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Recentemente sto esplorando le crisi monetarie che si sono verificate nel corso della storia e mi sono imbattuto in questo articolo di Oliver Stannard, disponibile su Academia.edu:

The crisis of small change in Central Italy of the second and first centuries BC, and the function of overstriking.

In estrema sintesi, Stannard sostiene che in quel particolare momento storico, all’incremento di ricchezza di Roma non avrebbe fatto seguito un corrispondente incremento dell’offerta di moneta “spicciola” da parte di Roma. 

A questa crisi di circolante avrebbe dunque fatto seguito una considerevole importazione di monete in bronzo dall’isola di Ibiza e da quella di Kos, oltre a fenomeni di imitazioni e di riconiazioni su monete importate.

Il fenomeno dovrebbe essere stato a suo tempo trattato da Crawford, ma sottovalutato da altri studiosi.

Mi pare che McCabe, per esempio, sostenga che la mancata emissione di nuove monete sia dovuta all’eccedenza di assi degli anni passati, non più utilizzati nel pagamento dei mercenari, che ora erano pagati in argento.

Cosa ne pensate?

 

Modificato da Matteo91
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Secondo me l'abbondanza di monetazione enea non ufficiale (emissioni del Liri, imitative, ma anche vecchie monete con impresse contromarche con nuovi segni di valore) tradisce un'effettiva esigenza del mercato.

Può darsi che i sue fattori abbiano interagito: lo Stato non coniava più ritenendo sufficiente il vecchio numerario, invece il mercato aveva bisogno di un maggior volume di monete e quindi importava quelle straniere, o produceva quelle non ufficiali 

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Grazie dell’interessamento @L. Licinio Lucullo. Effettivamente potrebbe essere così.

Dall’articolo, però, mi è parso di cogliere che l’autore ritenga che Roma fosse consapevole della mancanza di moneta in bronzo, e che abbia intenzionalmente ridotto le emissioni per concentrarsi, invece, sull’argento (pag. 162, nelle conclusioni, per esempio).

Scopro le mie carte: mi chiedevo se questi eventi fossero in qualche modo collegati con la crisi del debito e con la riforma monetaria di Gratidiano. L’autore sostiene che la crisi sia definitivamente terminata con la riforma di Augusto, ma penso possa essere possibile che Gratidiano abbia provato a porvi fine prima (pagando per questo con la vita?).

Vorrei capirci un po’ di più: conoscete qualche fonte accessibile sulla crisi del debito e sulla riforma di Gratidiano? 

:)

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@Matteo91

posto un link a un discussione di qualche tempo fa sull'argomento.

 

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Grazie @Flavio_bo.

Quando avevi aperto quella discussione avevi già letto l’articolo dello stesso Stannard (che ben conosci) che ho indicato? 

Stannard suggerisce che l’importazione massiccia di monete di Ebusus e Kos (e forse anche dalla Cirenaica) sia dovuto alla carenza di circolante (come dicevi anche tu), ma non mi pare ci fossero spiegazioni sul perché siano stati “scelti” proprio questi posti (o forse dice qualcosa che non ricordo o mi è sfuggito...).

Penso che la tua discussione sia passata un po’ in sordina per via del periodo estivo e per la sezione poco frequentata, peccato perché penso sia un argomento estremamente interessante.

Era intenzione di Roma non produrre moneta spicciola per sè (Stannard parla di mancanza di circolante anche a Roma) e per quelle aree? Esiste una correlazione tra questo fenomeno e la crisi del debito? La riforma di Gratidiano ha avuto effetti sulla carenza di circolante?

Tabella presa dall’articolo di Stannard, pag. 163, abbastanza esplicativa della situazione monetaria del periodo.

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Grazie a te purtroppo in quelle poche righe ho cercato di riassumere sinteticamente quanto evidenziato da Stannard e Frey Kupper su monetine che sono estremamente  interessanti quanto meno per il soggetto rappresentato............

Sul perché proprio in quell'area..... si mette in risalto solo possibili rapporti commerciali tra l'area campana e la zona di ebusus e massalia,  anche se la cosa convince poco, però in qualche modo il prototipo e in maniera massiccia deve essere arrivato.

Se la riforma di Gratidiano possa avere avuto effetti sulla carenza di circolante non saprei cosa dirti.....

 

 

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12 minuti fa, Flavio_bo dice:

Sul perché proprio in quell'area..... si mette in risalto solo possibili rapporti commerciali tra l'area campana e la zona di ebusus e massalia,  anche se la cosa convince poco, però in qualche modo il prototipo e in maniera massiccia deve essere arrivato.

Stannard, pagina 105:

The earliest sign of the crisis is the deliberate importation and use of two blocks of foreign bronze coin, towards the middle of the 2nd century, both from polities outside Rome’s control: Kos and Ebusus; there is a further imported block, in the 1st century, from Kyrenaika. With Suzanne Frey-
Kupper, I have described this phenomenon in detail elsewhere, [35] and have proposed a check-list of diagnostic criteria for distinguishing such blocks from the more general flow of coins between different places, as a result of trade, military campaigns, and travel;[36] I will not repeat these arguments here.

Nella nota 35 é precisato, come già hai scritto, che l’ipotesi dei legami commerciali è stata scartata. 

 

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Argomento interessante.


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Io credo che si debba tener conto di un fattore essenziale e poco indagato: coniare il bronzo era antieconomico.

Teniamo conto, infatti, che Roma emetteva moneta per pagare le forniture di beni e servizi allo Stato, non per regolare il mercato della società civile, e che tali forniture comportavano soprattutto importi elevati: appalti pubblici, derrate alimentari e giochi circensi per il popolo, stipendium delle truppe (che, ricordiamolo, veniva solo conteggiato per mesi, se non per anni, e poi elargito a fine campagna). Ne consegue che gli spiccioli non erano indispensabili, per le esigenze del governo.

 

Tanto premesso, immaginiamo cheoccorrano 1.000 denari e che uno schiavo sia in grado di battere 1.000 monete in un certo lasso di tempo. E’ evidente che per ottenere quel valore in denari basti uno schiavo solo, in assi ne occorrano 16 e in quadranti addirittura 64: il costo di produzione aumenta vertiginosamente, tenuto anche conto che lo stesso identico incremento di risorse umane si verifica anche per la preparazione dei tondelli.

 

Ma v’è di più: esiste il problema del trasporto.

Il metallo prezioso infatti non “nasce” a Roma, deve essere là trasportato. Tanto che provenga da bottini di guerra o da miniere, deve arrivare a Roma su navi mercantili e carri trainati da buoi. Nel 146 a.C., quando Antestio Gragulo emette l’ultima serie regolare di bronzi per i successivi 40 anni (RRC 219), un denario pesa circa 3,5 g, un asse circa 24 g e un quadrante circa 8 g (avviso per i tecnici: ho scritto valori mediani fra i pesi censiti oggi, non standard ponderali teorici). Ne consegue che per ottenere il valore di 1.000 denari sarebbe stato necessario trasportare a Roma 3,5 kg d’argento oppure 384 kg di bronzo ... o addirittura 512 kg di bronzo se si desiderava monetarli in quadranti. Fate voi.

E considerate che gran parte del metallo monetato proveniva dal bottino di guerra (vd. Clare Rowan, Profits of war and cultural capital silver and society in republican Rome), previamente mostrato al popolo sui carri che seguivano la pompa trionfale. Ve l’immaginate trasportate via nave attraverso il Mediterraneo tonnellate e tonnellate di bronzo, per poi mostrare al pubblico romano una montagna di metallo color verde rame? Non sarebbe stata più economica, e più impressionante alla vista, una catasta di lingotti d’argento, ottenuta rivendendo in loco il bottino in bronzo (così come spesso si rivendevano schiavi e armenti sottratti al nemico)?

 

Non è un caso che nelle società moderne le banche centrali emettano solo cartamoneta, mentre gli spiccioli siano stati “sdegnati” e lasciati a istituzioni differenti (le zecche). Gli spiccioli non servono al Governo, ma ai cittadini, per cui uno Stato privo di funzioni sociali (com'era la repubblica romana guidata dall'aristocrazia) se ne può disinteressare

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Certo, questa è una discussione teorica. Quali indizi ci sono che effettivamente la coniazione del bronzo fosse ritenuta anti economica?

Io (che, ricordo per chi non mi conosca, sono solo un appassionato, non uno studioso, per cui potrei scrivere grosse castronerie) ne vedo tre.

 

Uno è il progressivo inaridimento dei nominali enei repubblicani: le emissioni diventano sempre più rarefatte e i singoli esemplari di ogni emissione sempre più rari.

 

Il secondo è il fenomeno della monetazione provinciale. Si vede bene dalle emissioni locali che quando Roma assoggettava una comunità in Italia o in Occidente, fatte rare eccezioni le toglieva il diritto di battere l’argento, ma l’emissione del bronzo continuava, spesso addirittura con in nomi dei magistrati romani iscritti sopra (e quindi con carattere di semi ufficialità). Lo vediamo in molte cittadine italiche federate, poi in Sicilia occidentale con gli assi attribuiti a Panormos (ma più probabilmente emessi a Lylibaeum) e con la monetazione siracusana posteriore alla cattura della città, poi in Sardinia, infine grandemente nelle Hispaniae.

Anche in Oriente l’emissione dei bronzi continua, anche là recano spesso i nomi dei magistrati romani (si pensi, uno fra tutti, al bronzo SNG Cop. 1316), però ai fini del nostro discorso sono meno probanti perché alle città di cultura greca Roma lasciò anche il diritto di coniare l’argento (come le emissioni delle Merides macedoniche o i cistofori asiatici), in segno di rispetto per la cultura greca e, sicuramente, perché il fiorente e ricco mercato locale non avrebbe potuto essere sostenuto con il solo argento repubblicano.

Ora, la privazione del diritto di coniare l’argento costituiva sicuramente un’imposizione dell’imperio romano. Ma allora perché non togliere anche il bronzo? Risposta (secondo me): perché con il costo del trasporto (da Roma alla provincia) la fornitura di monete enee diveniva del tutto anti economica. Immaginate: non solo era stato necessario trasportare a Roma tonnellate di bronzo grezzo, anziché pochi chili d’argento; non solo erano state impiegate centinaia di schiavi per monetarlo, anziché poche decine; ma poi occorreva riportare il numerario in Sicilia, o in Hispania Citerior ... pagando il trasporto di tonnellate di monete enee! Considerato che i mercantili potevano affondare o essere assaltati dai pirati e che le carovane di carri potevano essere sottratte dai predoni (come effettivamente accadde per il famoso oro gallico) è possibile che il costo da sostenere per far arrivare una moneta bronzea ai confini occidentali del dominio romano fosse superiore al valore della moneta. In questo caso, le leggi dell’economia diventano implacabili e non c’è ragione politica che tenga: il mercato si arrangia.

 

Un secondo indizio dell’anti economicità della coniazione enea è rappresentato da ciò che accadde nella seconda metà del I secolo a.C.

I governanti che volevano dare una parvenza di stabilità al loro regime, in un contesto di agonia del regime repubblicano, cercarono di monetare il bronzo (evidentemente, al fine di ingraziarsi l’opinione pubblica, che ormai aveva un bisogno disperato di spiccioli), ma sostanzialmente i loro tentativi fallirono.

Cesare commissionò due emissioni isolate nel 46/45 (RRC 476 e, io credo, RRC 550) e non ripetè il tentativo nel 44, malgrado l’ingentissimo volume di oro e argento avviato alla monetazione quell’anno.

Ottaviano provò con una comparabile emissione a suo nome (RRC 535) che, anziché diffondersi, fu subito copiata, con qualità scadente e peso inferiore, in giro per l’impero (le “imitative” della serie 535 sono diffusissime, talvolta difficili da distinguere dagli originali, talaltra di fattura quasi barbarica).

I figli di Pompeo cercarono di dichiarare la loro fedeltà alla tradizione repubblicana emettendo monete con i tipi dell’asse (RRC 471 e 479), ma la variabilità di stili e, soprattutto, di pesi attestano di un esperimento che ebbe vita difficile.

Soprattutto, Antonio. Antonio volle distinguersi reintroducendo un’intera e organica serie di “spiccioli” bronzei, la bellissima serie navale. Risultato? Le emissioni furono rare, il peso calò drasticamente da un anno all’altro e infine le monete non furono più prodotte. Si noti che il calo di peso contrasta con l’aspirazione di andare incontro alle esigenze del popolo, perché fa diminuire l’accettabilità della moneta sul mercato: quindi, solo ragioni di antieconomicità possono esserne state la causa.

Non è un caso che la situazione si sia sistemata solo con l’instaurazione del regime che oggi chiamiamo “imperiale”, sotto Augusto. Solo un potere stabilizzato e lungimirante poteva pensare a produrre spiccioli, per andare incontro alle richieste della società civile, sostenendo l’allargamento del delta costo di produzione/valore del prodotto. È peraltro interessante notare che Augusto affidò al Senato la monetazione del bronzo, riservando a sé quella dell’argento e dell’oro: chiaro segno, secondo me, che era nota la differente funzione dei due tipi monetali (per il mercato della società civile il primo, per le finanze dello Stato il secondo)

 

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Detto questo, come “si arrangiò” il mercato, quando i magistrati cominciarono a “fregarsene” di monetare il bronzo? (scusatemi l’uso di queste due espressioni colloquiali e addirittura un po’ volgari, mi sembra che rendano bene l’idea)

Risposta (secondo me): con tutto quel che capitava. In un’economia in cui la moneta basa la sua credibilità, almeno in parte, sul valore intrinseco, qualunque pezzo di bronzo va bene, purché ne sia immediatamente riconoscibile il valore. E qui vediamo di tutto: vecchie monete; vecchie monete contromarcate; monete di altre città; monete locali; monete “imitative”.

 

Mi resta un dubbio, effettivamente insoluto: perché un certo tipo di monetazione si concentra attorno al bacino del Liri? E perché dimostra collegamenti con Ebusus in particolare?

Forse (ma solo forse) l’impressione di una concentrazione attorno al bacino del Liri deriva solo da situazioni fortunate che hanno agevolato i rinvenimenti archeologici. Del resto in alta Italia si ritiene che fosse diffusa la monetazione enea imitativa (più difficile da associare a una regione geografica, per l’assenza di “tipi” caratteristici) mentre in Magna Grecia circolavano di sicuro i bronzi  “locali”.

Il collegamento con Ebusus, poi, potrebbe tradire unicamente l’esistenza di una rotta commerciale (e quindi culturale) privilegiata.

 

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Ora, come si collega tutto questo con la crisi del debito? Non ne ho idea. Forse la mancanza di spiccioli aggravava i debiti, perché gli importi venivano arrotondati al massimo, ma non credo che fosse un effetto rilevante: i volumi dei debiti che leggiamo nelle fonti sono talmente elevati che poco avrebbe cambiato un arrotondamento da 500 denari e 8 assi a 501 denari. Certo, può anche darsi che una serie di arrotondamenti da 8 assi a un denario, cumulativamente considerati, comportasse la duplicazione del debito complessivo di un piccolo coltivatore diretto ... 

Mi sembra, più che altro, che entrambi i fenomeni (crisi del debito e inaridimento della monetazione enea) siano effetti di una medesima concausa, ovvero il disinteresse del governo aristocratico per le esigenze della popolazione meno abbiente. La contemporaneità di essi potrebbe spiegarsi in questi termini, piuttosto che come indice di una reciproca interazione.

Sempre - ci tengo a ripeterlo - parlando da ignorante.

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Grazie per i tuoi interventi @L. Licinio Lucullo. Sicuramente non sono interventi da ignorante in materia (in questa discussione quel ruolo spetta a me :) ).

Penso che l’antieconomicità nella produzione di moneta bronzea sia uno dei motivi per cui il governo se ne disinteressó, se non l’unico motivo.

Non conosco nulla della crisi del debito della Roma Repubblicana, però la mancanza di circolante potrebbe aver costretto le persone a comprare “a credito”, per poi trovarsi a non poter ripagare i debiti contratti.

Qualcosa di simile è avvenuto nel Cile di fine ‘800, che ho già raccontato in altra discussione a cui rimando per non essere ripetitivo e risultare noioso (e forse è successo anche a a Firenze nel ‘300?): https://www.lamoneta.it/topic/187255-crisi-monetaria-di-firenze-del-xiv-secolo/

Insomma, lungi dal voler banalizzare e pretendere di confrontare fenomeni così lontani nel tempo. Mi chiedevo soltanto se circostanze simili (carenza di circolante e crisi del debito) possano essersi verificate in più occasioni nel corso della storia e se queste abbiano fatto comodo a qualcuno a scapito di altri.

 

 

 

 

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Non sapevo dei fatti del Cile, né della loro possibile ripetizione a Firenze. E' decisamente interessante e da approfondire, potrebbe fornire una valida chiave di lettura su quel che accadde a Roma.


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Sul piano strettamente monetario, questi sono gli assi che, secondo il RRC di Crawford, furono emessi dalla Repubblica nel I secolo a.C.:

329/2 - P. Cornelius Lentulus:      g 18,22 - 27,31,           100 a.C.

334/2 - L. Pomponius Molo:            g 21,79 - 31,98,          97 a.C.

335/4 - C. Publicius Malleolus:    g 19,06 - 40,58,            90 a.C.

337/5 - D. Iunius L. F. Silanus:       g 7,79 - 16,66,            91 a.C.

338/1 - L.P.D.A.P.:                            g 10,35 - 17,36,          91 a.C.

339/1 - anonima:                               g 7,62 - 12,93,            91 a.C.

340/4 - L. Calpurnius Piso Frugi: g 6,74 - 14,05,              90 a.C.

341/4 - Q. Titius:                               g 6,31 - 16,22,            90 a.C.

342/7 - C. Vibius C. F. Pansa:          g 7,48 - 15,14,            90 a.C.

344/4 - L. Titurius Sabinus:            g 5,44 - 15,06,            89 a.C.

345/3 - Lentulus Clodianus:         g 9,17 - 14,19,             88 a.C.

346/3 - C. Marcius Censorinus:     g 8,19 - 13,76,            88 a.C.

346/4 - C. Marcius Censorinus:     g 9,53 - 15,15,            88 a.C.

348/5 - L. Rubrius Dossenus:          g 8,48 - 14,66,            87 a.C.

348/6 - L. Rubrius Dossenus:          g 8,71 - 13,14,            87 a.C.

350A/3 - Gar., Ogul. e Vergilius:      g 8,16 - 16,23,          86 a.C.

353/3 - Mn. Fonteius C. F.:               g 10,84 - 15,59,          85 a.C.

354/2 - C. Licinius L. F. Macer:       g 10,77 - 14,81,          84 a.C.

354/3 - C. Licinius L. F. Macer:      g 11,78 - 15,21,          84 a.C.

355/1 - Longinus/Salinator:          g 7,85 - 17,44,            84 a.C.

368/1 - Sulla Felix:                           g 15,55 - 22,91,          82 a.C.

471/1 - Pompeius:                             g 15,28 - 37,35,          46/45 a.C.

478/1 - Pompeius/Eppius:                g 12,37 - 26,86,          45/44 a.C.

479/1 - Sex. Pompeius:                    g 12,41 - 26,17,          45 a.C.

530/1 - M. Antonius/Atratinus:       g 12,28 - 14,75,          39 a.C.

 

La coniazione del bronzo si interrompe bruscamente subito dopo la riforma di Gratidiano (85 a.C.)! 

(teniamo conto che l'emissione di Silla, RRC 368/1, peraltro contemporanea alla morte di Gratidiano, aveva forse funzione celebrativa)

Che collegamento può esserci? Che ne pensi @Matteo91?

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Molto interessante, @L. Licinio Lucullo! Purtroppo non ho alcuna competenza per esprimere un parere: azzarderei a dire che un collegamento potrebbe esserci, ma potrebbe anche essere una banale coincidenza.

Proviamo prima a capire qualcosa di più sulla riforma di Gratidiano? Nel pomeriggio cerco qualche articolo...

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Bernardo Santalucia in Studi di diritto privato romano (1994), p. 82, sostiene che con la sua riforma Gratidiano avrebbe introdotto un sistema a cui i cittadini avrebbero potuto rivolgersi per riconosce la moneta buona da quella suberata/di bassa lega; inoltre avrebbe previsto delle pene contro chi commetteva il reato di far circolare moneta suberata. Per questo sarebbe stato adorato dal popolo quasi come una divinità.

Santalucia sostiene che non sia accoglibile la teoria di Mommsen, che sosteneva che l’editto avesse l’obiettivo di togliere dalla circolazione le monete suberata di Druso; nè lo sia quella di Crawford, il quale ritiene che l’editto avesse l’obiettivo di ristabilire il rapporto di cambio tra asse e denario (visto che la testimonianza di Plinio sembra parlare di altro). Tantomeno è ritenuta plausibile la teoria di Lo Cascio, che invece sostiene che Gratidiano abbia previsto per la prima volta un “corso legale” della moneta - nota 19, pp. 82-83.

Allego le pagine per un pronto riscontro, ma il libro è visionabili su google books:

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Banalizzando, possiamo dire che quando Gratidiano entra in scesna ci sono in circolazione troppi suberati e troppi pochi assi.

Nell'85 egli adotta una riforma che contrasta la circolazione dei suberati (quale che ne sia la ragione) ed è graditissima al popolo (che evidentemente veniva danneggiato dalla circolazione di suberati). Il suo operato però risulta odioso all'aristocrazia e lo porta a una morte atroce.

Intanto, la già carente emissione di bronzi finisce del tutto.

Perché? Che legame potrebbe esserci?

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Grazie @L. Licinio Lucullo, vedo che i nostri messaggi sono abbastanza concordi, il che mi rincuora.

Mi sembra un argomento controverso. 

Crawford, mi pare, abbia osservato che non sono stati rinvenuti molti suberati nei ripostigli dell’epoca (qualcuno può confermare? L’ho letto in un sito...) e fornisce un’interpretazione del tutto diversa dell’editto: ossia che Gratidiano avrebbe “ristabilito il rapporto tra asse e denario” (anche qui serve conferma).

Santalucia si basa “solo” su quanto riportato da Plinio. 

Che abbia ragione Crawford o Santalucia, i dati di fatto sembrerebbero essere:

1. dopo l’editto si blocca la produzione di assi, ma mi sarei aspettato il contrario;

2. Il popolo acclama Gratidiano per il suo editto;

3. Gratidiano fa una bruttissima fine per questa sua iniziativa.

Forse l’editto di Gratidiano non è legato in alcun modo alla carenza di circolante? Magari a Roma ce n’era a sufficienza, diversamente da quanto osservato da Stannard? 

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In verità possono essere due le cause della fine della produzione di bronzi,e sono di segno opposto: o l'editto oppure ... la restaurazione sillana?

Modificato da L. Licinio Lucullo
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2 minuti fa, L. Licinio Lucullo dice:

In verità possono essere due le cause della fine della produzione di bronzi,e sono di segno opposto: o l'editto oppure ... la restaurazione sillana?

Si, potrebbe essere che Gratidiano non abbia avuto tempo di attuare alcunché e Silla abbia restaurato una situazione più favorevole all’aristocrazia (?).

Rimane comunque da inquadrare correttamente l’editto di Gratidiano, che riscosse molto successo tra il popolo.

Credo che in tutta questa vicenda le dinamiche monetarie abbiano giocato un ruolo fondamentale, anche se non mi sono ancora del tutto chiare. 

Magari qualche altro utente potrebbe apportare qualche spunto finora non preso in considerazione...

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Se non sbaglio l’episodio di Gratidiano è uno degli argomenti che vengono addotti per sostenere la tesi che i suberati fossero una frode commessa dalla zecca, dunque con l’avallo, se non del Senato, quanto meno dei magistrati monetari. Quindi una truffa ai danni dei legionari e della plebe. La sua riforma quindi disturbava la parte di Silla, da qui la sua rovina.

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Grazie @Scipio.

A questo punto credo sia importante sapere cosa abbia veramente scritto Crawford al riguardo, visto che dovrebbe aver fornito una ricostruzione diversa della vicenda. 

 

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Alla luce di quanto è stato scritto credo che potrebbe esserci effettivamente stato un nesso tra (1) mancanza di circolante / (2) riforma di Gratidiano / (3) acclamazione di Gratidiano / (4) interruzione emissione di assi / (5) morte dello stesso Gratidiano.

Non so se tale nesso sia stato preso in considerazione da Santalucia e Crawford che, rispettivamente, parlano della riforma di Gratidiano come una riforma per contrastare i suberati o per ristabilire il rapporto di cambio tra assi e denari. 

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