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IGNORED

Le monete non dimenticano


Archestrato

Risposte migliori

33 minuti fa, numa numa dice:

ma occorre andare la'

Anche se gli si scrive, sono molto cortesi rispondono. Inviano anche immagini HD ( forse a pagamento). 
 

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  • 1 mese dopo...

Buonasera,

Ancora una storia, ancora una famiglia.
 


“Una personalità affascinante, il cui nome sarà certamente ricordato fintanto che ci saranno studenti di numismatica greca. Come Sir John Evans ed Il Dr. Imhoof Blumer, possedeva ‘due facce dell’anima’. Per molti era il tipico uomo d’affari onesto e di successo. Per noi era il collezionista erudito e perspicace, per il quale le monete greche non erano solo cose belle ma anche veri e propri documenti storici. Non c’è bisogno che menzioni la sua meravigliosa collezione, dalla quale egli traeva un così genuino compiacimento, poiché la Sylloge ora la rende accessibile a tutti. Ma devo quanto meno condividere il mio profondo rammarico poiché non potrà più contribuire con ulteriori studi dettagliati ad arricchire la Cronaca (Numismatic Chronicle), come quello sui tipi monetali di Selinunte, dove grazie alla sua intima conoscenza della topografia della Sicilia ha così efficacemente affrontato l’argomento. L’accuratezza con cui tutti gli elementi di rilievo sono stati presi in considerazione era tipica del Nostro.  …”

Con queste parole l’archeologo e numismatico scozzese Sir George MacDonald, allora presidente della Royal Numismatic Society, scriveva il necrologio del Dr Albert Hugh Lloyd (1864-1936).

 

 

Nel 1946, al termine del caos portato dalla seconda guerra mondiale, la vedova Jessie Lloyd donó la collezione di monete greche al British Museum come lascito in memoria del marito e della figlia Muriel Eleanor Haydon Lloyd (1893-1939), quest’ultima infatti aveva espresso la volontà di donarla alla nazione. 
La collezione era del resto il frutto di una collaborazione tutta familiare tra padre e figlia sviluppatasi tra gli anni venti e trenta. Il padre da un lato otteneva ottimi profitti dai suoi affari nell’industria del cotone a Manchester (che investiva in acquisti numismatici) e pubblicó diversi articoli sulla Numismatic Chronicle, la figlia dall’altro studió materie classiche a Cambridge (dove la famiglia si trasferì dal 1913) e svolgeva le necessarie ricerche. 
Si tratta di un insieme di oltre 1700 esemplari principalmente costituito da monete provenienti da zecche greche e puniche di Sicilia e Magna Grecia di cui fu pubblicata una Sylloge nel 1933 e che costituisce ancora oggi una componente altamente significativa del monetiere londinese per queste aree.
Una serie assai ampia di monete con diversi esempi rari ed in elevata conservazione che è stata costruita tra il 1920 ed il 1933 con acquisizioni sia da aste che da privati, come una parte della collezione dell’archeologo Arthur John Evans e del Marchese Roberto Venturi Ginori. 
Alcuni esemplari della collezione provengono da tesoretti e furono acquistati da Lloyd durante i suoi viaggi in Sicilia e nel sud Italia, tra questi alcune monete del Cefalù hoard del 1925 (IGCH2154).

 


 

A questo punto va detto che i doppi della collezione Lloyd furono venduti in aste pubbliche e privatamente già negli anni venti, probabilmente per finanziare l’acquisizione di esemplari di rilievo (?). In particolare va ricordata l’asta tenuta a Monaco dalla casa Otto Helbing Nachfolger giovedì otto novembre 1928 (Monete greche da proprietà privata straniera - in particolare Magna Grecia e Sicilia).

Mi è sembrato doveroso, per chi non ne avesse notizie, iniziare questo nuovo post condividendo quante più informazioni possibili sul collezionista, prima di introdurre la moneta che nel mare magnum delle aste odierne mi faceva cenni inequivocabili pur di poterci restituire un pezzetto della sua vita passata, trascorsa nella buona, direi ottima, compagnia di persone che si amavano e che amavano le monete come documenti della Storia remota, di genti lontane nello spazio e nel tempo.

Già, perché nessuna moneta sa essere più generosa di quella che per disattenzione, scarsa attitudine o poco amore viene trascurata e spostata da est a ovest insieme a compagne di viaggio che non sanno più chi sono, che dimenticano senza speranza alcuna la loro storia recente. Proprio lei che si sporgeva curiosa dal suo giaciglio un secolo fa per osservare quel meticoloso custode e sua figlia al lavoro, mentre cercavano un varco tra le nebbie della terra antica dei nostri antenati, proprio lei che ha visto tante compagne andare a sedersi tra gli scranni più alti di una grande famiglia pubblica (evitiamo opportunamente commenti sulle ultime vicende della famiglia pubblica…grazie).

 

 

Per quanto posso constatare già il dodici ottobre 1988 Numismatic Fine Arts nell’asta XXI al lotto 98 non aveva sentito il richiamo della moneta, tantomeno il suo precedente possessore, il numismatico George C. Brauer, viene da pensare. Così come chi l’aveva inserita nell’ inventario del FAC successivamente.

Di certo non CNG, il che mi fa strano in quanto sulla provenienza devo ammettere che in genere sanno ascoltare molto attentamente le monete.

Proprio Classical Numismatic Group aveva posto recentemente in vendita l’esemplare, nell'asta online 544 del sedici agosto al lotto 33. Chissà il gran caldo, chissà la concomitanza con l’asta 124. Ma forse è solo perché la moneta non versa in condizioni eccelse e la mania delle alte conservazioni sta stravolgendo l’aspetto culturale della numismatica. 
Sta di fatto che nessuno, in apparenza, sembrerebbe essersi accorto che la moneta in questione provenisse dall’asta Helbing del 1928 di cui parlavo poco sopra, il lotto era il 3547, e che in conclusione proviene proprio dai doppi della collezione di Albert Hugh Lloyd.

 

Si tratta del didrammo geloo catalogato da Jenkins al numero tre tra i dieci esemplari a lui noti a fine anni sessanta per l’accoppiamento di conii 100 (O30-R55). Nel catalogo di The Coinage of Gela non viene curiosamente riportato il peso che però era inserito nella descrizione della vendita del 1928.

La moneta essendo stata battuta al termine delle emissioni di didrammi tardoarcaici della zecca geloa è stata testimone della fine dell’epoca della tirannide Dinomenide a Gela, solo pochi anni prima che questa terminasse definitivamente a Siracusa. È quindi databile indicativamente al 470 a.C.

 

Che dire, una vita interessante 2500 anni fa, una vita interessante cento anni fa. Una Storia che meritava di essere ascoltata ed anche condivisa.

 

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https://auctions.cngcoins.com/lots/view/4-AQ44M0/sicily-gela-circa-49085-48075-bc-ar-didrachm-21mm-837-g-4h-near-vf

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  • 2 settimane dopo...
Il 24/7/2023 alle 19:00, Archestrato dice:

Grazie Emilio per lo spunto che mi porta a rilevare che con ogni probabilità l’esemplare raffigurato Sulla tavola 4 di The Coinage of Akragas non sia il numero di catalogo 16.3 come riportato nel testo e nella tavola.

Sarebbe, ahimè, non il primo errore di preparazione delle tavole con sostituzione dell’immagine con un diverso esemplare rispetto a quello dichiarato…

Meno male che le monete non dimenticano. Ed in questo caso mi sa che se la ridono davvero! 🤭

 

Posto di seguito le immagini che mi portano a pensare quanto sopra, nel caso sbagliassi. Anche se la centratura della coda e la posizione della C poco sopra rispetto al bordo non mi lasciano molti dubbi.

 

Westermark 16.3 come raffigurato sulle tavole:

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Westermark 16.3, come da catalogo:

1- Ex Rosenberg 72/155 del 1932:

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2- Ex Cahn 66/93 del 1930:

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3- Ex Naumann 130/40 del 2023:

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La prima immagine e le altre tre sembrano proprio tratte da diversi esemplari. Al netto che le immagini Cahn e Rosenberg provengano da calchi, mentre le altre sue sono foto di monete.

 

Ciao @Archestrato

effettivamente avevi ragione. Ho recuperato, grazie ad un amico, il listino MuM n. 253 del 1965, che contiene al n. 1 l’esemplare che Westermark riporta come 16.3

A questo punto è tutto chiaro: Westermark ha censito due diverse monete dagli stessi conii e per certi versi simili anche come posizione delle figure sul flan. Ma la moneta ex Cahn e Rosenberg passata in asta ad inizio anni ‘30 non corrisponde a quella del listino MuM del 1965, la cui foto è stata ripresa nella tavola di Westermark come raffigurazione del didramma 16.3.

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15 ore fa, Emilio Siculo dice:

Ciao @Archestrato

effettivamente avevi ragione. Ho recuperato, grazie ad un amico, il listino MuM n. 253 del 1965, che contiene al n. 1 l’esemplare che Westermark riporta come 16.3

A questo punto è tutto chiaro: Westermark ha censito due diverse monete dagli stessi conii e per certi versi simili anche come posizione delle figure sul flan. Ma la moneta ex Cahn e Rosenberg passata in asta ad inizio anni ‘30 non corrisponde a quella del listino MuM del 1965, la cui foto è stata ripresa nella tavola di Westermark come raffigurazione del didramma 16.3.

 

Grazie mille dell’approfondimento Emilio! Ad ogni moneta la Sua storia mi sentirei di aggiungere. Posso chiederti di allegare peso ed immagine dal listino M&M quando puoi?

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9 ore fa, Archestrato dice:

Grazie mille dell’approfondimento Emilio! Ad ogni moneta la Sua storia mi sentirei di aggiungere. Posso chiederti di allegare peso ed immagine dal listino M&M quando puoi?

 

Ecco qui.
ciao

ES

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  • 3 settimane dopo...

Buonasera,

La riscoperta delle vicende collezionistiche di una moneta in un passato più o meno remoto a volte richiede lunghe attese. Come una ferita, la lacerazione della memoria implica un decorso a volte frustrante al fine di potersi ricomporre.

E così, mentre insisto nel tendere l’orecchio, per cogliere un suo sussurro nella nebbia, mi è capitato di trovarmi faccia a faccia con una presenza inaspettata. Un’altra “vecchia moneta antica” sepolta senza memoria di sé che amaramente rimpiange il tempo che fugge alle nostre spalle, per non tornare mai più. 
Un incontro che tuttavia allevia il peso dell’attesa, un’occasione per soccorrere un altro naufrago nel frattempo.

 

 

Era stata vittima di chissà quali traversie. Cicatrici indelebili ne solcavano il volto, segno della caccia spietata di un predatore senza scrupoli, ed un sortilegio del mondo moderno ne aveva intrappolato la figura in una gabbia trasparente. 
Giaceva così quando la incontrai, serrata nelle fauci della bestia che chiamiamo Slab, nella recente asta 232338 di Heritage al lotto 63009. Una belva famelica aveva provato ad asportare le tracce di ossido che coprivano l’etnico al rovescio ed i campi e parte dei rilievi al dritto, facendo solo danni ad una moneta che non aveva ricevuto la benevolenza dei millenni.

Tuttavia, pur slabbato e ferocemente pulito, l’esemplare non era stato ancora sopraffatto dalla cupidigia di un certo mercato. Per questa sua volontà di resistere e di riemergere a tutti i costi dall’oblio, sento forte e giustificato lo sprone a condividerne i ricordi.

Quando e chi abbia provato a pulire malamente la moneta non credo lo sapremo mai, sicuramente ciò è potuto accadere solo dopo la fine del giugno 1927. Quando sia stata slabbata non saprei ricostruirlo. 
Nella vendita tenuta tra il 27 ed il 30 giugno 1927 da Henri Baudoin, Arthur Sambon ed Ambrogio Canessa a Parigi figurava al lotto 746 il didrammo geloo catalogato nell’opera di Jenkins su questa zecca al numero 96.27 (O29-R51). La stessa moneta passata da Heritage senza essere notata o ascoltata, nonostante di cose da dire ne avesse, eccome.

E che storia poteva narrarci?

Quella del suo precedente custode naturalmente: Pasquale Maria Attanasio Giuseppe Nicola Fredere Vincenzo Luigi del Pezzo (Berlino 2-5-1859, Napoli 20-6-1936) ottavo Duca di Caianello e Marchese di Campodisola (sesto della sua famiglia a ricevere questo titolo). Il titolo ducale fu ricevuto da Ottavio del Pezzo il 22-4-1651 per avere combattuto a favore di Filippo IV nei moti rivoluzionari del 1647, quello marchionale giunse circa mezzo secolo dopo a Gaetano del Pezzo terzo Duca di Caianello per successione dalla famiglia De Simone, sposó infatti Maria Francesca De Simone.

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Il nostro Pasquale del Pezzo si laureò a Napoli in Giurisprudenza prima e matematica poi. Fu presso l’università Federico II professore di geometria, preside della facoltà di Scienze e rettore. 
Fu un insigne matematico ma progressivamente, forse per un qualche richiamo ancestrale alle funzioni istituzionali o più probabilmente per il suo ruolo di rilievo nella massoneria, si avvicinò alla vita politica attiva: di Napoli prima e del Regno d’Italia successivamente. 
Consigliere provinciale di Caserta nel 1879, membro del consiglio superiore della pubblica istruzione, membro del Consiglio superiore di statistica, sindaco di Napoli dal 1914 al 1917, senatore (nel gruppo liberale democratico) dal 1919 fino al decesso e membro della Commissione per il giudizio dell’Alta Corte di giustizia (1929-1934). 
Fu socio dell’Accademia dei Lincei, altresì socio e poi presidente dell’Accademia pontaniana di Napoli e della Società reale di Napoli. 
Ricevette varie onorificenze: cavaliere, ufficiale, commendatore e grande ufficiale dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, commendatore e grande ufficiale della corona d’Italia. 
Una nota di vita privata interessante è che sposó in prime nozze Anne Charlotte Leflere, sorella di un importante matematico svedese ma soprattutto autrice di teatro e sostenitrice della lotta per i diritti delle donne.

 

Apparentemente il del Pezzo non coltivò con significativo coinvolgimento il suo interesse nella numismatica, la sua collezione forse andrebbe considerata nel solco di quello che era un uso comune tra gli aristocratici del suo tempo. Tuttavia non riesce difficile immaginarlo a prendersi un po’ di tempo per se stesso, per una pausa dal turbinio dei suoi impegni, mentre rigira tra le dita un tondello che con i suoi due millenni e mezzo di storia lo ispira ad agire come personaggio attivo sul palcoscenico della vita pubblica istituzionale.

Dopotutto erano aristocratici i governanti dell’epoca dell’emissione del didrammo geloo in questione, dopotutto anche quella moneta in gioventù era stata testimone di un’epoca e della sua conclusione. Di nuovo siamo al tramonto della tirannide Dinomenide a Gela, di nuovo si aprivano spazi per nuove istituzioni, nuove guerre, nuove visioni dell’ordine civile.

 

 

Di seguito le immagini relative all’esemplare Jenkins 96.27, che testimoniano lo scempio che può subire un una moneta che pur umile di aspetto può vantare nobili origini. Ecco cosa succede a chi osserva solo superficialmente le monete, pensando che magari non può far danno a togliere un po’ di ossido da una moneta malconcia ed un po’ corrosa, mentre invece rischia di farla sprofondare in un disperato oblio, ignorando quale sia la sua ascendenza e quale sia il giusto trattamento da riservarle di conseguenza.

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Aggiungo in coda che non è la prima volta che un esemplare di questa collezione subisce i maltrattamenti dei posteri:

Un collezionista è innanzitutto un custode ed un custode non può permettersi di dimenticare la storia di una moneta, poiché il tesoro che custodisce è proprio in questo che consiste, la storia. Tutta la storia, senza compromessi.

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7 ore fa, Archestrato dice:

Buonasera,

La riscoperta delle vicende collezionistiche di una moneta in un passato più o meno remoto a volte richiede lunghe attese. Come una ferita, la lacerazione della memoria implica un decorso a volte frustrante al fine di potersi ricomporre.

E così, mentre insisto nel tendere l’orecchio, per cogliere un suo sussurro nella nebbia, mi è capitato di trovarmi faccia a faccia con una presenza inaspettata. Un’altra “vecchia moneta antica” sepolta senza memoria di sé che amaramente rimpiange il tempo che fugge alle nostre spalle, per non tornare mai più. 
Un incontro che tuttavia allevia il peso dell’attesa, un’occasione per soccorrere un altro naufrago nel frattempo.

 

 

Era stata vittima di chissà quali traversie. Cicatrici indelebili ne solcavano il volto, segno della caccia spietata di un predatore senza scrupoli, ed un sortilegio del mondo moderno ne aveva intrappolato la figura in una gabbia trasparente. 
Giaceva così quando la incontrai, serrata nelle fauci della bestia che chiamiamo Slab, nella recente asta 232338 di Heritage al lotto 63009. Una belva famelica aveva provato ad asportare le tracce di ossido che coprivano l’etnico al rovescio ed i campi e parte dei rilievi al dritto, facendo solo danni ad una moneta che non aveva ricevuto la benevolenza dei millenni.

Tuttavia, pur slabbato e ferocemente pulito, l’esemplare non era stato ancora sopraffatto dalla cupidigia di un certo mercato. Per questa sua volontà di resistere e di riemergere a tutti i costi dall’oblio, sento forte e giustificato lo sprone a condividerne i ricordi.

Quando e chi abbia provato a pulire malamente la moneta non credo lo sapremo mai, sicuramente ciò è potuto accadere solo dopo la fine del giugno 1927. Quando sia stata slabbata non saprei ricostruirlo. 
Nella vendita tenuta tra il 27 ed il 30 giugno 1927 da Henri Baudoin, Arthur Sambon ed Ambrogio Canessa a Parigi figurava al lotto 746 il didrammo geloo catalogato nell’opera di Jenkins su questa zecca al numero 96.27 (O29-R51). La stessa moneta passata da Heritage senza essere notata o ascoltata, nonostante di cose da dire ne avesse, eccome.

E che storia poteva narrarci?

Quella del suo precedente custode naturalmente: Pasquale Maria Attanasio Giuseppe Nicola Fredere Vincenzo Luigi del Pezzo (Berlino 2-5-1859, Napoli 20-6-1936) ottavo Duca di Caianello e Marchese di Campodisola (sesto della sua famiglia a ricevere questo titolo). Il titolo ducale fu ricevuto da Ottavio del Pezzo il 22-4-1651 per avere combattuto a favore di Filippo IV nei moti rivoluzionari del 1647, quello marchionale giunse circa mezzo secolo dopo a Gaetano del Pezzo terzo Duca di Caianello per successione dalla famiglia De Simone, sposó infatti Maria Francesca De Simone.

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Il nostro Pasquale del Pezzo si laureò a Napoli in Giurisprudenza prima e matematica poi. Fu presso l’università Federico II professore di geometria, preside della facoltà di Scienze e rettore. 
Fu un insigne matematico ma progressivamente, forse per un qualche richiamo ancestrale alle funzioni istituzionali o più probabilmente per il suo ruolo di rilievo nella massoneria, si avvicinò alla vita politica attiva: di Napoli prima e del Regno d’Italia successivamente. 
Consigliere provinciale di Caserta nel 1879, membro del consiglio superiore della pubblica istruzione, membro del Consiglio superiore di statistica, sindaco di Napoli dal 1914 al 1917, senatore (nel gruppo liberale democratico) dal 1919 fino al decesso e membro della Commissione per il giudizio dell’Alta Corte di giustizia (1929-1934). 
Fu socio dell’Accademia dei Lincei, altresì socio e poi presidente dell’Accademia pontaniana di Napoli e della Società reale di Napoli. 
Ricevette varie onorificenze: cavaliere, ufficiale, commendatore e grande ufficiale dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, commendatore e grande ufficiale della corona d’Italia. 
Una nota di vita privata interessante è che sposó in prime nozze Anne Charlotte Leflere, sorella di un importante matematico svedese ma soprattutto autrice di teatro e sostenitrice della lotta per i diritti delle donne.

 

Apparentemente il del Pezzo non coltivò con significativo coinvolgimento il suo interesse nella numismatica, la sua collezione forse andrebbe considerata nel solco di quello che era un uso comune tra gli aristocratici del suo tempo. Tuttavia non riesce difficile immaginarlo a prendersi un po’ di tempo per se stesso, per una pausa dal turbinio dei suoi impegni, mentre rigira tra le dita un tondello che con i suoi due millenni e mezzo di storia lo ispira ad agire come personaggio attivo sul palcoscenico della vita pubblica istituzionale.

Dopotutto erano aristocratici i governanti dell’epoca dell’emissione del didrammo geloo in questione, dopotutto anche quella moneta in gioventù era stata testimone di un’epoca e della sua conclusione. Di nuovo siamo al tramonto della tirannide Dinomenide a Gela, di nuovo si aprivano spazi per nuove istituzioni, nuove guerre, nuove visioni dell’ordine civile.

 

 

Di seguito le immagini relative all’esemplare Jenkins 96.27, che testimoniano lo scempio che può subire un una moneta che pur umile di aspetto può vantare nobili origini. Ecco cosa succede a chi osserva solo superficialmente le monete, pensando che magari non può far danno a togliere un po’ di ossido da una moneta malconcia ed un po’ corrosa, mentre invece rischia di farla sprofondare in un disperato oblio, ignorando quale sia la sua ascendenza e quale sia il giusto trattamento da riservarle di conseguenza.

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Aggiungo in coda che non è la prima volta che un esemplare di questa collezione subisce i maltrattamenti dei posteri:

Un collezionista è innanzitutto un custode ed un custode non può permettersi di dimenticare la storia di una moneta, poiché il tesoro che custodisce è proprio in questo che consiste, la storia. Tutta la storia, senza compromessi.

 

Grande Archestrato, 

ti quoto al 100%. Sei stato vero signore nel definire chi rovina in questo modo questi esemplari. 
grazie 

Posso aggiungere che era una collezione imponente, ricca di pezzi eccezionali. Per gli amanti, il catalogo della “del pezzo” non dovrebbe mai mancare in libreria …

 

skuby

Modificato da skubydu
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15 ore fa, skubydu dice:

 Sei stato vero signore nel definire chi rovina in questo modo questi esemplari. 

Ho usato metafore e mi sono contenuto, ma nel momento in cui ho connesso l’esemplare passato da Heritage con la moneta venduta nel 1927 sono stato decisamente più volgare 🤬

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