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Aes signatum


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Alle origini delle emissioni sicuramente attribuibili a Roma c'è una serie di lingotti a forma di parallelepipedo schiacciato, ormai rarissimi, comunemente denominati "aera signata", "latera signata" o "quadrilateri".

 

Qui ne troviamo l'elenco:

https://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-AESS

 

Qui alcune altre discussioni in cui ne abbiamo parlato:

 

Qui, grazie a @Scipio, alcune foto bellissime scattate al monetiere del Museo nazionale Romano:

 

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Si tratta di oggetti assolutamente magnifici:

 

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Ma cos'erano veramente?

In verità sussistono divergenze riguardo a funzione, significato dei tipi (non escludendosi criteri puramente estetici) e datazione.

-     Comparette [1] li ritiene lingotti forniti da industrie private ai bronzisti.

-     Per Sydenham ed Herbig erano lingotti in attesa di monetazione (Varrone infatti parla di lingotti conflati all’interno dell’Aerarium).

-     Deliperi e Haeberlin li interpretano come pani depositati nei templi, a titolo di offerte oppure di quote di bottini di guerra dedicati agli dei.

-     Per Crawford e Sisani potrebbero essere nati dalla necessità di distribuire con i socii le ricchezze conquistate nei bottini di guerra.

-     Pedroni [2] li chiama lateres signati e ritiene che costituiscano la prosecuzione del “ramo secco”, quali “misura valore” realizzata colla garanzia dello Stato (Rossetti [3] sostanzialmente concorda). La loro introduzione potrebbe essere connessa con la riforma costituzionale operata nel 339 dal console e dittatore Q. Publilio Filone nel 339 per dare maggior sicurezza sociale alla plebe, prevedendo - fra l’altro - che uno dei censori dovesser essere plebeo (forse ci fu anche una lex Silia, di incerta datazione e tradizione, che riformò il sistema ponderale serviano, peraltro immediatamente dopo i primi accordi con Capua e Napoli, ove da tempo vigeva un’economia monetaria). Sarebbero stati fatti fondere dai censori (lo studioso data un’emissione per ogni elezione censoria, attestata dalle fonti o supposta sulla base di esse) e, per mantenere un’omogeneità di peso con i lingotti serviani, rapportati a multipli interi dell’asse man mano che esso svalutandosi veniva ridotto di peso (con un conseguente aumento dello standard ponderale da 1.344 scrupoli, ovvero 4 unità da 336, a 1.512, ovvero 6 da 252). Alla funzione di misura standard si aggiunse quella di “peso campione”, per la quale i lingotti giungevano nelle mani dei privati; fu così che in seguito, defunzionalizzati, furono adibiti a uso monetale, come testimoniano i rinvenimenti insieme a monete fuse (nei ripostigli di Santa Marinella, La Bruna, Ariccia).

-     Per Gnecchi costituivano una forma di moneta privata.

-     Alteri non esclude, per il periodo più antico, un carattere commemorativo dei tipi e, quindi, un valore storico e religioso, ma ritiene che rappresentassero un metallo con funzione monetale, riconoscibile dalle impronte statali e scambiato a peso nei commerci.

-     Bar [4] ipotizza che servissero come pagamento del soldo militare.

-     Thomsen, ripreso da Zehnacker, ipotizza che costituisssero una moneta di transizione dal “ramo secco” alle monete circolari, anteriore o parallela a esse. Babelon e Grueber vi vedono pezzi da 5 assi.

Per la datazione, alcuni propongono il periodo compreso tra 350 e il 250; Thurlow-Vecchi il 289, con l’istituzione dei tresviri monetales; Crawford il 280. Pedroni ritiene che ne siano esistiti anche nel V e IV secolo, ormai dispersi o comunque non più riconoscibili (forse anch’essi recavano il “ramo secco”), e data quelli censiti dal 339 al 269 (anno in cui sarebbe stata attivata la zecca a Roma).

 

[1]  Louis Comparette, Aes Signatum, in "the american Journal of Numismatics" 1919

[2]  Luigi Pedroni, Ricerche sulla prima monetazione di Roma, 1993 e Nuove ricerche sulla prima monetazione di Roma, 1996

[3]   A.G. Fusi Rossetti, Moneta e non moneta: l’aes signatum i multipli, RIN, 1994-1995.

[4]   M. Bar, A propos du poids des plaques d’aes signatum, de leur nature et de leur fonction, RIN, 1993.

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Una particolarità è rappresentata da un esemplare del lingotto toro/toro/ (https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/3), oggi allo Staatliche Museum di berlino, acquistato nel 1907 da Haeberlin che riferisce che era stato da poco rinvenuto in un bosco nei pressi di Cità di Castello. Misura 173x92 mm, è spesso 13-23 mm e pesa 1.624,5 g

Infatti, sopra l'immagine del toro è presente una scritta graffita dopo la fusione, retrograda e a caratteri umbri databili con sicurezza al III secolo, che reca VUKESSESTINES, laddove la doppia S denuncia il confine tra due parole (nella grafia epicorina non esistevano le doppie).

Entrambe le parole sono genitivi: SESTINES è il poleonimo di un oppidum umbro, che ancora oggi si chiama Sestino; VUKES può equivalere a vicus (villaggio) o a lucus (bosco sacro, santuario - significato attestato nelle tavole di Gubbio) oppure a Lucii (talchè sarebbe il nome del proprietario, Lucio Vestino). Seguendo la tesi di Crawford e Sisani secondo cui Roma usava i lingotti per spartire la preda bellica con i socii, si rileva che effettivamente nel 279 gli Umbri parteciparono alla battaglia di Ausculum, per cui i Sestinesi potrebbero averlo lasciato a Città di Castello sulla strada di ritorno a casa, forse come ex voto. Crawford tuttavia interpreta FUKES SESTINES, “delle fucine di Sestino”

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Inviato (modificato)

Ma vediamoli nel dettaglio.

 

Il primo è RRC 3/1 - Cornucopia/Ramoscello.

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/1

Nel 1927 presso Santa Marinella, fu rinvenuto a poca profondità dal livello del suolo, entro un vaso fittile la cui parte superiore era mancante, un tesoretto consistente in 17 aera grava e un frammento di questo rarissimo aes signatum (primo frammento illustrato).

Thomsen interpreta il D/ come un viticcio o tralcio, Crawford e Pedroni come due cornucopie in incuso affiancate. Pedroni inoltre ne evidenzia l’arcaicità, confermata anche da una derivazione stilistica del ramo d’ulivo dal “ramo secco”.

Per Coarelli, l’aes signatum doveva essere in uso nel corso del IV secolo, ma prima della coniazione dell’aes grave (che l’autore colloca all’ultimo quarto del secolo). Deve, quindi, ascendere al 375-325 circa.

Pedroni osserva che i lingotti con legenda dovevano essere destinati a Romani residenti fuori dall’Urbe; questo in particolare potrebbe essere stato consegnato ai Campani (alla cui prosperità alluderebbero le cornucopie) e conseguentemente datato al 339, quando non solo fu loro concessa la civitas, ma fu anche imposta l’assegnazione di una delle cariche censorie ai plebei (alla concordia derivatane alluderebbe l’ulivo)

 

Il pezzo più bello di tutta la numismatica: RRC 4/1 - Aquila/Pegaso  

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/2

L'esemplare della collezione Garrett è composto da due parti, di cui solo il frammento più grande (133x97 mm, 1240 g) è originale: Haeberlin decise di pubblicare solo la parte originale, Sidenham riporta invece l'esemplare completo del restauro (168x97 mm, 1.875 g).

Italo Vecchi (Italian Cast Coinage 2013, p. 29) nota che l'aquila di Giove su fulmine simboleggia la guerra mentre Pegaso la gloria, il potere e la velocità così come l'immaginazione.

Coarelli, che data l’aes signatum al 375-325 circa, evidenzia come questo lingotto non possa non essere anteriore alla didracma Cr. 13/1 (databile al 326-312), portando una legenda più arcaica.

Pedroni osserva che i lingotti con legenda dovevano essere destinati a Romani residenti fuori dall’Urbe; questo in particolare potrebbe essere stato consegnato agli ambasciatori recatisi ad Alessandria nel 272 (in conseguenza del trattato di alleanza del 273) per avviare l’appalto a quella zecca di una serie monetale composta da Cr. 22/1 e 23/1, la seconda delle quali presenta proprio l’aquila su fulmine

 

Poi abbiamo RRC 5/1 - Toro/Toro

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/3

Haeberlin riporta 5 esemplari completi e 17 spezzati di varie grandezze.

Per Haeberlin e Grueber questo quadrilatero ricorderebbe la sottomissione del Sannio avvenuta nel 290 poiché il toro, come dimostrerebbero i denarî della guerra sociale, sarebbe il simbolo dei Sanniti; c'è da dire però che è solo in età molto più tarda che avviene l'identificazione toro-Sannio. Per Mattingly sarebbe solo un richiamo alla pecunia. Per Benucci potrebbe trattarsi di una forma di tesaurizzazione del bestiame di un santuario. Panvini Rosati ricollega il lingotto all’equivalenza fra bestiame e aes sancita dalle XII tavole. Pedroni sposa la tesi di Mattingly e lo collega all’attivazione della zecca di Roma, datandolo per conseguenza al 269.

Il secondo esemplare raffigurato, oggi allo Staatliche Museum di berlino, fu acquistato nel 1907 da Haeberlin che riferisce che era stato da poco rinvenuto in un bosco nei pressi di Cità di Castello. Misura 173x92 mm, è spesso 13-23 mm e pesa 1.624,5 g

 

Ancora: RRC 6/1 - Spiga/Tripode

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/4

Quattro esemplari conosciuti: uno riportato da Haeberlin, uno da Crawford, uno venduto all'asta Münzen & Medaillen 47 (l'unico completo) e uno venduto all'asta NAC 9.

Le due figure sono state considerate da Haeberlin, Thomsen e Zehnacker come simboli divini allusivi ad Apollo (il tripode) e a Cerere (la spiga di grano). Comparette ha evidenziato che erano epìsema rispettivamente delle città di Crotone e Metaponto; su questa scia Nenci ha proposto che commemori la caduta di Crotone (277). Pedroni invece riferisce l’emissione alla cattura di Metaponto (275), osservando che un piccolo bronzo di quella città (SGN Cop. 1250) riporta inusulamente proprio questi tipi, e ritiene che i simboli apollinei siano riconducibili alla gens Cornelia (nel 275 era console L. Cornelio lentulo Caudino, che trionfò sui Lucani)

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Proseguendo: RRC 7/1 - Scudo/Scudo

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/5

Haeberlin riporta 3 esemplari completi.

Secondo alcuni studiosi le due figure alluderebbero allo scudo gallico che aveva appunto una forma ellittica, una spina verticale e l'impugnatura orizzontale. Per la presenza degli stessi simboli sui bronzi fusi di Ariminium si ritiene che commemorino una vittoria dei Romani in Italia centrale contro tribù galliche: Sentinum del 294 (combattuta contro i Galli coalizzati con gli Etruschi, gli Umbri e i Sanniti) o Lago Vadimone del 284 (combattuta contro i Galli Senoni). Pedroni propone la seconda (perché alla prima ricollega il lingotto spada/fodero) e data il lingotto all’anno seguente (283).

Per altri studiosi l'attribuzione è incerta perché anche i Romani hanno usato questo scudo di forma ovale

 

Sullo stesso tema: RRC 8/1 - Spada/Fodero

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/6

Haeberlin riporta 2 esemplari completi.

Anche questi tipi, come quelli del precedente lingotto, compaiono sui bronzi fusi di Ariminium, per cui è stato ipotizzato che alludano ad una battaglia avvenuta in Italia centrale contro tribù galliche, Sentinum del 294 o Lago Vadimone del 284. Pedroni preferisce la prima, perché fu combattuta sul fiume Aesis (il cui nome assomiglia all’aes usato per le spade), e data il lingotto al 294

 

Il ricordo delle guerre pirriche: RRC 9/1 - Elefante/Scrofa 

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/7

Haeberlin riporta un solo esemplare completo (quello del British Museum); un altro si trova al National Museum of Copenhagen.

Eliano ricorda che contro Pirro i Romani riuscirono ad aver ragione degli elefanti mandando loro incontro dei maialini, il cui grugnito li terrorizzò; resta da accertare se la narrazione non nasconda il ricordo di una legione contrassegnata dal simbolo del maiale. Consegue che il lingotto sia collegato a una vittoria contro Pirro: Ausculum 279 (ipotesi preferita da Pedroni) o Maleventum 275

 

Il mare: RRC 10/1 - Ancora/Tripode

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/8

Gli studiosi associano questo lingotto e i successivi due per i riferimenti al mare.

Crawford li data tutti e tre al 260, anno della vittoria di Gaio Duilio a Mylae (Milazzo), per la quale fu celebrato il primo trionfo navale dei Romani, e ritiene che alludano a un successo navale della Prima Guerra Punica. Per Haeberlin l'ancora allude alla flotta o ne è proprio il simbolo, il tripode a un rito sacro connesso colla navigazione. Per Kondratieff (The column and coinage of C. Duilius, “Scripta Classica Israelitica” 2004) e Rowan (The profits of war and cultural capital, “Historia” 2013) potrebbero essere stati coniati proprio con il bronzo sottratto ai Cartaginesi. Per Coarelli, che data l’aes signatum al 375-325 circa, questa emissione potrebbe alludere alla riforma, nel 367, del collegium sacris faciundis, i cui membri furono portati a 2 a 10, o alla susseguente ricostruzione del tempio di Apollo, nel 353.

Pedroni, che collega i simboli apollinei alla gens Cornelia, data l’emissione al 289/288 e ipotizza che commemori la storica fondazione della colonia di Hatria, primo sbocco romano sull’Adriatico (le cui once librali, non a caso, riportano l’ancora), avvenuta tra il 290, sotto il consolato di P. Cornelio Rufo (lo stesso che avrebbe ispirato i tipi apollinei di Cr. 18/1 e 19/1) e il 288, quando era console un altro membro della gens, P. Cornelio Arvina

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Ancora il mare: RRC 11/1 - Tridente/Caduceo

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/9

Per Haeberlin il tridente e il caduceo sono simboli del commercio marittimo. Crawford data il lingotto alla battaglia di Mylae (260) per cui fu celebrato il primo trionfo navale. Pedroni osserva tuttavia che i nastri assomigliano più alle teniae votive che ai lemnisci trionfali e che il caduceo è simbolo di commercio o ambasceria, non militare; ipotizza quindi che il lingotto si riferisca a un trattato commerciale con città marinara e propone quello con Taranto (che appiano riferisce essere stato infranto nel 282), suggerendo di datarlo, come il lingotto, al 304

 

Sempre il mare: RRC 12/1 - Galletti/Tridenti 

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/10

Secondo Haeberlin, Thomsen e Zehnacker gli animali sono polli e simboleggiano il pullarium augurium, rito sacro teso a prevedere l'esito di una battaglia, e in questa interpretazione i due astri rappresenterebbero la sfera divina.

Secondo Comparette, mattingly e Pedroni sono invece galli, collegati iconograficamente con i bronzi Minerva/gallo sovrastato da stella della monetazione latino-campana. Al retro Pedroni vede due rostri, anziché tridenti, osservando che rostrum era anche il nome del becco del gallo. Thomsen, Crawford e Zehnacker lo datano alla battaglia di Mylae (260) per cui fu celebrato il primo trionfo navale.

Alteri e Belloni propendono per una datazione alta; il primo in particolare ritiene che commemori la presa di Anzio (338).

Per Coarelli, che data l’aes signatum al 375-325 circa, potrebbe commemorare la vittoria sui Volsci e sulla Lega Latina del 338, quando i rostra furono portati al Comizio, a ornare la tribuna; le stelle, simbolo dei Dioscuri, evocherebbero l’altra, famosa vittoria di Roma contro la Lega Latina, al Lago Regillo.

Per Kondratieff e Rowan anche questo lingotto potrebbe essere stato coniato col bronzo sottratto da Gaio Duilio ai Cartaginesi.

Pedroni data il lingotto al 310 ipotizzando che celebri due avvenimenti di quell’anno: l'istituzione dei duoviri navali, incaricati dell'allestimento e delle riparazioni della flotta, e un nuovo “patto del gallo” stipulato con Neapolis (postulato per spiegare l’emissione dei bronzi latino-campani con Atena e il gallo, collegati ponderalmente e funzionalmente al foedus del 326 ma databili dai ripostigli al 310 circa, talché si può pensare che siano stati emessi quando, terminata la dura offensiva sannita del 321-314, Roma e Napoli abbiano rinnovato l’alleanza politico-commerciale del 326).

 

L'ultimo: lingotto Anfora/Punta di Lancia

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AESS/11

Crawford non ha catalogato questo aes signatum in quanto lo considerava un falso. Successivamente però in “Coinage & Money under the Roman Republic”, pag. 41 nota 20, ha cambiato giudizio. Thomsen lo ha giudicato autentico. Il secondo esemplare raffigurato appartiene alla collezione del British Museum

Pedroni ritiene che l’anfora alluda a una città famosa per la produzione di olio o vino e propone Cales (il cui vino fu in effetti molto rinomato dall’età tardo repubblicana), conquistata nel 335 e dedotta a colonia nel 334, datando per conseguenza il lingotto

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Questa secondo me è l'impronta, nel bronzo, della potenza di Roma, la città preferita da Giove Ottimo Massimo:

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Modificato da L. Licinio Lucullo
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