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Il Centurione , figura mitica dell' esercito romano , puo' essere equiparato oggi al grado di Capitano , il grado piu' alto degli Ufficiali inferiori del nostro Esercito , e' colui che comanda una Compagnia di fanteria o di altra specializzazione , composta da 100/200 soldati . Nella letteratura antica sono citati diversi nomi di Centurioni romani che vennero espressamente ricordati per aver compiuto fatti memorabili ad esempio da Cesare nel De Bello Gallico o nella Guerra Civile ; Cesare era particolarmente legato ai suoi Centurioni ben sapendo che da essi si aspettava il massimo impegno degli uomini a loro sottomessi , spesso nello schieramento prima di una battaglia , era uso chiamarli per sapere come si sentissero , classico l' esempio nella guerra civile del Centurione Crastino della Legio X prima della battaglia di Farsalo , al quale Cesare chiese come oggi stesse a coraggio al che Crastino rispose che avrebbero vinto superbamente e che vivo o morto , Cesare lo avrebbe lodato , mori sul campo di Farsalo ; sempre nella guerra civile e' nota la vicenda di Cassio Sceva , che ferito aveva resistito a Durazzo ad oltre 100 frecce .

Dal De Bello Gallico altri due eccezionali Centurioni

"«Cesare, riunite le insegne della XII legione, i soldati accalcati erano d’impaccio a se stessi nel combattere, tutti i centurioni della quarta coorte erano stati uccisi ed il signifer era morto anch’egli, dopo aver perduto l’insegna, quasi tutti gli altri centurioni delle altre coorti erano o feriti o morti […] mentre i nemici, pur risalendo da posizione da una posizione inferiore, non si fermavano e da entrambi i lati incalzavano i Romani […] Cesare vide che la situazione era critica […] tolto lo scudo ad un soldato delle ultime file […] avanzò in prima fila e chiamati per nome i centurioni, esortati gli altri soldati, ordinò di avanzare con le insegne allargando i manipoli, affinché potessero usare le spade. Con l’arrivo di Cesare ritornata la speranza nei soldati e ripresi d’animo […] desiderarono, davanti al proprio generale, di fare il proprio dovere con professionalità, e l’attacco nemico fu in parte respinto. Cesare avendo poi visto che anche la legione VII era incalzata dal nemico, suggerì ai tribuni militari che a poco a poco le legioni si unissero e marciassero contro il nemico voltate le insegne. Fatto questo, dopo che i soldati si soccorrevano vicendevolmente senza più aver paura di essere presi alle spalle dal nemico, cominciarono a resistere con maggior coraggio e a combattere più valorosamente. Frattanto le due legioni che erano state nelle retroguardie e di scorta alle salmerie [le legioni XIII e XIV] giunta notizia della battaglia, presero a correre a gran velocità […] Tito Labieno dopo aver occupato il campo nemico, e visto quanto accadeva nel nostro campo da un’altura, mandò in soccorso ai nostri la legione X.»

Dalla stessa opera :

«In seguito a questa resistenza i duci e i capi dei Nervi che avevano qualche dimestichezza e rapporto di amicizia con Cicerone, gli fanno sapere che volevano un abboccamento con lui. L’ottengono e ripetono ciò che Ambiorige aveva detto a Titurio: tutta la Gallia era in armi; i Germani avevano passato il Reno; gli accampamenti di Cesare e degli altri luogotenenti erano assediati. Aggiungono ancora che Sabino era morto; per dimostrare la verità di questo fanno venire innanzi Ambiorige. Afferma che erano in errore coloro che speravano di avere qualche aiuto dagli altri Romani che erano già a mal partito; tuttavia la loro disposizione d’animo verso Cicerone e il popolo romano era questa: ch’essi si rifiutavano solo di lasciarli svernare e non volevano che questa abitudine mettesse radici; essi potevano andarsene dagli accampamenti invernali senza molestia e partirsene senza timore per dove volevano. Cicerone rispose con queste sole parole: il popolo romano non era solito farsi dettare condizioni dai nemici in armi; se volevano cessare le ostilità, contassero pure sul suo aiuto e mandassero ambasciatori a Cesare; potevano sperare, dato il suo sentimento di giustizia, che avrebbero ottenuto ciò che chiedevano. Perduta questa speranza, i Nervi circondarono l’accampamento romano con uno steccato alto dieci piedi e con una fossa larga quindici piedi. Avevano imparato questo modo di fortificazioni campali da noi per la consuetudine degli anni precedenti e per il suggerimento dei prigionieri che avevano presso di loro; ma non avendo ferri che fossero idonei a queiruso, erano costretti a tagliare i cespi con le spade, a scavar la terra con le mani e a portarla nei mantelli. Da queste operazioni si poté avere un’idea della moltitudine degli avversari, perché compirono in meno di tre ore una fortificazione d’assedio [di quindici piedi] per una circonferenza di «tre» miglia e negli altri giorni cominciarono ad allestire e a costruire delle torri alte quanto il nostro steccato e prepararono le falci e le testuggini come avevano loro insegnato i nostri prigionieri. Nel settimo giorno d’assedio, essendosi levato un fortissimo vento, cominciarono a scagliare con fionde proiettili d’argilla incandescenti e dardi arroventati contro le capanne che erano coperte, secondo l’uso dei Galli, di paglia; queste presero fuoco e le fiamme, per la violenza del vento, si propagarono per ogni parte dell’accampamento. Come se la vittoria fosse già nelle loro mani, i nemici, levando un grande clamore, cominciarono a portare avanti le torri e le testuggini e a montare con scale sul vallo. Ma fu così grande il valore e la presenza di spirito dei soldati che pur essendo avvolti dalle fiamme e fatti segno ad immensa pioggia di dardi, pur vedendo che tutti i loro carriaggi e le loro fortune erano in preda al fuoco, non solo nessuno abbandonò il suo posto sullo steccato, ma quasi neppure volse indietro lo sguardo; anzi allora tutti combatterono con grande tenacia e accanimento. Questa giornata fu per i nostri molto grave; tuttavia ebbe questo risultato che moltissimi nemici furono feriti ed uccisi, poiché si accalcavano sotto lo steccato e quelli che erano alle spalle non davano modo a quelli che erano dinanzi di ritirarsi. Quietatosi un poco l’incendio, quando già in un punto una torre era appoggiata ed aderente al vallo, i centurioni della terza coorte si ritirarono dalla posizione in cui si trovavano, facendo retrocedere i loro uomini e con cenni e con grida invitarono i nemici ad entrare. Ma nessuno osò avanzare. Allora i Romani scagliarono pietre da tutte le parti e li sbaragliarono e in più appiccarono fuoco alla torre.»

Ancora :

“C’erano in quella legione due centurioni, due uomini coraggiosissimi, che già si avviavano a raggiungere i gradi più alti, Tito Pullone e Lucio Voreno. Erano in continua competizione tra di loro, per chi dei due sarebbe stato anteposto all’altro, e ogni anno lottavano con accesa rivalità per far carriera. Mentre si combatteva con grande accanimento sulle fortificazioni, Pullone disse: «Che aspetti Voreno? Che promozione vuoi avere come premio per il tuo coraggio? Questa è la giornata che deciderà delle nostre controversie». Detto questo, esce allo scoperto e irrompe dove più fitto è lo schieramento nemico. Neppure Voreno, allora, resta al coperto ma, temendo il giudizio degli altri, lo segue. Quasi addosso al nemico, Pullone lancia il giavellotto e trapassa uno dei loro che, staccatosi dal gruppo, correva ad affrontarlo. I nemici lo soccorrono esanime, proteggendolo con gli scudi, mentre tutti lanciano frecce contro di lui, bloccandolo. Un’asta trapassa lo scudo di Pullone e si conficca nel balteo, spostando il fodero della spada e, mentre egli si trova impacciato e perde tempo nel tentativo di estrarre l’arma, viene circondato dai nemici. Il suo avversario, Voreno, si precipita a soccorrerlo nella difficile situazione. Tutta la massa dei nemici si volge allora contro Voreno, ritenendo l’altro trafitto dall’asta. Voreno si batte corpo a corpo con la spada e, ucciso un nemico, respinge gli altri di poco, ma mentre incalza con foga, cade scivolando in una buca. Circondato a sua volta, viene aiutato da Pullone e ambedue, dopo aver ucciso molti nemici e acquistato grande onore, riparano incolumi all’interno delle fortificazioni. Così la fortuna volle, nella contesa e nel combattimento, che, sebbene avversari, si recassero reciproco aiuto e si salvassero l’un l’altro la vita, e non si potesse stabilire quale dei due fosse il più coraggioso.”

Uomini eccezionali , spesso oscuri , che furono uno dei punti di forza , nei vari campi di battaglia , dell' esercito romano . 

 

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Inviato

Andando un po' a ruota libera, mi viene ora in mente come il centurione, nell'immaginario collettivo, rappresenti il soldato romano per eccellenza.

Basti pensare ai "centurioni"che si trovavano (o si trovano ancora?) davanti al Colosseo per le foto con i turisti, i "centurioni" che compaiono nei fumetti tipo Asterix, nei film del genere peplum...

I centurioni poi compaiono anche nei Vangeli, vedi il miracolo di Gesù che guarisce il servo del centurione. Un centurione di nome Longino sarebbe, secondo un vangelo apocrifo,  il soldato che trafisse Gesù al costato durante la crocifissione.

Ciao da Stilicho


Inviato
12 ore fa, Stilicho dice:

Andando un po' a ruota libera, mi viene ora in mente come il centurione, nell'immaginario collettivo, rappresenti il soldato romano per eccellenza.

Basti pensare ai "centurioni"che si trovavano (o si trovano ancora?) davanti al Colosseo per le foto con i turisti, i "centurioni" che compaiono nei fumetti tipo Asterix, nei film del genere peplum...

I centurioni poi compaiono anche nei Vangeli, vedi il miracolo di Gesù che guarisce il servo del centurione. Un centurione di nome Longino sarebbe, secondo un vangelo apocrifo,  il soldato che trafisse Gesù al costato durante la crocifissione.

Ciao da Stilicho

Si , e' vero , Tribuni , Prefetti e Legati di Legione , raramente rimanevano stabili nell' unita' legionaria , il Centurione rimaneva nella Legione di appartenenza quasi tutta la vita militare , anche per questo motivo i Centurioni Primipili partecipavano alle riunioni militari degli Ufficiali di Legione . Figure mitiche , era un grado molto ambito al quale il Legionario semplice ambiva arrivare , uno stimolo in piu' in battaglia .

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