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Questo famosissimo ed enorme monumento dell’ antica Roma , che ancora oggi desta tanta meraviglia e curiosita’ presso le persone di tutto il mondo e lo fara’ ancora a lungo , e’ universalmente conosciuto come Anfiteatro Flavio , in quanto fu iniziato sotto Vespasiano e terminato ed inaugurato dal figlio Tito . Ma chi fu l’ artefice o gli artefici materiali di questo colosso di pietra alto in origine 52 metri ? Non e’ pensabile che la costruzione materiale dell’ Anfiteatro fosse affidata ad un solo appaltatore , piuttosto furono certamente diverse maestranze agli ordini di diversi appaltatori , suddivisi ognuno secondo le proprie competenze tecniche specifiche ; eppure di uno di questi probabili appaltatori forse conosciamo il nome della Gens alla quale apparteneva : gli Haterii . Questo nome ci giunge lontano da un monumento funebre di questa famiglia , in particolare da un pannello marmoreo , conosciuto come “rilievo degli Haterii” nel quale rilievo figura , insieme ad altri monumenti di Roma antica , anche il Colosseo , edifici ai quali il personaggio Quintus Haterius Thychicus dovette aver contribuito alla costruzione .

Nel rilievo del pannello relativo al Colosseo si nota , a dimostrazione di quanto si supponeva , che ogni arco dei piani era occupato da una statua mentre sul lato sinistro del Colosseo era l’ ingresso monumentale con in alto una grande lapide dedicatoria sormontata da cavalli , forse una quadriga , dentro l’ edificio si notano le scale che portavano ai piani superiori .

Il conosciuto “rilievo degli Haterii” e’ un pannello marmoreo che decorava il sepolcro degli Haterii , era questa una tomba monumentale costruita tra la fine del I secolo e i primi anni del II secolo sulla via Labicana Casilina . Apparteneva alla famiglia di Quinto Aterio Thychicus , un appaltatore , dal cognome forse un liberto , di opere pubbliche dell’ eta’ di Domiziano .

Altre notizie da Wikipedia :

La tomba venne rinvenuta casualmente nel 1848 nei pressi della torre di Centocelle : consisteva in un ambiente di pianta quadrata, parzialmente scavato nel tufo, in origine decorato da ricchissimi rilievi. La struttura era molto rovinata già all'epoca dello scavo, mentre i rilievi sono oggi conservati nel Museo gregoriano profano dei Musei Vaticani , ai quali vennero ceduti nel 1853.

Il più noto dei rilievi conservati raffigura in uno spazio rettangolare allungato una serie di cinque edifici, identificati da iscrizioni, che dovevano rappresentare i monumenti sui quali Haterius era intervenuto durante la sua carriera. Da sinistra a destra sono rappresentati.

Arcus ad Isis ("arco presso il tempio di Iside"), interpretato generalmente come uno degli archi di ingresso dell'Iseo Campense (arco di Camigliano, i cui resti erano visibili fino al XVI secolo a piazza del Collegio Romano.

Colosseo (ancora privo dell'attico sopra i tre ordini di arcate)

un arco quadrifronte, forse ricostruzione domizianea della porta Trionfale

un arco ad summa Sacra via ("sulla sommità della via Sacra"), in genere identificato con l'arco di Tito

tempio esastilo (a sei colonne) e con frontone sormontato da un attico, dedicato a Giove (tempio di Giove Tonante o di Giove Custode o di Giove Statore.

Rilievo con edificio sepolcrale a forma di tempio: il rilievo raffigura una tomba monumentale, con un alto basamento rettangolare, con una porta sul lato lungo e paraste agli angoli, sormontato da un tempietto con quattro colonne in facciata e lesene sui lati. Tutte le superfici libere delle pareti sono ornate da rilievi decorativi, compresi i fusti delle paraste. I busti dei defunti sono inseriti in clipei tra le paraste dei lati del tempietto.

Davanti all'edificio è un'altissima gru, azionata mediante una ruota che viene fatta girare da operai che camminano al suo interno.

Nello spazio libero al di sopra del tempio compare una defunta sdraiata su un letto già nell'oltretomba. La scena è stata interpretata come la raffigurazione dell'apoteosi della defunta.

Rilievo con scena funebre: il frammento conserva la raffigurazione del compianto di una defunta, stesa su un letto circondato da quattro candelabri con fiamme accese. Intorno al letto sono presenti due prefiche che accompagnano una donna con una corona, un suonatore di flauto e piccole figure di servitori o di personaggi in preghiera.

Si conservano inoltre due ritratti entro edicole, un architrave con i busti di Mercurio, Cerere, Proserpina e Plutone, un'urna cineraria con scena marina, un piccolo pilastro e uno stipite decorati con tralci di vite e scene di vendemmia e un altro piccolo pilastro decorato su due lati da un candelabro ornato da rose e da uccelliniì.

Appartengono al sepolcro anche alcune iscrizioni funerarie, che ne permisero l'identificazione

La tomba degli Haterii non va confusa con il sepolcro di un altro personaggio appartenente alla medesima gens, Quinto Aterio, oratore, morto nel 26 d.C. La sua tomba era situata in prossimità della Porta Nomentana: fu obliterata dalla costruzione della torre onoriana nel V secolo e riportata alla luce nel 1826-1827. Consisteva in una altare funerario con nucleo in cementizio rivestito in travertino e con decorazioni in marmo.

Interessante la “gru” con funi azionata da uomini in piedi per sollevare blocchi , presente una foto con la probabile ricostruzione .

In ultima foto il particolare del rilievo con il Colosseo .


 


 


 

Sepolcro degli Haterii.bgif.jpg

Sepolcro degli Haterii , disegno da originale.gif

tomba degli Haterii.bjpg.jpg

tomba degli Haterii , particolare.jpg

tomba degli Haterii . ricostruzione della gru.jpg

particolare del rilievo con il colosseo.JPG

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@Agricola

Il rilievo con i monumenti e' impressionante: si distinguono davvero i particolari.

Quanto al Colosseo, una domanda: la porta di ingresso all'anfiteatro (che in origine doveva essere sormontata da una quadriga) e' la stessa di oggi? Hai qualche fotografia giusto per orientarmi?

Mi lascia un pò perplesso l'arco di Tito, che mi sembra oggettivamente diverso. Magari però e' stato successivamente rimaneggiato, non so... Come non so se esistesse un altro arco nella zona che possa essere una alternativa valida.

Grazie.

Stilicho

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Inviato
11 ore fa, Stilicho dice:

@Agricola

Il rilievo con i monumenti e' impressionante: si distinguono davvero i particolari.

Quanto al Colosseo, una domanda: la porta di ingresso all'anfiteatro (che in origine doveva essere sormontata da una quadriga) e' la stessa di oggi? Hai qualche fotografia giusto per orientarmi?

Mi lascia un pò perplesso l'arco di Tito, che mi sembra oggettivamente diverso. Magari però e' stato successivamente rimaneggiato, non so... Come non so se esistesse un altro arco nella zona che possa essere una alternativa valida.

Grazie.

Stilicho

Ciao @Stilicho , l' ingresso principale del Colosseo era forse di rimpetto all' arco di Tito , probabilmente crollato insieme al giro esterno di questa parte dell' Anfiteatro crollato nel corso dei secoli .

Circa l' Arco di Tito considera che questo Arco fu nel medioevo inglobato piu' volte dentro torri e mura , quindi a parte l' interno dell' Arco , il resto dovette subire perdite e modifiche .

Un dipinto del Canaletto del XVIII secolo .

Canaletto_(I)_054.jpg

Inviato (modificato)

Quinto Aterio Tichiso , l' appaltatore o il co-appaltatore dei monumenti presenti nel rilievo , viene ricordato nella lapide come "redemptor"  , termine che ha proprio il significato di colui che prende in appalto un lavoro pubblico o privato .            

tomba degli Haterii. personaggiojpg.jpg

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  • 2 settimane dopo...
Supporter
Inviato
Il 5/6/2020 alle 07:15, Agricola dice:

Ciao @Stilicho , l' ingresso principale del Colosseo era forse di rimpetto all' arco di Tito , probabilmente crollato insieme al giro esterno di questa parte dell' Anfiteatro crollato nel corso dei secoli .

Circa l' Arco di Tito considera che questo Arco fu nel medioevo inglobato piu' volte dentro torri e mura , quindi a parte l' interno dell' Arco , il resto dovette subire perdite e modifiche .

Un dipinto del Canaletto del XVIII secolo .

Canaletto_(I)_054.jpg

Buongiorno Agricola : "probabilmente crollato" o anche in parte demolito ?

Grazie, saluti.


Inviato
14 minuti fa, sandokan dice:

Buongiorno Agricola : "probabilmente crollato" o anche in parte demolito ?

Grazie, saluti.

Crollato a causa dei terremoti nel corso dei secoli poiche' quella parte del Colosseo mancante del giro esterno , a seguito di moderni sondaggi geologici , poggiava e poggia tutt' ora su un terreno meno resistente , credo argilloso , del rimanente .

Supporter
Inviato
24 minuti fa, Agricola dice:

Crollato a causa dei terremoti nel corso dei secoli poiche' quella parte del Colosseo mancante del giro esterno , a seguito di moderni sondaggi geologici , poggiava e poggia tutt' ora su un terreno meno resistente , credo argilloso , del rimanente .

Grazie per la cortese spiegazione.  Lessi molti anni fa un testo di un Architetto (probabilmente anche Archeologo) tedesco, secondo il quale l'abbattimento di tante opere fittili e murarie del centro di Roma avvenne per sfruttare quella preziosa miniera di pietre lavorate che erano i Fori Romani e dintorni .   L'Autore citava anche antiche autorizzazioni pontificie che autorizzavano l'abbattimento e il riutilizzo delle pietre di queste costruzioni, per altro "pagane",  e queste licenze venivano concesse ovviamente a pagamento. 

Sempre secondo l'Autore alcune pietre sono tuttora visibili persino a Londra nella Abbazia di Westminster, e la stessa cosa accadde fuori Roma quando molte ville vennero edificate sulla Via Appia utilizzando in parte il matriale di precedenti costruzioni romane.

Ne trassi la convinzione che sicuramente i barbari inflissero alla città saccheggi e devastazioni, ma che nei confronti delle opere murarie della città furono più devastanti - e prolungate nel tempo - le demolizioni dei vari Barberini...& C., oltre alle calamità naturali come piene e terremoti anche da te citati.

Quel libro mi colpì, purtroppo non ne ho annotato il nome dell'Autore.

Un saluto cordiale.


Inviato
41 minuti fa, sandokan dice:

Grazie per la cortese spiegazione.  Lessi molti anni fa un testo di un Architetto (probabilmente anche Archeologo) tedesco, secondo il quale l'abbattimento di tante opere fittili e murarie del centro di Roma avvenne per sfruttare quella preziosa miniera di pietre lavorate che erano i Fori Romani e dintorni .   L'Autore citava anche antiche autorizzazioni pontificie che autorizzavano l'abbattimento e il riutilizzo delle pietre di queste costruzioni, per altro "pagane",  e queste licenze venivano concesse ovviamente a pagamento. 

Sempre secondo l'Autore alcune pietre sono tuttora visibili persino a Londra nella Abbazia di Westminster, e la stessa cosa accadde fuori Roma quando molte ville vennero edificate sulla Via Appia utilizzando in parte il matriale di precedenti costruzioni romane.

Ne trassi la convinzione che sicuramente i barbari inflissero alla città saccheggi e devastazioni, ma che nei confronti delle opere murarie della città furono più devastanti - e prolungate nel tempo - le demolizioni dei vari Barberini...& C., oltre alle calamità naturali come piene e terremoti anche da te citati.

Quel libro mi colpì, purtroppo non ne ho annotato il nome dell'Autore.

Un saluto cordiale.

Ciao , famosa la frase : "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini" riecheggia sempre , "Quello che non fecero i Barbari , fecero i Barberini" , in riferimento al Papa Urbano VIII della famiglia Barberini per i danni arrecati al patrimonio dell' antica Roma . Ma non solo , Roma fu per secoli e secoli , una miniera inesauribile di materiali , ancora oggi , di qualsiasi cosa grande e piccola , dai palazzi pubblici e privati antichi , alle colonne , alle statue , fino ai piccoli oggetti di uso quotidiano e personali . Materiali archeologici di qualsiasi genere ornano i settori piu' importanti di tutti i Musei del mondo .

Per quanto riguarda il libro che citi , ho capito quale sia , ma non ricordo il titolo , era scritto da un Geologo , non mi pare Architetto , con intenti archeologi e parlava appunto anche del sottosuolo del Colosseo spiegando i motivi per cui una parte e' rimasta quasi intatta , mentre il rimanente e' in parte crollato ; quello che ho scritto in precedenza e' ricavato a memoria da quel libro , domani provo a rintracciare il titolo .

Un saluto .

Supporter
Inviato
5 minuti fa, Agricola dice:

Ciao , famosa la frase : "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini" riecheggia sempre , "Quello che non fecero i Barbari , fecero i Barberini" , in riferimento al Papa Urbano VIII della famiglia Barberini per i danni arrecati al patrimonio dell' antica Roma . Ma non solo , Roma fu per secoli e secoli , una miniera inesauribile di materiali , ancora oggi , di qualsiasi cosa grande e piccola , dai palazzi pubblici e privati antichi , alle colonne , alle statue , fino ai piccoli oggetti di uso quotidiano e personali . Materiali archeologici di qualsiasi genere ornano i settori piu' importanti di tutti i Musei del mondo .

Per quanto riguarda il libro che citi , ho capito quale sia , ma non ricordo il titolo , era scritto da un Geologo , non mi pare Architetto , con intenti archeologi e parlava appunto anche del sottosuolo del Colosseo spiegando i motivi per cui una parte e' rimasta quasi intatta , mentre il rimanente e' in parte crollato ; quello che ho scritto in precedenza e' ricavato a memoria da quel libro , domani provo a rintracciare il titolo .

Un saluto .

Grazie, gentilissimo.


Supporter
Inviato
5 minuti fa, VALTERI dice:

Un brano  @sandokan da un vecchio libro

002.jpg

Ciao ! E' forse quello che abbiamo citato sia Agricola che io ?  L'Autore dovrebbe esserne un tedesco.....penso sia proprio lui....


Inviato

No,  il brano è tratto da un piccolo libro italiano di autore italiano

Una buona serata


Inviato (modificato)

Ciao @sandokan , non ho trovato quel libro piuttosto datato che spiegava attraverso la geologia del sottosuolo del Colosseo il motivo per cui oggi vediamo solo la meta' circa del giro esterno dell' Anfiteatro ; questo crollo esterno di parte del Colosseo dipendeva , vado a memoria perché lessi quel libro parecchi anni fa , dalla differente composizione del terreno dove furono gettate le fondamenta della grande struttura . In pratica la parte sud ovest del Colosseo aveva fondamenta che poggiavano su terreno meno resistente della parte nord est , quindi piu' soggetto a grossi danni a causa di terremoti .

Comunque lo scorso anno furono condotte indagini geologiche e si scopri' che sotto il Colosseo esiste una faglia che probabilmente si genero' nel V secolo , nel 443 , a seguito del grande terremoto che tanti danni provoco' a Roma , Colosseo compreso , terremoto riportato anche nei testi dell' epoca .

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwjPsIOji4PqAhVv1qYKHUZcDn84ChAWMAZ6BAgDEAE&url=https%3A%2F%2Fwww.repubblica.it%2Fscienze%2F2019%2F03%2F05%2Fnews%2Fterremoti_individuata_la_faglia_che_spezzo_il_colosseo_-220782498%2F&usg=AOvVaw1zR-FRLYTvxKU1Dt_5esPn

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Inviato

I terremoti di piu' forte intensita' della storia a Roma che distrussero parte dei monumenti antichi :

https://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/istituto_geologia_terremoti_roma-308360.html

https://www.ilmeteo.it/notizie/terremoto-sisma-roma-443-colosseo

Dal sito internet : medioevo.roma :

Il terremoto del 443
Nei fasti «Vindobonenses Posteriores» si ricorda che, sotto il consolato di Massimo e Paterio (anno 443), Roma fu colpita da un terremoto che fece crollare statue e i “portici nuovi”, forse da identificare con le due parti del portico del Teatro di Pompeo, che Diocleziano e Massimiano fecero restaurare. A questo terremoto è stata inoltre attribuita la responsabilità di un crollo nella navata maggiore di S. Paolo fuori le mura. Un'epigrafe in cui è citato Rufio Cecina Felice Lampadio (che fu prefetto intorno al 443-450), ricorda una serie di restauri al Colosseo, forse resi necessari all’indomani del terremoto del 443. Anche un passo della «Historia Romana» di Paolo Diacono (sec. VIII) ricorda questo terremoto: «Circa in quei giorni Roma fu sconvolta da un così terribile terremoto che crollarono le case e gli edifici più importanti».

Il t erremoto del 484 o 508
Un'epigrafe conservata all'interno dell'Anfiteatro Flavio attesta restauri all'arena e al podio, in seguito a uno «spaventoso terremoto». Tale intervento fu opera del praefectus urbis Decius Marius Venantius Basilius, che lo sostenne a spese personali. Dato che Decius Marius Venantius Basilius fu console nel 484 o nel 508, la data dell'evento risulta incerta. Certo è che nel 444 o 445, quando si celebrò un festeggiamento a Valentiniano III, l'edificio risultava integro, mentre nel 519, in occasione di giochi pubblici documentati da fonti coeve, il portico già non esisteva più e una parte delle gradinate era fortemente deteriorata, forse proprio a causa del terremoto del 484/508.

Il terremoto dell’801
Gli Annales tradizionalmente attribuiti a Eginardo (sec. VIII-IX), ricordano che il 25 aprile 801 l'imperatore Carlo Magno si trovò a Spoleto quando avvenne un grandissimo terremoto nell'ora seconda della notte del giorno 30 aprile, che scosse gravemente tutta l'Italia e che causò il crollo del tetto della basilica di S. Paolo fuori le Mura.
Il Liber pontificalis, nella vita di Leone III, ricorda: «Nella nona indizione, a causa dei nostri peccati, avvenne improvvisamente un terremoto il 30 aprile, la chiesa di S. Paolo Apostolo fu scossa dal terremoto e i suoi tetti crollarono. Il grande ed illustre pontefice vedendo ciò ebbe grande dolore e prese a lamentarsi sia per le suppellettili d'argento, sia per le altre suppellettili che nella chiesa andarono distrutte o rovinate. Ma con l'aiuto e la protezione del Signore, il pontefice, impegnandosi con tutte le sue forze, restaurò la chiesa come si trovava fin dai tempi antichi, rafforzandola grandemente, e ne migliorò l'aspetto decorando con marmo sia il presbiterio che la chiesa e rinnovando i suoi portici.». I danni riguardarono quindi non solo il tetto della basilica, ma verosimilmente anche i portici esterni, che furono rinnovati e forse ripavimentati. Anche la chiesa di Santa Petronilla (conosciuta come chiesa cimiteriale dei SS. Nereo e Achilleo) sulla Via Ardeatina potrebbe essere caduta per effetto di questo sisma. Eginardo e il Liber pontificalis, grazie ai differenti stili di datazione, si confermano a vicenda: l'anno 801 coincideva infatti con la nona indizione. Anche se entrambe indicano come giorno il 30 aprile, è tuttavia necessario tener conto di un altro fattore per una più adeguata approssimazione al tempo origine del terremoto. L'annalista afferma che esso avvenne all'ora seconda della notte del 30 aprile, facendo chiaramente uso della scala di misura romana in ore temporarie che, tradotta in tempo locale corrisponde circa alle ore 20 del giorno precedente.

Il terremoto del 1091
Una generica menzione di un «ingens terre motus» avvenuto il 27 gennaio 1091 è contenuta in un necrologio dell'XI secolo, conservato in un codice miscellaneo della Biblioteca del British Museum. Il necrologio  non fa tuttavia alcuna menzione di danni o crolli. L'evento è attestato anche da altre tre fonti dei secoli XI e XII: il Liber Pontificalis, il Catalogus Imperatorum et pontificum (sec. XIII) e il Chronicon pontificum et imperatorum basileense (sec. XIII). Neanche queste fonti attestano danni in Roma; pertanto il termine in gens utilizzato nel necrologio sembra far rientrare il terremoto del 1091 nella categorie degli eventi percepiti  come forti soltanto dalla sensibilità delle persone.

Il terremoto del 1349
Il terremoto del 9 settembre 1349 è stato uno dei più importanti terremoti storici con origine nell'Appennino centrale e probabilmente dell'evento sismico più fortemente risentito in Roma di cui si ha notizia. Nel suo complesso il terremoto interessò con danni riferibili ad intensità uguali e superiori all'VIII grado MCS un'area molto estesa, area che grosso modo corrisponde al settore di Appennino centro-meridionale compreso tra Perugia e Benevento. Il terremoto è attestato in numerose fonti coeve (documentarie e memorialistiche) ed è ampiamente ricordato nella tradizione cronachistica italiana; inoltre, a causa della grande estensione delle aree danneggiate, viene citato in numerosissime opere di storia locale. Secondo la testimonianza di Matteo Villani (sec. XIV), i danni in Roma furono decisamente consistenti, almeno su alcuni edifici di rilievo: «[i terremoti] feciono cadere il campanile della chiesa grande di San Pagolo, con parte della nobile torre delle Milizie, e la torre del Conte, lasciando in molte parti di Roma memoria delle sue rovine». A Petrarca (1351), che si trovava a Roma per il Giubileo del 1350, la città apparve prostrata: «Roma è stata scossa da un insolito tremore, tanto gravemente che dalla sua fondazione, che risale a oltre duemila anni fa, non è mai accaduto nulla di simile. Caddero gli antichi edifici trascurati dai cittadini ammirati dai pellegrini, quella torre, unica al mondo, che era detta del conte, aperta da grandi fenditure si è spezzata ed ora guarda come mutilata il proprio capo, onore della superba cima sparsa al suolo; inoltre, benché non manchino le prove dell'ira celeste, buona parte di molte chiese e anzitutto di quella dedicata all'apostolo Paolo è caduta a terra la sommità di quella Lateranense è stata abbattuta, tutto ciò rattrista con gelido orrore l'ardore del giubileo». Petrarca tornò sull'argomento ancora due volte (1353 e 1368), benché con meno particolari: in una lettera ricorda tra gli edifici danneggiati anche la «Virginis domus supremo colle consistens», da identificare probabilmente con la chiesa di Santa Maria in Ara Coeli. Per quanto riguarda le fonti cronachistiche romane, è andato purtroppo perduto il capitolo della Cronica del contemporaneo Anonimo Romano (sec. XIV), intitolato dall'autore stesso, come si ricava dall'indice superstite, «Dello terratriemulo lo quale fu in Italia». Il Chronicon mutinense di Giovanni da Ballano (sec. XIV) ricorda che a Roma cadde la colonna di marmo «che sosteneva la chiesa di S. Paolo con circa la terza parte del tetto». Forse anche in considerazione dell'afflusso dei pellegrini per il Giubileo, Clemente VI si preoccupò del restauro di alcune delle più importanti chiese della città che avevano subito danni a causa del sisma. Secondo vari documenti pontifici riguardanti i restauri, sono attestati danni per le basiliche di S. Paolo, di S. Pietro e di S. Giovanni in Laterano. Autori posteriori riportano notizie di danni anche relativamente a qualche altro importante edificio, notizie però di cui non si è ancora avuto riscontro in documenti contemporanei.

Dopo il terremoto 1349 sembra che Roma (e in generale l’Italia Centrale) abbia goduto di una relativa «calma sismica», che è perdurata fino al grande terremoto del 1703, anno in cui si avvertirono in Roma varie decine di scosse, alcune delle quali causarono danni considerevoli agli edifici e qualche vittima.

 

 

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19 minuti fa, Agricola dice:

I terremoti di piu' forte intensita' della storia a Roma che distrussero parte dei monumenti antichi :

https://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/istituto_geologia_terremoti_roma-308360.html

https://www.ilmeteo.it/notizie/terremoto-sisma-roma-443-colosseo

Dal sito internet : medioevo.roma :

Il terremoto del 443
Nei fasti «Vindobonenses Posteriores» si ricorda che, sotto il consolato di Massimo e Paterio (anno 443), Roma fu colpita da un terremoto che fece crollare statue e i “portici nuovi”, forse da identificare con le due parti del portico del Teatro di Pompeo, che Diocleziano e Massimiano fecero restaurare. A questo terremoto è stata inoltre attribuita la responsabilità di un crollo nella navata maggiore di S. Paolo fuori le mura. Un'epigrafe in cui è citato Rufio Cecina Felice Lampadio (che fu prefetto intorno al 443-450), ricorda una serie di restauri al Colosseo, forse resi necessari all’indomani del terremoto del 443. Anche un passo della «Historia Romana» di Paolo Diacono (sec. VIII) ricorda questo terremoto: «Circa in quei giorni Roma fu sconvolta da un così terribile terremoto che crollarono le case e gli edifici più importanti».

Il t erremoto del 484 o 508
Un'epigrafe conservata all'interno dell'Anfiteatro Flavio attesta restauri all'arena e al podio, in seguito a uno «spaventoso terremoto». Tale intervento fu opera del praefectus urbis Decius Marius Venantius Basilius, che lo sostenne a spese personali. Dato che Decius Marius Venantius Basilius fu console nel 484 o nel 508, la data dell'evento risulta incerta. Certo è che nel 444 o 445, quando si celebrò un festeggiamento a Valentiniano III, l'edificio risultava integro, mentre nel 519, in occasione di giochi pubblici documentati da fonti coeve, il portico già non esisteva più e una parte delle gradinate era fortemente deteriorata, forse proprio a causa del terremoto del 484/508.

Il terremoto dell’801
Gli Annales tradizionalmente attribuiti a Eginardo (sec. VIII-IX), ricordano che il 25 aprile 801 l'imperatore Carlo Magno si trovò a Spoleto quando avvenne un grandissimo terremoto nell'ora seconda della notte del giorno 30 aprile, che scosse gravemente tutta l'Italia e che causò il crollo del tetto della basilica di S. Paolo fuori le Mura.
Il Liber pontificalis, nella vita di Leone III, ricorda: «Nella nona indizione, a causa dei nostri peccati, avvenne improvvisamente un terremoto il 30 aprile, la chiesa di S. Paolo Apostolo fu scossa dal terremoto e i suoi tetti crollarono. Il grande ed illustre pontefice vedendo ciò ebbe grande dolore e prese a lamentarsi sia per le suppellettili d'argento, sia per le altre suppellettili che nella chiesa andarono distrutte o rovinate. Ma con l'aiuto e la protezione del Signore, il pontefice, impegnandosi con tutte le sue forze, restaurò la chiesa come si trovava fin dai tempi antichi, rafforzandola grandemente, e ne migliorò l'aspetto decorando con marmo sia il presbiterio che la chiesa e rinnovando i suoi portici.». I danni riguardarono quindi non solo il tetto della basilica, ma verosimilmente anche i portici esterni, che furono rinnovati e forse ripavimentati. Anche la chiesa di Santa Petronilla (conosciuta come chiesa cimiteriale dei SS. Nereo e Achilleo) sulla Via Ardeatina potrebbe essere caduta per effetto di questo sisma. Eginardo e il Liber pontificalis, grazie ai differenti stili di datazione, si confermano a vicenda: l'anno 801 coincideva infatti con la nona indizione. Anche se entrambe indicano come giorno il 30 aprile, è tuttavia necessario tener conto di un altro fattore per una più adeguata approssimazione al tempo origine del terremoto. L'annalista afferma che esso avvenne all'ora seconda della notte del 30 aprile, facendo chiaramente uso della scala di misura romana in ore temporarie che, tradotta in tempo locale corrisponde circa alle ore 20 del giorno precedente.

Il terremoto del 1091
Una generica menzione di un «ingens terre motus» avvenuto il 27 gennaio 1091 è contenuta in un necrologio dell'XI secolo, conservato in un codice miscellaneo della Biblioteca del British Museum. Il necrologio  non fa tuttavia alcuna menzione di danni o crolli. L'evento è attestato anche da altre tre fonti dei secoli XI e XII: il Liber Pontificalis, il Catalogus Imperatorum et pontificum (sec. XIII) e il Chronicon pontificum et imperatorum basileense (sec. XIII). Neanche queste fonti attestano danni in Roma; pertanto il termine in gens utilizzato nel necrologio sembra far rientrare il terremoto del 1091 nella categorie degli eventi percepiti  come forti soltanto dalla sensibilità delle persone.

Il terremoto del 1349
Il terremoto del 9 settembre 1349 è stato uno dei più importanti terremoti storici con origine nell'Appennino centrale e probabilmente dell'evento sismico più fortemente risentito in Roma di cui si ha notizia. Nel suo complesso il terremoto interessò con danni riferibili ad intensità uguali e superiori all'VIII grado MCS un'area molto estesa, area che grosso modo corrisponde al settore di Appennino centro-meridionale compreso tra Perugia e Benevento. Il terremoto è attestato in numerose fonti coeve (documentarie e memorialistiche) ed è ampiamente ricordato nella tradizione cronachistica italiana; inoltre, a causa della grande estensione delle aree danneggiate, viene citato in numerosissime opere di storia locale. Secondo la testimonianza di Matteo Villani (sec. XIV), i danni in Roma furono decisamente consistenti, almeno su alcuni edifici di rilievo: «[i terremoti] feciono cadere il campanile della chiesa grande di San Pagolo, con parte della nobile torre delle Milizie, e la torre del Conte, lasciando in molte parti di Roma memoria delle sue rovine». A Petrarca (1351), che si trovava a Roma per il Giubileo del 1350, la città apparve prostrata: «Roma è stata scossa da un insolito tremore, tanto gravemente che dalla sua fondazione, che risale a oltre duemila anni fa, non è mai accaduto nulla di simile. Caddero gli antichi edifici trascurati dai cittadini ammirati dai pellegrini, quella torre, unica al mondo, che era detta del conte, aperta da grandi fenditure si è spezzata ed ora guarda come mutilata il proprio capo, onore della superba cima sparsa al suolo; inoltre, benché non manchino le prove dell'ira celeste, buona parte di molte chiese e anzitutto di quella dedicata all'apostolo Paolo è caduta a terra la sommità di quella Lateranense è stata abbattuta, tutto ciò rattrista con gelido orrore l'ardore del giubileo». Petrarca tornò sull'argomento ancora due volte (1353 e 1368), benché con meno particolari: in una lettera ricorda tra gli edifici danneggiati anche la «Virginis domus supremo colle consistens», da identificare probabilmente con la chiesa di Santa Maria in Ara Coeli. Per quanto riguarda le fonti cronachistiche romane, è andato purtroppo perduto il capitolo della Cronica del contemporaneo Anonimo Romano (sec. XIV), intitolato dall'autore stesso, come si ricava dall'indice superstite, «Dello terratriemulo lo quale fu in Italia». Il Chronicon mutinense di Giovanni da Ballano (sec. XIV) ricorda che a Roma cadde la colonna di marmo «che sosteneva la chiesa di S. Paolo con circa la terza parte del tetto». Forse anche in considerazione dell'afflusso dei pellegrini per il Giubileo, Clemente VI si preoccupò del restauro di alcune delle più importanti chiese della città che avevano subito danni a causa del sisma. Secondo vari documenti pontifici riguardanti i restauri, sono attestati danni per le basiliche di S. Paolo, di S. Pietro e di S. Giovanni in Laterano. Autori posteriori riportano notizie di danni anche relativamente a qualche altro importante edificio, notizie però di cui non si è ancora avuto riscontro in documenti contemporanei.

Dopo il terremoto 1349 sembra che Roma (e in generale l’Italia Centrale) abbia goduto di una relativa «calma sismica», che è perdurata fino al grande terremoto del 1703, anno in cui si avvertirono in Roma varie decine di scosse, alcune delle quali causarono danni considerevoli agli edifici e qualche vittima.

 

 

Molto interessante, grazie !


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