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Inviato

DE GREGE EPICURI

Questo antoniniano un po' malconcio di Gallieno (sole reign) è il pretesto per interrogarmi (e interrogarvi) su alcune questioni di metallurgia che riguardano proprio questo tipo di monete. Al D, GALLENUS AUG.  Al rovescio, AEQUITAS AUG  con una stella nel campo sinistro; dovrebbe essere il RIC 627, Goebl 1610, della zecca di Antiochia.  Quello che si nota, specie al D, è la presenza di varie zone di abrasione, specie sulle parti più prominenti. Nelle zona abrase, il metallo ha un aspetto granuloso, mentre in quelle integre appare compatto e lucido.  Le domande che mi/vi pongo sono queste:

1) Le abrasioni sono di origine meccanica (presumibilmente: sfregamento con altre monete, o con diversi oggetti), oppure chimica (permanenza in ambiente umido e probabilmente acido)? Io propenderei per la prima ipotesi.

2) La differenza di aspetto fra le zone integre e quelle abrase si spiega con la differenza del metallo? Mi spiego: molti sostengono che nella coniazione di queste monete l'argento "emerge" in superficie, mentre la parte più interna è lega di Ag e Cu (che in realtà risultano sì mescolati, ma al microscopio sempre distinti); la parte lucida e compatta sarebbe quindi Ag.  Però si potrebbe anche pensare che la lucidità-compattezza sia dovuta semplicemente all'effetto meccanico della coniazione.  Avete qualche idea?

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Inviato

Credo che quelle aree corrose siano dovute più a un fattore chimico che a un fattore meccanico, d'altro canto come si può notare le chiazze di corrosione sono distribuite sia sul campo che sul ritratto. Una causa meccanica a mio avviso avrebbe prediletto le parti più in rilievo indistintamente tra dritto e rovescio. 

Per la differenza di aspetto direi che si ricongiunge al punto precedente, probabilmente la moneta ha subito un processo di corrosione progressivo che partendo dalle parti lucide si è "mangiato" lentamente l'interno non seguendo un andamento planare ma lasciando quella traccia quasi cristallina dall'apparenza granulosa.


Inviato

Salve , l' argentatura , cioe' la placcatura in argento , delle monete antiche non avveniva come oggi per placcatura in quanto questo processo ha bisogno di energia elettrica , metodo che ha una resistenza maggiore ad usura ed ambiente , ma avveniva solo per immersione del tondello in rame con piccolissime % di argento dal 2 al 5 % in contenitori con argento liquido ; questo metodo "a bagno" aveva naturalmente una resistenza ai fattori alteranti molto piu' bassa , cio' ha prodotto nella maggior parte delle monete antiche trattate in questo secondo metodo i risultati che osserviamo ; queste monete "a chiazze" sono comunque indice di autenticita' dell' originale e antica argentatura , mentre qualche moneta con argentatura integra al 100 % potrebbe avere subito una "rinfrescata" .


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Inviato

Mi risulta che ci fossero procedimenti di argentatura alternativi all’immersione del tondello di metallo base in un bagno d’argento. Per esempio, quello di ricoprirlo con un amalgama liquido di argento/mercurio che veniva poi riscaldato per disperdere il mercurio. Oppure spargendo dell’argento in polvere sul tondello che veniva poi fuso. Era anche possibile un arricchimento superficiale di un tondello contenente una piccola percentuale di argento, lasciandolo immerso in un acido che scioglieva il metallo vile dalla superficie.

 

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Inviato

DE GREGE EPICURI

@Legio II Italicae ad @apollonia: mah, tutti i vari metodi di argentatura superficiale che citate mi sembrano un po' troppo macchinosi. Avrebbero molto rallentato la produzione di antoniniani, che erano conati in grandissime quantità. Io penso ad una "coniazione diretta" di tondelli, prodotti in precedenza per fusione usando una lega di Cu e Ag al 5% (o meno).


Supporter
Inviato
2 ore fa, gpittini dice:

DE GREGE EPICURI

@Legio II Italicae ad @apollonia: mah, tutti i vari metodi di argentatura superficiale che citate mi sembrano un po' troppo macchinosi. Avrebbero molto rallentato la produzione di antoniniani, che erano conati in grandissime quantità. Io penso ad una "coniazione diretta" di tondelli, prodotti in precedenza per fusione usando una lega di Cu e Ag al 5% (o meno).

Un tondello del genere ha l'aspetto di un tondello di rame nel quale il 5% dell'argento in lega rimane disciolto come soluzione solida e non certo ricopre la superficie.

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Supporter
Inviato

L’uso di un tondello di rame in lega con una piccola quantità d’argento serviva per debasare le monete romane, tenendo il tondello immerso in una soluzione acida prima della coniatura. In tal modo l’acido asportava dalla superficie il rame per la sua solubilità (lisciviazione), lasciando un sottile strato di argentatura quasi puro.

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Inviato

A mio parere, sempre che la moneta sia stata solamente pulita dai residui terrosi e senza ulteriori trattamenti chimici mi sembra che :

1) le zone di abrasione sono di origine chimica diretta (ambiente e specie chimiche), o dovute a rottura della lamina di argento superficiale e prosecuzione del fenomeno di corrosione per attacco sulla base della lega metallica e dell'argento esterno dei promotori chimici della corrosione.

2) Le zone abrase, argentate, non lucide, potrebbero essere dovute a fenomeni di rideposizione elettrochimica dell'argento solubilizzato dai processi di corrosione della lamina esterna. In pratica il metallo nobile solubilizzato (complessato ?) si è ridepositato sulle zone metalliche della moneta contenenti in % maggiore rame ed altri metalli.

In generale credo che i fenomeni di corrosione chimica che sono alla base del processo..distruttivo di questa moneta, sono dovuti a un tondello con dispersione dei metalli e dei sali non omogeneo, o meglio a macchia di leopardo e che condizioni chimiche e fisiche particolari hanno attivato i successivi processi di corrosione.


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