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Inviato (modificato)

No, non ce l’ho con il povero Claudio, tranquilli...

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Già lo hanno dato per zoppo, balbuziente, goffo, semi-ritardato mentale, sprovveduto…ma anche etilista no, eh?

Scherzi a parte, volevo chiedervi delucidazioni su una questione che mi ha lasciato dubbi.

Tempo fa, in una discussione sui sesterzi di Britannico, dopo aver letto documentazione sull'argomento, avevo scritto questo:

“….la corretta attribuzione/classificazione  di questi sesterzi è stata oggetto di lunghe controversie. All'inizio si ipotizzò che fossero stati coniati a Roma verso la fine del regno di Claudio….. (tuttavia) Mattingly disse che tale attribuzione era problematica perché in quegli anni la zecca di Roma non produceva bronzi…”

Non riuscendo a trovare qualcosa che supportasse questa affermazione (trovata su FAC e Wildwinds), più avanti avevo scritto:

“….”googlando” ho solo trovato una affermazione di Von Kaenel su una pagina del sito dell’Università di Tor Vergata di Roma che dice che dal 42/43 a Roma non venne più coniata alcuna moneta di bronzo”.

Qualche giorno fa tuttavia, nel leggere un articolo di “Panorama Numismatico” sulla monetazione di Claudio ho trovato questo:

Pallante (un liberto che era una sorta di “ministro delle finanze” ante litteram) concentrò la monetazione in Roma disponendo la chiusura di altre zecche provinciali, creando così una gravissima penuria di moneta spicciola alla quale posero per altro rimedio le popolazioni locali, coniando monete di bronzo e rame a perfetta imitazione, quanto a peso e lega, di quelle ufficiali. Dopo un primo tentativo di vietare questa circolazione sussidiaria, le autorità dovettero tollerarla.”

Poco oltre:

“Si e' già accennato al fatto della carenza di monetazione spicciola (di bronzo o  rame) conseguenza dell'accentramento delle coniazioni nella zecca di Roma,  con la contemporanea chiusura delle officina situate in Gallia nella penisola iberica. Questa operazione….comportò  inevitabilmente una copiosa produzione di monete di bronzo o rame ad iniziativa di amministrazioni locali per sopperire alle loro necessità di circolante. Questa produzione che si faceva rigorosamente a quella ufficiale,  rispettandone pesi e moduli, oltre che naturalmente le immagini,  venne tollerata e si affiancò nella circolazione alla produzione della zecca di Roma”.

Qualcosa non mi quadra. Ma magari non ho capito bene io….Magari le due cose sono compatibili.

Nel senso che Roma divenne l’unica zecca, ma non produsse più bronzi  a partire dal 42/43 d.C. Mancando quindi moneta spicciola, le amministrazioni locali, per sopperire alla carenza, si misero a coniare bronzi che vennero accettati dalle autorità ufficiali (anche se inizialmente tale attività fu osteggiata).

Può essere plausibile?  E se così avvenne, perché’ la zecca di Roma non produsse più bronzi? E perché allora la produzione di bronzi a livello locale fu inizialmente osteggiata?

Spero di essermi spiegato e di non aver fatto confusione.

Mi farebbe davvero piacere se qualcuno potesse darmi delucidazioni e spiegazioni in merito, per imparare.

Allego i links del FAC e Wildwinds a cui facevo riferimento.

https://www.forumancientcoins.com/numiswiki/view.asp?

http://www.wildwinds.com/coins/ric/britannicus/Cohen_0002.txt

Gli estremi dell’articolo citato:

Le monete di Claudio. Di Roberto Diegi, Panorama Numismatico n. 223, Novembre 2007

La discussione su Britannico: 

 

Grazie a chi risponderà.

Buona serata da Stilicho

Modificato da Stilicho
correzione di errore

Inviato

Anche io questa notizia dell’interruzione delle emissioni in bronzo e rame dal 43 non ho capito da cosa è stata ricavata....

mi pare arbitraria come Le datazioni del Crawford 


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