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IGNORED

STORIA INEDITA DI UN GIOVANE SOLDATO. 1966 / 67


pizzamargherita

Risposte migliori

Mio padre mi ha "ordinato” di chiudere. Obbidisco. Prima di chiusere definitivamente pubblico questa pagina. Conoscerete il sergente Giorgio.

In occasione delle licenze pasquali usufruisco del congedo anticipato. Saluto i miei superiori, colleghi, subalterni e le reclute del mio plotone. Il capitano mi ha fatto un regalo gradito concedendo la licenza ai i 2/3 dei miei soldati, quando di regola, la licenza pasquale spetta a 1/3 della truppa. Il capitano se voleva essere certo che un servizio di reparto fosse eseguito correttamente, senza intoppi, lo affidava sempre al sottoscritto.
In molti mi ringraziano, qualcuno approfitta del momento per ricordarmi che potevo fare di più per loro. Il compito di un comandante è sempre ingrato.

Tra i soldati del mio plotone ricordo il ragazzo siciliano, proveniente dalla provincia di Catania che non aveva completato la scuola elementare. Piccolo, rubusto, con braccia e gambe da atleta, riusciva a sopportare gli sforzi senza apparente fatica. Aveva sempre vissuto con i genitori coltivando campi, pascolando animali, parlando esclusivamente in dialetto. Spesso era malinconico, nulla e nessuno riusciva a rassenerarlo. Si isolava e non accettava la compagnia di nessuno. Conversavamo lungamente. Sentendomi amico il ragazzo prese a volermi bene confidandomi tutte le sue pene e i suoi crucci. Si aprì con i compagni, divenne loquace, allegro sempre sorridente. Lo convinsi a iniziare un corso di recupero scolastico. Una sera, con la finestra aperta dello stabile adibito a scuola vidi una giovane insegnante parlare con la recluta catanese che scelse di iniziare lo studio, da subito, pur non avendo ancora ricevuto i libri. La sera prima di lasciare la Bligny, lo incontrai a parte. “Ho una cosa da darti. Una cosa proibita ai soldati che assolutamente non devi mai, mai, mostrare ad alcuno. Con questo oggetto ti sarò sempre vicino”. Mi guardò con aria piena di aspettativa. Dalla tasca dei pantaloni tolsi un bossolo esploso di fucile. La recluta guardò quel piccolò cilindretto in ottone come fosse un oracolo. “È di un vecchio fucile italiano della seconda guerra mondiale, il moschetto Carcano 91/38 lo stesso modello usato per uccidere il presidente degli Stati Uniti John Kennedy”.  Mi guardava con occhi spalancati dalla gioia come se fosse il regalo più bello che avesse ricevuto da sempre. Credo che non avesse capito le mie ultime parole e che non conoscesse il fatto avvenuto. Con occhi lucidi e un leggero sorriso sulle labbra, silenziosamente mi allungò la mano.

L’obiettore di coscienza.
Per non sentirsi dire dal comandante di battaglione che avremmo potuto fare di più, il capitano mi incaricò di parlargli. Un ultimo tentativo. “Andiamo a sentire, lui avrà voglia di parlare, io ho voglia di ascoltare”.
Incontrai la recluta nella prigione della caserma, un faccia a faccia freddo e sterile, separati dalle sbarre d’acciato della cella. Rispose a monosillabi, rigettando tutte le mie proposte.
- Non toccherai mai un’arma -NO-, ti accomodiamo in infermeria -NO-, in fureria o in cucina -NO-, in magazzino -NO-, rimarrai alla Bligny fino alla fine della ferma. -NO- NON INDOSSERÒ MAI UNA DIVISA-.
Dopo un silenzio ingombrante ricominciò a parlare senza mutare il tono di voce, senza tradire un’emozione, con una vena di serietà e convinzione che mi cucirono la bocca. “La guerra è morte, sciagure e distruzione. Gli animali uccidono per vivere, è nel loro istinto, gli uomini uccidono per uccidere. Lo stato uccide perché crede di avere il diritto di uccidere e far morire i suoi figli. Non insista sergente, ha ben capito. È impossibile che stia ancora ad ascoltarla. Lei è un operaio al servizio di superiori, con un salario, gratificato con i gradi dorati” disse guardandomi cupo. Indifferente, mi prese in giro contando le sbarre della cella come fossero i mesi di carcere da scontare nel carcere di Gaeta. “ febbraio, marzo, aprile, maggio.... Si allontanò stendendosi sull’asse di legno che faceva da letto. Volevo aiutarlo ma proprio non lo vedevo imbracciare una Maschinengewehr MG-42/59 pesante 13 chilogrammi, sparando raffiche con una cadenza di tiro da12 colpi/secondo.

Tra le nuove reclute c’era il figlio di un Ammiraglio. Un giovanotto dall’aspetto molto elegante con quello sguardo che piace tanto alle donne. Serio, intelligente, gentile, socievole e simpatico. Spinto da studi accademici. In lui non vi era nulla di soldatesco. Il capitano lo pose sotto la mia tutela, in posizione di riguardo, un poco distante dagli altri soldati e dai servizi di corvée. Il figlio dell’Ammiraglio, dopo tre settimane fu trasferito, con assoluta priorità, in forma definitiva nella sua città di residenza: Genova.

Un altro era il figlio di un industriale di Legnano. Una persona cara, collaborativa che riusciva a mantenere ordine e serenità con tutti i ragazzi della squadra e del plotone, più di quanto prometteva di fare. Tutte le domeniche verso le 8 del mattino saliva su una grossa Mercedes, con autista. Rientrava prima della mezzanotte. Non ho mai saputo chi firmasse quei permessi speciali.
Il quinto era un bravissimo disegnatore veneto, abile e sicuro di sé. Mi propose di acquistare uno schizzo su carta raffigurante una ragazza nuda. Chiese 1000 lire. “500” barattai. Coerente con il suo carattere mi rispose che ne valeva 1000. Non lo acquistai. Se Milo Manara ha fatto il C.A.R. alla Bligny...
Il sesto era un giovane cantante napoletano. Snello slanciato, ben fatto, la bellezza del cantante. La bocca arrotondata, gli occhi sognanti, corpo che esige di farsi vedere, mani che si muovevano continuamente, gambe vigorose che molleggiavano. Tutti gli attributi di un artista da palcoscenico. La sera ci rallegrava con le canzoni regionali e con brani di successo del repertorio italiano. Prima di partire mi regalò un suo disco, autografato.
Nel mio plotone c’erano due gemelli di famiglia genovese che abitavano da dieci anni a S.Francisco (U.S.A.) Scelsero di fare il militare in Italia evitando l’arruolamento nell’esercito degli Stati Uniti, dove il servizio militare durava tre anni e, sicuramente destinati per due anni in Vietnam. Negli occhi avevano la disperazione di una signora genovese, vicina di casa, quando ricevette la notizia del figlio morto in combattimento. Con questa scelta non otterranno mai la cittadinanza americana. Con loro, per quanto possibile, parlavo in inglese. Dicevano che avevo una buona pronuncia, che sapevo leggere correttamente gli articoli delle riviste spedite, per posta aerea, dai loro genitori.

Prima firmare la rinuncia al proseguimento del servizio militare il capitano e il maresciallo maggiore della compagnia cercarono, provarono a convincermi di prolungare la ferma. Il maresciallo fu chiaro e concreto.“Oggi il tuo stipendio è di 75.000 lire il mese, come un operaio specializzato. A breve sarai promosso sergente maggiore con uno stipendio pari a un capo-squadra, poi come maresciallo ordinario sarai al pari di un impiegato, maresciallo capo e infine maresciallo maggiore. Il mio stipendio è di 150.000 lire come il capitano, pari a un capo-reparto di una azienda del settore industriale”. Sbandierai il dito indice in segno di diniego.

 

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44 minuti fa, pizzamargherita dice:

Mio padre mi ha "ordinato” di chiudere.

Peccato... molto belli i tuoi racconti. Ma sono convinto che se lo inviti a cena con un'ottima bottiglia delle mie parti, le Langhe, ( tipo un Barbaresco )...ti racconterà altre storie e Tu le condividerai con tutti noi. Ciao a presto, Beppe 

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"… ti accomodiamo in infermeria -NO-, in fureria o in cucina -NO-, in magazzino -NO-, rimarrai alla Bligny fino alla fine della ferma. -NO- NON INDOSSERÒ MAI UNA DIVISA-." così disse quel giovane soldato un po' ribelle, nel racconto che ci fa il Sergente Giorgio tramite sua figlia PM.

"Qualche" anno prima fu un giovanissimo, poi giovane Capomanipolo, a non volere indossare la divisa e tutto sommato, dati i tempi, se la cavò bene.

1.thumb.jpg.76692aebd00c88f93211e2fb02d19f49.jpg   2.thumb.jpg.cf6b596f2c79bd8902c3685255d17e24.jpg

Insomma, un vizio antico

Saluti

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@pizzamargherita @sandokan grazie per la fiducia :blush:

Sto seguendo questa discussione, così come quella sulle fondine lanciata da @Hirpini dall'inizio, e le trovo molto interessanti. Riconosco che non sono molto attinenti con le tematiche abitualmente trattate nel forum, ma non ho mai pensato, nemmeno per un istante, di chiuderle, semmai, un paio di volte, di spostarle in Agorà. Ma visto che non ho fatto nemmeno quello, e che ormai le discussioni mi sembrano avviate a conclusione, possono anche restare dove sono.

Ma se vi va di continuare, fate pure, io continuerò con piacere a leggervi :)

petronius :)

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Ho letto l'intervento di @Hirpini con la pubblicazione dei documenti del giovane Capomanipolo che si rifiutò di indossare la divisa. Un intervento pregevovole e appropriato alla discussione. 
Di seguito ho letto lo scritto di @petronius arbiter che meglio e più di così non poteva dire.


Gli ordini del sergente Giorgio non si discutono. Se ha detto basta è basta.  Tra lo scritto della sua prima libera uscita in Lecce alla pubblicazione delle sue ultime note prima del congedo c'è un lasso di tempo di 14 mesi. Incolmabile.
Chi è interessato a conoscere gli articoli più significativi che avrei riportato ed è interessato alla storia e vuole sapere perchè la caserma di Savona porta(va) il nome  Bligny, aprite il web e digitate: "La battaglia di Bligny” oppure "La seconda battaglia della Marna”, oppure "Il cimitero di Bligny”. Scoprirete che in quel suolo italiano in terra di Francia c'è una collezione di 5.418 croci di soldati italiani tra cui militari dell'89° e 90° reggimento di Fanteria della divisione Cosseria.
Se vi interessa conoscere la storia della divisione Cosseria fermandosi all'ultimo periodo, digitate "Divisione Cosseria” e leggerete  fu una grande unità del Regio esercito che durante la seconda guerra mondiale combatté e venne quasi totalmente distrutta in Russia, sul fronte del Don, nel dicembre 1942. Prima della ritirata e delle centomila gavette di ghiaccio. Mio padre mi avrebbe consegnato uno stralcio dell'ultima lettera, scritta il 12 novembre, dal comandante della 9^ compagnia dell'89° (medaglia di bronzo e d'argento), giusto un mese prima che i russi sfondessero il fronte difeso dall'89° e il 90° fanteria con un attacco sproporzionato di forze. Allegando una mappa con riportato gli schieramenti opposti. Da brivido. Neppure il diavolo sarebbe riuscito a fermare le forze sovietiche.
Infine digitate: 13 luglio 1967, la tragedia di Bergeggi, dove morirono in un incidente 13 reclute della tredicesima compagnia. Più volte mio padre si chiese "se ero io il capomacchina a fianco dell'autista, queste morti si potevano evitare?" Lui ne è sicuro. Avrebbe allegato la testimonianza diretta scritta da una recluta finita tutta rotta nell'incidente, completando il servizio militare tra ospedali e convalescenza. E la ripetizione ossessionante dei numeri 13 e 17.
Tutto questo fare ha un principio. Tempo mio padre aveva letto nella sezione cartofilia una serie di pregevoli scritti di storia pubblicati da @El Chupacabra un Conte con 5 pallini e 1093 meriti. Mio padre si era detto: Lamoneta non è solo identificazione di denari e medaglie: ha creato uno spazio per la storia e la vita.  Prendendolo la pubblicazione ad esempio.

Se qualcuno aprirà le pagine web e leggerà gli articoli che ho indicato, e vorrà sapere qualcosa di più, chieda. Sicuramente mio padre risponderà.
Io torno, senza esitazioni, a postare nella sezione "identificazioni".  Se qualche discussione mi intriga, interverrò.
Tanti saluti a tutti e grazie per gli interventi. PizzaMargherita.

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NON CHIEDO DOVE

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Ottantanove sei tu, reggimento di virtù, che gloriosa tradizione, che infiamma i nostri cuori. Non chiediamo dove andremo, sempre e ovunque noi saremo: porteremo la bandiera sulla vetta a sventolare! Ottantanove, non chiedo dove, dobbiamo andare altrove! Ottantanove sei tu, reggimento di virtù, di gloriosa tradizione che infiamma i nostri cuori, non chiediamo dove andremo, perché ovunque noi saremo, porteremo la bandiera, la bandiera del nostro amor

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@Hirpini questo è il secondo commento  appropriato che posti. Complimeti  (Arcangelo?) per l'ottima scelta delle immagini postate.
Lo scritto 89° sei tu... eccetera era l'inno del reggimento? che (qualche volta) ci hanno fatto cantare? A me pare di si. Sono trascorsi 55 anni. Qualcosa mi sfugge.

Che non si tiri fuori la storia che il servizio militare obbligatorio creava assassini. Chi lo voleva esserlo si arruolava e andava all'accademia militare. 

A Lecce c'erano tre caserme: Due scuole e una caserma carristi. All'89° otto caserme e Lecce è una ciità stupenda e accogliente.
Nessuno, oltre a me  ha un buon argomento da scrivere?
Vogliamo parlare del viale dei sogni (Viale della Stazione) che percorrevamo fantasticando che freschi di congedo, tornavamo a casa?. O imbambolati davanti ai pannelli degli arrivi e partenze dei treni vagheggiando, prendendo appunti scegliendo l'orario giusto per tornare dalla nostra morisina. (se prendo questo treno quando arriva a .... mi trova lì in piedi, dritto come un fusto e bello come un angelo...)

NB. Diurante il servizio militare ho incrementato il collezionismo cartaceo acquistando cartoline: di Lecce fino a Santa Maria di Leuca, Savona, Albissola Marina, Arma di Taggia e anche di Torino. Sì per tre giorni sono stato nell'organico del 7° artiglieria.
Cordiali saluti.
PizzaMargherita die Family

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@pizzamargherita Sì, quello è l'inno, NON CHIEDO DOVE il motto, il mio nome Arcangelo.

L'inno non l'ho mai sentito suonare, quindi conosco solo le parole che sono il ritornello. Su YouTube c'è invece questo video sull'89° Fanteria "Salerno", la storia non è quella di Giorgio ma di un altro Sergente, né la caserma è la sua. Ma non importa, credo, perché i ricordi col tempo diventano ricordi di tutti, quindi potrebbe essere cosa piacevole guardarlo:

Mi spiace sentire un poco bistrattata l'Accademia Militare, che oltre a creare uomini proprio come faceva la leva obbligatoria, ha creato e crea professionisti di tutto rispetto. Penso a Livorno e al Genio Navale che rimase ahimè un sogno solo sognato.

HIRPINI

Modificato da Hirpini
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Il sergente alla porta che sta di servizio con un ufficiale, non è un sergente di picchetto, ma sottufficiale di ispezione. Hai visto che il pendente con i gradi di caporale maggiore sono d'ordinanza e cuciti come quello regalarmi da PM? Della caserma Crespi ricordo solo l'ingresso. Sorpreso per il berretto rigido come quello usato dagli ufficiali e dai marescialli. Trovo il basco più dinamico e moderno. PM Die Family.

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  • 2 settimane dopo...
Il 17/1/2020 alle 17:24, cabanes dice:

non polemizzo, non serve a niente, ma intervengo solamente perchè ho una curiosità, anche statistica:
nessuno prova disgusto per aver dovuto frequentare una scuola che insegna ad uccidere?

Non polemizzo nemmeno io ma permettimi di dire: credo che tu non abbia prestato servizio militare altrimenti avresti assaporato cosa vuol dire far parte delle FF.AA. (Forze Armate) e che a differenza di quanto tu possa pensare, il personale non si addestra per uccidere ma bensi per difendere e proteggere.

Se invece hai prestato servizio in qualsiasi FF.AA., quel periodo lo dovresti ripetere in quanto credo che hai compreso poco e niente dalla scuola.

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Il 17/1/2020 alle 17:24, cabanes dice:

non polemizzo, non serve a niente, ma intervengo solamente perchè ho una curiosità, anche statistica:
nessuno prova disgusto per aver dovuto frequentare una scuola che insegna ad uccidere?

No, non ho provato questo.

Per tua curiosità, ti dico che ho servito lo Stato con quindici mesi nel corpo del Commissariato militare, nel ruolo di ufficiale di complemento nel ruolo Sussistenza. Non mi hanno insegnato,  se vogliamo dirlo, solo a uccidere , ma mi hanno insegnato ad insegnare a giovani come me, l'educazione e il rispetto che si deve al prossimo,  e , purtroppo, a volte, anche l'osservanza di norme igieniche e di  cura della propria persona. Insegnavo anche a maneggiare le armi, certo,  questo fa parte dell'addestramento. Ma non faceva di me  (di noi) dei potenziali assassini. La mia Scuola Militare, addestrava cucinieri, pensa un pò....che guerrieri  ! Li addestravo a fare funzionare una cucina campale, su rimorchio, a cucinare in condizioni "difficili". Venivano poi destinati ai vari reparti della Penisola,

Infine, ho visto e toccato con mano quanto è stato utile il soccorso dei nostri mezzi militari alle popolazioni del terremoto in Irpinia.  Avevamo cucine campali, lavanderie campali e anche docce campali,  che sono state di enorme sollievo per la povera gente terremotata. La mia caserma stava a Nocera Inferiore, sono stati i primi ad accorrere in soccorso. Io all'epoca ancora non c'ero, sono arrivato negli anni quando i mezzi stavano per rientrare, dopo l'emergenza.

E' stata una esperienza formativa . Tutto qui

un saluto a tutti

Saturno

 

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Ho letto con piacere il racconto di @pizzamargherita. Sono un ufficiale dell'esercito ITALIANO.  Orgoglioso di esserlo. Anche se sono passati 40 anni ho ancora impressi i valori imparati e soprattutto il ricordo delle persone che ho comandato e che ho nel mio piccolo aiutato. Girare fedeltà allo Stato Italiano non vuol dire imparare ad uccidere  (senza nessuna polemica).

 

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