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Dopo oltre un secolo dalla scoperta torna in asta un incuso di Crotone proveniente da uno dei più discussi rinvenimenti monetali dell’antichità: il “rispostiglio” di Taranto 1911 (IGCH 1874).

Nomos AG, Auction 21, 21/11/2020, 53

 

BRUTTIUM. Kroton. Circa 530-500 BC. Stater (Silver, 28 mm, 8.86 g, 12 h).

ϘΡΟ Tripod, with legs ending in lion's paws, and with three handles and snakes rising from the bowl, on dotted exergual line; cable border. Rev. Same type, but incuse; rayed border. HN III 2075. Jameson 1879 (this coin). SNG ANS 234. A very attractive, nicely toned example of great beauty. Minor die fault in the reverse field to right, otherwise, extremely fine.
From the collection of the Rockefeller University and that of Dr. Alfred E. Mirsky (originally acquired prior to the 1950s), Gemini VII, 6 January 2011, 65 (but there misidentified as being HN III 2085 with both a crab and the ethnic on the reverse, neither of which, quite clearly, can be seen on this coin!), from the Jameson Collection and from the Tarentum find of 1911.

 

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Il tesoro venne alla luce il 22 giugno 1911 in località Borgo Nuovo, area in cui si tende a collocare l’acropoli della città. Ne facevano parte circa 600 esemplari d’argento contenuti in un vaso  -  tra cui monete della Grecia, della Magna Grecia e siceliote oltre a circa 6 kg d’argento non monetato – distribuiti entro margini cronologici alquanto ristretti, dalla metà del VI agli inizi del V secolo a.C.

Di seguito la descrizione del rinvenimento fornita dal Kraay (IGCH, n. 1874):

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Smembrato subito dopo la scoperta in 4 lotti, uno di essi (168 pezzi) fu acquistato dal collezionista francese Vlasto, che attraverso un prolungato carteggio informerà del rinvenimento E. Babelon, allora direttore del Cabinet des Médailles di Parigi, che redigerà un primo (ma parziale) catalogo del ripostiglio (E. BABELON, Trouvaille de Tarente, “Mélanges numismatiques”, 4, 1912, 304-343 = “Revue Numismatique”, s. 4, 16, 1912, 1-40).

Vlasto acquistò successivamente un ulteriore lotto di 100 monete tra Roma e Taranto ma rinunciò ad una cospicua sezione del tesoro (lotto di 318 pezzi), probabilmente per l’esosità della spesa.

Nel corso degli anni vari nuclei del ripostiglio entrarono a far parte di collezioni pubbliche e private a Parigi (Jameson), Londra (British Museum), Oxford, New Jork (ANS) e/o si finirono sul mercato antiquario (Spink).

Nel 1921 il British Museum acquistò da Spink un cospicuo nucleo del ripostiglio comprendente metallo non monetato + 47 esemplari (incusi di Sibari, Crotone e Metaponto), la maggior parte dei quali in stato di conservazione non integro. Una accurata selezione di questi materiali, curata da Kroll ed Heath (in attesa della pubblicazione) è presente sul web: The British Museum, Lot of Silver from the Taranto 1911 Hoard (Inventory of Greek Coin Hoards [1973], no. 1874: http://numismatics.org/digitallibrary/ark:/53695/taranto1911

Numerosi e apprezzabili sono stati negli anni gli sforzi messi in atto per la ricomposizione del tesoro (Noe, Kraay, Johnston, Price, Fischer-Bossert, ecc.) - attraverso una ingente attività di spoglio bibliografico di cataloghi di vendita (molti esemplari di Metaponto sono stati rintracciati in Spink & S.) e di collezioni museali - e varie le cronologie proposte per l’occultamento. Da ultima quella della Johnston – sostanzialmente coincidente a quella del Kraay (NC 1956, 49) - che in base all’individuazione di esemplari di Metaponto a tondello medio (fino alla classe X), ha fissato la chiusura del tesoro nell’arco del secondo decennio del V secolo a.C. rialzando la tradizionale cronologia alla fine del VI secolo (508 a.C.) proposta da Babelon, seguito da Noe, e sostanzialmente riproposta da Arnold-Biucchi-Beer Tobey e Waggoner nell’edizione del ripostiglio di Selinunte.

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Alcuni esemplari dal ripostiglio:

NAC 114, 6-7/5/2019, 24

Sybaris. Nomos circa 550-510, AR 8.35 g. Bull standing l. on dotted exergual line, looking backward; in exergue, VM. Rev. The same type incuse. SNG Copenhagen 1388. SNG ANS 834 (this reverse die). Dewing 406. Jameson 1873 (this coin). Historia Numorum Italy 1729.
A magnificent specimen perfectly struck and centred on a full flan.
Old cabinet tone and good extremely fine
Ex Sotheby's sale 7 March 1996, 38 and previously purchased privately from Pierre Strauss in February 1950. From the Jameson collection and the Taranto hoard of 1911.

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NAC AG, 82, 20.05.2015, 25

Velia. Drachm circa 535-465, AR 3.86 g. Forepart of lion r., tearing stag’s leg. Rev. Irregular incuse square. Babelon, RN 1912, pl. V, 11 (this coin). Mangieri 1 (these dies). Williams 19a (this coin). Historia Numorum Italy 1259. Ex Ars Classica XIII, 1928, Allatini, 119 and Leu 42, 1987, 60 sales.

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LHS Numismatik AG, 100, 23/4/2007, 269

Kythnos, Cyclades. Third-Stater (Silver, 4.01 g), c. 475-460. Boar’s head to right. Rev. Quadripartite incuse square. Jameson 2315 (this coin, attributed to Lycia). A. K. Kyrou, D. N. Artemis, The Silver Coinage of Kythnos in the Early Fifth Century BC, Studies Price, pl. 51, 20 var. Sheedy 30a (this coin). Very rare. Nicely toned. Minor die break on the obverse, otherwise, about extremely fine. From the collection of R. Maly, acquired from Sternberg in June 1971, ex Hess-Leu 24, 16 April 1964, 209 (uncertain Ionia), from the collection of R. Jameson and, supposedly, from the Taranto Hoard of 1911 (IGCH 1874).

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CGB.fr, Live Auction September 2020, 8/9/2020, 588543

CORINTHIA - CORINTH. Catalogue references : Delepierre1849  -  Dewing1697  -  BMC.-  -  Cop.-  -  R.71 pl. V (A/ 55 - R/ 52)  -  GC.1860  -  Asyut560  -  RQEMAC.196. Predigree : Exemplaire provenant du trésor de Taranto (1911).

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NAC AG, 120, 6/10/2020, 383

The Cyclades. NaxosStater circa 520-515-490, AR 12.00 g. Cantharus with ivy leaf finial on lid; grape bunches hanging from handles. Rev. Quadripartite incuse square. Traitè 1950, pl. LXII, 5. de Luynes 2376. Nicolet-Pierre 34a (this coin). Rosen 239. Babelon, Trouvaille de Tarente 1911, RN 1912, 38, pl. III, 5 (this coin illustrated). Sheedy 27a (this coin). Ex Sothebys 4 June 1983, Brand, 83; M&M 72, 1987, Rosen, 412; Lanz 92, 1999, 242 and Busso Peus 407, 2012, 400 sales.

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Nell’arco di circa un secolo il rinvenimento è stato oggetto di accesi dibattiti tra gli studiosi sia per l’anomala composizione sia per l’inusuale assenza della zecca locale (Taranto). Dalle rocambolesche avventure di una nave da carico che, partita da Focea, avrebbe toccato le coste traco-macedoni, l’Africa, la Grecia, la Sicilia e la Magna Grecia, riportandone le diverse valute (Babelon) alla provenienza delle monete “non da un unico ripostiglio ma la frazione di diversi, gabellati agli acquirenti francesi come una sola unità” accertata da una “rigorosa inchiesta” della Soprintendenza di Taranto (P. ORSI, in AMIlN, 3, 1, 1927, 29) fino alla negazione dell’attendibilità stessa del rinvenimento, inteso come complesso “creato in sede antiquaria con nuclei di materiale di differente provenienza” (L. BREGLIA, I rinvenimenti di monete ateniesi in Sicilia e in Magna Grecia, in La Circolazione della Moneta ateniese in Sicilia e in Magna Grecia, Atti del I Convegno deI Centro Internazionale di Studi Numismatici di Napoli – 1967 (suppl. AIIN, 12-14), Roma 1969, 3-32. Sulla stessa linea: A. STAZIO, Considerazioni sulle prime forme di tesaurizzazione monetaria nell'ltalia meridionale, in Proceedings of the 9th ING, Luxembourg - Louvain-la-Neuve, 1982, 53-70; ID., Monetazione greca e indigena nella Magna Grecia, in Forme di contatto e processi di trasformazione in Magna Grecia, Roma 1983, 963-978).

Alla svalutazione dell’unitarietà del complesso, anche attraverso l’osservazione della marcata l’estraneità dei pezzi rinvenuti – ad eccezione del numerario di Atene e di Corinto – alla circolazione monetale in Occidente, è seguita, più di recente (e convincentemente) l’interpretazione dell’accumulo come contesto chiuso pertinente alle attività di un “sanctuary or bankers' hoard” (R.R. HOLLOWAY, Remarks on the Taranto hoard of 1911, “Revue belge de Numismatique”, CXLVI, 2000, 1-8 con bibl. prec.).

Tornando al pezzo in esame, si osserva la corrispondenza con uno degli appena due esemplari di Crotone (su più degli 80 stimati) descritti ed illustrati da Babelon (p. 28 e pl. V, 5).

Da Taranto il pezzo (insieme ad altri 28) migrò a Parigi (coll. Robert Jameson, n. 1879) ed anche alla svelta visto che già Babelon (p. 28) ne annota la provenienza dalla collezione Jameson. Successivamente la moneta confluì nella splendida raccolta che il Dr. Mirsky (1900-1974) aveva realizzato in progresso di tempo – a partire dal secondo dopoguerra fino al 1959 - attraverso acquisti effettuati presso numerosi collezionisti, tra i quali De Falco e Santamaria. Con lascito testamentario la collezione fu poi donata all’Università di Rockefeller, presso la quale Mirsky era stato docente dal 1927 svolgendo un’intensa e proficua attività scientifica nel campo della ricerca biochimica. Dopo oltre trent’anni dalla sua scomparsa la collezione venne venduta nell’asta Gemini (VII, 2011, 65).

L’esemplare di Crotone appartiene alla prima fase della coniazione incusa, a tondello largo e sottile, priva di simboli aggiuntivi al tipo principale. Il peso (gr. 8,86), sebbene alquanto elevato per lo standard acheo-corinzio, ben riflette l’oscillazione ponderale che si riscontra nello stadio iniziale della monetazione, risultando pienamente coerente con l’ottimale preservazione del pezzo.

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  • 1 anno dopo...
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Un ritrovamento davvero affascinante, non ne ero a conoscenza pur vivendo nei dintorni. Grazie per questo viaggio attraverso i secoli?

Modificato da Τάρας

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