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Hnefatafl ovvero il tavolo del re


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Il Hnefatafl (Tavola del Re in norreno) è un gioco da tavolo molto antico, originario dell'Europa del nord: è simile agli scacchi e si è diffuso in tutte le zone del Nord Europa toccate dai vichinghi.

È giocato almeno a partire dal 400, molto prima, quindi, dall'arrivo degli scacchi in Europa, che risale al XII secolo. Come negli scacchi si fronteggiano i pezzi bianchi e i pezzi neri. I bianchi sono muniti di un re mentre i neri non lo hanno. Lo scopo è per i bianchi quello di far fuggire il proprio re facendolo arrivare ad un angolo ("rifugio") della scacchiera, mentre per i neri di catturare il re nemico.

Oltre al re gli altri pezzi sono tutti l'equivalente della torre negli scacchi. Tutti i pezzi si possono muovere di quante caselle vogliono fino ad incontrare un ostacolo ed è vietato muoversi diagonalmente.

Per quanto riguarda le posizioni il re occupa la casella centrale "il castello" ed è circondato dai suoi pedoni, invece i neri sono posizionati ai bordi della scacchiera. Per "mangiare" un pedone bisogna chiuderlo tra due pezzi (Pb->Pn<-Pb) (c.d. "cattura per consegna") mentre il re va chiuso tra quattro pezzi.

Il nero muove sempre per primo.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Hnefatafl

Vi allego una foto di un gioco moderno.

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Dopo quella doverosa introduzione (per fare comprendere meglio ciò che segue) si può passare a parlare delle pedine vichinghe di Lewis.

Il 2 Aprile 1831, uno sconosciuto mercante di Stornoway, Roderick Pirie (o Captain Ryrie o Ririe, l’identità è a tutt’oggi incerta), decise di mettere in mostra a Edimburgo la sua meravigliosa collezione di pedine medievali, rinvenute, a suo dire, presso la baia di Uig, sull’isola di Lewis, sepolte sotto 2 metri di sabbia.

Scolpite in preziosa zanna di tricheco e dente di balena, le figure, alte circa 10.2 cm, furono presentate alla Society of Antiquaries of Scotland come gli unici pezzi rimasti di 4 scacchiere vichinghe incomplete, probabilmente realizzate in Norvegia, forse a Trondheim, luogo in cui furono in seguito ritrovate sculture simili.

Gli esperti riuscirono a datarle tra il 1150 e il 1200 d.C. 
Con una lettera di presentazione, Roderick Pirie raccontò la storia del loro ritrovamento, lasciando spazio a molti dubbi e a contraddizioni. Alcuni studiosi misero in dubbio la spiegazione di Pirie ma la lettera di presentazione del capitano sparì poco dopo e da allora le pedine di Lewis sono rimaste avvolte da un fitto alone di mistero.
Solo un dubbio sembra essere svanito a molti storici: essendo tutte statuine bianche, potrebbero trattarsi non di pedine per scacchi, ma per il gioco del Hnefatafl (il tavolo del re) vichingo. 

La contraddizione maggiore sta nella pedina detta “torre” (vedi descrizione sotto). A quel tempo, la torre era il pezzo più importante e più forte della scacchiera, mentre tra le statuine rinvenute, quella figura è troppo piccola e insignificante rispetto alle altre. In effetti, al momento dell’acquisto da parte del National Museum of Scotland, nell’inventario non figura alcuna pedina denominata “torre”. 
Vi sono invece:

un soldato a cavallo

due vescovi

due re

due cavalieri, uno dei quali morde lo scudo

Lo stesso British Museum, che oggi ospita la maggior parte delle pedine, non ne menziona neanche una ma fa riferimento alla statua del “carceriere” (oggi corretta con il nome di “soldato che morde lo scudo”). Facendo un calcolo tra i pezzi ritrovati e considerando le cosiddette torri, cavalieri, abbiamo il seguente inventario:

8 re

8 regine

16 vescovi

15 cavalieri

12 carcerieri (o torri)

19 pedoni

14 dischi piatti

 Una fibbia per cintura (serviva probabilmente per fare i buchi su una tavola di legno e creare il tavolo su cui giocare)

Dalle ricostruzioni, pare che nel sec. XII in Norvegia si giocasse con 37 pezzi: un re, 12 difensori del re e 24 all’assalto. Ma allora, perché mentire? All’epoca, nella prima metà dell’Ottocento, gli scacchi erano molto in voga: Edimburgo aveva battuto Londra in una memorabile partita e i segreti del gioco erano stati svelati da un grande maestro del gioco, tale William Lewis. Alcuni studiosi hanno ricollegato proprio a William Lewis il nome del luogo del ritrovo. Forse Pirie aveva ben chiaro come quella serie di coincidenze fosse un ottimo mezzo per poter vendere le pedine a un prezzo elevato.

Dal momento del ritrovamento, le versioni si susseguirono senza sosta.
Nel giungo del 1831, un giornale scozzese pubblicò la notizia asserendo che un contadino, scavando nella sabbia, aveva riportato alla luce il misterioso lotto.
Nel 1833 la notizia fu ulteriormente modificata: si disse che erano state ritrovate presso l’antico sito di un monastero, in una stanza con il soffitto a volta, lunga sei piedi e sul cui pavimento erano sparse delle ceneri.
La nuova versione resse fino al 1851, quando si asserì che grazie alla marea primaverile del 1831,  il mare, spazzando via parte della spiaggia, aveva fatto rinvenire una struttura simile ad un forno. Un contadino locale, tale Calum nan Sprot, avvicinandosi al forno vi aveva osservato una serie di gnomi e folletti dalle facce spaventose. Inorridito si era dato alla fuga, ma la moglie lo aveva invitato in seguito a tornarvi e a recuperare il fardello che sarebbe stato poi esorcizzato dal prete locale, Alexander MacLeod.
L’ultima fantasiosa versione del ritrovamento risale al 1967: un allevatore avrebbe osservato una delle sue mucche strofinare le corna su una duna di sabbia, rinvenendo alcuni oggetti bianchi.

L’unica apparente certezza, in tutti questi racconti, rimane l’isola di Lewis e la remota baia di Uig, difficilmente accessibile in tempi remoti.
Ma come sono arrivate queste statuine fino a Uig? La spiegazione sembra plausibile ma è tutta da provare, e i locali stessi sono riluttanti nel parlarne. Nel 1600, una nave partita dalla scandinavia e diretta, presumibilmente, in Irlanda aveva fatto scalo a Loch Hamnaway. Qui, un pastore di nome Gillie Ruadh (Gillie il Rosso) aveva ucciso uno dei marinai per rubargli il prezioso tesoro in avorio, ma temendo di venire scoperto, aveva seppellito il fagotto senza essere più in grado di ritrovarlo. Alcuni anni dopo, sul punto di venir impiccato a Stornoway per un altro crimine, Gillie Ruadh aveva confessato il reato e l’esistenza delle pedine.
Poco dopo il rinvenimento del prezioso fardello rubato, la storia ci narra che Ririe aveva rivenduto le statuine a un antiquario di Edimburgo, TA Forrest, che a sua volta ne aveva cedute 82 al British Museum di Londra e 10 al pittore Charles Kirkpatrick Sharpe. Lo stesso Sharpe era riuscito a impossessarsi di un ulteriore pezzo, arrivando a 11 sculture. Ma anche questa storia rimane ancora oggi piuttosto oscura e pare che, se Ririe sia stato solo un personaggio marginale e la storia che ruota attorno alla sua persona del tutto inventata, il vero truffatore sia stato Forrest, il vero regista che ha saputo tessere le trame di questo fitto mistero.
Oggi le 11 statuette di Sharpe sono conservate presso il National Museum of Scotland, le restanti  82 presso il British Museum di Londra.

Le statuine rinvenute sono tutte riccamente intagliate e ornate.
I re: ogni re siede su un trono finemente ornato, indossa un mantello e tiene una spada nella mano destra. La maggior parte dei re ha la barba. 
Le regine: le regine occupano un trono simile a quello del re e indossano il velo sotto la corona. L’espressione del viso è intensa e il mento riposa sulla mano destra. La mano sinistra fa da appoggio al gomito destro.
I vescovi: ogni vescovo stringe tra una (o in alcuni casi entrambe le mani) un pastorale; nell’altra sorregge una Bibbia. Indossano la mitra sul capo e sono vestiti col paramento. Nonostante gli scacchi (e il Hnefatafl) siano un gioco di guerra, la presenza del Vescovo riflette lo status del sistema sociale del periodo. Spesso i vescovi-guerrieri erano presenti sul campo di battaglia. 
I cavalieri: i cavalieri sono tutti raffigurati a cavallo, indossano elmetti rotondi e sono armati con lance e scudi a forma di aquilone. La sommità degli scudi e’ piatta o arrotondata. Ognuno di questi riporta disegni diversi. 
Le torri: sono dette torri da alcuni studiosi le pedine raffiguranti alcuni soldati a piedi armati di spada e di scudo. Alcuni di questi soldati mordono con rabbia lo scudo. Per l’impeto mostrato in questo gesto, queste torri sono state anche definite “berserker”.
I pedoni: non sono rappresentati da figure umane ma piuttosto come tavole o pietre incise. Sono tutti molto simili tra di loro. 

Ma come si gioca al Hnefatafl? Esistono diverse varianti di questo gioco, che risale al 400 d.C. Si gioca con Re e Cavalieri a piedi, con 3 o 4 pezzi differenti. Le versioni e le configurazioni variano a seconda della saga che si vuole riprodurre. Non è necessario che le pedine siano di colore diverso e che vi sia una scacchiera.

https://www.google.com/amp/s/celticworld.it/2019/09/09/le-pedine-vichinghe-di-lewis-scacchi-o-hnefatafl/amp/

 

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Modificato da ARES III

Inviato

Comunque i pezzi di epoca più propriamente vichinga del Hnefatafl non erano così lavorati, ma erano diciamo molto più semplici.

Inoltre questi giochi "da tavolo" vichinghi sono citati in alcune fonti scritte, come nelle saghe o in testimonianze storiche, e sono stati ritrovati dagli archeologi in grande quantità, soprattutto nelle sepolture dei capi vichinghi nelle navi funerarie. Il corpo degli uomini più importanti era infatti deposto insieme ad alcuni oggetti e ad alcuni doni in una barca di legno e poi bruciato. Quando 

 un recente studio di Mark Hall, direttore del Perth Museum and Art Gallery, sono state identificate almeno 36 navi funerarie vichinghe con resti di giochi da tavolo in un’area che va dall’Islanda all’Ucraina. Gli oggetti che si ritrovano in maggiore quantità sono le pedine; queste possono essere in osso, in ambra, in vetro e anche in avorio. Nella sepoltura di Scar, nelle isole Orcadi in Scozia, le pedine sono 22 e sono in osso di balena. Non sono rari i dadi e in alcuni casi, come a Gokstad in Norvegia, è stata trovata anche una scacchiera in legno che poteva essere utilizzata su entrambi i lati per giochi diversi.

I giochi da tavolo facevano parte del corredo funebre (cioè dell’insieme di oggetti il defunto si portava con sé nell’aldilà) segnalandone il ceto sociale, il valore e l’abilità nella strategia di un guerriero o anche la scaltrezza e l’abilità di un mercante. La presenza di un gioco da tavolo poteva anche segnalare che una partita, quella della vita, era terminata, ma che un’altra, sconosciuta, stava per iniziare.

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C'è anche una pietra runica di Ockelbo (Svezia) che mostra due vichinghi durante lo svolgimento di un gioco da tavola, forse proprio il Hnefatafl dal momento che sulla tavola sono segnati le caselle angolari e quella centrale.

Ockelbo.jpg


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Riporto un articolo recente sulla scoperta di uno straordinario pezzo da gioco (re) in vetro avvenuto sull'isola di Lindisfarne in UK (mannaggia alla brexit):

Rare Viking Era Board Game Piece Discovered On Lindisfarne

British archaeologists have announced the discovery of a rare board game piece, believed to date back to one of the first Viking raids on the island of Lindisfarne. The island and its monastery was plundered by the Vikings in the year 793.

Reports in the Anglo-Saxon Chronicle, personal letters and the famous Doomsday Stone are the first written sources of Viking raids and the attacks are therefore considered to be the beginning of the Viking era. They were the first of many attacks on monasteries. Well-stocked with wealth and supplies and poorly defended, the buildings were attractive targets for the Vikings.

Game piece from a classic Viking game

Recent excavations on Lindisfarne have located a cemetery and at least one building, but now the team has found various objects from the early Viking era that provide a tangible link between the local monastery and the culture from Scandinavia. One of the most remarkable is a board game piece, discovered in a ditch in September last year.

 say the tiny gaming piece is made from swirling blue and white glass and features white glass droplets forming a crown. It could be from a variant of the Viking board game hnefatafl, also known as the King’s Table. Bearing similarities to chess, the strategic board game simulates a Viking raid. The game has enjoyed a renaissance in the Nordic countries of late and modern takes on the game have been produced.

Although similar objects have been found in Ireland, Germany and Sweden, it’s only the second such piece to have ever been found in the U.K.

Working to find the original monastery remains

Despite the written sources, archaeological evidence on Lindisfarne itself has been thin. The exact location of the original wooden monastery isn’t known. The visible ruins on Lindisfarne today are from a later priory. In recent years, archaeologists from the University of Durham and volunteers from the DigVentures organization have been working to find remains of the original monastery.

While archaeologists have no way of telling whether the piece was dropped by a Viking raider or owned by a local, they can draw some conclusions based on the apparent high quality of the piece and the dating of the ditch to around the time of the initial Viking raids.

Lead project archaeologist David Petts, a senior archaeology lecturer at Durham University, told The Guardian that Lindisfarne would have been a bustling place: “We often tend to think of early medieval Christianity, especially on islands, as terribly austere: that they were all living a brutal, hard life. The sheer quality of this piece suggests this isn’t any old gaming set. Someone on the island is living an elite lifestyle.

DigVentures is a crowdfunding and crowdsourcing platform that enables civic participation in archaeology and heritage projects. Founded in 2012, the team has run over 40 projects and has partners in the U.K., Europe and the U.S.

https://www.forbes.com/sites/davidnikel/2020/02/07/rare-viking-era-board-game-piece-discovered-on-lindisfarne/amp/

 

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Modificato da ARES III
  • Grazie 1

  • 2 settimane dopo...
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Vi mostro due pezzi da gioco in piombo del Hnefatafl, provenienti dalla York vichinga, della mia collezione: una, la più bassa dovrebbe essere una pedina, l'altra la più alta dovrebbe essere invece il re.

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Modificato da ARES III

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Per gli amanti dei giochi vichinghi, posto un articolo in Inglese su PDF dal titolo:

"Whalebone Gaming Pieces: Aspects of Marine Mammal Exploitation in Vendel and Viking Age Scandinavia"

Trad. :

Pezzi da gioco di ossa di balena: aspetti dello sfruttamento dei mammiferi marini a Vendel e nella Scandinavia del periodo vichingo

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whalebone_gaming_pieces_aspects_of_marine_mammal_exploitation_in_vendel_and_viking_age_scandinavia.pdf


  • 2 settimane dopo...
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Altri tre pezzi della mia collezione: i primi due sono in piombo dell'area di York mentre il pezzo più panciuto è in ceramica ed è stato ritrovato proprio dentro York.

 

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Modificato da ARES III

  • 2 settimane dopo...
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Anche questi due sono pezzi della collezione:

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Modificato da ARES III

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Vikings Were Buried With Board Games To Beat Boredom

 

The Orkney islands were under Norwegian rule until the 15th century, acting as a foothold for Viking raids on mainland Britain.
The islands remain littered with archaeological evidence of the feared Norse warriors, including at least two burial sites where board games were found to have been buried alongside bodies.

 
Vikings were buried with board games to beat boredom
 

(The king piece and its ‘owner’ from the Saalme II boat burial )

Now a Scottish academic has revealed that they were included in a bid to commemorate the warrior skill of the deceased and to provide them with entertainment in the afterlife.

Mark Hall of Perth Museum has published new research on “Viking board game burials” across Northern Europe.

Two of the 36 known board game burials that he discusses are Orkney Viking burials on the islands of Rousay and Sanday.

 

Vikings were buried with board games to beat boredom

The ninth-century Rousay site contained one male, buried alongside 25 board game pieces made from bone and one die.

On Sanday a burial from around the same time contains one adult male, as well as a young boy and an elderly woman.

The group were laid to rest in a boat along with 22 whalebone playing pieces.

Mr Hall writes: “Thus equipping the deceased in burial would have seen them provided for in afterlife both as an act of remembrance and to make sure the dead were not lacking in anything, ensuring that they would move on and not – disturbingly – be drawn back to the living world.”

He explains that the strategy and skill of board games was closely linked to the deceased’s warrior status, hence their use in the burial ritual.

He continues: “Placing the gaming kit in the grave served to remember or commemorate that status and skill and to make it available for the deceased in the afterlife.”

The games also acted as “provisions” for the challenge of the journey into the afterlife.

He writes: “Just as in life, where success on the gaming board – which needed strategic thinking as well as fighting ability – could be seen to confirm and add to the status of an accomplished warrior, in death the inclusion of a board game signalled ability and success as a warrior and by implication preparedness for the challenge ahead.”

The playing pieces were used in various games – including one called hnefatafl, which was similar to chess.

https://archaeologynewsnetwork.blogspot.com/2016/07/vikings-were-buried-with-board-games-to.html?m=1


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