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Supporter
Inviato

Buongiorno e buona festa (Covid19 a parte) a tutti i Lamonetiani!

 

A oggi, che finalmente ho stabilito dei criteri di scelta e catalogazione per costituire una collezione parziale di monete preunitarie (al momento ne ho una ventina circa), chiedo ai più esperti:

 

Ma perché, parlando di Pio IX e di Ferdinando II, abbiamo per ognuno dei due regnanti due monete con lo stesso nominale ma in metallo differente? A che pro una moneta in AG è una in CU che portano lo stesso nominale? Il riferimento è al pezzo da 5 baiocchi e al pezzo da 5 grana / 10 tornesi, che computisticamente parlando erano la stessa cosa.

È la solita storia - vecchia  di un paio di millenni - secondo cui, a parità di conteggi, lasciamo al popolino il metallo vile e al borghese di turno il metallo prezioso? Il solito controllo socio-politico delle masse, affinché, in caso di rivoluzioni, il popolino non avesse ricchezze universalmente riconosciute con cui finanziare rivolte varie?

 

Oppure, molto più banalmente, perché la quantità di un singolo tipo di metallo non bastava a coprire la coniazione del singolo taglio nominale?

 

Ultima ipotesi che da parte mia metto in campo: speculazioni varie tra valori intrinseci e valori nominali che - anche quelli - già conosciamo?

 

E perché questo accadeva "solo" nel centro-sud? Non mi sembra che le autorità monetarie del Nord della penisola avessero questa doppia circolazione almeno a metà '800.

Forse un confronto con le altre coniazioni d'area europea potrebbe essere d'aiuto (mi viene in mente la Russia, che credo avesse anche lei una doppia circolazione metallica sul taglio da 5 copechi), però io non conosco bene la situazione prima dell'Unione Monetaria Latina. Ammetto peraltro di non conoscere la letteratura delle preunitarie, benché stia cercando di recuperarla.

 

Grazie.


Inviato

Ti rispondo per la tipologia papale,  mettiti il cuore e l' anima in pace, non c'era stato nessun complotto ai danni del popolino. 

La tipologia a cui ti riferisci  (5 baiocchi) in argento pesa 1,34 gr. quella in rame 40 o 41, non sono due nominali con lo stesso peso!!! 

Di conseguenza un minino di rapporto fiduciario tra i due metalli era rispettato. 

Comunque il popolino (come tu dici) del Xix secolo non si sarebbe lasciato turlupinare se tra i due moninali non ci fosse  stata una certa corrispondenza, rifiutando sicuramente quella che gli sarebbe stata meno conveniente. 

Ci sarebbe ancora da discutere ed approfondire, al di là delle dicerie, relativamente  alla terminologia delle "monete del popolino". 

Saluti 

TIBERIVS 

 

 

 

 


Supporter
Inviato
11 minuti fa, TIBERIVS dice:

La tipologia a cui ti riferisci  (5 baiocchi) in argento pesa 1,34 gr. quella in rame 40 o 41, non sono due nominali con lo stesso peso!!! 

Di conseguenza un minino di rapporto fiduciario tra i due metalli era rispettato. 

Sì, sì, è chiaro che ognuna di esse avesse un peso diverso che ristabiliva il rapporto gerarchico tra i due coni.

Ma ciò che mi chiedo è: perché coniare uno stesso taglio in due metalli diversi?

11 minuti fa, TIBERIVS dice:

Ci sarebbe ancora da discutere ed approfondire, al di là delle dicerie, relativamente  alla terminologia delle "monete del popolino". 

Perdonami ma non so a cosa tu ti riferisca. Non ho usato quelle espressioni con coscienza terminologica, ma solo per organizzare il discorso secondo una logica contrastiva.

 


Inviato
1 ora fa, sdy82 dice:

Ma ciò che mi chiedo è: perché coniare uno stesso taglio in due metalli diversi?

Ciao, ti riporto uno stralcio tratto dal D'Incerti "Le monete papali del XIX secolo":

"Con notificazione 17 settembre 1849, n. 30 venne disposta la coniazione di una nuova moneta di rame puro del valore di 5 baiocchi, avente peso teorico di 50,861 g (in pratica tale peso si mantenne sempre intorno a 40 g), e il diametro di 41 mm [...] Con editto del 14 aprile 1858, n. 21 per evitare la speculazione che già veniva esercitata su larga scala a causa dell'aumento del prezzo dell'argento, il titolo delle monete d'argento da 20, 10 e da 5 baiocchi venne ridotto da 900 a 800/1000 [...] Sempre con lo stesso editto 14 aprile 1858 venne infine disposto il ritiro della ingombrante moneta in rame da 5 baiocchi, la cui coniazione era stata disposta con carattere di necessità,  per sopperire al bisogno di moneta spicciola durante le operazioni di ritiro della cartamoneta emessa dal governo repubblicano".

Michele 

  • Mi piace 1

Supporter
Inviato

Grazie per il passo dal D'Incerti.

Tuttavia non risponde appieno alla mia domanda. 

Le operazioni di svilimento operate dal governo papale sono note. Ed è senz'altro utile sapere che il ramone (?) da 5 baj, poi dismesso, ha avuto carattere straordinario. Ma perché non aumentare le tirature del 5 baj in AG invece che sdoppiare il tutto tra AG e CU? Le banconote della Repubblica Romana avevano creato una ricchezza effimera che non poteva essere coperta con la quantità di argento disponibile? Oppure... Perché non stabilire che il valore da 5 baj fosse coniato solo in rame?

Seguendo le tabelle delle coniazioni borboniche e pontificie che stiamo prendendo in esame qui, si evince chiaramente che le coniazioni in metallo prezioso e quelle in metallo vile sono andate di pari passo per qualche anno. Mi sembra una progettualità evidente, non una scelta contingente. Pensiamo ai valori da 5 grana / 10 tornesi. Sbaglio? Non potevano pianificare fin dall'inizio che un taglio venisse prodotto, secondo le dovute proporzioni, in un solo metallo? Dobbiamo presupporre - lo ripeto - che (chissà per quale motivo) gli accumuli di uno solo dei due metalli non riuscissero a coprire le tirature stabilite?

La mia domanda rimane: secondo quale ragione di politica monetaria si tengono in vita contemporaneamente due tipologie metalliche differenti ma con stesso valore nominale? 

Non è una inutile moltiplicazione dei pani e dei pesci, un'inutile sdoppiamento?

Cosa mi sfugge?

?

 

 


Inviato
2 ore fa, sdy82 dice:

Grazie per il passo dal D'Incerti.

Tuttavia non risponde appieno alla mia domanda. 

Le operazioni di svilimento operate dal governo papale sono note. Ed è senz'altro utile sapere che il ramone (?) da 5 baj, poi dismesso, ha avuto carattere straordinario. Ma perché non aumentare le tirature del 5 baj in AG invece che sdoppiare il tutto tra AG e CU? Le banconote della Repubblica Romana avevano creato una ricchezza effimera che non poteva essere coperta con la quantità di argento disponibile? Oppure... Perché non stabilire che il valore da 5 baj fosse coniato solo in rame?

Seguendo le tabelle delle coniazioni borboniche e pontificie che stiamo prendendo in esame qui, si evince chiaramente che le coniazioni in metallo prezioso e quelle in metallo vile sono andate di pari passo per qualche anno. Mi sembra una progettualità evidente, non una scelta contingente. Pensiamo ai valori da 5 grana / 10 tornesi. Sbaglio? Non potevano pianificare fin dall'inizio che un taglio venisse prodotto, secondo le dovute proporzioni, in un solo metallo? Dobbiamo presupporre - lo ripeto - che (chissà per quale motivo) gli accumuli di uno solo dei due metalli non riuscissero a coprire le tirature stabilite?

La mia domanda rimane: secondo quale ragione di politica monetaria si tengono in vita contemporaneamente due tipologie metalliche differenti ma con stesso valore nominale? 

Non è una inutile moltiplicazione dei pani e dei pesci, un'inutile sdoppiamento?

Cosa mi sfugge?

?

 

 

Ciao, siccome la memoria ancora mi funziona, mi ricordavo che di questo argomento si era già parlato qui sul forum?. Ho fatto un po' di ricerche ed ho trovato la discussione che riporto:

Purtroppo l'articolo di Mario Traina che io stesso cito per fare chiarezza sulla faccenda, non é più disponibile :(...se qualche buon'anima lo ritrovasse e lo rendesse nuovamente disponibile sarebbe ottimo. In ogni caso un po' di luce dovrebbe comunque arrivare!

Michele 


Supporter
Inviato

Perfetto! Grazie @ZuoloNomisma!

Sono andato a vedermi quella discussione: bella e complessa! Devo leggerla con più calma. Chissà poi che non possegga la copia cartacea del numero dove appare l'articolo di Mario Traina.


Supporter
Inviato

Qualcuno può dire qualcosa riguardo ai tornesi / grana di Ferdinando II?

Anche in quel caso abbiamo un "bimetallismo" CU-AG. Situazione paragonabile?


Supporter
Inviato

Ecco! Ho trovato questa discussione del 2013 che, in buona sostanza, pone i miei stessi dubbi sul "bimetallismo" AG-CU e riguarda Ferdinando II di Borbone.

Altre opinioni? Pensate che in qualche modo le politiche monetarie e finanziarie del Papa e dei Borboni convergessero su alcuni punti a metà '800?


Supporter
Inviato (modificato)

Rileggendo la discussione sui grana / tornesi del 2013 iniziata da @Gaetano95 non si capisce comunque perché è stata mantenuta la doppia circolazione metallica. Si evince solo l'utilità della coniazione della cingranella, non l'utilità della doppia circolazione.

Allora le domande rimangono:

Non c'era abbastanza argento e neanche abbastanza rame per dirottare tutta la produzione dei 10 tornesi su un unico metallo?

Era la coniazione delle cingranelle una soluzione per far capire ai possessori  dei 10 tornesi di possedere comunque una piccola fortuna?

Si è deciso di mantenere la coniazione in rame per rispetto della tradizione?

 

Siamo sempre nello stesso vizio. Invece che il minimo sforzo per il massimo della resa, qui c'è una moltiplicazione di sforzi per  una resa uguale a quella precedente.

 

Chiedo a questo punto l'aiuto di @Rex Neap, @favaldar

 

E ringrazio tutti quelli che hanno già partecipato e che vorranno partecipare.

Modificato da sdy82

Inviato

A volte certe cose si fanno non pensando solo ad un secondo fine ma anche solo per piacere, come ad esempio i 2 euro commemorativi di oggi. A cosa servono?A nulla, se non ricordare un personaggio o un'evento e forse (o sicuramente) monete d'argento e rame ed anche in oro, oltre al loro scopo principale per quale sono nate, avevano uno scopo secondario quale, ricorenza,dimostrativo o semplicemente figurativo. Di monete per cosi dire "inutili" ne troviamo a Venezia (se ne parlato in un post pochi giorni fa) con i multipli di Zecchini,Scudi e le Oselle cosi a Genova e tanti altri Stati,dell'epoca,che battevano moneta. @Rex Neap sicuramente potrà essere più tecnico di me,come anche tanti altri amici-utenti.?


Supporter
Inviato

Salve,

 

Innanzitutto chiedo scusa per la scrittura poco controllata del mio ultimo intervento. Me ne accorgo solo adesso.

Le ultime domande che pongo sono state malamente formulate. Ciò che volevo dire era perché mantenere la coniazione in rame se per decreto si era stabilita l'utilità per i commerci del pezzo da 5 grana in AG (altrimenti detto cingranella o mezzo carlino, che computisticamente equivaleva a 10 tornesi). Non c'era abbastanza argento? Per ossequio alla tradizione? Non saprei... ???

Il 5/6/2020 alle 18:11, favaldar dice:

A volte certe cose si fanno non pensando solo ad un secondo fine ma anche solo per piacere, come ad esempio i 2 euro commemorativi di oggi. A cosa servono?A nulla, se non ricordare un personaggio o un'evento e forse (o sicuramente) monete d'argento e rame ed anche in oro, oltre al loro scopo principale per quale sono nate, avevano uno scopo secondario quale, ricorenza,dimostrativo o semplicemente figurativo. Di monete per cosi dire "inutili" ne troviamo a Venezia (se ne parlato in un post pochi giorni fa) con i multipli di Zecchini,Scudi e le Oselle cosi a Genova e tanti altri Stati,dell'epoca,che battevano moneta. @Rex Neap sicuramente potrà essere più tecnico di me,come anche tanti altri amici-utenti.?

Grazie per il tuo intervento.☺️

Tuttavia le argomentazioni che usi per provare il fatto che - come affermi tu - a volte si fanno delle cose che non hanno alcuna utilità smentiscono la tua stessa asserzione. I commemorativi in euro servono appunto a commemorare. Non hanno una ragion d'essere legata alla politica monetaria di un'istituzione, ma a qualcosa servono: a ricordare. Sono poi d'accordo con te sul fatto che possa non esistere una ragion d'essere per questo bimetallismo CU-AG. Il mondo è pazzo. Tuttavia sono poco propenso a pensarlo. In mancanza di altre spiegazioni credo che o si trattasse esclusivamente della volontà di mantenere la tradizione del rame per i valori uguali ai 10 tornesi oppure che si trattasse di una manovra volta a circoscrivere in qualche modo i flussi di danaro: lasciamo cioè l'economico rame fiduciario alla normalità, agli scambi minuti e quotidiani della popolazione, e garantiamo con dell'argento più spendibile e riconoscibile le transazioni commerciali un pochino più importanti, anche se quotidiane, sia interne che esterne. Di ritorno, l'AG del mezzo carlino avrebbe pur sempre confermato la spendibilità di una moneta fiduciaria in CU con stesso nominale e dati ponderali adeguati, quasi fosse una sorta di pietra di paragone.


Inviato

Io non devo provare nulla è solo il pensiero di un umile osservatore della vita quotidiana sia di oggi che di ieri. Per provare ci vogliono carte scritte, carta parla villano dorme,tutto il resto sono solo pensieri ipotetici. Per il resto i miei concetti sono espressi in un modo molto elementare (non potrebbe essere altrimenti) i soldi sono nati per uno scopo. poi se vuoi usarli anche per altri,far passare un tuo pensiero o quello di una nazione o ricordare un personaggio o un'evento storico o fare pubblicità a te stesso o ad altro questo è e ha uno scopo secondario.??


Supporter
Inviato
Il 8/6/2020 alle 12:47, favaldar dice:

Per provare ci vogliono carte scritte, carta parla villano dorme,tutto il resto sono solo pensieri ipotetici.

Hai assolutamente ragione.

Comunque mi sembra che anche tu nella discussione del 2013 ipotizzassi una doppia circolazione metallica volta al mantenimento dei 2 flussi monetari: quello fiduciario (più umile e sterile  in rame) e quello più prezioso (con valore intrinseco in argento).

 


Inviato

Si chiaramente le monete in metallo povero erano e sono per l'interno,in Germania durante la grande depressione hanno coniato con tutto dalla porcellana alla stoffa per le banconote ma anche qui in Italia se non erro sotto Giangiacomo dei Medici a Lecco o a Musso usarono il Cuoio e il Piombo ma nessuno fuori dal Regno l'avrebbero accettate. Se andiamo a vedere anche oggi è cosi con le monete in metallo nessuno te le cambia fuori dalle zone di emisione,se porti 10 pezzi da 2 euro fuori dall'EuropaEuro nessun cambio li prende (a parte alcuni sotto banco e finchè fara comodo con il loro cambio) mentre 10 euro in banconota si (alcuni cambi vogliono solo pezzi grandi da 50 in su ma per paura dei falsi). Quindi un pezzo d'argento o d'oro moneta o non aveva e ha un valore in tutto il Mondo altro pochissimo o nulla.


Supporter
Inviato

Perdonate. Vado coscientemente fuori tema solo per questioni di attinenza al discorso.
Voglio confermare che anche in Russia esistevano nominali unici coniati con metalli diversi.
Negli anni '30 dell'800 circolavano i tagli da 5 e 10 copechi sia in CU che in AG. La moneta in rame da 10 copechi pesava circa 45 grammi. Più de i baiocchi di Pio IX! Poi negli anni '50 è rimasto solo il conio da 5 copechi a circolare in duplice versione con le dovute differenze ponderali. Il parallelismo ebbe comunque vita travagliata. L'argento sosteneva il potere d'acquisto della moneta in rame di uguale valore, la quale era probabilmente più economica da produrre, anche se più ingombrante e scomoda nei commerci. Però la moneta in AG tendeva a sparire, dal momento che la moneta cattiva scaccia quella buona. Insomma, un cane che si morde la coda.
Ho recuperato tali informazioni in uno dei più gettonati forum di numismatica russa.
Mi sembrano evidenti le somiglianze con il "bimetallismo" CU-AG pontificio e borbonico.
 


  • 4 mesi dopo...
Supporter
Inviato (modificato)

La questione arriva giocoforza a Vittorio Emanuele II RE d'ITALIA e ad altri paesi europei.

Perché un nominale da 5 lire coniato sia in AU che in AG? È vero che il 1863 ha visto la sola coniazione del tondello d'oro, ma perché prevedere una doppia circolazione? Siamo ancora a monte dell'istituzione dell'Unione Monetaria Latina, anche se tutte le caratteristiche monetali rimandano ormai al ben consolidato sistema del franco germinale. Siamo anche - anno più anno meno - nel periodo in cui si decide di tagliare il fino argenteo di alcune monete poco dopo l'unità del 1861, siamo nel periodo delle speculazioni e rivalutazioni dei metalli. Tuttavia la Francia già coniava il taglio da 5 franchi sia in AU che in AG. L'Italia e la Grecia, firmatarie dell'UML, l'hanno seguita nel "bimetallismo" del pezzo da 5 lire/dracme.

Se nei discorsi precedenti abbiamo in qualche modo riconosciuto l'utilità di coniare in 2 metalli diversi uno stesso nominale in modo da sostenere la spendibilità della moneta fiduciaria in metallo povero, qui tale ragione non vale più, dal momento che AU e AG stabilivano già il valore intrinseco della moneta.

Cosa ne pensate dunque dei nominali da 5 lire/franchi/dracme coniati in 2 metalli diversi?

 

P.S.

Pongo una domanda ai curatori.

Sto procedendo in questa discussione introducendo argomenti che non riguardano più solo le preunitarie.

È forse il caso di spostare il tutto ne La piazzetta togliendo i tag già inseritiOppure bisogna creare un'altra discussione con lo stesso titolo? Forse dovevo far prima questa domanda. Scusate. Grazie.

Modificato da sdy82
Rettifica

Inviato (modificato)

Nel caso del Regno d'Italia, come in quello della Francia e di altri stati legati al sistema monetario di derivazione francese, siamo in presenza di un bimetallismo oro-argento in cui non vi è il predominio di un metallo sull'altro come nel monometallismo sia aureo che argenteo, ma un'equivalenza ed un equilibrio dei due metalli all'interno della circolazione monetaria corrente fondato su dei rapporti fissi, probabilmente avere un nominale comune ad entrambi i metalli, il cinque lire o franchi, permetteva l'istituzione di un concreto ponte di equivalenza in cui si evidenzia in maniera tangibile il preciso rapporto di valore tra i due metalli con la possibilità di scegliere quale metallo di volta in volta preferire in una determinata transazione... Questo poteva essere fatto con il nominale da cinque lire/franchi, non con l'unità lira/franco, troppo piccola e scomoda da monetare anche in oro... 

Modificato da talpa

  • 3 settimane dopo...
Supporter
Inviato
Il 4/11/2020 alle 01:46, talpa dice:

Nel caso del Regno d'Italia, come in quello della Francia e di altri stati legati al sistema monetario di derivazione francese, siamo in presenza di un bimetallismo oro-argento in cui non vi è il predominio di un metallo sull'altro come nel monometallismo sia aureo che argenteo, ma un'equivalenza ed un equilibrio dei due metalli all'interno della circolazione monetaria corrente fondato su dei rapporti fissi, probabilmente avere un nominale comune ad entrambi i metalli, il cinque lire o franchi, permetteva l'istituzione di un concreto ponte di equivalenza in cui si evidenzia in maniera tangibile il preciso rapporto di valore tra i due metalli con la possibilità di scegliere quale metallo di volta in volta preferire in una determinata transazione... Questo poteva essere fatto con il nominale da cinque lire/franchi, non con l'unità lira/franco, troppo piccola e scomoda da monetare anche in oro... 

Gentile @talpa

 

Leggo e rileggo il tuo intervento. Sono sempre sul punto di lasciarmi convincere dalla tua opinione (l'idea del ponte di equivalenza mi affabula assai), ma poi però mi torna il tarlo della sconvenienza: ma ha davvero una convenienza questa convivenza (scusa il bisticcio fonetico) dei 2 metalli sullo stesso nominale? Torna a puntellarmi il cervello il fatto che proprio in un bimetallismo istituzionale nessun metallo prezioso dovrebbe dimostrare alcuna equivalenza con l'altro metallo prezioso. Il passaggio da equivalenza e fiduciarietà mi sembra breve.

A metà Ottocento circa si prende piena coscienza, dal punto di vista economico-finanziario, della possibile demonetizzazione dei metalli preziosi che entrerebbero invece nei giochi di domanda-offerta del mercato; e io stato vado a complicarmi la vita creando un ponte di equivalenza?

Faccio notare che, per quanto ne sappia io, all'interno dei sistemi monetari decimali approntati sul Franco francese, sono solo Grecia, Francia e Italia a prevedere la moneta da 5 unità sia in AG che in AV. Belgio e Svizzera, per esempio, non fanno questa scelta.

A questo punto inviterei anche gli altri utenti del forum a presentare, secondo le loro conoscenze, altre monete ottocentesche che si mostrano nella doppia vesta metallica pur riportando lo stesso nominale.


Inviato

 

1 ora fa, sdy82 dice:

Gentile @talpa

 

Leggo e rileggo il tuo intervento. Sono sempre sul punto di lasciarmi convincere dalla tua opinione (l'idea del ponte di equivalenza mi affabula assai), ma poi però mi torna il tarlo della sconvenienza: ma ha davvero una convenienza questa convivenza (scusa il bisticcio fonetico) dei 2 metalli sullo stesso nominale? Torna a puntellarmi il cervello il fatto che proprio in un bimetallismo istituzionale nessun metallo prezioso dovrebbe dimostrare alcuna equivalenza con l'altro metallo prezioso. Il passaggio da equivalenza e fiduciarietà mi sembra breve.

A metà Ottocento circa si prende piena coscienza, dal punto di vista economico-finanziario, della possibile demonetizzazione dei metalli preziosi che entrerebbero invece nei giochi di domanda-offerta del mercato; e io stato vado a complicarmi la vita creando un ponte di equivalenza?

Faccio notare che, per quanto ne sappia io, all'interno dei sistemi monetari decimali approntati sul Franco francese, sono solo Grecia, Francia e Italia a prevedere la moneta da 5 unità sia in AG che in AV. Belgio e Svizzera, per esempio, non fanno questa scelta.

A questo punto inviterei anche gli altri utenti del forum a presentare, secondo le loro conoscenze, altre monete ottocentesche che si mostrano nella doppia vesta metallica pur riportando lo stesso nominale.

Ma in realtà in un bimetallismo istituzionale i due metalli, oro e argento, sono equivalenti nel senso che tutte le monete di entrambi i metalli hanno il medesimo corso legale, vale a dire che le diverse obbligazioni possono essere soddisfatte sia in monete d'oro che d'argento, cosa che non accade nei sistemi monometallici, ad esempio in Inghilterra le uniche monete a corso legale erano quelle auree in quanto erano in grado di soddisfare qualsivoglia obbligazione senza limiti quantitativi, le monete d'argento svolgevano un ruolo sussidiario ed il loro potenziale di scioglimento delle obbligazioni era limitato ad una cifra determinata pari a due sterline. 

Il bimetallismo presuppone quindi un'equivalenza obbligazionale tra i due metalli, così come un loro rapporto fisso, cosa possibile in congiunture di prezzi stabili dei metalli, ora proprio verso la metà dell'ottocento questa stabilità di rapporto tra oro e argento viene messa in crisi dalle importanti scoperte aurifere in Siberia, Australia e California, causando una diminuzione del prezzo dell'oro e una rivalutazione dell'argento che corre verso le piazze dove è pagato meglio, ed infatti in questo periodo molto argento francese finisce a Napoli dove vige il monometallismo argenteo e di conseguenza questo metallo viene sovrastimato nei confronti dell'oro. Il bimetallismo tuttavia regge senza eccessive difficoltà fino alle ultime due decadi dell'ottocento quando il diluvio argenteo derivato dalle nuove scoperte costringerà tutti gli stati a virare verso il gold standard, attuato de facto anche nei paesi dove vige il bimetallismo dando vita al cosiddetto bimetallismo zoppo. 

Rimane comunque il fatto che fino a quando regge il bimetallismo ha la necessità di mantenere equivalenti entrambi i metalli e l'utilizzo di un nominale come ponte rende immediatamente percepibile al pubblico il rapporto esistente tra oro e argento, una cosa è immaginare aritmeticamente tale proporzione, altra cosa, molto più efficace, è poterla ponderare in concreto tenendo in mano un cinque lire d'argento ed uno d'oro, la convenienza può stare nell'utilità pratica, contabile o anche ideologica, nel momento in cui si vuole promuovere e favorire un sistema bimetallico in opposizione ad un altro monometallico, cosa che nel caso di Francia e Inghilterra aveva notevoli risvolti di prestigio ed influenza politica. 


Inviato (modificato)

Discussione che trovo molto interessante soprattutto per quanto riguarda la monetazione di VEII, dal momento che proprio in questo periodo stavo cercando di approfondire l'Unione Monetaria Latina in tutti i suoi vari aspetti, anche leggendo gli articoli veri e propri delle varie convenzioni (1865, 1874, 1875, 1878, 1885, ...). Questo in particolare è molto utile per capire l'evoluzione nel tempo delle varie correzioni prese in corso d'opera. In particolare si nota subito che il bimetallismo era immaginato come l'anticamera di un monometallismo aureo che però non poteva essere adottato da subito a causa della grande quantità di argento in circolazione in Francia.

Provo a fare un paio di miei ragionamenti sulla questione delle 5 lire in oro piuttosto che in argento. 

Dagli articoli della convenzione si ha la percezione che gli scudi in argento non fossero immaginati per la circolazione su larga scala, perchè avevano valore intrinseco identico al valore nominale e quindi lo stato non guadagnava nulla di signoraggio, da una parte, e non non voleva, dall'altra parte, lasciare nel libero mercato oggetti così soggetti a fluttuazioni di mercato per quanto riguardava il loro valore intrinseco rispetto al nominale, che era fissato dalla convenzione (si vedano tutte le varie clausole di liquidazioni con cui a partire dal 1885 ogni stato, in particolare l'Italia, era tenuto a ricomprare in oro i propri scudi finiti negli altri paesi). Gli scudi erano pensati per rimanere bloccati a deposito nelle banche nazionali, della moneta circolante in oro oppure, come in Italia, durante il corso forzoso (gli ultimi scudi coniati su larga scala, ovvero i 4 milioni di Umberto nel 1879 vengono coniati con la promessa di rimanere bloccati in banca nazionale fino alla fine del corso forzoso). Quindi secondo me le 5 lire in oro erano originariamente pensate invece come l'equivalente circolante degli scudi. Si vede subito dagli articoli delle varie convenzioni che si rendono conto che la moneta era troppo piccola per poter circolare realmente e quindi viene sospesa quasi subito.

Da un punto di vista più da ragioniere mi viene in mente anche il seguente "giro di conto", che poteva magari portare ad un piccolo guadagno dell'autorità emittente a compensazione del signoraggio nullo sugli scudi. La moneta da 5 lire in oro pesa 1.61g con un fino di 900/1000, ovvero 1.449 grammi d'oro. Il rapporto con l'argento era di 1 a 15.5g, quindi in 5 lire d'oro c'era l'equivalente di 1.449*15.5 = 22.4595g, rispetto ai 22.5g degli scudi (25g a 900/1000 Ag), ovvero con un piccolo guadagno per l'autorità emittente su ciascun 5 lire d'oro coniato.

Saluti! 

Modificato da QuintoSertorio
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  • 2 mesi dopo...
Supporter
Inviato (modificato)

Innanzitutto devo dire che la cosa bella è cominciare una certa discussione e finire per imparare lezioni che nulla avevano a che vedere con la discussione. Nonostante abbia già da tempo in collezione monete della regina Vittoria, scopro solo adesso grazie a Talpa a quanto ammontasse il potere liberatorio dell'argento inglese. Neanche ero al corrente delle scoperte aurifere siberiane contemporanee a quelle australiane e americane.
Sempre a lui voglio controbattere.
Nel tuo intervento, @talpa, mi sembra ritorni come insoluto il problema che ho posto.
Nulla da eccepire, in termini teorici, riguardo al ponte di equivalenza per rendere tangibile il bimetallismo, nulla da dire riguardo alla sconvenienza di estendere tale concretezza ai valori al di sotto delle 5 unità, d'accordissimo sul fatto che la scelta del mono- o bimetallismo fosse una scelta di tipo strategico e geopolitico, ma le mie domande rimangono eluse - così mi sembra - e proprio perché tu scrivi:

Il 23/11/2020 alle 15:47, talpa dice:

proprio verso la metà dell'ottocento questa stabilità di rapporto tra oro e argento viene messa in crisi


E quindi torno a domandarmi: come mai gli stati nominati (Italia, Grecia, Francia), ma anche lo Stato Pontificio coi suoi scudi in veste aurea e argentea (sia quelli suddivisi in baiocchi che quelli in lire), seppur consci del difficile equilibrio tra AU e AG, si sono imbarcati nella coniazione di questi nominali dalla doppia faccia, esposti, nel loro rapporto, a tutte le speculazioni di questo mondo? Si sono coscientemente presi tali rischi per un fine ben più alto, quello di dimostrare in concreto cosa sia il bimetallismo? Certo, la tua idea può essere una risposta alla compresenza dei due metalli, ma non mi convince. Forse sono io che mi sto incartando, forse mi sto incaponendo nel rifiuto di una soluzione come quella prospettata da te, caro Talpa, ma devo dire che trovo più convincenti le congetture ragionieristiche di Quinto Sertorio. Devo dire che il tuo conteggio sul guadagno, amico @QuintoSertorio , è piuttosto convincente, anche se tu rimandi tutto ai decreti dell'UML, quando invece la coniazione delle monete in discussione, a parte le 5 dracme oro, è precedente all'istituzione dell'Unione. In realtà il conto del signoraggio espresso da te potrebbe essere valido anche per ragionamenti relativi alla metà del XIX secolo.
Nel quadro dell'UML c'è comunque qualche specificità nella Svizzera e nel Belgio che, a differenza di Grecia, Italia e Francia non coniano il pezzo da 5?


Qui mi fermo, perché in realtà non voglio che la discussione si trasformi in una discussione su mono- e bimetallismo e sull'UML (benché sia inevitabile andare a parare proprio lì).

Vorrei rimanessimo sul titolo della discussione. D'altronde sono già state tirate in ballo diverse monetazioni: preunitarie, UML, zarista, rame, argento e oro.

Modificato da sdy82
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Inviato
47 minuti fa, sdy82 dice:

Innanzitutto devo dire che la cosa bella è cominciare una certa discussione e finire per imparare lezioni che nulla avevano a che vedere con la discussione. Nonostante abbia già da tempo in collezione monete della regina Vittoria, scopro solo adesso grazie a Talpa a quanto ammontasse il potere liberatorio dell'argento inglese. Neanche ero al corrente delle scoperte aurifere siberiane contemporanee a quelle australiane e americane.
Sempre a lui voglio controbattere.
Nel tuo intervento, @talpa, mi sembra ritorni come insoluto il problema che ho posto.
Nulla da eccepire, in termini teorici, riguardo al ponte di equivalenza per rendere tangibile il bimetallismo, nulla da dire riguardo alla sconvenienza di estendere tale concretezza ai valori al di sotto delle 5 unità, d'accordissimo sul fatto che la scelta del mono- o bimetallismo fosse una scelta di tipo strategico e geopolitico, ma le mie domande rimangono eluse - così mi sembra - e proprio perché tu scrivi:


E quindi torno a domandarmi: come mai gli stati nominati (Italia, Grecia, Francia), ma anche lo Stato Pontificio coi suoi scudi in veste aurea e argentea (sia quelli suddivisi in baiocchi che quelli in lire), seppur consci del difficile equilibrio tra AU e AG, si sono imbarcati nella coniazione di questi nominali dalla doppia faccia, esposti, nel loro rapporto, a tutte le speculazioni di questo mondo? Si sono coscientemente presi tali rischi per un fine ben più alto, quello di dimostrare in concreto cosa sia il bimetallismo? Certo, la tua idea può essere una risposta alla compresenza dei due metalli, ma non mi convince. Forse sono io che mi sto incartando, forse mi sto incaponendo nel rifiuto di una soluzione come quella prospettata da te, caro Talpa, ma devo dire che trovo più convincenti le congetture ragionieristiche di Quinto Sertorio. Devo dire che il tuo conteggio sul guadagno, amico @QuintoSertorio , è piuttosto convincente, anche se tu rimandi tutto ai decreti dell'UML, quando invece la coniazione delle monete in discussione, a parte le 5 dracme oro, è precedente all'istituzione dell'Unione. In realtà il conto del signoraggio espresso da te potrebbe essere valido anche per ragionamenti relativi alla metà del XIX secolo.
Nel quadro dell'UML c'è comunque qualche specificità nella Svizzera e nel Belgio che, a differenza di Grecia, Italia e Francia non coniano il pezzo da 5?


Qui mi fermo, perché in realtà non voglio che la discussione si trasformi in una discussione su mono- e bimetallismo e sull'UML (benché sia inevitabile andare a parare proprio lì).

Vorrei rimanessimo sul titolo della discussione. D'altronde sono già state tirate in ballo diverse monetazioni: preunitarie, UML, zarista, rame, argento e oro.

In realtà le mie come anche altre sono tutte ipotesi, probabilmente non vi è una sola ed unica causa alla base della compresenza di nominali identici in metalli diversi, ma più cause dovute a diverse ragioni a seconda sia del periodo storico che del Paese a cui si fa riferimento, in primis darei una certa rilevanza alla richiesta sul mercato di un determinato nominale, a tal proposito traggo un esempio classico dalla monetazione del Regno delle Due Sicilie dove a partire dal 1836 torna ad essere riconiato il nominale argenteo da mezzo carlino pari a cinque grana, esisteva già dagli inizi del nuovo regno, cioè dal 1818, un nominale di pari valore, ma in rame, il pezzo da 10 tornesi, ma appunto solo a partire dal 1836 verrà affiancato dal corrispettivo in argento, come mai? La legge inerente questa nuova emissione  riporta tali parole: “considerando l’utilità che al Pubblico ed alle contrattazioni recherebbe la coniazione eziandio delle monete di mezzo carlino di argento”; Il riferimento alla scelta di una tale emissione è quindi basato sulla richiesta degli utenti di un nominale evidentemente ritenuto utile in determinate contrattazioni, nonostante la compresenza di identico nominale in rame; a tal bisogna è sempre utile ricordare che il Regno duosiciliano fondava il suo sistema monetario su un monometallismo argenteo dove il solo argento era moneta legale e bastava ad estinguere tutte le obbligazioni, il rame era limitato nel suo potere di estinzione e l'oro, seppur coniato, era una moneta merce relegata agli scambi internazionali il cui valore era legato al peso ed alla variabilità del prezzo del metallo sul mercato...

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Inviato
11 ore fa, talpa dice:

a tal proposito traggo un esempio classico dalla monetazione del Regno delle Due Sicilie dove a partire dal 1836 torna ad essere riconiato il nominale argenteo da mezzo carlino pari a cinque grana

Ne abbiamo parlato ai primi messaggi, prima del #15.

11 ore fa, talpa dice:

l'oro, seppur coniato, era una moneta merce relegata agli scambi internazionali il cui valore era legato al peso ed alla variabilità del prezzo del metallo sul mercato...

Ho imparato che i ducati aurei duosiciliani erano in realtà oro monetato sfogliando distrattamente le pagine di un libro ancora in attesa di essere letto: La Società economica di Terra di Lavoro, Alessandro Marra.


Inviato
Il 2/6/2020 alle 13:55, sdy82 dice:

 

Forse un confronto con le altre coniazioni d'area europea potrebbe essere d'aiuto (mi viene in mente la Russia, che credo avesse anche lei una doppia circolazione metallica sul taglio da 5 copechi), però io non conosco bene la situazione prima dell'Unione Monetaria Latina. Ammetto peraltro di non conoscere la letteratura delle preunitarie, benché stia cercando di recuperarla.

 

Grazie.

La Russia è un cattivo esempio. Le fabbriche siberiane accumulavano 500 tonnellate di rame, era uno spreco di miniere d'oro .. Dovevano essere gettate via o messe in atto. Abbiamo provato a coniare monete. Nessuno aveva nemmeno bisogno di queste monete. L'esperimento fallì.


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