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certificato lecita provenienza


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8 ore fa, vitellio dice:
Eppure se tra due privati questo passaggio di informazioni non avviene( e non è surrogato da un altro attestato indiretto come un pregresso di asta come nella tua ipotesi) il citato signor Pavone , o il commerciante citato da te, non ha nessuna possibilità di giustificarsi. Quello che hai fatto tu è un esempio calzante ma solo se come condizione base ha la possibilità di rifarsi ad un’altra documentazione.... se questo manca il giochino non funziona più. 
se non esiste documentazione anche l'attestato non può fare miracoli… rimane una moneta limitatamente tracciabile… ripeto, l'attestato non è nato come prova a discarico in un processo penale, ma per i rapporti sul piano civile tra Venditore e Acquirente.
 
Che la norma non sia specialistica è chiaro, ma qui si parla solo di monete e a quelle mi sono limitato. 
 
Anche la cessione occasionale tra due privati , alla fine, necessita della stessa documentazione .... Dubito che in sede processuale venga accettata la motivazione “ l’ho presa da un privato che non vende abitualmente” come prova di provenienza, non dico “lecita” , ma almeno compresa di buona fede.... 
sono state proposte in sede processuale motivazioni di acquisto e possesso tipo " comprate a un mercatino" anche " erano in famiglia "( tipicamente del nonno) o  "comprate all'estero"  o "da un conoscente occasionale a un convegno" o "regalate" e "comprate su tal sito" oltre alla valutazione in sé se sia o meno un bene culturale afferente al territorio italiano.  Il tutto molto spesso con esiti positivi, quando si parla di monete. Viceversa, come ricordato sopra, seppur in possesso di una buona documentazione non sempre si riesce ad avere ragione… una certa alea c'è sempre.
 
Non è la ripetitività dell’atto che ne crea il presupposto di obbligatorietà, casomai crea un problema di evasione fiscale come hai detto te, ma l’aspetto fiscale non c’entra nulla con la provenienza e i problemi annessi. 
Al contrario è proprio la ripetitività di un atto di vendita ( = "abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi") è quella che distingue chi, ai sensi del succitato articolo, ha l'obbligo di fornire l'attestato da chi non l'ha. ( poi e semmai ci saranno i problemi fiscali)
 
Quanto alla fornitura dei dati pregressi di acquisto da parte del commerciante venditore, non è prescritto ne previsto da nessuna legge l’obbligo di fornirli all’acquirente.Nei rapporti con il Suddetto  fa fede la fattura O la ricevuta rilasciata ma per nessun motivo si è obbligati a dichiarare dove e come la si è acquistata. Casomai lo comunicheremo a richiesta alla AG dietro precisa richiesta ufficiale. É una informazione in contrasto con la legge sulla privacy nel momento in cui la avessimo acquisita per acquisto da un collezionista privato. Caso diverso se proveniente da asta o vendita pubblica , ma lo stesso non esiste l’obbligo da te citato , basta il documento del venditore professionale.
Beh, se leggi  attentamente  il succitato articolo 64 noterai che invece  prescrive " l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime".
Quanto alla privacy, penso possa ovviarsi semplicemente chiedendo al cedente privato, nel caso fosse all'origine del tutto, una liberatoria in tal senso… se invece acquisita pubblicamente il problema neanche sussiste.
Poi capisco che di pratica non si faccia…. Ma, legge vorrebbe….

 

 

Scusami se ho adottato la scrittura rossa ed inframmezzata, ma diventava difficile risponderti altrimenti

Enrico

Enrico, l’unico obbligo dell’articolo 64 è che io venditore ti rilasci la fattura con la descrizione,( attribuzione e valutazione di autenticità)  meglio se accompagnata da fotografia, della moneta venduta. La provenienza , per quanto riguarda te acquirente, la fa quella , ed è da me a te.... ogni altra informazione è privata ed è disponibile nel mio registro di carico, consultabile solo dalle istituzioni.. niente altro. Il fatto che usualmente si scriva anche “ ex asta pinco “ è solo un plus che noi venditori usiamo per cortesia, ma non è prescritto da nessuna norma. 
 

L’attestato è una prova che tu hai acquistato nei termini del buon padre di famiglia la moneta e fa la differenza penale , perché se presente , E compilato nei termini prescritti, ti evita di essere caricato dell’accusa di essere tu lo scavatore o un ricettatore .O quanto meno ti permette di difenderti da tali imputazioni con successo. 
Non è una questione civilistica e basta per eventuali contestazioni sull’autenticità , anzi.... in sede processuale per ricettazione o scavo la faccenda autenticità Non è presa neanche in considerazione. 
le motivazioni da te indicate come a discarico dell’imputato,(  tipo " comprate a un mercatino" anche " erano in famiglia "( tipicamente del nonno) o  "comprate all'estero"  o "da un conoscente occasionale a un convegno" o "regalate" e "comprate su tal sito" oltre alla valutazione in sé se sia o meno un bene culturale afferente al territorio italiano.  ) sono o verificabili o quanto meno saranno state soggette a controllo con risultati plausibile ,  altrimenti la faccenda non di sarebbe mai chiusa in maniera favorevole all’imputato proprio perché  vale la norma che tutto quanto appartiene allo stato ,salvo prova contraria. Evidentemente, nei casi risoltisi favorevolmente, la prova era sufficiente. 
I casi da te citati risoltisi sfavorevolmente nonostante la presenza di documentazione, sono da considerarsi o forzature giuridiche a cui fare opposizione, oppure casi in cui la documentazione era sufficiente a salvare l’imputato dalle accuse di furto o ricettazione, ma insufficienti alla determinazione della provenienza pregressa degli oggetti. Di solito, in questi casi, si procede alla richiesta di confisca o si demanda la decisione relativa alla proprietà degli stessi all’autorità civile in quanto non è compito dell’autorità penale stabilirlo. 

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35 minuti fa, Tinia Numismatica dice:

Enrico, l’unico obbligo dell’articolo 64 è che io venditore ti rilasci la fattura con la descrizione,( attribuzione e valutazione di autenticità)  meglio se accompagnata da fotografia, della moneta venduta. La provenienza , per quanto riguarda te acquirente, la fa quella , ed è da me a te.... ogni altra informazione è privata ed è disponibile nel mio registro di carico, consultabile solo dalle istituzioni.. niente altro. Il fatto che usualmente si scriva anche “ ex asta pinco “ è solo un plus che noi venditori usiamo per cortesia, ma non è prescritto da nessuna norma. 
 

L’attestato è una prova che tu hai acquistato nei termini del buon padre di famiglia la moneta e fa la differenza penale , perché se presente , E compilato nei termini prescritti, ti evita di essere caricato dell’accusa di essere tu lo scavatore o un ricettatore .O quanto meno ti permette di difenderti da tali imputazioni con successo. 
Non è una questione civilistica e basta per eventuali contestazioni sull’autenticità , anzi.... in sede processuale per ricettazione o scavo la faccenda autenticità Non è presa neanche in considerazione. 
le motivazioni da te indicate come a discarico dell’imputato,(  tipo " comprate a un mercatino" anche " erano in famiglia "( tipicamente del nonno) o  "comprate all'estero"  o "da un conoscente occasionale a un convegno" o "regalate" e "comprate su tal sito" oltre alla valutazione in sé se sia o meno un bene culturale afferente al territorio italiano.  ) sono o verificabili o quanto meno saranno state soggette a controllo con risultati plausibile ,  altrimenti la faccenda non di sarebbe mai chiusa in maniera favorevole all’imputato proprio perché  vale la norma che tutto quanto appartiene allo stato ,salvo prova contraria. Evidentemente, nei casi risoltisi favorevolmente, la prova era sufficiente. 
I casi da te citati risoltisi sfavorevolmente nonostante la presenza di documentazione, sono da considerarsi o forzature giuridiche a cui fare opposizione, oppure casi in cui la documentazione era sufficiente a salvare l’imputato dalle accuse di furto o ricettazione, ma insufficienti alla determinazione della provenienza pregressa degli oggetti. Di solito, in questi casi, si procede alla richiesta di confisca o si demanda la decisione relativa alla proprietà degli stessi all’autorità civile in quanto non è compito dell’autorità penale stabilirlo. 

Alessandro, mi dispiace ma purtroppo non condivido la tua impostazione, a semplice lettura testuale dell'articolo si evince il contrario…. ma non insisto, sarei ripetitivo.

Quanto al discorso penale ti ripeto che con CERTEZZA è nata ad uso civilistico( basta vedere gli atti parlamentari della prima legge in merito e seguenti per averne certezza). Dal punto di vista penale è sufficiente la fattura, il pagamento ed eventuali rimandi, l'attestato non è niente di più di sicuro.

Quanto al discorso dei "controlli" in assenza di giustificazioni documentali,dipende dalla lettura che ogni giudice fa  del testo Urbani con riferimento alla numismatica e  spessissimo è risultata favorevole senza dover dimostrare la provenienza ante 1909 a patto di avere una buona difesa e monete "normali" ( nel senso non vistosamente di scavo italico), atteso comunque che ben difficilmente  qualsiasi attestato si può spingere a tanto ( ante 1909.... quante sono tracciabili? :wacko: )

Direi che le rispettive posizioni sono chiare, a te la scelta di come operare

Un cordiale saluto,

Enrico

 P.S. la "forzatura giuridica" a cui alludi è sempre quella… ante 1909 …. 

Modificato da vitellio
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10 minuti fa, vitellio dice:

Alessandro, mi dispiace ma purtroppo non condivido la tua impostazione, a semplice lettura testuale dell'articolo si evince il contrario…. ma non insisto, sarei ripetitivo.

Quanto al discorso penale ti ripeto che con CERTEZZA è nata ad uso civilistico( basta vedere gli atti parlamentari della prima legge in merito e seguenti per averne certezza). Dal punto di vista penale è sufficiente la fattura, il pagamento ed eventuali rimandi, l'attestato non è niente di più di sicuro.

Quanto al discorso dei "controlli" in assenza di giustificazioni documentali,dipende dalla lettura che ogni giudice fa  del testo Urbani con riferimento alla numismatica e  spessissimo è risultata favorevole senza dover dimostrare la provenienza ante 1909 a patto di avere una buona difesa e monete "normali", atteso comunque che ben difficilmente  qualsiasi attestato si può spingere a tanto ( ante 1909.... quante sono tracciabili? :wacko: )

Direi che le rispettive posizioni sono chiare, a te la scelta di come operare

Un cordiale saluto,

Enrico

Enrico, che dirti.... sul discorso di dover implementare la documentazione con la provenienza continuo a darti torto , anche sulla base di quanto verificato con la AG ....ma non devo convincere te e tu non devi convincere me... io mi attengo alle disposizioni di legge che stabiliscono quanto ho detto io. 
 

Relativamente agli esiti giudiziari dei vari episodi di controlli, sono in accordo con te che un buon avvocato e un giudice intelligente possano fare la differenza, ma non sono assolutamente d’accordo che la presenza o meno della documentazione di vendita sia ininfluente ai fini penali.E sto parlando della documentazione relativa a vendite occasionali tra privati, se c’è di mezzo un professionista la documentazione ci deve essere di default. Quanto meno sposta la responsabilità sul venditore e la toglie all’acquirente e , alla fine, questo è quanto necessita. 

Modificato da Tinia Numismatica
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2 minuti fa, Tinia Numismatica dice:

Enrico, che dirti.... sul discorso di dover implementare la documentazione con la provenienza continuo a darti torto , anche sulla base di quanto verificato con la AG ....ma non devo convincere te e tu non devi convincere me... io mi attengo alle disposizioni di legge che stabiliscono quanto ho detto io. 
 

Relativamente agli esiti giudiziari dei vari episodi di controlli, sono in accordo con te che un buon avvocato e un giudice intelligente possano fare la differenza, ma non sono assolutamente d’accordo che la presenza o meno della documentazione di vendita sia ininfluente ai fini penali. Quanto meno sposta la responsabilità sul venditore e la toglie all’acquirente e , alla fine, questo è quanto necessita. 

Capisco che la prassi con AG a cui fai riferimento abbia senso, ma il tenore letterale di quell'articolo di legge è ben altro.

.....e no, non ho detto che è ininfluente la documentazione di vendita, solo che l'attestato in sé ha altri scopi, bastando la fattura ( che non necessariamente coincide con l'attestato).

 

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37 minuti fa, vitellio dice:

Capisco che la prassi con AG a cui fai riferimento abbia senso, ma il tenore letterale di quell'articolo di legge è ben altro.

.....e no, non ho detto che è ininfluente la documentazione di vendita, solo che l'attestato in sé ha altri scopi, bastando la fattura ( che non necessariamente coincide con l'attestato).

 

Per la seconda parte stimo dicendo L stessa cosa. Basta quello che ti rilascia il venditore professionista in quanto sono documenti “parlanti”.....

Per la faccenda dell’obbligo di provvedere alla provenienza pregressa, resto della mia opinione , confortato dalla giurisprudenza e dai pareri richiesti e avuti negli anni di attività. 
Per i rapporti con l’acquirente è sufficiente la documentazione che prova il passaggio tra me e lui( fattura e scheda fotografica eventuale ) altro non vi è di obbligo, sicuramente non la comunicazione dei modi in cui l’oggetto e pervenuto a me, essendo compreso tra i miei compiti l’ottenere a mia volta la documentazione di vendita nei miei confronti a termini di legge. Oltre alle registrazioni in carico nei tempi e modi richiesti dal 128 TULPS .Niente altro mi viene richiesto 

Del resto , neanche io, in sede di acquisto posso esigere l’esibizione da parte del venditore della sua documentazione relativa a dove e come si è procurato l’oggetto, mi è proibito dalla legge. Allo stesso modo che non potrei ufficialmente verificare presso una casa daste o presso un venditore se il tizio ha realmente comprato da loro , sempre per la legge sulla privacy. Devo fargli firmare la cessione con l’assunzione di responsabilità, ma non posso chiedergli di farmi vedere eventuali pregresse cessioni o fatture.... se vuole il venditore me li può mostrare, qualora rappresentino un prestigioso pedigree , ma i Miei obblighi E diritti di legge si fermano alla firma della cessione suddetta. 
Non posso neanche chiedere all’eventuale asta o commerciante ( nel caso me li avesse comunicati) che gli ha venduto l’oggetto se sia o no solvibile, sempre per la solita legge sulla privacy.

Figurati se posso chiedere ad un conferente di farmi vedere o darmi in copia la fattura di acquisto di quella moneta .... se poi l’avesse acquisita presso un privato, men che meno, perché sulla cessione vi sono dati sensibili protetti dalla legge suddetta.  

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18 ore fa, vitellio dice:

P.P.S. Faccio notare che la mancanza della consegna (e a maggior ragione l'inesistenza presso il cliente finale) del famigerato attestato non comporta ai sensi del codice Urbani niente dal punto di vista penale... al massimo una sanzione amministrativa... e l'articolo di riferimento era nato ben prima del Codice Urbani a protezione dell'acquirente per preservarlo da acquisti fraudolenti (falsi) e posto su un piano civilistico, non penale.... ben altro quindi e la mancanza non dovrebbe avere rilevanza in senso penale contro il malcapitato ( ci hanno provato, ma è andata buca a quanto mi risulta! Italia....)


 

Buongiorno, rileggendo questo passaggio mi permetterei di svolgere una precisazione.

E' vero che il Codice dei Beni Culturali non ancora alla mancata consegna dell'attestato e della documentazione, da parte del venditore professionale, alcuna sanzione penale. Non lo fa, tuttavia, solo direttamente.

Ritengo, infatti, che la sanzione penale discenda dalla lettura combinata degli art. 91 e 176 dello stesso Codice.

Mi spiego.

Dando ancora una volta per scontato che ci si trovi al cospetto di una moneta classificabile come bene di interesse culturale (e non di un tappo di bottiglia), l'art. 91 stabilisce l'appartenenza allo Stato delle cose ritrovate nel sottosuolo o nei fondali marini. Il successivo art. 176, poi, prevede che: "Chiunque si impossessa di beni culturali indicati nell'articolo 10 appartenenti allo Stato ai sensi dell'art. 91 [aggiungo io, ritrovati nel sottosuolo o nei fondali marini] è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da €...".

Ora, nel corso degli anni si è stratificato in giurisprudenza l'orientamento secondo cui il possesso delle cose di interesse archeologico integra il reato di cui all'art. 176 e si presume illegittimo, a meno che il detentore dimostri di averli legittimamente acquistati in epoca antecedente al 1909. Vige, dunque, una presunzione di appartenenza del bene allo Stato che è onere del detentore della moneta contrastare e vincere (trovo che il principio sia discutibile, ma questa è solo una mia irrilevante opinione).

Chiunque si impossessa: non solo lo "scopritore", dunque, ma anche i suoi eventuali aventi causa (coloro che dal primo hanno ricevuto, a qualsiasi titolo, la moneta e che, nella maggior parte dei casi rischiano di dover rispondere anche del reato ricettazione).

La norma, tuttavia, deve essere necessariamente coordinata con il nostro sistema penale complessivamente considerato, che esclude la punibilità in assenza dell'elemento psicologico del reato in capo a chi lo commette (dolo o colpa). In buona sostanza, se devo essere punito per aver violato la legge l'accusa ha l'onere di dimostrare che fossi consapevole, nel momento in cui agivo, di commettere un reato ovvero che avrei dovuto ragionevolmente prefigurarmi il reato quale conseguenza certa o eventuale delle mie azioni (i tecnici mi perdonino ma sto cercando di esemplificare al massimo). Il principio serve anche - a mio avviso - a contemperare l'onere del detentore/acquirente con l'oggettiva impossibilità (nella stragrande maggioranza dei casi) di provare passaggi a ritroso nel tempo sino al 1909.

Ebbene, è qui che interviene e si colloca il disposto dell'art. 64 sugli attestati di autenticità e provenienza e la regola - non codificata ma rimessa al buon senso - di agire in maniera analoga anche quando si compravende tra privati.

Sia chiaro, l'attestato in parola non salverà l'acquisto, sia che avvenga da commerciante che da privato (se si tratta di bene di interesse culturale o frutto di ritrovamento nel sottosuolo o nel fondale marino): sarà utile, tuttavia, a preservare la fedina penale dell'acquirente (ovvero dell'ultimo anello nella catena dei trasferimenti nel tempo della moneta). E' in questo modo che una disposizione nata con finalità squisitamente civilistiche (come puntualmente rilevato da @vitellio  ) finisce per assumere rilevanza determinate (ma indiretta) anche in sede penale.

E mi permetto di aggiungere che l'attestato, da solo, ove non accompagnato da altre circostanze di fatto valutabili caso per caso, potrebbe anche non essere sufficiente a salvare il fondoschiena del malcapitato acquirente (sopratutto nelle compravendite tra privati). Sarà, in ogni caso, come già evidenziato nei post precedenti un elemento importantissimo per dimostrare che l'acquisto è avvenuto "in buona fede" e, quindi, che difetta l'elemento psicologico del reato (che, ricordiamo, è comunque onere dell'accusa provare).

Se il commerciante Alfa o il sig. Beta hanno venduto il bene fornendo all'acquirente tutte le attestazioni e la documentazione del caso e ricorrono una serie di circostanze, nell'effettivo svolgimento della compravendita, che palesano una transazione "alla luce del sole" l'acquirente, quasi certamente, andrà esente da responsabilità (gli accertamenti, tuttavia, si sposteranno sul venditore).

Naturalmente tutto ciò che viene qui scritto deve essere preso con le dovute cautele perché una risposta univoca per ogni caso non esiste e non può essere internet a fornirla. La materia è estremamente delicata e scivolosa e, secondo me, ogni dubbio deve essere chiarito prima di agire, ove occorra consultando esperti della materia (sia ben chiaro, non ho la pretesa di annoverami tra questi).

Spero di aver apportato solo un contributo ulteriormente utile alla discussione.

Saluti.

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4 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Per la seconda parte stimo dicendo L stessa cosa. Basta quello che ti rilascia il venditore professionista in quanto sono documenti “parlanti”.....

Per la faccenda dell’obbligo di provvedere alla provenienza pregressa, resto della mia opinione , confortato dalla giurisprudenza e dai pareri richiesti e avuti negli anni di attività. 
Per i rapporti con l’acquirente è sufficiente la documentazione che prova il passaggio tra me e lui( fattura e scheda fotografica eventuale ) altro non vi è di obbligo, sicuramente non la comunicazione dei modi in cui l’oggetto e pervenuto a me, essendo compreso tra i miei compiti l’ottenere a mia volta la documentazione di vendita nei miei confronti a termini di legge. Oltre alle registrazioni in carico nei tempi e modi richiesti dal 128 TULPS .Niente altro mi viene richiesto 

Del resto , neanche io, in sede di acquisto posso esigere l’esibizione da parte del venditore della sua documentazione relativa a dove e come si è procurato l’oggetto, mi è proibito dalla legge. Allo stesso modo che non potrei ufficialmente verificare presso una casa daste o presso un venditore se il tizio ha realmente comprato da loro , sempre per la legge sulla privacy. Devo fargli firmare la cessione con l’assunzione di responsabilità, ma non posso chiedergli di farmi vedere eventuali pregresse cessioni o fatture.... se vuole il venditore me li può mostrare, qualora rappresentino un prestigioso pedigree , ma i Miei obblighi E diritti di legge si fermano alla firma della cessione suddetta. 
Non posso neanche chiedere all’eventuale asta o commerciante ( nel caso me li avesse comunicati) che gli ha venduto l’oggetto se sia o no solvibile, sempre per la solita legge sulla privacy.

Figurati se posso chiedere ad un conferente di farmi vedere o darmi in copia la fattura di acquisto di quella moneta .... se poi l’avesse acquisita presso un privato, men che meno, perché sulla cessione vi sono dati sensibili protetti dalla legge suddetta.  

@Tinia Numismatica  certo che puoi chiedere, anzi….. a mio avviso dovresti ….  perché, tra l'altro,  poi, a tua volta lo dovresti dichiarare… e non indagare a fondo su certe cose può essere decisamente pericoloso e visto malissimo.    Ma contento tu contenti tutti….:whome:        darei pertanto concluso il mio contributo a questi aspetti della interessante discussione sull'attestato.

@allek il tuo è un discorso interessante di per sé,  sviscerato numerose volte nei bei tempi andati…. solo una notazione : le monete antiche, per essere  definiti beni culturali, devono rispettare alcune condizioni ( rarità pregio etc... vedi art 10 comma 4) e tuttavia a volte  mancando quei requisiti non  necessariamente sono  dei tappi…  anzi...

Mi preme far notare che le monete antiche  non sono automaticamente oggetti  archeologici ..... ci sono in merito un discreto numero di sentenze che lo affermano…. e a differenza della archeologia le monete godono di uno status di salvaguardia del possesso privato decisamente migliore.

Scinderei poi il discorso penale da quello civile… penalmente è difficile vedere una condanna in sola assenza di documentazione ( beninteso purchè  non ci siano prove dirette in coinvolgimenti criminosi al di fuori del solo possesso della moneta antica), in quanto può sempre essere fatto valere il discorso della prescrizione, in assenza di date e provenienze precise. Certamente qualsiasi documentazione quali una fattura e un catalogo possono aiutare parecchio e accelerare, così come anche un attestato può aiutare , ancorché non pensato per tale fine, nello specifico.

Dal punto di vista civile invece secondo la Cassazione vi è  invece un chiaro spostamento  dell'onere probatorio, cioè del "perché" quella particolare moneta ( con le accertate e ristrette  caratteristiche  di bene culturale)  fa eccezione alla generalità della proprietà statale ("tale presunzione si fonda, oltre che sull’id quod plerumque accidit anche su una “normalità normativa” sicché, opponendosi una circostanza eccezionale, idonea a vincere la presunzione, deve darsene la prova", da ultimo cfr.Cass. Sez. III n. 19692 del 7 maggio 2018 ).

Aggiungerei però che le sentenze della Cassazione Civile ( poi spesso riprese e citate spesso da quella Penale) non riguardano monete ma oggetti archeologici veri e propri, legati al territorio italiano.

 Un cordiale saluto a tutti,

Enrico

 P.S. aggiunta postuma : la legge sulla privacy è facilmente bypassabile, con la semplice autorizzazione dell'avente diritto, che nel caso di specie non dovrebbe avere niente da nascondere...anzi

Modificato da vitellio
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Mi spiace ma , a stretti termini di legge, NON posso farlo..... che poi, sempre per tutelare il cliente e per tutelarmi io ( ma anche i miei colleghi sicuramente) cerchi di avere il massimo delle notizie pregresse sui materiali che tratto , questa è un’altra faccenda,e anche che se non ottengo risposte soddisfacenti o non sono convinto del venditore non porti a termine la transazione,  ma si tratta solo di una mia iniziativa per lavorare meglio e in modo più sicuro....per me, ma soprattutto per chi acquisterà da noi....ma ti ripeto che attenendosi alle sole norme di legge, io non lo dovrei fare e il venditore non è tenuto a comunicarmi alcunché Relativamente ai dati di chi gliela ha venduta , che non sia  il firmare l’atto di cessione e assunzione di responsabilità, se non lo vuole e non c’è modo di costringerlo, se non vuole, se non da parte dell’autorità e solo in presenza di notizia di reatoo indagine in corso. 

Modificato da Tinia Numismatica
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5 ore fa, allek dice:

Ora, nel corso degli anni si è stratificato in giurisprudenza l'orientamento secondo cui il possesso delle cose di interesse archeologico integra il reato di cui all'art. 176 e si presume illegittimo, a meno che il detentore dimostri di averli legittimamente acquistati in epoca antecedente al 1909. Vige, dunque, una presunzione di appartenenza del bene allo Stato che è onere del detentore della moneta contrastare e vincere (trovo che il principio sia discutibile, ma questa è solo una mia irrilevante opinione).

Questo non è completamente esatto, perché ci sono anche altre motivazioni che giustificano tale possesso anche Post 1909: quote Parte per ritrovamenti, acquisti di monete svincolate espressamente da altri Stati sovrani come i tesoretti inglesi, acquisti di monete da stati in cui la legislazione di tutela sia stata creata post 1909....e qualcun altro di sicuro che non ricordo.... quindi la presunzione ( incongrua) di giustificare tutto ante 1909 si scontra con queste casistiche ....e perde immancabilmente. 

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So che sono noioso, ma vorrei che riprendeste la discussione dopo aver letto gli atti del convegno di Tor Vergata del 2018. Lettura molto interessante.

Arka

Diligite iustitiam

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Il 7/6/2020 alle 18:32, vitellio dice:

Balza all'occhio che si parla di provenienza , ma NON di “LECITA provenienza”, quella semmai verrà verificata e accertata eventualmente e posteriormente nelle sedi opportune.

Per capirci bene : potete avere tutti gli attestati che volete ma se a qualcuno gira storto quel giorno, un sequestro, una verifica e quant'altro non ve lo leva nessuno,

Volevo aggiungere che l'attestato è SEMPRE E SOLO di LECITA provenienza, anche perché non ha alcun senso l’esistenza del suo contrario. 
L’attestato serve a dimostrare, appunto, che io , compratore , ho acquisito in modo legale e lecito la tal moneta dal venditore X , quindi rappresenta la lecita provenienza in modo intrinseco. 
Altrettanto il venditore X avrà il suo attestato di lecita provenienza in cui dimostra che ha comprato, a termini di legge, dal venditore Y , che può essere un privato, un altro commerciante o un’asta , che a loro volta avranno il loro attestato di lecita provenienza... E così via fino ad arrivare ad un soggetto che abbia acquistato laddove le competenze dello stato italiano si debbano fermare:un caso possono essere monete acquisite da stati esteri e arrivate con documentazione di esportazione allegati, così come succede per la Spagna, per Israele, o da istituti come il Dorotheum che rappresentano lo stato austriaco sovrano. Altro caso, già citato, monete provenienti da quote parte, alienazioni di ritrovamenti ufficiali, vendite di doppioni statali esteri e così via..... in tutti questi casi citati le pretese dello stato italiano e la filiera a rovescio degli attestati si ferma irrevocabilmente , checchè ne voglia intendere certa magistratura, perché la provenienza lecita è più che comprovata. Se la AG non lo volesse capire ci penseranno i tre gradi di giudizio ed eventualmente la corte europea a spiegarglielo. 
In ogni caso, poiché l’attestato attesta appunto che il singolo passaggio ( e non di più che quello) sia avvenuto nel rispetto delle norme, e dato che ci vuole un attestato per ogni singolo passaggio,TUTTI gli attestati sono  univocamente di LECITA PROVENIENZA nel momento stesso che hanno la possibilità di essere compilati come vuole la legge.  Lo ”scoglio” lo si incontra laddove questo passaggio NON  possa essere compilato come legge vuole , oppure NON sia stato compilato e manchi alla consultazione. 
Quindi dire che gli attestati non sono di lecita provenienza ma solo di provenienza è totalmente errato.

Sono SOLO di LECITA PROVENIENZA, non esistendo la tipologia contraria. La mancanza di questi , compilato nel rispetto della legge ,  compresa quella per le dichiarazioni mendaci, essendo nei fatti, causa la legge sulla privacy, equiparabile ad una autocertificazione, o la sua compilazione al di fuori dei termini suddetti,  causa lo Non lecita  provenienza. Ma non ha alcun senso parlare di certificato di provenienza se non lecita.   
 

Modificato da Tinia Numismatica
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16 ore fa, Arka dice:

So che sono noioso, ma vorrei che riprendeste la discussione dopo aver letto gli atti del convegno di Tor Vergata del 2018. Lettura molto interessante.

Arka

Diligite iustitiam

Lo sto leggendo tra un mal di testa provocato e l’altro. 
ma se lo hai già letto tutto sarebbe interessante sapere intanto quali sono le tue impressioni. 

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Il linguaggio è tecnico, ma in questo caso indispensabile. E molto utile. Comunque, visto la materia giuridica, era interessante conoscere il parere di chi la usa per mestiere. Sono toccati e spiegati tutti i temi che avete trattato qui. Con alcune conclusioni alquanto sorprendenti.

Arka

Diligite iustitiam

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4 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Volevo aggiungere che l'attestato è SEMPRE E SOLO di LECITA provenienza, anche perché non ha alcun senso l’esistenza del suo contrario. 
L’attestato serve a dimostrare, appunto, che io , compratore , ho acquisito in modo legale e lecito la tal moneta dal venditore X , quindi rappresenta la lecita provenienza in modo intrinseco. 
Altrettanto il venditore X avrà il suo attestato di lecita provenienza in cui dimostra che ha comprato, a termini di legge, dal venditore Y , che può essere un privato, un altro commerciante o un’asta , che a loro volta avranno il loro attestato di lecita provenienza... E così via fino ad arrivare ad un soggetto che abbia acquistato laddove le competenze dello stato italiano si debbano fermare:un caso possono essere monete acquisite da stati esteri e arrivate con documentazione di esportazione allegati, così come succede per la Spagna, per Israele, o da istituti come il Dorotheum che rappresentano lo stato austriaco sovrano. Altro caso, già citato, monete provenienti da quote parte, alienazioni di ritrovamenti ufficiali, vendite di doppioni statali esteri e così via..... in tutti questi casi citati le pretese dello stato italiano e la filiera a rovescio degli attestati si ferma irrevocabilmente , checchè ne voglia intendere certa magistratura, perché la provenienza lecita è più che comprovata. Se la AG non lo volesse capire ci penseranno i tre gradi di giudizio ed eventualmente la corte europea a spiegarglielo. 
In ogni caso, poiché l’attestato attesta appunto che il singolo passaggio ( e non di più che quello) sia avvenuto nel rispetto delle norme, e dato che ci vuole un attestato per ogni singolo passaggio,TUTTI gli attestati sono  univocamente di LECITA PROVENIENZA nel momento stesso che hanno la possibilità di essere compilati come vuole la legge.  Lo ”scoglio” lo si incontra laddove questo passaggio NON  possa essere compilato come legge vuole , oppure NON sia stato compilato e manchi alla consultazione. 
Quindi dire che gli attestati non sono di lecita provenienza ma solo di provenienza è totalmente errato.

Sono SOLO di LECITA PROVENIENZA, non esistendo la tipologia contraria. La mancanza di questi , compilato nel rispetto della legge ,  compresa quella per le dichiarazioni mendaci, essendo nei fatti, causa la legge sulla privacy, equiparabile ad una autocertificazione, o la sua compilazione al di fuori dei termini suddetti,  causa lo Non lecita  provenienza. Ma non ha alcun senso parlare di certificato di provenienza se non lecita.   
 

No, Alessandro, decisamente no…..

A titolo di esempio, tu compri da un'asta una moneta che solo in un secondo tempo risulterà rubata o trafugata da tombaroli…. ti sembra che quella moneta abbia  provenienza lecita e che sia lecitamente oggetto di una compravendita? Che tu puoi tranquillamente attestare?

La mia risposta è NO.

Solo eventualmente un giudizio e un giudice potrà determinare con certezza la liceità  dell'oggetto di tale  acquisto. 

NON Devi sovrapporre l'acquisto in sé con la liceità di commercio della  moneta in questione ( vedi esempio sopra)

Tu l'unico che puoi fare è dire : " da là viene"   = la provenienza. Ma non ne devi garantire la assoluta liceità , che ben difficilmente potresti fare.

Questo da un punto di vista di semplice logica e buonsenso

 

Poi c'è Il tenore letterale della attuale legge  che NON parla di liceità, così anche come stratificatasi nella successione delle varie e precedenti leggi, gli ATTI parlamentari relativi,  che escludono una interpretazione come quella da te prospettata. Ti invito prima  a leggerli per poi parlarne…

 

 Anche a semplice buonsenso …. ti rendi conto che, se la tua prospettazione di una liceità dell'oggetto in sé da attestare passasse, rischieresti di trovarti ad affermare una liceità che spingerebbe tale limite alla famigerata data del 1909 ? Magari con tanto di passaggi e proprietari e cavilli possibili vari? Temo sarebbe piuttosto grama come incombenza per te che fai commercio legale di monete.

Immagino tu non lo faccia,  ma  ti sconsiglierei fermamente di mettere nei tuoi attestati di vendita il termine "lecita" provenienza, perché se qualcosa dovesse malauguratamente andare storto a tua insaputa ( vedi caso all'inizio) potresti essere ritenuto responsabile dall'acquirente in merito a questa liceità nei termini indicati….. quindi occhio.

 

Aggiungo anche una insormontabile difficoltà, questo attestato è stato introdotto in una determinato anno ( che ti lascio il piacere di scoprire) ben distante dal 1909 …..  la filiera della liceità come da te prospettata cozzerebbe contro la mancanza degli attestati del periodo anteriore alla legge relativa.

 Mi risulta un caso giudiziale in cui l'accusa aveva prospettato la mancanza degli attestati quale prova della illiceità del possesso privato di quelle monete, ma il giudice non lo ha ritenuto plausibile …. per converso l'esistenza dell'attestato non prova la liceità del possesso privato

 

Modificato da vitellio
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6 ore fa, vitellio dice:

A titolo di esempio, tu compri da un'asta una moneta che solo in un secondo tempo risulterà rubata o trafugata da tombaroli…. ti sembra che quella moneta abbia  provenienza lecita e che sia lecitamente oggetto di una compravendita? Che tu puoi tranquillamente attestare?

Il mio acquisto dall’asta è perfettamente lecito e tale è la provenienza a me, così come lo sarà la provenienza da me al cliente....non lo sarà nel punto in cui c’è stato un passaggio, pregresso,  non conforme alle norme e in cui l’autocertificazione contenuta sia infedele.... tutti gli altri lo sono intrinsecamente, se redatti in modo corretto. Quindi ci scriverò “ lecita provenienza” in quanto tale è , fino a prova contraria..

Se poi in seguito tale moneta risulterà trafugata, non sarò ne io ne la persona a cui l’avrò eventualmente venduta  a doverne rispondere , ma esclusivamente colui che avrà prodotto un falso attestato di lecita provenienza consapevolmente . 
 

probabilmente la moneta sarà soggetta a confisca, ma così come l’ultimo acquirente chiamerà me a risponderne, io a mia volta chiamerò in causa chi me l’ha venduta e via a ritroso fino ad arrivare a chi non ha prodotto l’attestato o lo ha prodotto fraudolento....lui solo sarà inquisito per i reati collegati.... nessun altro  

 

 

 

Modificato da Tinia Numismatica
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2 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Il mio acquisto dall’asta è perfettamente lecito e tale è la provenienza a me, così come lo sarà la provenienza da me al cliente....non lo sarà nel punto in cui c’è stato un passaggio, pregresso,  non conforme alle norme e in cui l’autocertificazione contenuta sia infedele.... tutti gli altri lo sono intrinsecamente, se redatti in modo corretto. Quindi ci scriverò “ lecita provenienza” in quanto tale è , fino a prova contraria..

Se poi in seguito tale moneta risulterà trafugata, non sarò ne io ne la persona a cui l’avrò eventualmente venduta  a doverne rispondere , ma esclusivamente colui che avrà prodotto un falso attestato di lecita provenienza consapevolmente . 
 

probabilmente la moneta sarà soggetta a confisca, ma così come l’ultimo acquirente chiamerà me a risponderne, io a mia volta chiamerò in causa chi me l’ha venduta e via a ritroso fino ad arrivare a chi non ha prodotto l’attestato o lo ha prodotto fraudolento....lui solo sarà inquisito per i reati collegati.... nessun altro  

 

 

 

Caro Alessandro,

 che dirti che non ti abbia già cercato di dire… se vuoi chiamare quell'attestato lecito, magnifico, strabiliante, dirompente, la Legge non te lo esige e per me fai pure, non sarò certo io a insistere ulteriormente ...

Un cordiale saluto,

Enrico

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1 ora fa, vitellio dice:

Caro Alessandro,

 che dirti che non ti abbia già cercato di dire… se vuoi chiamare quell'attestato lecito, magnifico, strabiliante, dirompente, la Legge non te lo esige e per me fai pure, non sarò certo io a insistere ulteriormente ...

Un cordiale saluto,

Enrico

Per me continua ad essere l'attestato di lecita provenienza , grazie delle tue spiegazioni, ma resto di un’altra opinione e in questo sono confortato da giudizi concordanti di personale dei TPC e altri legali. Credo che siano qualificati più o meno quanto te a definire la questione. 

Modificato da Tinia Numismatica
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Il 9/6/2020 alle 14:05, vitellio dice:

 

 ....

 Mi risulta un caso giudiziale in cui l'accusa aveva prospettato la mancanza degli attestati quale prova della illiceità del possesso privato di quelle monete, ma il giudice non lo ha ritenuto plausibile …. per converso l'esistenza dell'attestato non prova la liceità del possesso privato

 

Proprio su questa osservazione mi viene una domanda: acquisto una moneta medioevale italica ad un’asta a ginevra o montecarlo. Non ha attestati di provenienza ma proviene da un’asta blasonata e magari viene Citata anche la provenienza precedente nella descrizione del pezzo in catalogo.

dopo 10 anni decido di metterla all’asta in Italia. Potrei avere problemi ( se volessero rompere le scatole) oppure la provenienza dalla vendita ginevrina - e magari anche il pedigree / assolvono le funzioni - come se non meglio -  dell’attestato di lecita provenienza e mi mettono al riparo da potenziali rogne  ? 

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8 ore fa, numa numa dice:

Proprio su questa osservazione mi viene una domanda: acquisto una moneta medioevale italica ad un’asta a ginevra o montecarlo. Non ha attestati di provenienza ma proviene da un’asta blasonata e magari viene Citata anche la provenienza precedente nella descrizione del pezzo in catalogo.

dopo 10 anni decido di metterla all’asta in Italia. Potrei avere problemi ( se volessero rompere le scatole) oppure la provenienza dalla vendita ginevrina - e magari anche il pedigree / assolvono le funzioni - come se non meglio -  dell’attestato di lecita provenienza e mi mettono al riparo da potenziali rogne  ? 

Buongiorno, come acquirente lei potrà stare certamente tranquillo dal punto di vista della responsabilità penale. La moneta, invece, come detto, non potrà mai essere totalmente al riparo da rivendicazioni dello Stato.
Non è da escludere, infatti, che in un secondo momento ne venga accertata una provenienza illecita. Unico dato certo è che nel momento in cui lei ha acquistato c’erano tutti gli elementi di fatto per ritenere che chiunque avrebbe potuto fare legittimo affidamento sulla bontà della provenienza (vista la natura del venditore e lo “storico” della moneta).

Saluti

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Il 9/6/2020 alle 13:18, Arka dice:

Il linguaggio è tecnico, ma in questo caso indispensabile. E molto utile. Comunque, visto la materia giuridica, era interessante conoscere il parere di chi la usa per mestiere. Sono toccati e spiegati tutti i temi che avete trattato qui. Con alcune conclusioni alquanto sorprendenti.

Arka

Diligite iustitiam

Buona sera, ho appena ricevuto il testo da lei indicato. Mi piacerebbe riprendere la discussione all'esito della completa lettura del volume, nei prossimi giorni.

Nel frattempo grazie per il prezioso suggerimento.

Saluti.

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19 ore fa, numa numa dice:

Proprio su questa osservazione mi viene una domanda: acquisto una moneta medioevale italica ad un’asta a ginevra o montecarlo. Non ha attestati di provenienza ma proviene da un’asta blasonata e magari viene Citata anche la provenienza precedente nella descrizione del pezzo in catalogo.

dopo 10 anni decido di metterla all’asta in Italia. Potrei avere problemi ( se volessero rompere le scatole) oppure la provenienza dalla vendita ginevrina - e magari anche il pedigree / assolvono le funzioni - come se non meglio -  dell’attestato di lecita provenienza e mi mettono al riparo da potenziali rogne  ? 

Caro @Numa Numa,

 la domanda sorge spontanea : ma chi te lo fa fare di cercare di vendere quella moneta in Italia stanti tutti i possibili inghippi ?:bash:

 

Ma immagino che tu abbia posto tale domanda per pura ipotesi e amore di discussione… e quindi cerco di risponderti.

 

Purtroppo mancano un po' di dati, quali la data di fabbricazione della moneta ( più è vicina all'epoca moderna e più è difficile che possano contestarti la provenienza da scavo)  e anche la data della prima vendita all'asta. Perché?

 

Beh, semplice… o quasi….. vediamo il ragionamento :  gli attestati di autenticità e provenienza ( mi rifiuto di chiamarla lecita) sono stati introdotti  per la prima volta a quanto mi risulta con la legge del  20 novembre 1971 n° 1062 entrata in vigore il 17 dicembre stesso anno, con il titolo di " Norme penali sulla contraffazione od alterazione delle opere d'arte"

L'articolo 2 così recita: "Chiunque  esercita una delle attività previste all'articolo 1 deve porre  a disposizione dell'acquirente gli attestati di autenticità e di provenienza delle opere e degli oggetti ivi indicati, che comunque si trovino nell'esercizio o nell'esposizione.
 All'atto  della  vendita il titolare dell'impresa o l'organizzatore dell'esposizione   è   tenuto   a  rilasciare  all'acquirente  copia fotografica  dell'opera o dell'oggetto con retroscritta dichiarazione di  autenticità  e  indicazione  della  provenienza,  recanti la sua firma."

Ma rimase sostanzialmente lettera morta agli effetti dell'attestato, nel senso che mi risulta che nessun commerciante di monete antiche abbia mai emesso in quell'epoca alcuna attestato….

 

 Facendola breve, successivamente questa legge del 1971 venne ripresa, abrogandola, dalla Testo Unico di riorganizzazione della materia dei Beni Culturali e Ambientali del 20 ottobre 1999 n° 490  all'art. 63 riprendendola pari pari e parlando sempre di "attestato  di autenticità e di provenienza"  e "indicazione  della  provenienza

Anche qui rimase lettera morta : non mi risultano siano stati emessi dai commercianti del settore attestati così come previsti dalla legge

 

Non rimarrà lettera morta solo con il famoso codice Urbani , il decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n° 42, che all'articolo 64 riprende l'art.6 3 del precedente Testo Unico del 1999 (abrogandolo)  con una variazione  :   è introdotto "'l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime"

Quindi OBBLIGO DI CONSEGNARE LA DOCUMENTAZIONE CHE ATTESTI LA PROVENIENZA…..

I documenti…… ???? Sì...

 E quali sono i documenti che attestano la provenienza ?

Semplice…. fatture, cataloghi, compravendite private e quant'altro…. a mio avviso per intero ( per il discorso privacy ho già detto la mia … per "scoccievole" che sia basta chiederne autorizzazione al momento della cessione ) .

 

Ecco perché l'attestato alla fine non può avere un maggior  valore  delle fatture e transazioni a vario titolo…. perché altro non è che il compendio e la silloge delle medesime !

 

Ma...

Ma...

 … ma …. gli attestati sono stati realmente utilizzati a partire dal… diciamo 2005 ? Bel problema…

 E comunque non esistevano prima del 1971, data della prima legge in merito agli Attestati...

Quindi ecco il senso di quanto detto prima all'inizio del post….  che data della prima asta?

Perché più la data si avvicina al famoso 1909 e meglio sarà….

Quindi Sì, carissimo Numa, Sì, le reali  Provenienze,  fatture e transazioni varie, valgono almeno tanto quanto l'Attestato, e anche di più, perché esistono quando anche l'attestato non c'era o non è stato fatto….

 

 E la mancanza dell'Attestato di certo non può fare pensare a una transazione illecita in sé, trasformato in atto di accusa, quella che conta è la documentazione a prova della provenienza,  provenienza la cui legittimità o illegittimità in radice può essere soggetta a una valutazione giudiziale ( parere personale ma direi lapalissiano…. una Provenienza da furto o scavo clandestino etc.  è ILLECITA PROVENIENZA, in barba all'attestato ).

Certo, qualsiasi documentazione, che sia la fattura, la scrittura privata o notarile, l'attestato…. aiuterà a togliere le castagne dal fuoco al malcapitato, qualora indagato.

 

Spero di essere riuscito a comunicare compiutamente e senza troppi tecnicismi quanto avevo da dire in merito.

Un cordiale saluto,

Enrico

 

 

 

 


 

Modificato da vitellio
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Chiarissimo grazie Vitellio

quindi una moneta che provenga da una vendita della collezione Cahn ( mettiamo) esitata nel 1998 ( quindi catalogata e fotografata con relativa fattura di acquisto ( prova pagamento no perche troppo indietro nel tempo ma crefo questa sia irrilevante).

e per la moneta nella vendita Cahn e’ riportata una provenienza piu’ antica da collezione duca Sigmund  venduta da Hess nel 1933 in germania : anche qui descritta e riportata nelle tavole del catalogo .

ergo in questo caso ho una provenienza documentata per quasi 90 anni  indietro con due passaggi d’asta, ambedue esteri, che permettono di identificare inequivocabilmente la moneta piu’ la fattura di acquisto ( sempre nell’ipotesi) a mio nome.

posto che mi incaponisca  ( pazzo) per una vendita  in Italia - dovrei essere a posto come documentazione e tracciabilita’ provenienza? 

pS 

le cose improbabili mi divertono di piu’...

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40 minuti fa, numa numa dice:

Chiarissimo grazie Vitellio

quindi una moneta che provenga da una vendita della collezione Cahn ( mettiamo) esitata nel 1998 ( quindi catalogata e fotografata con relativa fattura di acquisto ( prova pagamento no perche troppo indietro nel tempo ma crefo questa sia irrilevante).

e per la moneta nella vendita Cahn e’ riportata una provenienza piu’ antica da collezione duca Sigmund  venduta da Hess nel 1933 in germania : anche qui descritta e riportata nelle tavole del catalogo .

ergo in questo caso ho una provenienza documentata per quasi 90 anni  indietro con due passaggi d’asta, ambedue esteri, che permettono di identificare inequivocabilmente la moneta piu’ la fattura di acquisto ( sempre nell’ipotesi) a mio nome.

posto che mi incaponisca  ( pazzo) per una vendita  in Italia - dovrei essere a posto come documentazione e tracciabilita’ provenienza? 

pS 

le cose improbabili mi divertono di piu’...

se aggiungi che è medioevale e quindi verosimilmente non è di scavo… rimane solo l'ipotesi di una sottrazione a una collezione pubblica… perché privata non basterebbe….  le provenienze sono quindi impeccabili…

Ad abuntantiam la Cassazione ha già una volta confermato che una provenienza estera evoca la presunzione di liceità, in difetto di prove contrarie…e  a breve avremo una seconda pronuncia sul punto da parte della  Suprema corte che si spera sia conforme…

 Che vuoi di più? :yahoo:

 

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13 minuti fa, vitellio dice:

se aggiungi che è medioevale e quindi verosimilmente non è di scavo… rimane solo l'ipotesi di una sottrazione a una collezione pubblica… perché privata non basterebbe….  le provenienze sono quindi impeccabili…

Ad abuntantiam la Cassazione ha già una volta confermato che una provenienza estera evoca la presunzione di liceità, in difetto di prove contrarie…e  a breve avremo una seconda pronuncia sul punto da parte della  Suprema corte che si spera sia conforme…

 Che vuoi di più? :yahoo:

 

A questo punto solo ... un Lucano ?

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