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I preparativi di guerra dei cesaricidi


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Bruto e Cassio furono subito identificato come l'anima della rivolta contro Cerare e il cesarismo, i protagonisti del tirannicidio. 

Ma erano due persone molto, molto diverse.

Quinto Servilio Cepione Bruto, figlio di Servilia (donna bellissima oltre che spregiudicata, amante di lunga data di Gaio Giulio Cesare), nato "Marco Giunio Bruto" e poi adottato, era un idealista, forse addirittura fuori dal tempo.

Animato da sentimenti nobilissimi  praticava l'oratoria, studiava la filosofia e amava la musica. Devoto agli dei, era particolarmente affezionato ad Apollo Delfico. Apprezzato dalle truppe, amato dagli amici, ammirato dalla nobiltà, persino i nemici trovavano impossibile odiarlo.

Soprattutto, perseguiva la libertà, a ogni costo; ebbe a dire, un giorno, che "È meglio, in verità, non comandare nessuno che servire qualcuno: perché senza comandare è concesso vivere onestamente, in servitù non c'è possibilità di vivere".

Personalmente non ne stimo l'immagine che ci è stata tramandata: mi sembra più un pazzo pericoloso, che un nobile eroe tragico; ma è un'idea soggettiva. Indubbiamente, però, doveva suscitare ammirazione per la sua pretesa di integrità morale, ancorché probabilmente folle.

Arrivò alle Idi di marzo intimamente lacerato: fra la riconoscenza per Cesare che l'aveva graziato, e l'odio per Cesare che aveva sfruttato sessualmente sua madre; fra il timore di entrare in azione, e la vergogna per i dileggi che apparivano sulle mura della città ("Tu non sei un vero Bruto", "Oh se Bruto fosse vivo!", "Bruto tu dormi"); fra la ripugnanza per l'omicidio e l'anelito per una "libertà" aristocratica ormai spentasi.

"Kai su, tekne?" gli disse in faccia il grande Cesare ("anche tu, figlio?", in Attico), prima di arrendersi ai suoi colpi 

 

800px-Portrait_Brutus_Massimo.jpg

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Cassio no, non era così.

Anche se Plutarco ce ne restituisce una visione avida, egoista, quasi limitata, egli doveva essere l'ultimo erede dei "veri" aristocratici romani, pronti a passare all'azione, indomiti, assetati di gloria politica.

Gaio Cassio Longino era il cognato di Bruto, perché aveva sposato Tertulla, figlia di Servilia. 

Partecipò alla sanguinosa campagna partica di Crasso, si salvò dalla strage di Carre grazie al suo intuito e alle sue superiori abilità militari, portò i suoi in salvo ad Antiochia e lì, servendosi solo di quei pochi disperati che aveva sottratto a morte certa nel rovente deserto mesopotamico, riuscì a respingere i Parti stessi che, sull'abbrivio del sangue romano appena versato, volevano invadere la provincia siriana. Schieratosi con Pompeo fu anche lui perdonato da Cesare, ma non poteva convivere all'ombra del dittatore: e nel suo caso non per anelito di libertà, banalmente perché non si sentiva gregario di alcuno.

Plutarco dice che era uomo di passioni violente e incontrollate, malvoluto dai soldati che comandava colla paura, bramoso di denaro e - per questo - spesso tentato di allontanarsi dalla via della giustizia, portato a combattere per il desiderio di promuovere la grandezza di se stesso, anziché la salvezza della res publica. Per lo storico greco sono critiche, ma in verità si attaglierebbero alla maggior parte dei grandi condottieri di Roma repubblicana

(nota: il busto sottostante non è contemporaneo, è un'opera del 1800)

 

busto-ritratto-di-caio-cassio-longino-di-bogliani-giuseppe-1805-1881--codice-01-00168496.jpg

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Si può ben immaginare l'attrito tra i due.

Cassio doveva considerare Bruto una persona incostante, priva di spessore, un simbolo che era stato utile (per il nome che portava, ereditato dal grandissimo primo console della Repubblica, e per il sangue che alcuni gli attribuivano, il sangue dello stesso Cesare rivoltatosi contro di lui) ma ormai scomodo; e, per questo, doveva invidiarne la grande fama.

Bruto, dal canto suo, doveva considerare il cognato come un sanguinario, un braccio armato che era servito a portare a compimento il "lavoro sporco" ma necessitava di essere continuamente tenuto a freno, affinché non degenerasse allontanandosi dalla retta via. Ucciso un tiranno, Bruto doveva non solo evitare che se ne imponesse un altro (Antonio), ma anche tenere a bada il suo alleato (Cassio).

Per lui, doveva essere stressante.

 

Per capire i loro rapporti, è gustoso immaginare il loro incontro a Smyrna (di cui narrerò dopo), così come lo racconta Plutarco:

"come spesso accade nelle grandi imprese in cui sono impegnati un gran numero di amici e comandanti, c'era stata qualche differenza di vedute ed erano state scambiate accuse reciproche. Quindi, la loro prima azione fu di incontrare in una stanza faccia a faccia. Le porte erano chiuse, e con nessun altro presente i due grandi uomini cominciarono a darsi la colpa l'un l'altro; poi passarono a recriminazioni ed accuse. Questo ben presto portò a rimproveri indignati e lacrime e i loro amici, stupiti dalla veemenza e dall'amarezza della loro rabbia, temevano che la lite degenerasse in violenza"

Sembra quasi di leggere di un litigio matrimoniale, elevato però all'ennesima potenza ...

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Alla fine del 43 le cose, a Roma, stavano precipitando per la causa dei cesaricidi.

Le iniziali divisioni interne fra i cesariani, che li avavano addirittura portati in aprile a scontrarsi fra di loro nell'assedio di modena, si erano sopite. Peggio: il più affermato parente di Cesare (Antonio), il suo ignoto figlio adottivo (un insignificante e malaticcio Gaio Ottavio Turino, che pretendeva di essere diventato lui stesso - con l'adozione - Gaio Giulio cesare Ottaviano) e il potente  governatore della Gallia (Lepido) si erano accordati per spartirsi lo Stato. Il 27 novembre una Lex Titia li aveva formalmente investiti del potere di riforma costituzionale: Triumviri "Rei Publicae Constituendae Consulari Potestate".

 

I due cognati, Bruto e cassio, capivano di doversi preparare alla guerra. Servivano legioni e flotte e - quindi - risorse finanziarie con cui pagarle. Decisero di andare a cercarle là dove ancora si conservavano, malgrado decenni di saccheggi e malversazioni, le maggiori ricchezze del mondo antico: in terra d'Asia

 

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Nei primi giorni del 42 Cassio sbarcò a Smyrna. 

Impose subito una tassazione straordinaria e, con il metallo prezioso raccolto, batté le sue prime monete.

Sì trovava lì come "governatore" della provincia d'Asia, quindi con potere proconsolare. La moneta infatti lo titola PR.COS.

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/6

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Immediatamente dopo, fece coniare un secondo aureo, con i medesimi tipi, ma il titolo IMP, "imperator", che si era guadagnato durante l'eroica difesa di Antiochia

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/7

(ovviamente, la cronologia relativa di queste monete - quale venga prima, quale dopo - è una supposizione; prendiam,ola però come una sicurezza, così il racconto è più scorrevole)

 

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Questi aurei introducono, nei tipi, una propaganda cui i cesaricidi resteranno fedeli sino alla disfatta: il busto di Libertas e il tripode di Apollo Delfico

La Libertas era, ovviamente, la dea della libertà, in nome della quale era stato ucciso Cesare e per la quale si apprestavano ora a combattere contro Antonio e Ottaviano. Una libertà molto diversa da come la intendiamo oggi, una libertà aristocratica: la possibilità, per i nobili (e solo per loro), di suddividersi di anno in anno il potere supremo sull'Urbe.

il tripode sormontato da calderone, allusione ad Apollo, dio della profezia, cui i tirannicidi avevano chiesto protezione nella loro disperata lotta. Cassio, peraltro, era un membro dei quindecemviri, collegio sacerdotale incaricato della custodia dei libri sibillini; di Bruto sappiamo che l’ultima parola con cui esortò le truppe prima dello scontro di Filippi fu appunto “Apollo”

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Insieme al secondo aureo Cassio fece coniare anche un denario, che riprende fedelmente il tipo del tripode con calderone ma, al rovescio, presenta i simboli dell'augurato (brocca e lituo). Anche qui Cassio è appellato IMP(erator)

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/1

 

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Un altro aspetto interessante di queste monete è che sono tutte "controfirmate" da un funzionario, nella sua veste di monetario.

E' una finzione: l'imperium dei proconsoli dava loro il potere di battere moneta riconosciuta come legittima, come attestano molte emissioni castrensi (basti pensare a quelle di Cesare). Evidentemente, tuttavia, Bruto e Cassio ci tenevano a comunicare un'apparenza di normalità, a far apparire il loro regime come un normale esercizio di vita politica repubblicana, anziché una situazione di emergenza militare. 

Gli aurei sono controfirmati da un legato, Marco Aquino; il denario invece, così come altre monete che seguono, da un personaggio più interessante, Lentulo "Spinther".

 

Spinther era stato il nome (d'arte?) di un attore di teatro particolarmente apprezzato a Roma; era poi divenuto il soprannome (agnomen) di un importante uomo politico, per il solo fatto che assomigliava all'attore.

Cosa stupefacente, quel politico, discendente della nobilissima casata dei Cornelii, console di Roma, uno degli uomini tanto potenti che una loro parola poteva significare il genocidio di un'intera nazione del mediterraneo ... beh, uno di questi uomini si era tenuto il soprannome, facendone addirittura un cognome ereditario. Come se oggi uno dei Presidenti degli Stati Uniti si facesse chiamare "Legnetto" per il fatto di assomigliare a Woody Allen e trasmettesse questo soprannome ai figli.

Magnifica indifferenza, tipica di un popolo - quello Romano - avvezzo a perseguire la sostanza, anziché le frivolezze della forma.

 

Il primo Spinther fu Publio Cornelio Lentulo, figlio di Publio e nipote di Lucio, questore nel 74, edile nel 63, pretore nel 60 e proconsole in Spagna. È ripetutamente citato nel De Bello Civili come aderente al partito di Pompeo; dopo la disfatta di Farsalo scappò a Rodi, ove fu catturato e giustiziato su odine di Cesare. Correva l’anno 48. Fu autore di un denario che copiava l'iconografia in uso in Spagna ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G214/1 ).

Uno Spinther fu console nel 57.

E uno Spinther fu augure, nominato probabilmente con le elezioni del 57. L’augure era presente in Asia e coniò le monete di Cassio; per questo rappresentano i simboli dell’augurato.

Ma erano la stessa persona?

Secondo Sear il pretore del 60, il console del 57 e l’augure/monetario sono tutti la stessa persona, Publio. Per accettare questa teoria, tuttavia, dovremmo ammettere che le fonti errano, là dove affermano che egli fu ucciso subito dopo la disfatta di Farsalo.

Secondo Riccio, Belloni, Crawford e Alteri, il console del 57 fu anche l’augure e - quindi - il monetario di Cassio, ma non si trattava di Publio, bensì di suo figlio Lucio. Questa interpretazione si basa su un passo del De Bello Civili: " ... questa medesima cosa era accaduta a Rodi a L. Lentulo, che l'anno precedente era stato console, all'ex console P. Lentulo e ad alcuni altri ... "; quindi c’erano stati due Lentuli consoli, un Lucio e un Publio. Anche Lucio combattè contro cesare durante nel bellum civile, in cui perdette il padre; riparò ad Alessandria e fu perdonato da Cesare ma, morto lui, seguì i congiurati; dopo Filippi fu fatto uccidere dai cesariani.

Infine, secondo Babelon e Grueber il console del 57 sarebbe stato Publio pretore del 60, mentre l’augure - nonchè monetario di Cassio - sarebbe stato un altro suo figlio, pure lui di nome Publio.  Sarebbe nato nel 74 e nel 57, appena presa la toga virilis, durante il consolato di suo padre, sarebbe stato eletto nel collegio degli auguri. Gli si attribuisce una biografia analoga a quella di Lucio; sembra che sia sopravvissuto alla battaglia di Filippi, ma in seguito non se ne hanno altre notizie

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Dopo un po' di tempo giunse a Smyrna il suo compagno d'arme, Bruto.

Cassio, desideroso di mostrarsi compiacente di fronte all'isterico (ma osannato) amico, ordinò al suo monetario Spinther di emettere un aureo e un denario anche a nome di Bruto.

Queste monete (identiche fra loro) ripropongono al retro il nome del monetario con i simboli dell'augurato, mentre al dritto propongono i simboli del pontificato (ascia, culullus e coltello), magistratura ricoperta da Bruto, con il nome di questi.

Osservate la sottigliezza: a Bruto non viene riconosciuto alcun titolo, non "IMP" (quasi sicuramente non aveva ancora mai ricevuto acclamazioni imperatorie), ma neanche "PRO. COS". Come a dirgli: "sei solo una prima donna, blandisco la tua vanità con queste monete ma rendo noto a tutti che non vali niente, mentre io posso dirmi imperator perché ho difeso lo stato romano dall'invasione dei Parti". O più semplicemente: "Io sono un generale vittorioso, tu sei solo una primadonna"

 

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/19

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/4

 

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Fatto questo, Cassio fece emettere due nuove serie composta ciascuna da un aureo e un denario, mischiando il retro di Spinther con, al dritto, l'effige di Libertà

Le due serie si distinguono per un interessante particolare: su una la dea Libertà è a capo scoperto, sull'altra invece indossa un velo. I contemporanei non potevano non notare un parallelismo: pochi mesi prima Cesare era deceduto mentre era in corso la coniazione elle sue monete, destinate a sostenere lo sforzo bellico contro i Parti; su quelle monete la sua figura, dapprima a capo scoperto, era poi stata coperta con velo, a seguito della morte. Il messaggio era chiaro: la Libertà rischia di fare la stessa fine di cesare, se non sarà sostenuto il nostro sforzo tutto quel ch'è stato fatto sinora risulterà invano.

 

Libertas senza velo (Aureo e denario):

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/8

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/2

Libertas con il velo (aureo e denario):

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/9

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/3

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A Smyrna i due condottieri tennero un consiglio di guerra, quello stesso di cui Plutarco riferisce in termini succosi i dissidi (vedi il terzo post di questa discussione). Poi decisero dove andare a saccheggiare le ricchezze necessarie alla guerra: Bruto in Licia, cassio a Rodi.

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Giunto in Licia Bruto non mancò di emettere una moneta a suo nome; finalmente poteva affermare di essere anch'egli "PRO. COS", proconsole. 

Al dritto, ovviamente celebrò la Libertà (degli aristocratici romani, si intende, non degli abitanti della Licia che si apprestava a rapinare). Ma siccome era un animo nobile e gentile, far le tante raffigurazioni possibili per il retro andò a ripescare (in monete della Licia risalenti a un secolo prima) quello della lira, lui che tanto amava la musica

(perdonatemi, non resisto alla tentazione di canzonarlo; a me sembra un personaggio da commedia popolare)

 

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/3

 

 

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Su un'altra serie aureo/denario, emessa sempre durante la campagna di Licia, Bruto copiò l'idea della Libertà velata, associandola al tripode di Apollo cui era tanto devoto. Di nuovo, si proclamò proconsole.

E' interessante constatare che su queste monete egli declama praenomen e nomen di adozione, Quinto Cepione, anziché ovviamente quelli di nascita, Marco Giunio, con cui oggi è più noto 

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/22

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/5

 

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In Licia Bruto si diresse verso la città Xanto, che però gli chiuse le porte in faccia; egli allora dispose le truppe intorno alla città e la cinse d'assedio. Un mattino mandò i legionari all'assalto ... ma nessuno difendeva gli spalti: gli abitanti di Xanto si erano tutti uccisi, durante la notte. Xanto fu depredata e data alle fiamme; dopo questa dura lezione, gli altri centri abitati si arresero.

Per questa sua campagna militare, brillantemente portata a termine contro un soverchiante esercito di ... morti, Bruto ottenne finalmente dai suoi osannanti soldati l'acclamazione imperatoria. Permettetemi un sorriso: questo era il "generale" che si apprestava a sfidare il veterano Antonio e l'astuto Agrippa ..

 

A questo punto Bruto fece coniare la moneta che più di tutte, secondo me, tradisce la sua personalità composita, agitata e forse instabile.

Un denario dove egli si vanta di essere "IMP": finalmente, vien da commentare.

Ma soprattutto, un denario che copia quello - celeberrimo - dove Cesare si vantava di aver combattuto, con le sue legioni, contro l'intera nazione gallica, sottomettendola e contemporaneamente respingendo Elvezi, Germani e Britanni. Bruto perseguitato dal fantasma di Cesare (suo padre naturale?), Bruto convinto di potersi paragonare al più grande condottiero di Roma dopo aver conquistato ... un villaggio di morti.

Mi immagino cosa possa aver pensato Cassio ...

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/8

 

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Modificato da L. Licinio Lucullo
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Nel frattempo, Cassio si dedicava, con la sua brutale sistematicità, a depredare la ricchissima Rodi; dapprima sconfisse la potente flotta rodiense in una battaglia navale presso l'isola di Cos, poi invase il territorio di Rodi stessa.

In estate i due cesaricidi riunirono i loro eserciti a Sardi, capitale della Lidia, per discutere i piani di guerra.

Fu l’ultima volta che si acquartierarono assieme: anche a Filippi erano in accampamenti separati.

 

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A Sardi fu battuta l'ultima serie di monete di questo convulso periodo.

Sebbene siano dedicate a entrambi i condottieri, sono tutte firmate da un medesimo monetario, Servilio, quindi furono coniate in una medesima zecca: sicuramente quella di Cassio, perché gli esemplari a nome di Cassio sono più numerosi. Inoltre la fattura è di qualità decisamente superiore di quella delle monete emesse direttamente da Bruto.

Una prima, elegantissima emissione, commemora la conquista di Rodi, mediante una raffinata simbologia: un aplustre (simbolo vittoria navale) ornato, alle stremità, di rose (simbolo dell'isola di Rodi, famosa nell'antichità per questi fiori)

 

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/10

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/4

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Una seconda serie commemora invece la battaglia di Cos, anche in questo caso mediante una raffinata simbologia: oltre all'aplustre e alla rosa, già visti, troviamo il granchio (simbolo dell'isola di Rosi) e il diadema slacciato (simbolo di una regalità infranta, quella - appunto - dei Rodiensi)

 

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I4/5

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La terza emissione - quella offerta a Bruto "IMP" per la campagna di Lidia - reca il medesimo dritto, con la Libertà, ma al rovescio riporta un trofeo, simbolo di vittoria su terra.

 

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/21

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/10

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Terminati i loro piani di guerra si salutarono e si divisero.

Si reincontreranno circa 6 mesi dopo, sul teatro di guerra di Filippi, destinati a scontrarsi con i due giganti che dopo si sarebbero spartiti il mondo: il lussurioso Antonio e l'astuto Ottaviano.

Ma questa è un'altra storia, e un'altra serie di monete ...

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bellissima...divorata tutta d'un fiato !

Modificato da ciollissimo
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Il 9/4/2020 alle 08:47, L. Licinio Lucullo dice:

Terminati i loro piani di guerra si salutarono e si divisero.

Si reincontreranno circa 6 mesi dopo, sul teatro di guerra di Filippi, destinati a scontrarsi con i due giganti che dopo si sarebbero spartiti il mondo: il lussurioso Antonio e l'astuto Ottaviano.

Ma questa è un'altra storia, e un'altra serie di monete ...

Grazie mille! Mi hai fatto volare via imparando moltissimo una mezz'ora abbondante di coda al supermercato (causa corona virus)! 

  • Grazie 1

  • 2 settimane dopo...
Inviato
Il 8/4/2020 alle 19:32, L. Licinio Lucullo dice:

Gli aurei sono controfirmati da un legato, Marco Aquino; il denario invece, così come altre monete che seguono, da un personaggio più interessante, Lentulo "Spinther".

Un'altra curiosità è che uno Spinther, "figlio di Publio" e "imperator", firmò un cistoforo (illustrato sotto), ovvero una moneta d'argento del valore di quattro tetradracme (circa 12 g).

Le tetradracme erano, ovviamente, monete ascrivibili alla metrica greca; il tipo denominato "cistoforo" presentava temi dionisiaci sia al dritto che al retro e fu emesso a Pergamo a partire dal 200 a.C., su iniziativa del re Attalo I. Si diffuse rapidamente in tutta l'Asia minore e fu emesso in moltissimi altri centri, divenendo de facto la moneta dell'Asia classica. Con la progressiva penetrazione di Roma in quei territori, iniziata nel 133 a.C. con la cessione del regno di Pergamo alla Repubblica, fu emesso (e dal 57 a.C. anche firmato) pure dai governatori romani, diventando così uno dei più eclatanti casi di monetazione romana provinciale repubblicana (il fenomeno della monetazione romana provinciale è ben conosciuto per i secoli dell'impero, ma è presente già in epoca repubblicana e, anzi, ha radici molto lontane, ai primordi della conquista dell'Italia da parte della Repubblica). Sarà coniato sino al 138 d.C., come vera e propria valuta coloniale romana.

Questo di Spinther fu emesso a Laodiceia (capitale della Cilicia) come dimostra il monogramma "LAO" (in lettere greche) sul lato sinistro del retro; 

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