Un disegno di legge che era in discussione ormai da qualche settimana, e per il quale Facebook (ma anche Google che però nel frattempo ha chiuso un accordo con News Corp di Rupert Murdoch e i suoi giornali in Australia e non solo) aveva minacciato azioni eclatanti, come il blocco delle condivisioni di news e articoli. Cosa che adesso è avvenuta.

Una scelta «obbligata»

«La proposta di legge australiana – è scritto in un post ufficiale nella newsroom di Facebook - fondamentalmente fraintende la relazione tra la nostra piattaforma e gli editori che la utilizzano per condividere contenuti di notizie. Ci ha lasciato di fronte a una scelta netta: tentare di rispettare una legge che ignora la realtà di questa relazione o smettere di consentire la condivisione di notizie sui nostri servizi in Australia. Con il cuore pesante, scegliamo quest’ultima strada».

Secondo l’azienda di Menlo Park, la decisione del governo australiano è del tutto unilaterale, considerato che «lo scambio di valore tra Facebook e gli editori va a favore degli editori» e solo nel 2020 «Facebook ha generato circa 5,1 miliardi di referral gratuiti a editori australiani per un valore stimato di 407 milioni di dollari australiani».

Guadagno minimo

Da Menlo Park sostengono che il loro guadagno sulle notizie «è minimo». Le notizie «costituiscono meno del 4% dei contenuti che le persone vedono nel loro feed. Il giornalismo è importante per una società democratica, motivo per cui creiamo strumenti dedicati e gratuiti per supportare le testate giornalistiche di tutto il mondo nell’innovazione dei loro contenuti per il pubblico online». L’azienda di Zuckerberg ha anche ricordato che negli ultimi tre anni ha lavorato con il governo australiano per trovare una soluzione: «Abbiamo lavorato a lungo per stabilire regole che incoraggiassero l’innovazione e la collaborazione tra piattaforme digitali e testate giornalistiche. Purtroppo questa legislazione non lo fa. Invece cerca di penalizzare Facebook per i contenuti che non ha richiesto». Di recente, il social network ha lanciato Facebook News negli Stati Uniti e in altri Paesi. E presto, fanno sapere, «l’avremmo fatto anche Australia», così da «aumentare in modo significativo i nostri investimenti con gli editori locali, tuttavia, eravamo preparati a farlo solo con le giuste regole in atto. Ora daremo la priorità agli investimenti in altri Paesi, come parte dei nostri piani di investire in nuovi programmi ed esperienze sulle licenze».

 

Stop alla condivisione

Da Facebook chiudono la porta in maniera abbastanza netta: «Sebbene il governo abbia apportato alcune modifiche, – scrivono - la legge proposta fondamentalmente non riesce a capire come funzionano i nostri servizi. Sfortunatamente, questo significa che le persone e le testate giornalistiche in Australia non possono pubblicare link di notizie e condividere o visualizzare contenuti di notizie australiane e internazionali su Facebook. A livello globale, anche la pubblicazione e la condivisione di collegamenti a notizie da editori australiani è limitata. Per fare ciò, utilizziamo una combinazione di tecnologie per limitare il contenuto delle notizie e avremo processi per rivedere qualsiasi contenuto che è stato rimosso inavvertitamente».

Google firma uno storico accordo con News Corp

Ma ecco che in contemporanea arriva - di tutt'altro segno - l’annuncio clamoroso di Ruperth Murdoch che ha firmato un accordo con Google. Dopo anni di durissimi scontri con gli OTT, il tycoon ha trovato un’intesa con il colosso di Mountain View per il pagamento dei contenuti giornalistici della sua News Corp a cominciare dall’Australia, dove possiede il core business del suo impero editoriale con giornali come Daily Telegraph e Herald Sun e le tv di maggior peso.

L’accordo con Google è triennale e a livello globale - quindi esteso anche a Wall Street journal e New York post negli Stati Uniti e Times e Sun in Gran Bretagna, e prevede tra l’altro lo sviluppo di una piattaforma per gli abbonamenti, la condivisione dei ricavi pubblicitari sfruttando altri servizi di Google e l’adesione al nuovo servizio Google showcase che è stato lanciato da poco.

“Stabilendo il principio che il giornalismo di qualità va premiato l’accordo avrà un impatto positivo sul giornalismo in tutto il mondo”, ha dichiarato Robert Thomson, ad di News Corp.

https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/ADVpofKB


Inviato

Australia, Facebook blocca le pagine dei media: è scontro con il governo

E’ la risposta al disegno di legge che intende costringere i colossi del web a pagare gli editori per la condivisione delle news

Da stamani gli utenti australiani di Facebook non possono più visualizzare i link alle notizie dei media locali o internazionali e le persone che vivono all'estero non possono più di accedere alle notizie australiane. Il governo australiano ha reagito con rabbia, anche perché sono state bloccate anche le pagine Facebook ufficiali dei servizi di emergenza, di sanità o di polizia, utilizzate ad esempio per allertare la popolazione in caso di incendi boschivi, cicloni o persino epidemie.

Il ministro delle Finanze, Josh Frydenberg ha definito la misura di Facebook «non necessaria, brutale», che, ha detto «danneggerà l'immagine del social in Australia». Il ministro ha assicurato che il suo governo resta «risolutamente determinato» ad andare in fondo con la proposta di legge, già adottata la scorsa settimana dalla Camera dei Rappresentanti. «Quello che gli eventi di oggi confermano per tutti gli australiani è il dominio di questi colossi nella nostra economia e nel panorama digitale», ha aggiunto il ministro, poche ore dopo aver detto in un tweet di aver avuto una «discussione costruttiva» con il Ceo di Facebook, Mark Zuckerberg.

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In Australia Google e Facebook pagheranno i media per le news

Un portavoce di Facebook ha affermato che le pagine ufficiali del governo «non dovrebbero essere interessate» dalle misure di rappresaglia. Il portavoce si è impegnato a ripristinare tutte le pagine che sono state «inavvertitamente colpite». La direttrice di Human Rights Watch Australia, Elaine Pearson, ha definito il blocco - che ha avuto anche un impatto sulle organizzazioni non governative, nonché sulla pagina Facebook di Hrw - «una svolta preoccupante e pericolos». «Interrompere l'accesso a informazioni vitali a un intero Paese nel cuore della notte è inaccettabile», ha commentato. Il governo australiano e gruppi di stampa hanno espresso preoccupazione per una possibile proliferazione di false informazioni, perché diverse pagine Facebook che sostengono teorie del complotto e disinformazione non sono state interessate da questo provvedimento.

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In Australia Google e Facebook pagheranno i media per le news

Ogni mese circa 17 milioni di australiani utilizzano Facebook. A differenza del social di Zuckerberg, Google ha firmato negli ultimi giorni accordi con tre principali media australiani, accettando di pagare «somme significative» in cambio dei contenuti. 

https://www.lastampa.it/esteri/2021/02/18/news/australia-facebook-blocca-le-pagine-dei-media-e-scontro-con-il-governo-1.39922692/amp/

Facebook ha bloccato la condivisione di notizie in Australia

Contro la proposta di legge che impone alle società di Internet di pagare gli editori per i link e le anteprime verso i loro articoli

Facebook ha bloccato la condivisione dai siti di notizie in Australia, in risposta a una nuova e discussa legge che impone alle grandi aziende di Internet di rimborsare gli editori per l’utilizzo dei loro contenuti. Nei mesi scorsi, i responsabili del social network si erano duramente opposti alla nuova legge, sostenendo che avrebbe ridotto la possibilità per i propri iscritti di informarsi e di essere informati. La società aveva inoltre annunciato che non avrebbe pagato, mentre Google nelle ultime settimane ha scelto di stringere accordi con gli editori australiani per evitare di dover rimuovere una parte consistente dei propri risultati di ricerca.

Da anni gli editori dei giornali chiedono compensazioni sostenendo che le aziende come Facebook e Google sfruttino i loro contenuti, sia per avere più utenti sia per far rendere i loro sistemi pubblicitari, senza offrire qualcosa in cambio. Le società di Internet hanno sempre respinto questo assunto, sostenendo che i rimandi agli articoli dei siti di news nei risultati di ricerca o nelle anteprime sui social network contribuiscano a dare visibilità ai giornali e a portare un maggior numero di utenti sui loro siti.

Nel corso del tempo Google, Facebook e le altre grandi aziende del Web hanno comunque ammorbidito questa posizione, avviando servizi che di fatto prevedono qualche forma di rimborso nei confronti degli editori.

In Australia la nuova legge sulla gestione delle notizie online da parte delle grandi piattaforme non è stata ancora approvata definitivamente, perché nelle scorse settimane il governo aveva detto di poterne fare a meno, se Google e Facebook avessero stretto autonomamente accordi con gli editori. In caso contrario, la legge avrebbe obbligato le due aziende a pagare gli editori sulla base di stime e valutazioni effettuate da soggetti terzi, nel caso in cui le parti interessate non avessero raggiunto un accordo.

Facebook aveva contestato la nuova proposta di legge e i suoi assunti sulla necessità di compensare direttamente gli editori. Per questo nelle ultime ore il social network ha deciso di bloccare la condivisione delle notizie in Australia, diffondendo un comunicato piuttosto duro sulla nuova legge: «Ci ha messi davanti a una difficile scelta: provare a rispettare una legge che ignora come funzionano i rapporti [con gli editori], o interrompere la fruizione degli articoli sui nostri servizi in Australia. A malincuore, abbiamo scelto la seconda».

Il blocco implica che in Australia non sia più tecnicamente possibile condividere link che rimandano agli articoli dei siti di notizie. Gli stessi giornali non avranno più la possibilità di segnalare i loro contenuti attraverso le loro Pagine sul social network, uno strumento che di solito permette di avere maggiore visibilità.

Alcuni osservatori ritengono che le forti limitazioni imposte da Facebook facciano parte di una strategia da parte del social network per provare a smuovere gli utenti australiani, inducendoli a protestare contro la nuova legge. Facebook non gode però di una grande reputazione, complici gli ultimi anni piuttosto difficili soprattutto sul tema della diffusione di notizie false tramite i suoi servizi, e difficilmente otterrà molto sostegno.

Il blocco è parso inoltre una decisione affrettata, considerato che non ha interessato solamente le anteprime e le 

Pagine dei giornali, ma anche diversi altri contenuti sul social network legati alle istituzioni e ad alcune organizzazioni senza scopo di lucro. Facebook ha detto di avere bloccato più contenuti perché la nuova legge è piuttosto vaga su cosa renda o non renda necessario un pagamento agli editori, ma ha annunciato che rivedrà alcune scelte e sbloccherà contenuti limitati per errore.

Posto davanti a una scelta più o meno simile, nelle scorse settimane Google aveva annunciato che avrebbe pagato gli editori in Australia. Proprio ieri la società del motore di ricerca ha annunciato un accordo pluriennale con News Corp, la multinazionale del miliardario Rupert Murdoch che controlla la maggior parte dei media australiani. Nelle settimane precedenti, Google aveva raggiunto aveva annunciato che avrebbe pagato gli editori in Australia. Proprio ieri la società del motore di ricerca ha annunciato un accordo pluriennale con News Corp, la multinazionale del miliardario Rupert Murdoch che controlla la maggior parte dei media australiani. Nelle settimane precedenti, Google aveva raggiunto accordi con diversi altri editori australiani, impegnandosi a pagarli per l’utilizzo delle anteprime e la segnalazione dei loro articoli nelle pagine dei risultati e negli altri suoi servizi.

Google avrebbe del resto patito molto di più l’assenza delle notizie sul proprio motore di ricerca rispetto a Facebook, perché gli articoli fanno parte dei suoi risultati e sono automaticamente indicizzati (salvo gli editori non decidano 

di bloccarne l’indicizzazione). Per Facebook le notizie sono diventate via via più marginali e il social network stima che costituiscano il 4 per cento circa di tutto ciò che vedono i suoi utenti quando lo utilizzano.

L’Australia è uno dei paesi in cui il confronto tra editori e piattaforme online si è fatto più serrato, complici gli interventi legislativi, ma non è comunque l’unico. Diversi altri paesi stanno valutando soluzioni che prevedano rimborsi e compensazioni per gli editori, e anche per questo Google e Facebook stanno provando a evitare potenziali problemi proponendo nuovi servizi per offrire maggiore visibilità ai contenuti degli editori di notizie, talvolta prevedendo il pagamento per i loro contenuti. Lo scorso autunno Google aveva annunciato il nuovo servizio “News Showcase”, che sarà via via introdotto in diversi paesi, mentre Facebook sta lavorando a un nuovo servizio dedicato esclusivamente alle news e per ora sperimentato in alcuni paesi come il Regno Unito.

https://www.google.com/amp/s/www.ilpost.it/2021/02/18/facebook-ha-bloccato-la-condivisione-di-notizie-in-australia/amp/


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