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Riforma di Diocleziano


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Inviato

Buongiorno a tutti.

Qualcuno sa se esistono pubblicazioni specifiche sulle riforme di Diocleziano in campo monetario? In particolare qualcosa sulla monetazione in bronzo/mistura ('follis' e radiati), i suoi rapporti con i 'tagli' precedenti (asse, sesterzio, antoniniano, etc...) e le motivazioni della sua rapida 'involuzione' dopo la fine della tetrarchia. Mi sembra che molte questioni a riguardo siano tuttora irrisolte, ma forse non sono al corrente degli sviluppi più recenti sull'argomento. Grazie in anticipo.


Supporter
Inviato (modificato)

Diciamo che in ambito accademico vi sono ancora pochi punti fermi. 

Il grafico qui allegato rappresenta un sunto delle conclusioni degli ultimi articoli in letteratura, quantomeno per quello che conosco io, che sono solo un amatore e leggo qualcosa nel (poco) tempo libero. L'ultimo si trova facilmente si acedemia.edu. 

 

 

Riforma_Diocleziano.png

Modificato da azaad
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Inviato
26 minuti fa, azaad dice:

Diciamo che in ambito accademico vi sono ancora pochi punti fermi. 

Il grafico qui allegato rappresenta un sunto delle conclusioni degli ultimi articoli in letteratura, quantomeno per quello che conosco io, che sono solo un amatore e leggo qualcosa nel (poco) tempo libero. L'ultimo si trova facilmente si acedemia.edu. 

 

 

Riforma_Diocleziano.png

Trovato il Kropff, grazie! Anche lui però non tocca l'aspetto che mi attira di più, cioè il rapporto delle nuove unità in metallo vile con le precedenti unità monetarie. Posto che non penso siano state mandate 'fuori corso', ci deve essere stata una maniera per regolarne la circolazione in relazione alle nuove.


Supporter
Inviato

Guarda se può esserti utile questa discussione. 

Ciao. 

Stilicho 

@Nemo Nostrum


Supporter
Inviato (modificato)

C'è un articolo interessante di una ricercatrice italiana (LA RIFORMA DI AURELIANO E LA SUCCESSIVA CIRCOLAZIONE MONETALE IN ITALIA di Cristina Crisafulli) dove si fa l'interessante ipotesi che la scritta XX I o k alpha nei nominali greci non indichi tanto la percentuale di argento contenuta negli antoniani di fine terzo secolo, quanto il rapporto di peso, e quindi di valore con un denaro di buon argento, un "denaro di peso", che quindi poteva permettere la circolazione dei vecchi denari coniati da Nerone in poi. Se ricordo bene si deduceva un valore del vecchio denaro di buon argento in 40 denari o 20 antoniniani di mistura.

Con la riforma di Diocleziano il valore diventa rispettivamente 25 e 50. La seconda riforma di Diocleziano elimina l'argento dai nominali più piccoli, il nuovo denaro e l'antoniniano post-riforma, per cui il nuovo valore del denaro argenteo viene ritoccato a 50 e 100.

Il mio riassunto è un pò una schifezza, ho letto rapidamente l'articolo durante la quarantena ripromettendomi di leggerlo con più attenzione in seguito, quindi potrei aver scritto qualche castroneria, ma consiglio di leggere anche questo articolo.

Anche questo si trova facilmente su academia.

 

Modificato da azaad

Inviato

Ho letto con attenzione la discussione richiamata da @Stilicho, che ringrazio. Non ho ancora rintracciato l'articolo segnalato da @azaad , ma lo farò. La cosa certa è che c'è una grande confusione sull'argomento, a causa della laconicità delle fonti. Vorrei provare ad affrontare la questione da un altro punto di vista. Cerco di riassumere brevemente:

1) per i metalli preziosi il problema non si pone, poiché le monete coniate in argento e oro hanno un valore intrinseco corrispondente al peso del fino contenuto. Quindi le lasciamo da parte. Verosimilmente erano riservate a transazioni di una certa importanza.

2) il problema si pone per il bronzo/mistura, che circolava su base fiduciaria, probabilmente già dai tempi di Adriano o anche prima (si vedano le numerose discussioni su assi/dupondi dove non sempre c'è corrispondenza fra la presenza di corona radiata e la natura del metallo oricalco/rame). Quindi i ragionamenti sul peso di queste monete (follis, radiati, nummi in genere) lasciano un po' il temo che trovano: se circolavano su base fiduciaria occorreva che fossero immediatamente riconoscibili in funzione delle loro caratteristiche 'estetiche' e non per il peso.

3)  ciò premesso, non riesco a capire a quale bisogno rispondesse l'introduzione da parte di Diocleziano di nuovi 'tagli', dal momento che aveva già a disposizione un sistema ben collaudato basato su assi/dupondi/sesterzi: poteva semplicemente emettere nuove monete, magari riviste esteticamente e nel peso, ma fondate su quel sistema.

4) la chiave del discorso, secondo me, sta nell'unificazione delle zecche: nel momento in cui le zecche orientali e occidentali emettono tutte un medesimo tipo monetale, allora sì può essere necessario introdurre dei tipi nuovi che mettano un po' d'accordo tutti: queli che usavano il sistema 'latino' e quelli che usavano altri sistemi. Ho sempre trovato i grandi follis piuttosto simili ai tetradrammi di Antiochia, ad esempio, ma potrebbero forse essere fatte altre considerazioni.

5) Ora, posto che Diocleziano per la prima volta impone una moneta unica per tutto l'impero, credo che la strada giusta da battere sia quella di capire come le singole zecche (e le singole regioni dell'impero) l'abbiano interpretata. In occidente i grandi follis potevano essere assimilati agli assi o ai dupondi? In oriente ai tetradrammi? Di certo la percezione 'popolare' (ed è questo che ci deve interessare, dal momento che la circolazione era fiduciaria) di queste monete poteva variare di luogo in luogo. 

Questi sono solo spunti buttati lì, ma vorrei confrontarmi con voi per capire se può aver senso iniziare a ragionare sul problema da una prospettiva un po' diversa.


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