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IGNORED

Angioini che passione!


Risposte migliori

  • 2 settimane dopo...

Nel 1495, Carlo VIII re di Francia ritorna in Italia per riacquisire il Regno di Napoli.

Egli introduce la guerra moderna con l'uso di artiglieria; il partito filo Angioino  è pronto a seguirlo, dalle città abruzzesi a Sora.

Riesce a riconquistare Napoli  ma il suo è un regno effimero.
Allego un cavallo napoletano

cavallo carlo viii dir. napoli.jpg

cavallo carlo VIII rov.jpg

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Carlo VIII e i suoi cavalli. Croce e delizia del collezionista. Tante le zecche operanti per una copiosa quantità di tipologie e varianti. Il tutto in un contesto storico avvincente che mi coinvolge particolarmente e non solo per motivi campanilistici.

Pensate che quando Carlo VIII visionò la prima moneta a suo nome battuta nel Regno di Napoli dalla zecca dell'Aquila si trovava a Veroli (FR) ed aveva appena fatto passare per le armi la popolazione di Monte San Giovanni Campano, rea di non aver alzato le insegne francesi in segno di sottomissione e per aver "trattato male" gli ambasciatori reali (taglio di orecchie e naso)…

Il re franzoso fu ben lieto di osservare la moneta fattagli pervenire al punto di inviarne una in Francia nella missiva che scrive al duca di Borbone in data 11 febbraio 1495: " J’ay ce jour d’huy receu lettres de ceulx de Laquille, lesquelz m’escripvent comme subgectz et continuent de plus en plus en leur bon vouloir; et desjà, en se declairant ouvertement, ont commence à forger monnoye à mes armes, ainsi que vous pourrez veoir par une piece que je vous envoie cy dedans enclose".

Un dato che lascia riflettere è che quindi la città dell’Aquila, che per prima ha cominciato a battere moneta a nome di Carlo VIII, si è attivata per farlo poco prima di quella data ed è altresì documentato che il 6 maggio dello stesso anno, poco prima di essere incoronato a Napoli ma soprattutto poco prima di fuggire, il re francese revoca le concessioni di zecca che aveva elargito alla città di Sulmona ed altri luoghi stabilendo che le uniche città che dovessero battere moneta fossero quelle di Napoli e l’Aquila: “…licentiam dicte civitate Sulmonis concessam et quibus libet aliis locis revocamus, annullamus, cassamus, irritamus et viribus evacuamus, quoniam ut iam diximus dictam licentiam cudendi siclam nolumus haberi nisi per civitatem Neapolis et Aquile ubi solitum fuit siclam cudi seu regi et fabricari et monetam cudi”.

Quindi pare lecito supporre che le zecche di Sulmona e degli aliis locis siano state attive per poco tempo, cioè post 11.02.1495 e ante 06.05.1495. Un periodo da me considerato troppo breve per la mole di monete a noi pervenute… E’ forse ipotizzabile che la fuga del re abbia in qualche modo portato a non rispettare tutte le disposizioni date? Specialmente quelle riguardanti la coniazione in un momento in cui c’era necessità di denaro per pagare le truppe?

In attesa di opinioni a riguardo posto anche io un cavallo… Non è sicuramente tra i migliori in mio possesso ma si tratta del mio primo cavallo del Cantelmo. Si tratta della stessa moneta pubblicata nel 1846 da Giovan Vincenzo Fusco, poi confluita nella collezione Cora per passare successivamente nella collezione San Romè… un buco poi fino agli inizi degli anni 2000 quando è riapparso in un listino di vendita Baranowsky e da me acquistato… E da lì è iniziata la “malattia”.

m1.jpg

Modificato da fedafa
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18 ore fa, santone dice:

Un bel pezzo! Tanti i cavalli coniati nella città dell'Aquila e La loro ampia produzione pose un problema una volta che gli aragonesi tornarono al potere... La damnatio memoriae avrebbe reso questi cavalli non più utilizzabili con perdite economiche rilevanti per i possessori. La città dell’Aquila allora chiese a Federico, nuovo re di Napoli, che le monete con l’impronta francese potessero ancora circolare:

"Item supplica epsa università la praefata maestà se digne che le monete minute et grosse, tanto de oro, argento et rame della impronta francese, attento [che] sonno multiplicate per tucto Apruzo et multe persone et quae maxime poveri artes[c]iani remaneriano disfatti se occurresse ditte monete sbandizarese et reprobarese, che ditte monete valliano et valere debiano si como per lo passato è stato solito et consueto et al presente valliono".

 

Questa richiesta verrà approvata il 10 dicembre 1496 dal re ma il 26 gennaio 1497 viene ordinato di non battere più cavalli e quelli francesi non possono più essere spesi:

havemo inteso como in la Provincia se trova gran quantità de cavalluzi, et maxime con lu merco francese, volimo provedate che in nullo modo et loco se debiano cognare più cavalluzi, et quilli del merco francese non se possano despendere”.

La soluzione al problema è presto trovata. La città dell’Aquila ribatterà i cavalli con l’impronta francese con i conii con l’impronta di Federico.

Certificando vostra illustrissima signoria che in questa cità se trova altra inmunita de questi cavallucci francessi per esserene abbondati in tanta quantità in modo che li poveri non hanno altro da spenere perhò supplicamo vostra illustrissima signoria se dingne possamo in dicta nostra zeccha se cognerà dicte monete francese al cugno de dicta maestà del nostro signore re Federico a cciò li poveri habiano che expendere”.

Una soluzione che all’epoca sarà sembrata rivoluzionaria in quanto ha permesso di “cancellare” l’impronta dell’invasore risparmiando tempo e costi ed allo stesso tempo dando a tutti la possibilità di spendere ancora i cavalli francesi in loro possesso… ma non fecero i conti con i collezionisti e studiosi del futuro che oggi ammattiscono nel cercare di individuare le impronte di primo e secondo conio su questi cavalli ribattuti ?

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1 ora fa, santone dice:

Carlo  VIII

Chieti 

cavallo con scudo striato

D.A. 23

RRR

 

 

 

 

 

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In questo caso l'incisore ha voluto "colorare" lo stemma. Vi sono delle regole in araldica che in base al tipo di tratteggiatura proposta si va ad indicare un determinato colore ma non sempre queste regole sono rispettate. Quello che è certo è che il campo dello stemma doveva essere color azzurro come ci racconta l'ambasciatore del duca d'Este, Sigismondo Cantelmo (figlio di Pietro Giovanni Paolo Cantelmo che ha battuto i cavalli... Lo so vado a finire sempre lì ?) che in occasione dell'incoronazione di Carlo VIII a Napoli scrive: "per tucto non si vedono altro che scuti di fino azzurro con tre gigli d'oro".

Complimenti per il raro pezzo!

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  • 2 settimane dopo...

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