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Un caloroso saluto a tutti voi, amici e colleghi numismatici!
A distanza di alcuni mesi dalla discussione inerente la monetazione di Girolamo Bonaparte, quest'oggi ho deciso di iniziare un nuovo progetto che ci accompagnerà per le prossime settimane.
Come da titolo, andremo a trattare la figura di Luigi Bonaparte Re d'Olanda, un sovrano che, come vedremo, risulta essere molto interessante sia dal punto di vista storico che, soprattutto, numismatico. Prima di addentrarci nei meandri della sua variegata monetazione, però, direi di iniziare con una breve introduzione biografica.

La nostra storia ha inizio ad Ajaccio, il 2 settembre 1778. Figlio di Carlo Maria Buonaparte e Letizia Ramolino, Luigi seguì, come i fratelli Girolamo e Napoleone, una formazione di tipo militare. A soli 20 anni partecipò alla campagna d'Egitto al fianco di Napoleone e qui iniziò la sua "fortunata" carriera, ovviamente influenzata più dal legame di parentela che dalla bravura dimostrata sul campo. Per rendervi conto di quanto fu rapida la sua scalata al vertice, vi basti sapere che dopo soli 5 anni ottenne il grado di generale.

Nel 1802, sotto forti pressioni del fratello maggiore, convolò a nozze con Ortensia de Beauharnais, nata dalla precedente relazione tra Giuseppina (attuale moglie di Napoleone) e Alexandre de Beauharnais (morto ghigliottinato nel 1794, durante gli anni della Rivoluzione).
L'obiettivo di Napoleone era quello di cementificare il legame tra le due famiglie, attraverso un vero e proprio matrimonio combinato. Né Luigi né Ortensia poterono opporsi più di tanto a tale decisione piovuta dall'alto, pur esprimendo entrambi apertamente il proprio dissenso in merito.
Alla fine, il loro fu un matrimonio privo d'amore, nonostante ebbero comunque tre figli, il più piccolo dei quali diventerà addirittura imperatore di Francia col nome di Napoleone III. 

Il 5 giugno 1806, Napoleone, preoccupato dall'atteggiamento eccessivamente indipendentista del governo dei Paesi Bassi, decise di sciogliere definitivamente la Repubblica Batava.
Si trattava della prima delle cosiddette "repubbliche sorelle", istituita nel "lontano" 1795. Fondamentalmente, era una nazione guidata da un governo filo-francese che, però, negli ultimi tempi stava iniziando a dimostrare una certa insofferenza nei confronti delle continue imposizioni provenienti da Parigi. O, almeno, questo era ciò che percepiva Napoleone.
Fatto sta che la repubblica divenne regno e sul trono fu posto proprio il nostro Luigi.
Stranamente questa ingerenza esterna fu tutto sommato ben accolta dal popolo olandese che, difatti, salutò con un certo favore il nuovo sovrano. Luigi, dal canto suo, si dimostrò fin da subito un buon monarca, interessandosi in prima persona alle questioni del regno e portando avanti diverse riforme importanti per la modernizzazione del Paese.

Ben presto, finì con l'anteporre gli interessi del proprio regno alle imposizioni francesi, entrando più volte in contrasto col fratello imperatore. Tanto che nel 1810, dopo soli 4 anni di regno, abdicò in favore del figlio Napoleone Luigi, consentendo di fatto l'annessione del Paese all'Impero francese. Il motivo principale della rottura fu la non adesione al Blocco Continentale contro l'Inghilterra. L'economia olandese si basava essenzialmente sul commercio marittimo e, pertanto, non poteva permettersi di entrare in contrasto contro la potenza navale inglese.

Considerato ormai come un traditore della causa francese, Luigi fuggì in Austria, dove trovò asilo politico presso la corte di Francesco I. Ovviamente, una delle prime cose che fece fu separarsi dalla moglie Ortensia. Appassionato di Storia ed archeologia, dedicò gran parte degli anni successivi a viaggiare, trasferendosi in Italia, prima a Roma e poi a Livorno, dove morì nel 1846.

Bene. Con ciò, abbiamo concluso l'introduzione biografica. La prossima volta cominceremo la descrizione delle monete.
Buona serata. 

 

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Conclusa l'introduzione storiografica, quest'oggi inizieremo ad approcciarci all'ambito numismatico vero e proprio.
Premetto subito che la monetazione di Luigi Bonaparte è complessa, estremamente varia e, per questo, di non facile trattazione, in quanto caratterizzata da numerose prove, progetti e coniazioni eseguite in poche decine di esemplari.

Cercherò, per quanto possibile, di districarmi in questo intricato universo, con lo scopo di rendervelo il più chiaro possibile e, mi auguro, un minimo appassionante. Ovviamente, come sempre, non esitate a pormi domande o a richiedere eventuali delucidazioni aggiuntive.

Terminata questa breve ma doverosa premessa, direi di iniziare. Come detto, Luigi Bonaparte regnò dal 1806 al 1810.
In questi 4 anni di regno non adottò mai il sistema monetario decimale. Difatti, un po' per rimarcare la propria autonomia, un po' come segno di rispetto per le tradizioni dei propri sudditi, scelse di coniare monete che seguissero il sistema monetario preesistente. Addirittura, i primi tempi proseguì a far battere monete in linea con lo stile della precedente Repubblica Batava, apponendo il proprio ritratto solo a partire dal 1808.

Sicuramente, una delle monete più iconiche di questo primo periodo fu il ducato, fulcro dell'economia olandese già dal XVI secolo, quando i Paesi Bassi erano ancora sotto la dominazione spagnola. Questa piccola moneta, praticamente d'oro puro e dal peso di 3,50 grammi, fu introdotta ai tempi di Carlo V. Come avvenne per la Repubblica di Venezia, il ducato si dimostrò una moneta estremamente utile per gli scambi commerciali e, per questo, non deve sorprendere che il proprio momento di gloria lo ebbe tra il XVII e il XVIII secolo, quando l'Olanda si affermò come potenza navale e coloniale.

Luigi Napoleone fece coniare sia il ducato “classico” (da 3,50 grammi) che il doppio ducato. Quest'oggi ci concentreremo solo su quest'ultimo, anche per non appesantire troppo la discussione. Coniato tra il 1806 ed il 1808 presso la zecca di Utrecht, il doppio ducato è una moneta dal peso di 6,99 grammi e dal diametro di 28 mm. Come per il ducato, il titolo dell'oro utilizzato è molto alto (983 millesimi per l'esattezza).
Al dritto troviamo un cavaliere in armatura pesante, che regge nella mano destra una lunga spada mentre nella sinistra un fascio di frecce.
Sicuramente la rappresentazione è un po' distante dai gusti e dai canoni stilistici del tempo ma, nel pieno rispetto delle tradizioni preesistenti, si scelse di proseguire con lo stesso disegno utilizzato sui ducati olandesi nel corso dei secoli precedenti.
Per chi non lo sapesse, infatti, il “cavaliere olandese” è un soggetto iconico, praticamente un simbolo d'identità nazionale in Olanda.
Tanto che, ancora oggi, continua ad essere utilizzato su alcune monete “commemorative”.
Per certi versi, se volessimo fare un confronto, lo potremmo equiparare al San Giorgio della monetazione inglese.

Prima di proseguire vorrei fare un piccolo accenno storico: da quando conquistarono la propria indipendenza dalla Spagna, i Paesi Bassi si dotarono di una forma di governo alquanto singolare per il tempo. Divennero, infatti, una repubblica. Sulle monete olandesi (dal 1581 al 1808) non troveremo, dunque, l'effige di un monarca ma tutta una serie di soggetti “alternativi”. Il cavaliere olandese era uno di questi.
Anche la scelta delle frecce strette nella mano non è affatto casuale. Se osservate attentamente, le frecce sono esattamente sette, proprio come il numero di province costituenti la Repubblica delle Sette Province Unite.
Insomma, capite bene come si possa disquisire alacremente anche soltanto su di un singolo particolare di una moneta. Credo che questo, alla fine, sia uno dei lati più belli della numismatica. Per questo motivo, tendo a volte a dilungarmi su queste spiegazioni, che mi auguro non suscitino noia in voi lettori. 

Tornando al nostro doppio ducato, al dritto leggiamo CONCORDIA RES PAR CRES TRA (Concordia Res Parvae Crescunt Trajectum) che significa: "nella concordia le cose piccole crescono". Trajectum è, invece, il nome che i romani diedero ad una delle roccaforti che costruirono lungo il Limes Germanico. Da qui ebbe poi origine la città di Utrecht, luogo dove vennero coniati proprio questi doppi ducati.
Anche quel piccolo scudo che si trova tra la spada e l'elmo del cavaliere è un simbolo di Utrecht.
Al rovescio abbiamo, invece, una specie di tavoletta quadrata, ornata da decorazioni di tipo floreale.
Il testo, su cinque righe, recita:
MO: ORD: PROVIN: FOEDER: BELG: AD. LEG. IMP. (Moneta Ordinum Provinciarum Foederatorum Belgicarum Ad Legem Imperii), ovvero: “Moneta del governo della federazione provinciale del Belgio conforme alla legge dell'Impero”.
Come potete vedere, non c'è alcun riferimento a Luigi Bonaparte ed al suo regno. Se confrontassimo questo doppio ducato con uno della Repubblica Batava o degli ultimi anni della Repubblica delle Sette Province Unite, non noteremmo grosse differenze.
Per questo motivo, gli appassionati del periodo napoleonico non vanno particolarmente in estasi per questo tipo di monete, che, comunque, rimangono esemplari interessanti e con la loro assoluta dignità, sia ben chiaro!

 

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Perfetto! Per oggi direi che abbiamo concluso. La prossima volta tratteremo i ducati. Buona giornata a tutti :hi:
 

Modificato da lorluke
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  • 2 settimane dopo...
Inviato

Ti leggiamo tutti con piacere ed aspettiamo il seguito di questa bella discussione..

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18 minuti fa, vathek1984 dice:

Ti leggiamo tutti con piacere ed aspettiamo il seguito di questa bella discussione..

Ti ringrazio di cuore! Questa sera dovrebbe arrivare la nuova puntata ;)


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Ben ritrovati, appassionati del Regno d'Olanda! Come promesso, quest'oggi inizieremo la trattazione dei ducati, dedicandoci alla descrizione del ducato di 1° tipo.

Pressoché identico al doppio ducato, il ducato di 1° tipo venne coniato tra il 1806 ed il 1808.
Come vedremo, durante il regno di Luigi Bonaparte, fu operativa unicamente la zecca di Utrecht. Soltanto il ducato di 1° tipo fa eccezione a questa regola. Difatti, venne coniato, oltre che ad Utrecht, anche a Dordrecht, nel solo anno 1806 e in un numero veramente esiguo di pezzi.
Si stima, infatti, che ne siano stati battuti a malapena 526, di cui solamente una decina di esemplari è giunta fino ai giorni nostri. Si tratta, pertanto, di una moneta estremamente rara.

Come potete osservare, la moneta presenta numerosissime analogie con il doppio ducato. Le uniche (piccole) differenze le possiamo riscontrare al dritto, dove mancano sia il cerchio cordonato sottostante la legenda che il lembo di terra ai piedi del cavaliere corrazzato. Nella legenda al dritto, inoltre, anziché avere il TRA di Trajectum troviamo la dicitura HOL, ad indicare la zecca di Dordrecht. Per il resto, rimane tutto com'era.

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Il ducato coniato a Utrecht presenta esattamente le stesse caratteristiche già elencate.
La discussione potrebbe anche chiudersi qui se non fosse che, in realtà, oltre che Utrecht e Dordrecht, vi fu una terza zecca a coniare questa moneta.
Una zecca ben lontana dai confini olandesi e che, probabilmente, vi lascerà stupiti: San Pietroburgo. Ebbene sì, il ducato olandese era talmente diffuso e apprezzato all'epoca, che i russi pensarono bene di copiarlo di sana pianta e utilizzarlo nella propria economia per i commerci e le paghe dei soldati.
E non pensiate che ciò avvenisse unicamente come metodo per danneggiare l'economia olandese ora che il Paese era divenuto vassallo della nemica Francia.
I russi realizzarono milioni di repliche di ducati olandesi per oltre un secolo, dal 1735 al 1849, anno in cui il governo olandese aprì un vero e proprio caso diplomatico con la Russia affinché smettesse di effettuare queste coniazioni non autorizzate. In realtà, in barba alle proteste olandesi, è ormai appurato che i russi continuarono a coniare ducati olandesi per almeno altri due decenni, sempre utilizzando la data 1849.
Le “riproduzioni” in questione non erano intese per frodare nei commerci e, infatti, l'oro intrinseco è lo stesso degli esemplari genuinamente olandesi.
Come vedremo, esistono anche delle piccole differenze che ci permettono di distinguerli. Allora, vi chiederete, perché fare tutto ciò?
Perché coniare ducati olandesi, utilizzando le legende e i simboli di una nazione straniera, anziché inventarsi dei ducati propri?
Probabilmente perché il ducato olandese aveva ormai raggiunto una fama internazionale tale da venir accettato pressoché ovunque senza troppi problemi. Una versione dichiaratamente russa, forse, non avrebbe riscosso lo stesso successo e avrebbe fatto più fatica (almeno per i primi tempi) ad essere accettata negli scambi. Comunque, a onor del vero, bisogna ammettere che i russi non furono gli unici a “sfruttare” indebitamente la fama del ducato olandese.
Anche in diverse zecche tedesche troviamo imitazioni più o meno fedeli di questa moneta.
Tuttavia, durante il regno di Luigi Bonaparte, solo a San Pietroburgo vennero create simili imitazioni. Perciò, non mi dilungherei ulteriormente.

Le repliche russe furono eseguite tra il 1806 ed il 1807. Come detto, esistono delle lievi differenze, soprattutto a livello della data, che ci permettono di distinguerli. Il 1806 russo presenta una data più grande rispetto a quello olandese.

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Il ducato russo del 1807, oltre ad avere sempre le cifre della data più grandi, presenta un 7 di forma diversa. Difatti, possiamo notare come la cifra finale presenti una specie di coda, una virgola nella sua estremità. Come vedete, non c'è nient'altro che indichi che la coniazione è stata eseguita a San Pietroburgo, anzi! Viene addirittura riportata la dicitura TRA della zecca di Utrecht...

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Non risultano, invece, imitazioni russe per quel che riguarda il ducato di 1° tipo del 1808. Forse, ciò deriva in parte anche dai ristabiliti rapporti diplomatici tra le due nazioni all'indomani della pace di Tilsit.
Bene. Direi che anche per oggi abbiamo concluso. Come sempre, se avete domande, curiosità, commenti o richieste di chiarimenti, non esitate a scrivere. 
Buona serata a tutti e alla prossima! :hi: 

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Il 8/11/2020 alle 20:52, lorluke dice:


Il ducato coniato a Utrecht presenta esattamente le stesse caratteristiche già elencate.
La discussione potrebbe anche chiudersi qui se non fosse che, in realtà, oltre che Utrecht e Dordrecht, vi fu una terza zecca a coniare questa moneta.
Una zecca ben lontana dai confini olandesi e che, probabilmente, vi lascerà stupiti: San Pietroburgo. Ebbene sì, il ducato olandese era talmente diffuso e apprezzato all'epoca, che i russi pensarono bene di copiarlo di sana pianta e utilizzarlo nella propria economia per i commerci e le paghe dei soldati.
E non pensiate che ciò avvenisse unicamente come metodo per danneggiare l'economia olandese ora che il Paese era divenuto vassallo della nemica Francia.
I russi realizzarono milioni di repliche di ducati olandesi per oltre un secolo, dal 1735 al 1849, anno in cui il governo olandese aprì un vero e proprio caso diplomatico con la Russia affinché smettesse di effettuare queste coniazioni non autorizzate. In realtà, in barba alle proteste olandesi, è ormai appurato che i russi continuarono a coniare ducati olandesi per almeno altri due decenni, sempre utilizzando la data 1849.
Le “riproduzioni” in questione non erano intese per frodare nei commerci e, infatti, l'oro intrinseco è lo stesso degli esemplari genuinamente olandesi.
Come vedremo, esistono anche delle piccole differenze che ci permettono di distinguerli. Allora, vi chiederete, perché fare tutto ciò?
Perché coniare ducati olandesi, utilizzando le legende e i simboli di una nazione straniera, anziché inventarsi dei ducati propri?
Probabilmente perché il ducato olandese aveva ormai raggiunto una fama internazionale tale da venir accettato pressoché ovunque senza troppi problemi. Una versione dichiaratamente russa, forse, non avrebbe riscosso lo stesso successo e avrebbe fatto più fatica (almeno per i primi tempi) ad essere accettata negli scambi. Comunque, a onor del vero, bisogna ammettere che i russi non furono gli unici a “sfruttare” indebitamente la fama del ducato olandese.
Anche in diverse zecche tedesche troviamo imitazioni più o meno fedeli di questa moneta.
Tuttavia, durante il regno di Luigi Bonaparte, solo a San Pietroburgo vennero create simili imitazioni. Perciò, non mi dilungherei ulteriormente.

Le repliche russe furono eseguite tra il 1806 ed il 1807. Come detto, esistono delle lievi differenze, soprattutto a livello della data, che ci permettono di distinguerli. Il 1806 russo presenta una data più grande rispetto a quello olandese.

 


 

Il ducato russo del 1807, oltre ad avere sempre le cifre della data più grandi, presenta un 7 di forma diversa. Difatti, possiamo notare come la cifra finale presenti una specie di coda, una virgola nella sua estremità. Come vedete, non c'è nient'altro che indichi che la coniazione è stata eseguita a San Pietroburgo, anzi! Viene addirittura riportata la dicitura TRA della zecca di Utrecht...

 

 


 

Non risultano, invece, imitazioni russe per quel che riguarda il ducato di 1° tipo del 1808. Forse, ciò deriva in parte anche dai ristabiliti rapporti diplomatici tra le due nazioni all'indomani della pace di Tilsit.
Bene. Direi che anche per oggi abbiamo concluso. Come sempre, se avete domande, curiosità, commenti o richieste di chiarimenti, non esitate a scrivere. 
Buona serata a tutti e alla prossima! :hi: 

 
Aggiungo un po'.
Imperatore                      Tiratura.
Anna Ioannovna             12 764 12 747 
 Elisabetta Petrovna       non fu coniata con 
Pietro III                            1000 
Caterina II                         135 100 + 337 737
Paolo I                               coniato non è stato
Alessandro I                     7 006 301
 Nicola I                            18 336 835
 Alessandro II                  (secondo L'anno 1867) 2 550 200
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Eccoci di nuovo qui! Prima di iniziare vorrei ringraziare @Brios per l'interessante integrazione inerente le imitazioni russe dei ducati olandesi.
Come potete vedere, a conferma di quanto scrissi, queste “riproduzioni” furono eseguite per un lungo lasso di tempo, sotto vari zar e zarine.
Ora, però, senza dilungarci troppo, tornerei al tema cardine della discussione.

Finora abbiamo osservato monete in pieno stile “tradizionale”, senza alcun riferimento al mutamento della forma di governo da repubblica a monarchia.
A partire dal 1808, Luigi prese finalmente coraggio, facendo apporre il proprio volto su numerose tipologie di monete.
Tra queste, ovviamente, non poteva mancare il nostro benamato ducato.
Ecco, dunque, il cosiddetto “ducato con cavaliere”, coniato sempre (e solo) ad Utrecht tra il 1808 ed il 1809.
Al dritto troviamo il ritratto di Luigi Bonaparte rivolto verso sinistra.
Come potete osservare, la testa è nuda e lo sarà in tutte le sue monete.
In altre parole, non vedremo mai corone d'alloro o altro a cingergli il capo. La realizzazione dei conii è affidata all'abile mano dell'incisore George.
La legenda, non più in latino ma in olandese, recita: “LODEW NAP KON VAN HOLL”, ovvero “Luigi Napoleone Re d'Olanda”.
Al rovescio, invece, abbiamo il classico cavaliere olandese in armatura, quasi a rappresentare l'ultimo baluardo ancora in vita della precedente monetazione. La legenda circolare “
EENDRAGT MAAKT MAGT
”, traducibile in la concordia fa potenza, ricorda ancora il “motto” dei ducati dell'ormai tramontata repubblica.


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Questo ducato fu coniato all'incirca in 280.000 pezzi. Molti esemplari del 1809 furono, purtroppo, rifusi direttamente in zecca per la coniazione di una nuova e definitiva tipologia di ducato, che tra poco vedremo. Si tratta, dunque, di monete non introvabili ma nemmeno tra le più comuni, certamente più ricercate ed apprezzate dai collezionisti del periodo napoleonico rispetto alle precedenti fin qui descritte.

Concludiamo ora la lunga trattazione dei ducati con l'ultima tipologia di questa moneta.
Con questo ducato possiamo dire che si rompe definitivamente il legame con la tradizione.
Anche il secolare cavaliere in armatura viene, infatti, abolito. Al suo posto troviamo uno stemma coronato, suddiviso in quattro quadranti.
Qui trovano spazio due aquile (simbolo dell'Impero francese) e due leoni rampanti (di derivazione olandese).
Il legame tra Francia e Paesi Bassi viene ora reso esplicito anche sulle monete.
La piccola ape che osserviamo in basso, sotto la data, rappresenta invece il simbolo della zecca reale di Utrecht.

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Questa moneta venne coniata tra il 1809 e il 1810, anno in cui il regno fu annesso all'Impero. Furono battuti oltre 2 milioni di esemplari.
Si tratta, dunque, di monete più facilmente reperibili rispetto ai ducati con cavaliere. Il ducato del 1809, in particolare, appare con maggiore frequenza sul mercato.
Perfetto! Si completa così la trattazione del ducato olandese, una moneta che, come avete potuto constatare, ha assistito ad una straordinaria evoluzione, specialmente se si considerano i soli 4 anni di regno di Luigi Bonaparte.
Per oggi direi che abbiamo concluso. Alla prossima!

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Ben ritrovati, appassionati del periodo napoleonico! Prima d'iniziare vorrei scusarmi con tutti voi per la prolungata assenza ma in quest'ultimo periodo sono stato particolarmente indaffarato. Prometto che d'ora in avanti torneremo pienamente operativi e che le prossime “puntate” usciranno con maggiore frequenza.

Chiusa la parentesi, direi d'iniziare senza ulteriori indugi. Quest'oggi ci concentreremo su due monete in oro estremamente rare: il 10 e 20 gulden.
Il termine “gulden” in italiano può essere tradotto in “fiorini”. Io, onestamente, continuerò a chiamarle gulden, sia per abitudine che per rimando diretto alla monetazione olandese. Non so perché ma 10 e 20 fiorini mi suonano male all'orecchio per queste tipologie di monete.

Cominciamo con il 20 gulden, moneta coniata sempre (e solo) ad Utrecht in due anni: 1808 e 1810 (non nel 1809).
Come potete osservare, questo esemplare presenta numerose analogie col ducato nella sua versione finale e “definitiva”.
Cambiano, ovviamente, il peso (13,67 grammi anziché 3,50), il titolo dell'oro (885 millesimi, più basso dunque) e il diametro (26 mm invece di 19 mm).
Altre piccole differenze le possiamo riscontrare nel disegno del volto di Luigi Bonaparte (opera di George), a mio avviso uno dei meglio riusciti per quanto riguarda questa specifica monetazione, e nel bordo, caratterizzato da una “perlinatura” molto elaborata ed elegante.
Nel taglio della moneta, infine, troviamo incisa la frase “De naam des Heeren zy geloofd”, che può essere tradotta in “Crediamo nel nome del Signore”.
Queste monete furono coniate in un numero talmente esiguo di esemplari che si ritiene più corretto definirle come prove di zecca che monete vere e proprie. Sicuramente non entrarono mai in circolazione, né tantomeno furono utilizzate nell'economia di tutti i giorni, a differenza dei ducati.
Secondo le fonti storiografiche più accreditabili, queste prove furono donate dal maestro di zecca ad amici e parenti. Per certi versi, può forse ricordarci il 20 lire “dei marescialli” di Vittorio Emanuele III. Purtroppo, non conosciamo il numero esatto di esemplari coniati (non molti, comunque).
Il 20 gulden del 1808 viene considerato come R4 e sul mercato può arrivare a superare anche i 100.000 euro se in condizioni vicine al FDC.
Il 20 gulden del 1810 (R3), invece, viaggia tra i 20.000-40.000 euro a seconda delle condizioni in cui si trova.
Per nostra grande fortuna, nell'ultima asta Schulman (n°365) sono state battute entrambe le annate.
La prima ha raggiunto 120.000 euro più diritti d'asta (+20%), mentre la seconda 42.000 (più diritti).

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Del 10 gulden c'è veramente poco da aggiungere rispetto al “fratello maggiore”.
Cambia ovviamente il peso (6,83 grammi) e il diametro (22 mm). Anche il disegno del volto varia lievemente.
Per il resto, non riscontriamo grosse differenze. Anche il 10 gulden fu coniato come “prova di zecca” solo nel 1808 e nel 1810.
L'esemplare del 1808 dovrebbe presentare la firma di George alla base del collo. Uso il condizionale perché nelle aste si vede sempre e solo l'esemplare del 1810, nonostante sulla carta siano di pari rarità (ovvero R3). Quindi, non mi è mai capitato di osservarne uno...
Anche l'esemplare che vi mostro qui di seguito proviene dall'asta Schulman 365 ed è stato aggiudicato a 24.000 euro (più diritti). So che, a volte, è brutto parlare di prezzi e cifre ma lo faccio soltanto per darvi la misura delle quotazioni di mercato di queste vere e proprie rarità numismatiche.

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Sia del 10 che del 20 gulden esistono numerose prove di zecca realizzate in bronzo con numerose peculiarità: con o senza la firma di George, con variazioni nella formula della frase incisa al contorno, ecc. Per questioni di tempo e praticità, non le tratterò. Sappiate, comunque, che esistono.
Bene! Per oggi direi che può bastare. Spero che abbiate apprezzato la ripresa della discussione.
Come sempre, domande, opinioni, curiosità e commenti sono ben accetti.
Alla prossima! :hi:

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Buona serata

Mi permetto di evidenziare un mio scritto che riguarda una moneta veneziana portante delle contromarche afferenti Luigi Napoleone; ultima pagina, capitolo La Moneta

https://numismaticamente.it/collezionismo-numismatico/il-leone-di-venezia-storia-di-un-simbolo/2

saluti

luciano


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Prima d'iniziare, vorrei ringraziare @417sonia per l'integrazione. Invito, ovviamente, chiunque ne abbia desiderio a intervenire con domande, curiosità o aggiungendo ulteriori informazioni. Rivolgo un sentito ringraziamento anche a tutti i lettori e, in particolar modo, a coloro i quali lasciano un “mi piace” di apprezzamento. Come potete immaginare, portare avanti una discussione del genere richiede tempo ed energie.
Perciò, fa piacere vedere che quello che si sta facendo suscita interesse.

Chiusa la parentesi introduttiva, adesso partiamo. Dopo aver concluso la scorsa volta la trattazione delle monete in oro, quest'oggi inizieremo a parlare degli esemplari in argento. In particolare, ci concentreremo sul cosiddetto ducato d'argento, meglio noto come rijksdaalder.
Come il ducato (in oro), questa moneta ebbe una grande evoluzione nell'arco di una manciata d'anni di regno. Perciò, incontreremo diverse tipologie.
La prima ad essere coniata (tra il 1806 ed il 1808) è eseguita in pieno rispetto del precedente stile repubblicano. Al dritto troviamo il classico cavaliere olandese in armatura con spada. In questo caso, invece del fascio di frecce, il cavaliere tiene stretto nella mano una specie di nastro.
Lungo la gamba sinistra, osserviamo uno scudo coronato diviso in 4 quadranti, due con i leoni rampanti d'Olanda, due con delle croci (deve ancora arrivare l'aquila imperiale francese). Al centro dello scudo coronato, all'incrocio tra i 4 quadranti, possiamo notare un piccolo scudo, simbolo della città di Utrecht.
La legenda circolare in latino MO: NO: ARG: PRO: CONFOE: BELG: TRAI, può essere tradotta in: “Nuova moneta in argento della confederazione delle province belghe – Utrecht”.

Forse vi domanderete il senso dell'aggettivo “nuova”. Senza complicare troppo il discorso, dovete sapere che fino agli inizi del XVIII secolo, in Olanda esistevano diverse tipologie di monete d'argento che differivano lievemente tra loro per peso e purezza.
Ad un certo punto, si decise di attuare una riforma con cui uniformare tutte queste differenze, creando un sistema monetario univoco.
Da quel momento in poi, un rijksdaalder sarebbe stato equivalente a 2,5 gulden, il quale, a sua volta, sarebbe stato combaciante ad un pezzo da 50 stuivers.
In altre parole, tutte e tre queste monete avrebbero al loro interno lo stesso quantitativo d'argento puro (poco più di 24 grammi, per l'esattezza).
So che per ora si tratta di nomi senza un gran valore e che potrebbero risultare superflui nella trattazione ma vi assicuro che prossimamente incontreremo anche le altre due tipologie di monete (il 50 stuivers e il 2,5 gulden).
Perciò, ritengo che questa piccola digressione possa essere utile per anticipare alcuni concetti che rivedremo in futuro.

Tornando al nostro rijksdaalder, al rovescio campeggia un bello scudo coronato, al cui interno impera un leone rampante (a sua volta coronato), con in una mano una spada e nell'altra l'ormai celebre fascio di sette frecce. Ai due lati dello scudo, troviamo le cifre della data.
La legenda circolare CONCORDIA RES PARVAE CRESCUNT ricorda molto il motto che abbiamo già incontrato nei ducati d'oro.
Da notare ad ore 12 il piccolo scudo della città di Utrecht.
Non si tratta di una moneta particolarmente rara (solo l'anno 1807 è lievemente più raro degli altri).
Di questa tipologia esistono numerose varianti a seconda di dove si posiziona la punta del nastro rispetto alla legenda (sotto la A di ARG, tra la A e la R o sotto la R) e a che livello si trovano le cifre della data (al rovescio) rispetto alla parola CONCORDIA (a livello della D, tra D ed I o tra I ed A).
Si tratta di piccole curiosità che non incidono sul prezzo di vendita o sulla rarità.

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Con questo, anche per oggi, abbiamo terminato. Spero, come sempre, che sia stato di vostro gradimento. Buona serata e buone feste a voi tutti!
 

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Ben ritrovati, amici lamonetiani e un sincero augurio di buon anno a tutti voi!
Conclusa la trattazione del rijksdaalder filo-repubblicano, quest'oggi ci concentreremo sui cosiddetti esemplari “di nuovo tipo”, coniati sempre (e solo) ad Utrecht unicamente nel 1809. Parlo al plurale perché, in effetti, avremo un primo e secondo “nuovo tipo”. Ma facciamo un passo alla volta.

Il 1° rijksdaalder di nuovo tipo è caratterizzato al dritto dal ritratto del re rivolto verso destra, accompagnato dall'ormai classica legenda “LODEW NAP KON VAN HOLL”. Il rovescio, invece, trae chiaramente ispirazione dal dritto del rijksdaalder “classico”, pur comunque presentando delle piccole differenze. Osserviamo, in particolare, lo scudo coronato.
Come ricorderete, nell'esemplare precedente, all'incrocio dei quattro quadranti avevamo lo “scudetto”, simbolo della citta di Utrecht (qui, invece, assente). Altra piccola differenza, sempre a livello dello scudo, la si riscontra nella scelta degli elementi occupanti i singoli quadranti.
Mentre il leone rampante viene “confermato”, la croce viene sostituita dall'aquila dell'Impero francese. Tra l'altro è curioso notare come la posizione dei leoni venga invertita (dai quadranti 2 e 3 viene traslata ai quadranti 1 e 4). Si tratta, ovviamente, di piccole differenze che però denotano, a mio avviso, sia la grande cura per il dettaglio in questo tipo di monetazione che la rapida evoluzione che i Paesi Bassi conobbero in quella manciata di anni di regno.
Tornando alla nostra moneta, la legenda circolare al rovescio “EENDRAGT MAAKT MAGT” è la stessa che avevamo già incontrato nella descrizione del ducato in oro con cavaliere. In basso, sotto ai piedi del cavaliere, abbiamo infine la data.

Del 1° rijksdaalder di nuovo tipo esistono anche numerose prove eseguite in vari metalli (bronzo scuro, bronzo chiaro, bronzo argentato, rame dorato e piombo con bordo liscio anziché godronato). Per completezza ve le cito ma, anche per ragioni tempistiche, le tralascerò.
Di seguito, vi mostro una foto di un esemplare andato all'asta lo scorso anno da Numismatica Genevensis e aggiudicato a 38.000 chf (più diritti).

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Passiamo ora al 2° rijksdaalder di nuovo tipo. Di questa moneta, onestamente, non c'è molto da dire. Il dritto è esattamente lo stesso dell'esemplare di prima. Cambia il rovescio, in cui troviamo solamente lo scudo coronato con le aquile ed i leoni rampanti. Affianco lo scudo troviamo le lettere R – DR (abbreviazione del termine rijksdaalder), mentre in basso ad ore 6 abbiamo l'ape simbolo della zecca reale di Utrecht.

Prima di mostrarvi la foto e di congedarmi, vorrei fare una breve considerazione tecnica.
Nei cataloghi olandesi il 1° ed il 2° rijksdaalder di nuovo tipo sono considerati rispettivamente come monete di rarità R3 ed R2.
Dovete, tuttavia, sapere che in Olanda hanno un metro più stringente del nostro nel valutare la rarità. Non vorrei, dunque, che passasse il messaggio che si tratti di tipologie assimilabili ai nostri R3 ed R2 (soprattutto se paragonate a certe monete del Regno d'Italia...).

Bene. Anche per oggi abbiamo finito. Spero, come sempre, sia stato di vostro gradimento. Come promesso, prima di chiudere, vi mostro la foto del 2° rijksdaalder. Questo esemplare proviene dalla stessa asta del precedente e fu aggiudicato a 28.000 chf (più diritti).

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Ben tornati, amici lettori! Siccome molti di voi (me compreso) saranno rimasti appesantiti da buffet natalizi e cenoni di capodanno, ho deciso di aprire questo 2021 con una puntata tutto sommato “light”. Difatti, quest'oggi tratterò soltanto il 2 ½ gulden, una moneta po' a sé stante nel variegato panorama numismatico olandese.

Gemella (per quantitativo d'argento) del rijksdaalder (già trattato) e del 50 stuivers (che ancora dobbiamo incontrare), questa moneta fu coniata solamente nel 1808 e un'unica tipologia. Al dritto abbiamo il busto del re rivolto verso destra e la classica legenda circolare.
Personalmente, la reputo come una delle esecuzioni artisticamente meglio riuscite per quanto riguarda la monetazione di questo sovrano.
Le dimensioni della testa sono ben bilanciate e la basetta è delineata e resa in modo naturale.

Non ricordo se l'ho già detto ma, nel caso, mi scuso fin d'ora per la ripetizione. Come potete notare, Luigi Bonaparte appare sempre con la testa nuda, senza corone d'alloro, nastri o simili amenità, proprio come un altro ben più celebre napoleonide: Murat.
A mio avviso, questo piccolo particolare può essere interpretato come un segno di vicinanza del sovrano nei confronti del proprio popolo.
Non a caso, tra i sovrani napoleonidi, i più apprezzati furono proprio Luigi e Gioacchino...
Discorso diametralmente opposto per quel che riguarda Girolamo di Westphalia che, se ricorderete, soleva cingersi il capo di corone d'alloro e, al contempo, s'interessava più alla bella vita di corte che alle problematiche del regno, la cui gestione era affidata a burocrati provenienti da Parigi.

Tornando al nostro 2 ½ gulden, sul taglio del collo possiamo notare la firma dell'incisore George F. In realtà, come potete osservare qui di seguito, esistono due varianti: una con la firma completa, l'altra, caratterizzata da una punta del busto più corta, in cui troviamo solo la G iniziale e la F finale.
Entrambe le varianti sono giudicate come R2 anche se, ad oggi, sono note poche decine di esemplari. Anche per questa ragione, in alta conservazione, questa moneta viaggia tranquillamente sui 12.000/15.000 euro.

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Sul rovescio non mi dilungo perché si tratta sempre del solito scudo coronato, simbolo del regno.
Nel taglio della moneta troviamo incisa la frase “DE NAAM DES HEEREN ZY GELOOFD”, che può essere tradotta in “Crediamo nel nome del Signore”.
Anche per quanto riguarda il 
2 ½ gulden esistono numerose prove eseguite in bronzo (scuro e chiaro). Degna di nota, a mio avviso, è la prova del 1809, praticamente irreperibile per l'assoluta rarità.

Bene. Anche per oggi abbiamo terminato. Come sempre, domande, curiosità o integrazioni a quanto detto sono ben accette. A presto e buona Epifania!

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Eccoci ritrovati dopo un po' di attesa a parlare nuovamente di Luigi Bonaparte e, in particolare, delle sue monete. Quest'oggi apriremo il capitolo riguardante gli stuivers, cominciando dalla cosiddetta serie “delle insegne”, così chiamata per via del caratteristico rovescio.

Prima d'iniziare, però, vorrei rimarcare un concetto già espresso in precedenza.
Per cercare di orientarvi quantomeno indicativamente nell'intricato mondo della monetazione olandese degli inizi del XIX secolo, dovete tenere presente la seguente equazione: 1 rijksdaalder = 2,5 gulden = 50 stuiver. E, perciò: 1 gulden = 20 stuiver.
Già così la trattazione che seguirà (non solo oggi ma anche prossimamente) dovrebbe risultarvi più chiara.

Conclusa la premessa, vediamo ora in cosa consiste questa serie delle insegne. Ebbene, si tratta di tre monete di prova con taglio da 50, 20 e 10 stuiver. Il conio, anche in questo caso, è opera di Joan George Holtzhey (per gli amici semplicemente George).
Questo progetto fu eseguito nel 1807 ma non ebbe grande fortuna in quanto venne, purtroppo, bocciato dalla commissione giudicante.
Vennero, pertanto, creati solo una manciata di esemplari e, per questa ragione, si tratta di monete estremamente rare e ricercate.
Secondo la scala olandese, corrispondono a degli R4, ovverosia il massimo grado possibile.

Passiamo ora alla descrizione tecnica. Al dritto troviamo il ritratto del sovrano rivolto verso destra.
La legenda circolare, un po' diversa da quella a cui ci eravamo ormai abituati, riporta: LODEWYK DE EERSTE KONING VAN HOLL. traducibile in: Luigi I Re d'Olanda. Da notare la peculiarità dei caratteri più piccoli in corrispondenza delle preposizioni “DE” e “VAN”.
Il rovescio, invece, presenta il classico scudo coronato diviso in quattro quadranti. Possiamo, però, già riscontrare una piccola differenza a livello dell'esecuzione dell'aquila, a mio avviso più stilizzata e rigida rispetto al solito. Ma, d'altronde, siamo nel 1807 e lo stile non può ancora considerarsi completamente affinato. Ciononostante, credo si possa apprezzare pienamente il grande sforzo tecnico compiuto da George nella cura del dettaglio e nel creare un qualcosa di elaborato ed elegante. Molti collezionisti e studiosi considerano questa serie come la sua opera migliore.
Per questo posso immaginare la delusione provata nel momento in cui la commissione respinse questa prova.
Ad arricchire il rovescio troviamo, incrociati tra loro, lo scettro e la mano della giustizia, simboli
del potere regale francese fin dai tempi di Carlo Magno. 
Sotto la data, campeggia un'elegante ghirlanda floreale festonata che suggella la decorazione. Ai lati dello scudo abbiamo l'indicazione del valore nominale, mentre nel taglio troviamo inciso in latino: "SIT NOMEN DOMINI BENEDICTVM" (Benedetto sia il nome del Signore).

Purtroppo, ho la possibilità di mostrarvi solo l'esemplare di taglio massimo, in quanto degli altri due non risultano passaggi d'asta nell'arco degli ultimi anni. Posso, comunque, assicurarvi che sia il 20 che il 10 stuiver sono pressoché identici, fatto salvo per peso e diametro ovviamente.
L'esemplare qui di seguito è stato aggiudicato nel gennaio 2019 presso Heritage Auctions per la bellezza di 32.000 euro più diritti.

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Di questa serie di prova esistono anche esemplari con nessuna incisione nel taglio (che, di conseguenza, si presenta liscio) ed esemplari in bronzo (anziché argento) su cui non è inserita l'ultima cifra della data. Particolarmente interessante, però, è a mio modesto avviso l'esemplare (a quanto pare unico nel suo genere) che riporta la legenda circolare al dritto in latino anziché in olandese.
Difatti, troveremo: LVDOVICVS PRIM. REX HOLLANDIAE ETC. Questo unicum (in stagno) è stato battuto nell'asta Schulman del lontano 12 marzo 1930 ed è tuttora conservato nella collezione della Banca nazionale d'Olanda.

Detto ciò, anche per oggi abbiamo concluso. Mi auguro, come sempre, che sia stato di vostro interesse. Buona serata e alla prossima! :hi:

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Proseguiamo oggi con la descrizione di una delle monete più iconiche del periodo napoleonico, caratterizzata da una storia molto suggestiva.
La moneta in questione è il 50 stuiver del 1807 (nella sua versione approvata).
Dopo che la prova venne respinta, George si diede molto da fare per creare un qualcosa che potesse incontrare i gusti della commissione giudicante. E ci riuscì, creando una moneta sicuramente meno elaborata rispetto alla precedente ma, nella sua semplicità e sobrietà, estremamente elegante.

Al dritto troviamo il busto del re rivolto verso destra, circondato dalla legenda NAP. LODEW. I. KON. VAN. HOLL. Sul taglio del collo possiamo notare la firma dell'incisore (GEORGE F.). Al rovescio, a mio avviso, c'è ben poco da dire. È il classico disegno già visto più e più volte.
Onestamente, mi sembrerebbe di offendere la vostra intelligenza nel ripetere per l'ennesima volta sempre gli stessi concetti...
L'unica nota interessante riguarda la legenda circolare, per cui esistono due varianti: una (R2) in cui abbiamo KONINGRIJK HOLLAND; l'altra (R4) in cui, invece, troviamo scritto KONING RIK VAN HOLLAND. Una piccola sottigliezza, se vogliamo, che, però, fa una grande differenza in termini di rarità e prezzo. Per concludere, il taglio è caratterizzato da un susseguirsi di righe oblique.
L'esemplare riportato qui di seguito è stato battuto nell'ultima asta Bolaffi per 6.000 euro più diritti.

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A questo punto, molto probabilmente, vi domanderete perché mai una moneta del genere sia così iconica e ricercata dai collezionisti del periodo napoleonico. Sì, è bella ma, in fin dei conti, non presenta nulla di così particolare e distintivo rispetto alle altre...
Ebbene, il fascino di questa moneta risiede tutto nella storia che porta dietro di sé.

La coniazione avvenne verso la fine del 1807 e si riuscì a battere solamente 300 esemplari. Questi, anziché essere immessi normalmente in circolazione, furono tenuti da parte, conservati per un'occasione speciale.
Ecco allora che, durante lo sfarzoso ballo organizzato l'1 gennaio 1808 nel palazzo reale di Utrecht per festeggiare il capodanno, il sovrano fece una sorpresa a tutti gli invitati: rese omaggio alle trecento dame di corte, donando personalmente a ciascuna di loro un esemplare di questa moneta.
Un gesto sicuramente di grande galanteria, il cui ricordo, a mio avviso, rende ancor più emozionante tenere tra le mani uno di questi esemplari.
Oltre a ciò, si tratta anche della prima moneta (non prova o progetto) effettivamente coniata con l'effige del sovrano.
Come ricorderete, infatti, nei primi due anni di regno Luigi preferì proseguire nel solco della monetazione precedente (quella della  Repubblica Batava, per intenderci).
Per tutte queste ragioni, il 50 stuiver 1807 è diventata una delle monete più apprezzate e iconiche di questo sovrano.

Bene. Anche per oggi è tutto. Come sempre, se avete domande, curiosità, commenti, integrazioni, ecc. non esitate a intervenire.
Ovviamente, il mio non vuole essere un monologo ma un viaggio esplorativo nei meandri di una monetazione poco conosciuta (almeno qui in Italia).
La speranza principale che ho è quella di riuscire a farvi apprezzare un minimo monete così lontane da noi e di cui raramente si sente parlare. 
Spero di riuscire in quest'ardua impresa, anche solo in minima parte...

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Eccoci di nuovo qui. Quest'oggi tratteremo il 50 stuiver del 1808, una moneta che solo all'apparenza risulta uguale all'omologa del 1807.
In primo luogo cambia l'incisore: il buon George viene sostituito da A. J. van der Monde, sicuramente meno talentuoso e dotato (artisticamente parlando ?). La differenza più grande la riscontriamo, pertanto, proprio nella minor cura realizzativa.
Come potrete osservare tra poco, i rilievi tendono ad essere generalmente più pastosi e meno delineati, soprattutto a livello della basetta.
Un'altra piccola differenza la possiamo riscontrare nel taglio del collo, dove non sarà più presente la firma dell'incisore.

La minor cura del dettaglio può in parte essere giustificata dall'enorme quantitativo di esemplari coniati (circa 2.500.000).
Si tratta, infatti, dell'unica moneta in argento recante l'effige di Luigi Bonaparte che certamente entrò in circolazione.
Le altre, come ricorderete, sono più o meno tutte essenzialmente pseudo-prove o progetti. I 2 milioni e mezzo di pezzi furono coniati nell'arco di tre anni, dal 1808 al 1810, ma riportano sempre e solo la data del 1808. Si stima, ad esempio, che nel 1810 ne siano stati coniati 700.000 ma vi posso assicurare che non esiste alcun 50 stuiver 1810... Non chiedetemi le ragioni di questa bizzarra scelta perché francamente non le conosco. Ve la riporto semplicemente come curiosità numismatica.
Per far fronte a questa emissione inedita su larga scala, furono utilizzate numerose matrici e punzoni. Difatti, per gli amanti delle varianti di conio, il 50 stuiver 1808 rappresenta certamente una moneta "stimolante". Troveremo differenze nella larghezza del busto e nella conformazione delle ciocche di capelli del re. Avremo, poi, diverse varianti per quel che riguarda le dimensioni del corpo (piccolo o grande) e la lunghezza delle zampette dell'ape, simbolo della zecca di Utrecht. Se poi andassimo ad analizzare anche i punti non ne usciremmo più.
Esistono, infatti, esemplari con un punto a sinistra dell'ape, altri in cui il punto dopo la data (1808) è allineato verticalmente con quello di HOLLAND, altri ancora in cui la punta del collo di Luigi può puntare o la seconda L di HOLL o il punto finale.

Insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti!

In considerazione dell'elevato numero di esemplari coniati, il 50 stuiver 1808 è certamente una delle monete più comuni ed economicamente abbordabili del Regno d'Olanda napoleonico. Mentre per molte altre tipologie abbiamo parlato di decine di migliaia di euro, in questo caso con una spesa di 700-800 euro saremmo già in grado di trovare dei pezzi in alta conservazione.
Nell'ultima asta Varesi 77, ad esempio, un esemplare qFDC è andato a 700 euro più diritti. Da notare, nonostante l'elevato stato di conservazione, la basetta "pasticciata" e i capelli poco definiti in diversi punti, aspetto che raramente abbiamo riscontrato in altri casi nella trattazione di questa specifica monetazione.

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Questa possiamo definirla, se vogliamo, come la versione "standard", tipica di oltre il 95% degli esemplari che regolarmente passano sul mercato. Esistono, poi, degli esemplari, molto più difficili da reperire, caratterizzati da un'insolita cura del dettaglio.
Quello che vi sto per mostrare è il migliore che mi sia mai capitato di osservare e. Giustamente, a mio avviso, è stato aggiudicato a 2.600 dollari (quindi ben oltre la media dei realizzi).

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Per concludere, sono note anche alcune prove in oro. Nello specifico, due dal peso di 50 grammi considerate dell'epoca e una sottopeso (41,5 gr) più moderna. Di seguito vi riporto uno dei due esemplari prova autentici, che ricordo essere stato aggiudicato 2-3 anni fa per un totale di circa 220.000 euro in un'asta giapponese.

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Affascinante dissertazione su questa monetazione poco conosciuta in Italia, spero proseguirai anche con i tagli "minori"...?

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51 minuti fa, vathek1984 dice:

Affascinante dissertazione su questa monetazione poco conosciuta in Italia, spero proseguirai anche con i tagli "minori"...?

Ti ringrazio @vathek1984. Sono lieto che la discussione sia di tuo interesse. Confermo (e assicuro a tutti i lettori) che il progetto non è stato abbandonato ma è in sospeso.
Febbraio e marzo sono stati (e saranno) mesi abbastanza intensi per me. Per questo non ho avuto molto tempo per proseguire la presente discussione. Posso, però, dirvi che da inizio aprile la situazione dovrebbe normalizzarsi e gli impegni ridursi, permettendomi di concludere senza problemi la descrizione delle ultime monete rimaste. Quindi, vi chiedo di portare ancora un po’ di pazienza ??

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Buongiorno a tutti! Come promesso, quest'oggi torniamo finalmente a parlare della monetazione di Luigi Bonaparte. La scorsa volta avevamo concluso il 50 stuiver. Oggi, invece, iniziamo la trattazione di una moneta altrettanto importante e interessante: il gulden (o fiorino). 
Volendo fare un paragone, il gulden ricorda molto per peso e dimensioni la 2 lire nostrana.

Partiamo col 1 gulden di primo tipo. Si tratta di una moneta prova realizzata nel 1807. Stando alla letteratura, ne esistono solamente 8 esemplari. Capirete, dunque, la difficoltà nel reperire anche soltanto delle immagini quantomeno decenti...
La moneta, a prima vista, non sembra avere chissà quali particolarità. Al dritto troviamo il classico ritratto di Luigi rivolto a destra, mentre al rovescio lo stemma coronato diviso in quattro quadranti. Al limite possiamo osservare una certa evanescenza delle legende circolari, elemento comunque riscontrabile anche in altre monete ben più comuni.
In realtà, se osservassimo attentamente la legenda circolare al rovescio, noteremmo un errore ortografico.
Infatti, anziché KONINGRIJK HOLLAND, leggiamo KONINGRIK HOLLAND. 
In altre parole, si sono dimenticati la -J.
Altra peculiarità è la dicitura 1. F. che sta per 1 Florin (1 fiorino). Come vedremo, questa verrà sostituita già a partire dal 1808 nel gulden di secondo tipo con la sigla 1. GN (1 Gulden). Il taglio, infine, è caratterizzato da un susseguirsi di righe oblique.
Posso anticiparvi che anche questo elemento verrà poi modificato nel gulden di 2° tipo.

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Di questa rarissima moneta esistono anche delle prove in bronzo, di cui non si conosce l'esatto numero ma quasi sicuramente sono meno introvabili della versione in argento. Vorrei, tuttavia, soffermarmi su una particolare prova in bronzo, in cui manca l'ultima cifra della data. Questa venne fatta coniare su richiesta del barone Ferrari per la sua prestigiosa collezione.
Si tratta, dunque, di una coniazione postuma, eseguita con i conii ufficiali e realizzata presumibilmente in un solo esemplare.
In Olanda amano definirla una "Ferrarità".

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Bene. Anche per oggi abbiamo concluso. Preferisco lasciare la trattazione del gulden di 2° tipo alla prossima volta, anche per non appesantire troppo il discorso. Buona domenica a tutti! 

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Coniato tra il 1808 ed il 1810, il gulden di 2° tipo presenta tante piccole differenze rispetto al "cugino" di 1° tipo.
Come anticipato, la sigla 1. F. viene sostituita da 1. GN. Ovviamente, viene corretto l'errore ortografico nella legenda al rovescio ma non solo.
Anche la legenda al dritto subisce delle modifiche.
Si passa, infatti, da NAP. LODEW. I. KON. VAN HOLL. a LODEW. NAP. KON. VAN. HOLL.
Il bordo (liscio) lascia ora il posto ad una raffinata ed elaborata perlinatura, molto simile a quella che avevamo già incontrato nella trattazione del 20 e 10 gulden. A dir la verità, esistono anche dei gulden di 2° tipo con il bordo liscio ma sono la minoranza.
Altra differenza la riscontriamo nel taglio, non più caratterizzato da righe oblique ma recante un'incisione: DE ★ NAAM DES ★ HEEREN ZY GELOOFD ★ ovvero "Crediamo nel nome del Signore". Esistono alcuni esemplari in cui possono mancare una o più stellette.
Infine, il nome dell'incisore presente alla base del collo di Luigi Napoleone (George F.) è spesso poco visibile o addirittura invisibile.
In questi casi, perciò, non è sufficiente basare la propria valutazione unicamente su questo elemento per decretare la genuinità o meno dell'esemplare ma occorre mantenere una visione globale del pezzo.

Delle tre annate, gli esemplari risalenti al 1810 sono certamente i più ostici da trovare. Relativamente più facili da reperire sono, invece, i gulden del 1808 e, soprattutto, del 1809. Ovviamente, ciò non significa che ve li tirino dietro, anzi.
I gulden del 1809 in alta conservazione viaggiano solitamente sui 3.000/4.000 euro. Quindi, non proprio bruscolini, come si suol dire...
Di seguito, riporto un esemplare recentemente battuto da Kunker per 3.600 euro (più diritti).
Da notare, in particolare, la firma di George praticamente invisibile. Si apprezza giusto la G- iniziale e a malapena la F finale.

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Attenzione ai gulden di 2° tipo (ma con data 1807) in oro. Ogni tanto passano in asta e fanno anche belle cifre ma si tratta di riconi postumi e non prove rarissime del periodo, come a volte capita di leggere.
D'altronde, lo si capisce anche solo dallo stile, visibilmente più approssimativo e meno definito...

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Direi che così possa ritenersi conclusa la descrizione del gulden. Non mi addentrerei più di tanto nella trattazione delle prove e contro-prove in bronzo ed altri metalli, sia perché è un terreno insidioso, sia perché rischierei di appesantire inutilmente il discorso.
Ovviamente, lascio a voi ogni domanda e curiosità. Alla prossima!

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Buongiorno a tutti e ben ritrovati. Ci avviciniamo ormai inesorabilmente alla conclusione di questa breve trattazione, che spero possa avervi arricchito, stimolato e allietato nell'arco di questi mesi.

Quest'oggi tratteremo il 10 stuiver, moneta che, se ricorderete, avevamo rapidamente accennato durante la descrizione della serie delle insegne. Questa moneta-prova venne coniata esclusivamente nel 1807 e rappresenta il taglio minore.
Come per gli altri esemplari appartenenti a questa serie (50 e 20 stuiver) si tratta di un pezzo estremamente raro, quasi introvabile.
Tant'è che, purtroppo, non dispongo di foto da potervi mostrare. A dir la verità, nemmeno Google sembra disporne...
Vi consiglio, pertanto, di guardare al 50 stuiver "delle insegne" e di fare un piccolo sforzo di immaginazione, dato che non vi sono grosse differenze a livello di disegno.

Della serie delle insegne, l'unica moneta ad essere abbandonata definitivamente fu il 20 stuiver.
Questo perché, esistendo già il popolare gulden, probabilmente videro che non aveva molto senso introdurre un nuovo taglio sostanzialmente identico per peso, diametro e valore, in cui cambiava solamente la denominazione.
Mentre il 20 stuiver ebbe vita molto breve, il 10 stuiver conobbe certamente una sorte migliore. Ecco allora che tra il 1808 e il 1809 venne coniato il 10 stuiver nella sua versione definitiva, ovvero con il rovescio caratterizzato dall'ormai immancabile stemma coronato.
Se il gulden avevamo detto essere per certi versi simile alla 2 lire nostrana, il 10 stuiver (dal peso di 5,27 grammi e dal diametro di 22 mm) può ricordare vagamente 1 lira. Purtroppo, non conosciamo l'esatto numero di esemplari coniati.
L'unica cosa di cui siamo abbastanza certi è che il 1808 sia relativamente più raro del 1809. Sui cataloghi sono riportati rispettivamente come RR e R. Ciononostante, entrambe le annate sono alquanto rognose e non si vedono così frequentemente...

Sul 10 stuiver non ho molto altro da aggiungere. Possiamo notare un lieve cambiamento nella fisionomia del volto di Luigi Bonaparte ma, per il resto, la moneta non si distingue per chissà quali caratteristiche... A seconda del conio utilizzato, la moneta presenta in modo più o meno marcato le classiche problematiche legate alla firma dell'incisore, di cui avevamo discusso la volta scorsa.
Il taglio reca il motto DE ★ NAAM DES ★ HEEREN ZY GELOOFD ★, già incontrato in altre occasioni.

Riporto qui di seguito un esemplare del 1809 in alta conservazione recentemente aggiudicato a 3.200 dollari più diritti. Spesso, come in questo caso, è possibile osservare una lieve porosità del metallo (specialmente al dritto) e schiacciature, striature o altre irregolarità a livello del bordo.

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Ciao @lorluke,

stavo leggendo questa discussione molto interessante e mi sono ricordato di avere una medaglia (in argento - 14,56 g) che possiamo ricollegare alla figura di Alexandre de Beauharnais, personaggio da te citato al post #1.

Leggiamo da Wikipedia che Alessandro Francesco Maria, visconte di Beauharnais (Fort-Royal, 28 maggio 1760 – Parigi, 23 luglio 1794) è stato un nobile, politico e generale francese del periodo rivoluzionario. Fu il primo marito di Giuseppina di Beauharnais, che successivamente sposò Napoleone Bonaparte diventando Imperatrice di Francia.

Il 13 dicembre 1779 sposò Giuseppina Tascher de la Pagerie, che avrebbe in seguito sposato Napoleone Bonaparte divenendo imperatrice di Francia. Desiderava tanto essere presentata a corte alla regina Maria Antonietta, ma lui era troppo rigido.

Combatté nelle armate di Luigi XVI durante la rivoluzione americana. Divenne in seguito deputato della nobiltà nell'assemblea degli Stati Generali del 1789 e quindi presidente dell'Assemblea nazionale costituente dal 19 giugno al 3 luglio 1791 e dal 31 luglio al 14 agosto 1791.

Nominato generale nel 1792, durante le guerre della rivoluzione francese, si rifiutò, nel giugno del 1793, di diventare ministro della guerra. Venne in seguito nominato generale in capo delle armate rivoluzionarie del Reno nel 1793.

Con questa carica, comandò, accanto al governatore militare Ervoil d'Oyré, la difesa di Magonza, investita dai prussiani del duca di Brunswick a partire dal 14 aprile 1793. Quando, il successivo 23 luglio, la città capitolò, in cambio del rientro dell'armata in Francia, fu permesso solo al Beauharnais di rientrare al seguito dell'esercito, mentre Ervoil d'Oyré restò presso i prussiani come ostaggio. Tuttavia il Beauharnais, appena giunto a Parigi, fu accusato del fallimento della difesa dall'assedio. Essendo per giunta un aristocratico e quindi "sospetto", il 2 marzo 1794, fu arrestato dal Comitato di Salute Pubblica.

Alexandre venne quindi ghigliottinato, insieme al fratello Augustin, nella Place de la Révolution, l'attuale Place de la Concorde, a Parigi, solo cinque giorni prima della caduta e decapitazione del suo persecutore, Robespierre. Il corpo venne sepolto al Cimitero di Picpus.

Nella stessa prigione venne rinchiusa anche la moglie Giuseppina, arrestata il 21 aprile 1794, ma liberata tre mesi dopo.

Attraverso gli eredi del figlio Eugenio, egli è antenato delle attuali casate regnanti di Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia e Svezia.
 

Un caro saluto.

Domenico

 

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Ciao @Oppiano. Ti ringrazio per questa interessante integrazione sulla figura di Alexandre de Beauharnais.
Stupenda anche la medaglia che ci hai mostrato. So che la versione in argento è alquanto ostica da reperire.
Purtroppo, l'isteria dilagante durante gli anni del Terrore lo portò ingiustamente ad essere accusato di tradimento ed in seguito ghigliottinato, lasciando così vedova la moglie Giuseppina.

Tornando all'argomento principale, vorrei segnalare (per chi se la fosse persa) questa discussione riguardante la collezione dei fratelli Verschoor esitata nell'asta Kunker 373.
Si tratta di uno dei nuclei più importanti e variegati di monete e prove appartenenti a Luigi Bonaparte finiti all'asta negli ultimi anni: 

 


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