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nuova teoria sulla caduta dell'impero!


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Inviato (modificato)

Sono sempre più convinto che la caduta dell'impero romano d'occidente sia dovuta agli stessi motivi che determinano la caduta di ogni impero. Usando una terminologia moderna sono:

1. inflazione e politiche fiscali

2. federalismo

3. legge elettorale

4. politica estera

5. immigrazione e conflittualità religiosa

Attenzione, non la sto gettando in politica.

In questa discussione è già emerso il primo problema: lo svilimento della moneta. Al quale però va aggiunta una politica fiscale conseguente e che privilegiava le metropoli (Roma, Atene, Alessandria e via via nei secoli le città predilette da questo o quell'imperatore. Antiochia e Nicomedia su tutte)rispetto alla periferia agricola. E nell'ambito delle metropoli il deprezzamento della moneta colpiva il "proletariato". Sostanzialmente per lo stesso motivo cadde l'"impero" repubblicano cinese di Chiang Kai Shek nel 1946.

Federalismo: dal Aureliano (escluso) in poi si sono accentuate le spinte centripete, prima più o meno efficacemente contrastate: dalla tetrarchia al massimo raggiunto con la polverizzazione del potere proposta da Ezio e respinta da Valentiniano.

Legge elettorale: cioè la non chiarezza delle regole per il perpetuarsi del potere. Da qui tutte le guerre intestine già ricordate nella discussione

Politica estera e immigrazione: non è tanto la cooptazione nell'esercito delle popolazioni confinanti, opzione inevitabile dato l'estendersi dei confini. Piuttosto la sottovalutazione dei potentati che si delineavano a oriente. I romani (difese danubiane a parte, peraltro condotte senza capire a fondo i motivi degli sconfinamenti) avevano il chiodo fisso dei Parti e si dissanguarono in eterne guerre durate secoli. Non si accorsero, come del resto i Parti, della valanga Unna, il cui irrompere sulla scena medioorintale e occidentale fu visto e trattato alla stessa stregua degli altri popoli della steppa. Ma gli Unni erano un popolo antichissimo, ben più di Roma, di consolidata civiltà, temperato da guerre secolari con l'impero cinese. Quando Ezio ne fermò provvisoriamente il dilagare, i suoi confini, pur senza una definita unità politica e religiosa (a Occidente, non dimentichiamolo, erano cristiani), andavano dall'attuale Canton in Cina all'attuale Parigi in Francia. Altro che l'imperuccio mediterraneo che stavano travolgendo. Romani e "Parti" non si accorsero che forse solo con un'alleanza avrebbero potuto fermarlo.

Sui problemi religiosi dell'impero romano già si è detto in questa discussione.

Alla riflessione di ciascuno le analogie con la situazione politica nazionale e specialmente internazionale attuale.

Per essere chiaro, quando parlo di confini dell'impero unno è come se oggi parlassi di confini della nazione araba. Un'unica cultura, alleanze solide ma altalenanti. e anche conflitti interni e differenze maturate nei secoli a causa degli interscambi locali all'interno della matrice culturale, che ne provocarono il dissolvimento. Sostanzialmente per gli stessi motivi dell'impero romano.

Paolo

P.S.: ho letto del saturnismo. Mi sembra un'idiozia. Il piombo fa male, certo. Ma la vita media all'epoca non consentiva il decesso per accumulo di piombo. Si moriva prima, e soprattutto, per altre cause. Penso che l'ossessione nella ricerca di una causa medica venga dalla scoperta di come a Oriente sia stato il thè, cioè l'acqua bollita, a consentire gli sviluppi sudisti dell'impero. Ma le patologie gastrointestinali che fiaccavano le popolazioni cinesi del Nord avevano uno sviluppo ben più rapido dell'intossicazione da piombo. Ho la sensazione che quella del saturnismo, e forse anche quella del thè, siano teorie simili a quella del meteorite per spiegare la scomparsa dei dinosauri: quando non si sa qualcosa si teorizza un intervento esterno. Così. ora mi viene in mente il deus ex machina della tragedia greca.

Modificato da cancun175

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Sono sempre più convinto che la caduta dell'impero romano d'occidente sia dovuta agli stessi motivi che determinano la caduta di ogni impero. Usando una terminologia moderna sono:

1. inflazione e politiche fiscali

2. federalismo

3. legge elettorale

4. politica estera

5. immigrazione e conflittualità religiosa

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Argomento estremamente interessante e sono contento che arrivino nuovi contributi. Secondo me però si rischia un errore di prospettiva quando si utilizzano categorie moderne per spiegare le vicende storiche dell'antichità. Ad esempio l'"immigrazione" ai tempi del tardo impero romano era un fenomeno che interessava in blocco intere popolazioni. Le nostre "invasioni barbariche" in tedesco si chiamano völkerwanderung, migrazione di popoli o meglio popoli che si spostano in massa senza una meta precisa, alla ricerca di un nuovo luogo di insediamento o per puro desiderio di azioni gloriose o di saccheggio, soprattutto abbandonando ogni legame con il luogo di origine. Oggi l'immigrazione è un fenomeno puramente individuale, chi migra ha in mente una prospettiva precisa di miglioramento delle proprie condizioni di vita e il più delle volte non recide affatto i legami con il luogo di origine, anzi si tiene quasi sempre aperta la porta del ritorno, almeno in teoria. Esattamente come facevano i nostri emigranti cinquanta o cento anni fa.

Mi sembra poi che tu stia un po' mitizzando i nostri amici Unni, anche se sicuramente il loro arrivo in Europa dovette fare l'impressione di uno sbarco di marziani ;) Il loro "impero" è durato complessivamente meno di un secolo ed era costituito in massima parte di steppe disabitate. E' bene sottolineare che si potè costituire per un singolare concorso di circostanze: una serie di capi particolarmente dotati e una fase di particolare debolezza delle "grandi potenze" in occasione della migrazione unna verso Occidente. Gli unni non crearono mai un impero in senso proprio, la loro sovranità (ad eccezione dell'area specifica di insediamento) si esercitava unicamente tramite le scorrerie, finalizzate all'accumulo di preda bellica, cui partecipava una frazione consistente (fino a un terzo) dell'intera nazione. Non a caso la loro potenza si disintegrò immediatamente alla morte di Attila e gli stessi unni come popolo distinto svanirono rapidamente. Questo non significa che Attila in particolare non fosse un capo dotato e competente e che gli unni non sapessero apprezzare quanto di buono offriva la civiltà, ma certamente non crearono una grande civiltà loro propria. E quanto alla loro antichità, gli Hsiung-nu (ammesso e non concesso che fossero veramente i precursori degli Unni) compaiono nelle cronache cinesi non prima del III secolo a.C., prima di quella data è ragionevole pensare che non si differenziassero particolarmente dalle altre popolazioni di pastori nomadi di stirpe uralo-altaica che abitavano le steppe dell'Asia Centrale.

Permettimi anche una precisazione un po' pedante. Quelli che tu chiami "Parsi", con cui Roma combattè un numero infinito di guerre non sempre fortunate, sono in realtà due potenze ben distinte: prima i Parti (la dinastia arsacide, che non era di origine persiana ma veniva dalle regioni a est del mar Caspio, affine agli Sciti) poi l'impero sasanide, i cui regnanti erano di origine persiana in senso stretto. Probabile che i sasanidi approfittarono della debolezza dell'impero partico in seguito alle campagne di Traiano, di Lucio Vero e infine di Settimio Severo, per abbatterlo e fondare la loro dinastia che a sua volta dette parecchio filo da torcere a Roma (basti pensare alla brutta fine dell'imperatore Valeriano).

Ciao, P. :)


Inviato (modificato)

Parsi era un refuso corretto mentre scrivevi e mutato in Parti. Gli Unni sono la somma di più popoli. Gli Hsiung-nu sono uno di questi. Il loro territorio d'influenza si allargò progressivamente nei secoli con un sistema di governo che assomiglia un po' (ma ben più diluito nel tempo) a quello instaurato da Alessandro magno: conquista territoriale e insediamento di un potentato conseguente. L'impero unno non si dissolse rapidamente. O meglio lo fece nella sua fragia occidentale (quella di Attila, per intendersi). Il dissolvimento della frangia medioorientale data VI secolo. Se si considerano gli scontri contro l'Impero cinese del III-IV secolo a.C. e quelli con i Parsi (questa volta con la s) nel periodo immediatamente successivo, poi quelli con i regni indo-greci, la loro sopravvivenza come nazione Unna è millenaria. Definire poi l'area caspica-caucasica "steppe" suona come "hic sunt leones": per quello steppe e le loro vie commerciali i romani hanno combattuto per secoli. E, infine, è naturale che ci siano differenze tra i flussi migratori di una volta e quelli attuali e non era questo il senso del mio discorso, almeno non nel senso letterale. ogni epoca conosce forme diverse di immigrazione, che talvolta coincidono. Ricordi gli albanesi degli anni Novanta? O i curdi in Germania? O gli Zairesi in Sudafrica? O i filippini in Malaysia? O i messicani negli usa?

Modificato da cancun175

Inviato

La decadenza di un Impero è fisiologica, nessuno si chiede il perché della decadenza e fine dell'Impero Ellenistico pure così ben strutturato anche dopo la morte di Alessandro, ma a tutti è parso naturale che dopo la suddivisione di un così vasto impero i vari neosovrani abbiano sviluppato delle tendenze autonomistiche che niente più avevano a che fare con l'originario impero di Alessandro.

Lo stesso Alessandro si era facilmente sostituito ai satrapi persiani (nello stesso modo in cui i romani si sostituirono ai Tolomei etc.) e inglobato e poi destrutturato l'Impero di Ciro e Dario.

Quello dei romani rimane ancora un "unicum", sia per dimensione che per longevità, quindi la sua rovina è avvolta da una specie di "mistero". Ma l'assalto al potere di Roma era già avvenuto con l'arrivo al potere di imperatori non italici, dopo l'estinzione della Gens Julia, poi ancora con l'ascesa di Imperatori decisamente stranieri (penso a Elagabalo ma ce ne sono stati molti altri). Ha contribuito anche lo spostamento della capitale a Milano e poi Costantinopoli. Insomma dividere un impero anche se è una soluzione politicamente più pratica da l'avvio a una destrutturazione che in tempi lunghi porta alla divisione anche dell'ideale originario dei romani conquistatori di Cartagine o della Gallia.

Forse oltre il piombo nelle condutture l'impero decade quando la sua capitale non è più la vera capitale.

Non è un caso se gli Imperatori d'Oriente come Giustiniano trattarono l'Italia come una nazione straniera.

In fondo Giustiniano era "romano" tanto quanto Teodorico. E paradossalmente l'ultimo che potè fregiarsi del titolo d'Imperatore del Sacro Romano Impero fu Francesco Giuseppe :D


Inviato (modificato)

Mi riferivo per gli Unni (a proposito, un altro popolo che faceva parte della Nazione erano gli Hun-hui - ma, attenzione, la traslitterazione non aiuta - , da cui Unni), proprio al sistema delle satrapie di Alessandro. Successe proprio questo. Conquistavano un territorio e mettavano a capo uno di loro, che esprimeva anche la struttura dello stato. Poco alla volta, però, l'integrazione con la cultura sottomessa, che pur garantiva il potere della satrapia, sottolineava differenze con quella accanto. Attila non era che uno di questi satrapi, passato nella nostra storia per aver dato la spallata finale all'impero romano d'Occidente. Ma questa organizzazione non limita la considerazione storica della nazione unna: farlo, e limitarli a razziatori di steppe, sarebbe come lasciare i greci in Grecia.

Quanto alla perdita della romanità, non sono d'accordo. L'ultimo grande imperatore assolutamente centralista e assolutamento romano fu il serbo Aureliano...

E mi trova solo parzialmente d'accordo l'unicum romano: vale per l'Italia. la Gallia e, ma non sempre, per la Spagna. le aree periferiche, che fecero grande l'impero, erano prevalentemente affidate a sovrani delegati già dai tempi "eroici" dell'impero. Ricordi Erode o Remetalce? E, addirittura, si potrebbe portare dentro Cleopatra. E sono i casi più celebri della sola epoca di Augusto. Poi, cito a memoria, non fu Claudio a insediare Erode Agrippa come re di Giudea e a giocare con sovrani locali in Armenia? Il fatto è che con l'estensione dei confini non si poteva fare diversamente. Anche se non piacciono i paralleli moderni, si potrebbero citare il Manchu-kuo in Cina (stato fantoccio dei Giapponesi), la Repubblica di Salò in Italia (longa manus di Hitler) e una moltitudine di situazioni analoghe promesse dagli americani nel Pacifico. E, oso, oggi in Iraq e Afghanistan. Non si poteva essere con le legioni (e oggi con i marines) dappertutto.

Modificato da cancun175

Inviato
Ricordi gli albanesi degli anni Novanta? O i curdi in Germania? O gli Zairesi in Sudafrica? O i filippini in Malaysia? O i messicani negli usa?

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O gli italiani in Argentina? ;)

Ribadisco: anche se ci sono casi in cui interi paesi si sono spostati nella terra di destinazione, l'emigrazione moderna è un fenomeno strettamente individuale, non una völkerwanderung. Stabilire un parallelismo tra l'immigrazione moderna e le "invasioni barbariche" non è corretto, anche se molti lo fanno (non mi riferisco ovviamente a te) per motivi sostanzialmente politici e ideologici, vale a dire per orientare l'opinione pubblica sollecitando immagini ben presenti nell'immaginario collettivo.

Quanto agli Unni, parlare di un impero millenario significa assumere che già al tempo dei loro contatti/scontri con l'impero cinese si fossero costituiti in una entità statale ben definita con caratteristiche "imperiali", cosa che non mi sembra sostenibile. Probabilmente non si può parlare di impero neanche per Attila, il quale richiedeva ai vinti un atto di sottomissione, un bottino/tributo, a volte contingenti militari, ma non un trasferimento di sovranità. Quanto poi ai Kidariti ed Eftaliti del Medio Oriente, mi pare che con i "nostri" Unni avessero in comune poco più che il nome. Sarebbe come considerare le date limite del 753 aC e del 1453 eV per affermare che l'impero romano è durato oltre 2200 anni ;)

Detto questo, Attila è sicuramente una figura di grande spessore storico ed era certamente molto più che il demonio tramandatoci dalle fonti occidentali (se non altro, il numero di ambasciatori alla sua corte lo testimonia). La sfera di influenza unna, come tu affermi giustamente, si spingeva sicuramente molto al di là dei loro confini territoriali in senso stretto (che forse loro non prendevano nemmeno in considerazione, visto che lo stile di vita nomade era parte della loro cultura e ci tenevano a preservarlo, almeno nella forma esteriore: la "corte" di Attila, anche al culmine della sua potenza, era un grande accampamento), tanto che a quanto sembra diversi popoli o tribù dell'Asia centrale si proclamavano "Unni" per sfruttare il prestigio e l'influenza del nome. Sarebbe stato interessante conoscere i fatti "dal punto di vista unno", peccato che non sia esistito un Jordanes unno :) E in ogni caso l'interazione degli Unni con il tardo impero romano durò in sostanza dal 361 (entrata in Pannonia) al 454 (battaglia del fiume Nedao), meno di un secolo quindi.

Ciao, P. :)


Inviato
Ribadisco: anche se ci sono casi in cui interi paesi si sono spostati nella terra di destinazione, l'emigrazione moderna è un fenomeno strettamente individuale, non una völkerwanderung. Stabilire un parallelismo tra l'immigrazione moderna e le "invasioni barbariche" non è corretto, anche se molti lo fanno (non mi riferisco ovviamente a te) per motivi sostanzialmente politici e ideologici, vale a dire per orientare l'opinione pubblica sollecitando immagini ben presenti nell'immaginario collettivo.

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Ti quoto ben volentieri, non è corretto fare dei paralleli fra la Roma antica, grande civiltà multiculturale e multirazziale dove gli stranieri venivano in genere accolti e "sfruttati" per tutte le buone doti che importavano fino a diventare imperatori, e le grettezze filonazionalistiche e insieme secessioniste (come le due cose possano andare insieme è il vero mistero...altro che quello della decadenza dell'Impero Romano :blink: ) dell'Italia odierna.

Ma questo è un altro discorso.

La Roma imperiale doveva fare i conti con l'intero mondo conosciuto e cercò, giustamente, di introdurre ciò che di utile proveniva dalla millenaria storia del bacino mediterraneo all'interno della propria cultura, erano finiti ormai i tempi di "delenda Carthago", ma con questa operazione si espose alla formazione di una società di stampo ellenista che snaturò il "particolare romano" (l'epoca eroica tanto rimpianta da Giovenale e Persio).

Inizialmente la cosa fu di enorme giovamento soprattutto culturale, ma in seguito le differenze si fecero sentire soprattutto con l'arrivo di correnti di pensiero intolleranti e aggressive (penso al cristianesimo religione di stato) che crearono conflitti non più facilmente rimediabili.

Questo scosse le basi originarie della potenza romana e portò lentamente, ma inesorabilmente, verso una china difficile da risalire.

L'arrivo dei barbari ariani e monosofisti fece il resto.

Questo detto in "soldoni" :rolleyes: per me sta alla base dell'agonia dell'impero.


Inviato

Heather è un assertore della teoria degli Unni, mi sono letto il libro questa estate, e francamente mi ha deluso molto. Nonostante il titolo, il linbro non arriva mai a prendere in esame seriamente le cause della caduta dell'impero romano. o meglio, lo fa a mio avviso superficialmente. Di ben altro spessore le considerazioni profondissime del Gibbon, nonostante i secoli!

In particolare il ruolo degli unni andrebbe ridimensionato. Alla fin fine hanno anche perso le battalgie decisive e in italia non hanno messo piede.

Più interessante heather quando invece ci fa riflettere sul fatto che le popolazioni di frontiera, civilizzatesi a contatto con i romani, assumono coscienza di popolo e alla fine decidono di sostiuirsi all'autorità imperiale quando questa si indebolisce.


  • 2 mesi dopo...
Inviato

La ragione principale della caduta dell'impero è da ascriversi all'eccesso di spesa pubblica, quello secondario alle lotte intestine per l'ascesa al potere che ha finito per dilapidare un patrimonio umano di immenso valore, non replicabile come si è visto, all'infinito.

Questo pare sia (fino ad oggi) il destino dei grandi imperi della storia.

La stessa cosa è accaduta agli egiziani, all'impero persiano e a quello ottomano o a quello Austro-Ungarico. Arriva un punto critico di non ritorno, quando il mantenere economicamente in piedi un sistema che ha bisogno di una mole sempre maggiore di risorse (anche alimentari) diventa impossibile ed ecco che avviene il crack.

I giorni nostri mostrano molte variabili che si avvicinano al fatidico crack...

In termini di paragone, è come se su di un tavolo in grado di sostenere, al massimo della resistenza, 5 uomini di 80 kg si appoggi oltre a questi anche una mela...


Inviato

Libri e teorie sulla fine dell'Impero d'Occidente negli ultimi tempi decisamente si sprecano.

Prossimamente (non conosco la data precisa) dovrebbe uscire la traduzione italiana del libro di Bryan Ward-Perkins : "the fall of Rome and the end of the Civilization".

Ho letto il testo in lingua originale...comunque comprerò di certo l'edizione italiana (così mi renderò conto degli strafalcioni ed errori d'interpretazione che certamente ho commesso nella lettura dall'inglese :D ).

Il titolo del libro tuttavia già permette di "capirne il succo".

Chi condivide le teorie del Gibbon...le ritroverà..."potenziate".

La "fine dell'Impero d'Occidente" è vista come una "catastrofe"...una vera è propria fine di civiltà (come intuibile per l'appunto dal titolo del libro), degno corollario di un'epoca (quella tardoantica) esclusivamente violenta e barbara.

Mah <_<

Ognuno espone il proprio pensiero...da libri "revisionistici" (alcuni con veri eccessi di "buonismo") sino ad arrivare a testi decisamente "negativi".

Nel dubbio...mi pongo a metà :lol:

Ciao :)


Inviato

Si certo qulcuno si lagna ancora della caduta dell'impero come no, magari sognandosi ricco tribuno se non cesare in persona...al calcolo delle probabilità era più facile nascere schiavo o al massimo andare a morire sotto il filo di qualche spada in qulche provincia lontana (e non sempre per mano nemica...)

Che Roma abbia portato civiltà nel mondo (e trilioni di ettolitri di sangue versato, che nelle pagine in bianco e nero dei libri, di solito non si vede) a perenne memoria, è fuor di dubbio, che tutto quello che è arrivato dopo sia male, béh questo non mi torna. Anche perché dal vortice del caos sono poi venuti fuori gli stati nazionali e le lingue che tutt'ora parliamo.

Vero gli è che ci sono stati molti tentativi successivamente di "rifare" Roma a partire da quei "barbari" stessi che avevano contribuito a dare il colpo di grazia (poiché in fin di vita ci si era ridotta da sola...) dagli stessi bizantini, a tutti gli altri fino almeno alla fine della II guerra mondiale...

Senza contare che gli inglesi prima e gli americani poi, si sono passati il testimone quale ultimo esempio di "romanità" nel mondo moderno.


  • 3 settimane dopo...
Inviato
Libri e teorie sulla fine dell'Impero d'Occidente negli ultimi tempi decisamente si sprecano.

Prossimamente (non conosco la data precisa) dovrebbe uscire la traduzione italiana del libro di Bryan Ward-Perkins : "the fall of Rome and the end of the Civilization".

Ho letto il testo in lingua originale...comunque comprerò di certo l'edizione italiana (così mi renderò conto degli strafalcioni ed errori d'interpretazione che certamente ho commesso nella lettura dall'inglese :D ).

Il titolo del libro tuttavia già permette di "capirne il succo".

Chi condivide le teorie del Gibbon...le ritroverà..."potenziate".

La "fine dell'Impero d'Occidente" è vista come una "catastrofe"...una vera è propria fine di civiltà (come intuibile per l'appunto dal titolo del libro), degno corollario di un'epoca (quella tardoantica) esclusivamente violenta e barbara.

Mah <_<

Ognuno espone il proprio pensiero...da libri "revisionistici" (alcuni con veri eccessi di "buonismo") sino ad arrivare a testi decisamente "negativi".

Nel dubbio...mi pongo a metà :lol:

Ciao :)

Ciao :)

Mi "autoquoto" per indicarVi che la traduzione del libro da me citato è ora disponibile : Brian Wrd-Perkins, "la caduta di Roma e la fine della civiltà", edizioni Laterza, euro 19,50.

Inoltre per chi, come il sottoscritto, ha la passione per il periodo e non lo avesse ancora letto, cito la recentissima ristampa di un classico di Santo Mazzarino : "la fine del mondo antico", per i tipi di Bollati-Boringhieri.


Inviato

E bravo Flavio mi dai sempre delle belle dritte. Mazzarino l'ho letto in prestito tempo fa ma sono felice di acquistarlo.

Leggerò anche quet'ultimo di Perkins, tanto non mi stanco mai di approfondire l'età tardo-antica. Con le sue migrazioni, le sue caste e le sue macchine burocratiche mi ricorda tanto il presente :D

ps: se hai notizie di Aezio (zecchini) fammi un fischio!


  • 4 settimane dopo...
Inviato

Lorenzomarra ha centrato l'obiettivo. Concordo pienamente con lui. Purtroppo la storia si ripete, vedi oggi: qualità dei leader scarsa, crisi economica, troppi chili sul tavolo.


Inviato

Un altro libro molto interessante sulla caduta dell'impero d'occidente è quello di A.H.M.Jones, Il tardo romano impero, edito da Il Saggiatore. Spiega molto bene le ragioni del lento ma inarrestabile declino che portò alla dissoluzione dell'impero.

Comunque una delle cause da aggiungere è il crollo demografico che colpì soprattutto le campagne a partire dal III secolo dopo Cristo. E senza nuove forze non si costruisce, nè si mantiene...


  • 4 mesi dopo...
Inviato

A me sembra che una delle tesi più plausibili sia quella proposta da uno storico polacco di cui adesso mi sfugge il nome(controllerò più tardi) secondo il quale l'economia romana diventava sempre più carente di capitale addizionale visto che la macchina uomo ovvero lo schiavo diventava sempre più cara e raramente riusciva a produrre il suo prezzo iniziale.Insomma costavano moltissimo e la loro forza motrice era di appena mezzo cavallo(un trattore moderno si aggira intorno ai 100 hp).Non li si poteva fustigare per tema di perdere il capitale,non si riproducevano e costavano sempre di più finchè Diocleziano li legò alla terra ponendo le basi per la fine della schiavitù e la nascita della servitù della gleba. Ogni società che non riesce a creare un surplus di capitale prima o poi va in crisi.Questa la tesi a me sembra valida ancora oggi.


  • 4 mesi dopo...
Inviato

La causa sostanziale della caduta dell'Impero Romano è il Cristianesimo, che ha minato le fondamenta stesse dello Stato.

Nella formazione dell'Urbe, notevole parte, come in tutte le civiltà antiche, ebbe la religione ed in Roma, il Paganesimo, quindi. Sovvertire la religione significava sovvertire lo Stato stesso dalle radici.

Ed è quello che accadde. Con le sue idee, il Cristianesimo minava un'organizzazione dello Stato che era stata perfetta per quasi Otto Secoli!!!

L'articolo di Focus, l'ho letto pure io, ed è fantarcheologia!! D'altronde non è una rivista fatta e scritta da Specilisti del Settore(laureati in archeologia) ed è paragonabile ad alcune trasmissioni televisive, destinate a "colpire" gli ascoltatori, piuttosto che a fare scienza.

Da Archeologo, vi consiglierei di leggere qualche libro scritto da Storici o Archeologi, a cominciare da quello di Gibbon, The decline and fall of Roman Empire, un pò datato, ma pietra miliare sulla questione.


Inviato
La causa sostanziale della caduta dell'Impero Romano è il Cristianesimo, che ha minato le fondamenta stesse dello Stato.

...

vi consiglierei di leggere qualche libro scritto da Storici o Archeologi, a cominciare da quello di Gibbon

Nulla da dire, sei un Gibbonista assoluto! :D


Inviato
A me sembra che una delle tesi più plausibili sia quella proposta da uno storico polacco di cui adesso mi sfugge il nome(controllerò più tardi) secondo il quale l'economia romana diventava sempre più carente di capitale addizionale visto che la macchina uomo ovvero lo schiavo diventava sempre più cara e raramente riusciva a produrre il suo prezzo iniziale.Insomma costavano moltissimo e la loro forza motrice era di appena mezzo cavallo(un trattore moderno si aggira intorno ai 100 hp).Non li si poteva fustigare per tema di perdere il capitale,non si riproducevano e costavano sempre di più finchè Diocleziano li legò alla terra ponendo le basi per la fine della schiavitù e la nascita della servitù della gleba. Ogni società che non riesce a creare un surplus di capitale prima o poi va in crisi.Questa la tesi a me sembra valida ancora oggi.

Per caso ti riferisci a Mirko D. Grmek?


Inviato
Da Archeologo, vi consiglierei di leggere qualche libro scritto da Storici o Archeologi, a cominciare da quello di Gibbon, The decline and fall of Roman Empire, un pò datato, ma pietra miliare sulla questione.

Credo che nei vari post precedenti siano state indicate numerose letture d'interesse sull'argomento, certamente qualificate, opera del Gibbon compresa (che personalmente ammiro come opera storica e di ricerca, ma della quale non condivido la tesi).

Vedo con piacere che l'interesse per l'argomento di questo topic, relativo alla "caduta" della Pars Occidentis, continua a mantenersi vivo, tra "catastrofisti" ed "ottimisti"...divagazioni di "fanta-archeologia" comprese :D.


  • 6 mesi dopo...
Inviato
A me sembra che una delle tesi più plausibili sia quella proposta da uno storico polacco di cui adesso mi sfugge il nome(controllerò più tardi) secondo il quale l'economia romana diventava sempre più carente di capitale addizionale visto che la macchina uomo ovvero lo schiavo diventava sempre più cara e raramente riusciva a produrre il suo prezzo iniziale.Insomma costavano moltissimo e la loro forza motrice era di appena mezzo cavallo(un trattore moderno si aggira intorno ai 100 hp).Non li si poteva fustigare per tema di perdere il capitale,non si riproducevano e costavano sempre di più finchè Diocleziano li legò alla terra ponendo le basi per la fine della schiavitù e la nascita della servitù della gleba. Ogni società che non riesce a creare un surplus di capitale prima o poi va in crisi.Questa la tesi a me sembra valida ancora oggi.

Per caso ti riferisci a Mirko D. Grmek?

Sono andato a controllare.Si tratta di Karol Modzelewski "Dal feudalesimo al capitalismo" -La transizione dall'antichità al feudalesimo- in ANNALI 1 STORIA D'ITALIA EINAUDI PAG. 5

e ancor più nellgli stessi ANNALI 1 op. cit. PIERO UGOLINI "Il podere nell'economia rurale italiana" pag. 715-726.


Inviato

A me sembra che una delle tesi più plausibili sia quella proposta da uno storico polacco di cui adesso mi sfugge il nome(controllerò più tardi) secondo il quale l'economia romana diventava sempre più carente di capitale addizionale visto che la macchina uomo ovvero lo schiavo diventava sempre più cara e raramente riusciva a produrre il suo prezzo iniziale.Insomma costavano moltissimo e la loro forza motrice era di appena mezzo cavallo(un trattore moderno si aggira intorno ai 100 hp).Non li si poteva fustigare per tema di perdere il capitale,non si riproducevano e costavano sempre di più finchè Diocleziano li legò alla terra ponendo le basi per la fine della schiavitù e la nascita della servitù della gleba. Ogni società che non riesce a creare un surplus di capitale prima o poi va in crisi.Questa la tesi a me sembra valida ancora oggi.

Sono andato a controllare.Si tratta di Karol Modzelewski "Dal feudalesimo al capitalismo" -La transizione dall'antichità al feudalesimo- in ANNALI 1 STORIA D'ITALIA EINAUDI PAG. 5

e ancor più nellgli stessi ANNALI 1 op. cit. PIERO UGOLINI "Il podere nell'economia rurale italiana" pag. 715-726.


  • 3 anni dopo...
Inviato

Le teorie del Gibbon sono faziose ed inficiate dal più becero giacobinismo anticlericale.

Il declino di Roma fu sì determinato da fattori economici e finanziari, come giustamente si suggeriva più sopra, ma lo fu ancor più da fattori di ordine "culturale": quando Odoacre, deposto Oreste ed eliminato Romolo Augusto, si proclamò Rex Italiae, scavò un solco tra mondo latino e barbarie, destinato ad ingrandirsi sempre più, fino al collasso dell'unità culturale e politica dell'occidente.


Inviato

Le teorie del Gibbon sono faziose ed inficiate dal più becero giacobinismo anticlericale.

Su questo posso essere d'accordo, anche se in parecchie cose ci azzeccava ;)

Il declino di Roma fu sì determinato da fattori economici e finanziari, come giustamente si suggeriva più sopra, ma lo fu ancor più da fattori di ordine "culturale": quando Odoacre, deposto Oreste ed eliminato Romolo Augusto, si proclamò Rex Italiae, scavò un solco tra mondo latino e barbarie, destinato ad ingrandirsi sempre più, fino al collasso dell'unità culturale e politica dell'occidente.

Su questo invece, non sono d'accordo per niente :)

Ma il discorso è lungo, lunghissimo...


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