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@Massenzio i miei complimenti per questa discussione! Un'ottima presentazione, sintetica ma completa e soprattutto accessibile a tutti.

Sono questi i contributi che arricchiscono il forum e, lasciatemelo dire, era da tempo che non ne leggevo qualcuno di così interessante che non provenisse sempre dai soliti "animatori di sezione" (che guai non ci fossero!!!).

:hi:mi auguro che questo breve saggio sia solo l'inizio di una prolifica successione di lavori oltre che uno stimolo per tutti!!!

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Inviato

Veramente ben spiegato. Intervento decisamente interessante.
Grazie ;);););)

 

 


Inviato (modificato)
7 ore fa, grigioviola dice:

@Massenzio i miei complimenti per questa discussione! Un'ottima presentazione, sintetica ma completa e soprattutto accessibile a tutti.

Sono questi i contributi che arricchiscono il forum e, lasciatemelo dire, era da tempo che non ne leggevo qualcuno di così interessante che non provenisse sempre dai soliti "animatori di sezione" (che guai non ci fossero!!!).

:hi:mi auguro che questo breve saggio sia solo l'inizio di una prolifica successione di lavori oltre che uno stimolo per tutti!!!

grazie @grigioviola e @Alessandro C.,   le conoscenze attuali non permettono di mettere tutti d'accordo, è un tema complesso che integrerò prossimamente.

Modificato da Massenzio
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Inviato

Ciao Massenzio, tantissimi complimenti per questa splendida trattazione! Non vedo l'ora che arrivi il prossimo capitolo della storia, non farci attendere tanto! ;)

Quindi è confermato che il follis si chiamava nummus argentifereus? 

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Il ‎04‎/‎03‎/‎2019 alle 09:46, Massenzio dice:

Con l'avvento di Diocleziano si pose fine a quel periodo noto come crisi del III secolo, un periodo che vide pressione ai confini e lotte interne caratterizzate soprattutto dalla volontà dell'esercito di elevare al rango di Augusto un generale piuttosto che un altro. Il nuovo Augusto si trovò a dover affrontare una profonda crisi economica e pose in essere una serie di iniziative atte a far fronte alle nuove esigenze del sistema tetrarchico che imponeva tra l'altro maggior circolante necessario a pagare un esercito tanto numeroso. 

Dopo aver nominato Massimiano come Augusto d'occidente e Galerio e Costanzo come cesari, Diocleziano nel 294 d.C. attua un riforma monetaria che prevede non solo la rivalutazione della moneta aurea portandola nuovamente a 1/60 di libbra romana (5,41gr) ma anche l'emissione di un nummus argenteus dal peso di 1/96 di libbra romana pari a 3,41 grammi con un valore pari a 100 denarii comunes. 

argenteo_massimiano_sarmat.jpg

 

Viene inoltre introdotto un nummus argentiferous, oggi viene comunemente chiamato follis, dal peso di circa 10 grammi quindi corrispondente a 1/32 di libbra e con un valore nominale ancora oggi dibattuto che potrebbe essere di 10 o 12,5 denarii communes. I radiati continuano a essere battuti, ma a differenza di prima non più argentati e con un valore pari a 2 denarii communes. A questi si affianca la moneta laureata, proprio quel denario che da tempo non è più d'argento ma in metallo vile, la moneta di conto in cui vengono espressi tutti i prezzi. Questa moneta di rame con un peso approssimativo di 1,5 grammi e che successivamente diventerà effettivamente un terzo di follis o genericamente una frazione di follis.

denarius.jpg.3592c6acdc8ad96414665a7312aa06c5.jpg

 

Questi divisionali avevano un valore troppo basso rispetto a quello nominale e la logica conseguenza fu quella che il mercato impose un proprio tasso di cambio con le monete di metallo nobile. L'inflazione dilagante generò una diminuzione del potere d'acquisto della moneta e portò all'emanazione di quello che oggi conosciamo come editto di Afrodisia. Questo editto emesso in un periodo imprecisato del 301 d.C., ma del quale è conosciuta la decorrenza dal 1° settembre, raddoppiava il valore nominale delle monete enee circolanti ristabilendo nelle intenzioni il potere d'acquisto originario.

cope.jpg.ca205305349cde94eb992b8c818e13ca.jpg

 

L'editto di Afrodisia, trovato parzialmente completo, permette di scoprire quindi che la bicharactam pecunia aveva un valore di 4 denarii communes (qvae in maiore orbis partec... qvattvor denariorvm) mentre la nostra monetina in rame passava dal valore nominale di un denario communes a due. 

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L'editto scoperto nel 1970, e quindi successivamente alla pubblicazione del RIC, riporta quindi come detto in precedenza che la moneta radiata emessa in oriente viene comunemente conosciuta come Bicharactam Pecunia, chiara allusione all'iconografia del rovescio CONCORDIA MILIT che mostra sempre due figure distinte.

1070700605_fotoradiato.jpg.be1feae5348e65d63ef2f4105c98f0f5.jpg

Anche il nummus argentiferous (follis) aveva raddoppiato il suo valore arrivando adesso ad almeno 20 denarii communes, su questo cifra non tutti sono unanimemente convinti, sempre un frammento riporta "..]TIQVINQVE", che apparentemente si riferisce  al valore della moneta dell'editto e che Hendy interpreta come [VIGIN]TI QVINQVE, quindi 25.

L'editto di Afrodisia non portò i risultati sperati, anzi la situazione peggiorò rapidamente e drasticamente, si arrivò a un aumento vertiginoso dei prezzi ormai incontrollabili. Venne quindi poco dopo promulgato il conosciuto editto dei prezzi, "Edictum de pretiis rerum venalium", tale editto altro non era che un calmiere dei prezzi, imponeva quindi quale fosse il prezzo massimo da pagare per un determinato bene o servizio. 

dettaglio_editto.jpg.5f722f14ba785d26f3d6e60b16715dd0.jpg

 

Tornando ai nostri piccoli laureati cosa ci permettevano di acquistare con queste piccole monete? L'editto ci viene in aiuto e ci dà un'idea del potere di acquisto del tempo. Scopriamo così che con 4 denarii communes era possibile acquistare un sextarivs di lupini cotti o dieci mele di prima scelta. Un nostro follis ora valeva 20 o 25 denarii communes (a seconda della tesi sposata, affronteremo in un secondo momento i valori probabilmente inseriti nei campi dei follis orientali), dall'editto deduciamo che questa moneta era la paga giornaliera per un pastore o il costo di un sextarivs di Vino rosato o ancora il costo per miglio del trasporto di un moggio su una barca fluviale.

Con l'abdicazione nel 305 d.C. l'editto di Diocleziano viene messo da parte, il nummus argentiferous mantiene il suo valore di 20/25 denarii ma viene portato nel 307 d.C. a 1/48 di libbra corrispondente a 6,5 grammi. Prima di questa riforma a Siscia e stranamente solo in quella zecca vengono emessi dei laureati con rovescio GENIO POPVLI ROMANI. Ormai l'editto dei prezzi era accantonato ma i prezzi sicuramente sarebbero stati visti al rialzo, con pugno di monete come quelle in foto ci saremmo forse potuti permettere dipendentemente dal valore della singola moneta una libbra di camoscio o una pelle di antilope o un pettine in legno.

4_frazioni.jpg.82f42dedecfbd99daa043d5ac0c68adf.jpg

 

Constatino in occidente avvia il follis a una continua svalutazione seguito da Massimino Daia in oriente, Massenzio da parte sua invece non segue le riforme costantiniane e mantiene immutato il peso fino alla sua morte.                                            

310 d.C.           5,4gr    1/60 libbra       

312 d.C.           4,51gr  1/72 libbra       

313 d.C.           3,38gr  1/96 libbra       

 

Dopo la morte in Massenzio anche la zecca di Roma si adegua alle altre zecche galliche ma mantiene il sistema monetario di Massenzio emettendo il 2/3 di follis da 16 denarii communes e il mezzo follis da 12 denari, monete con percettibili differenze di peso e modulo.

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Come possiamo vedere in queste emissioni del 312 d.C. vengono riportate nei campi i valori nominali della moneta. Non è ben chiaro se il follis aumenta il suo valore nominale da 20 a 25 o se continua semplicemente a valere 25 denarii communes come avveniva in precedenza. 

L'emissione VIRT EXERCIT GALL ha anche un’altra particolarità oltre all'indicazione del valore, come si vede dalla foto di questa bellissima moneta di @Tinia Numismatica abbiamo la presenza al diritto della corona radiata che solitamente è associata a un valore doppio (dupondi, doppi sesterzi e antoniniani). 

virt_exerc_tinia.thumb.jpg.a6f02120fd02263c444dbd05febdba78.jpg

In realtà, come è riscontrabile anche nella serie elmata e radiata dei follis di Lugdunum si tratta di un chiaro riferimento all'iconografia Costantiniana del Sol. 

Come accennato nel 313 d.C. il peso del nostro nummus argentiferous viene ulteriormente ridotto ma da questo momento in poi non abbiamo molti riscontri su cosa accade tra Costantino e Licinio, dei loro diversi sistemi monetari e dell'introduzione del centenionale (100 denarii communes) con la VICTORIA LAETAE PRINC PERP, questo è un tema che va affrontato separatamente.

 

 

Cope, Lawrence. "Diocletian's Price Edit and its associated coinage denominations", 1977, pages 7-12.

Zschucke, Carl-Friedrich. "Die Bronze-Teilstuck-Pragungen der Romischen Mumzstatte Trier", 1989

Spink, "The Roman Imperial Coinage Volume VI", 1967

David G. Wigg "An Issue of Follis Fractions with Denominational Marks", 1991

Ciao Massenzio, 

ammetto di aver  fatto un po' di fatica  seguirti, ma non per tua mancanza chiarezza (anzi!) , quanto per la mia poca competenza in materia. Tuttavia, essendo molto curioso ed interessato all'argomento, ho letto con attenzione trovando spunti per studiare ed approfondire.

Mi unisco agli altri nel ribadire i complimenti per il lavoro che stai scrivendo.

Ciao.

Stilicho

 

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Ciao Massenzio.

Dopo aver approfondito un po' l'argomento avrei alcune domande da porti:

- il nummus argentiferous e' quindi quello che noi comunemente chiamiamo follis giusto? solo che all'epoca di Diocleziano era molto più pesante e in bronzo, con pochissimo argento: era quindi rivestito?

-il radiato era il vecchio Antoniniano (praticamente tutto in bronzo)? era lui che in oriente era chiamato Bicharactam Pecunia?

-il vecchio denario (ora chiamato Laureato), tutto in bronzo, e' quello che noi chiamiamo follis ridotto? o sarà chiamato così solo con Costantino?

Scusa, magari le domande ti sembreranno futili, ma a me servono per imparare.

Ancora grazie per il tuo fattivo contributo alla diffusione della cultura numismatica, anche tra i semplici appassionati come me.

Stilicho


Inviato
38 minuti fa, Stilicho dice:

- il nummus argentiferous e' quindi quello che noi comunemente chiamiamo follis giusto? solo che all'epoca di Diocleziano era molto più pesante e in bronzo, con pochissimo argento: era quindi rivestito?

Ciao, nummus argentiferous è la moneta argentata, quindi rivestita da un bagno d’argento. È un termine usato per indicare questa tipologia. 

40 minuti fa, Stilicho dice:

-il radiato era il vecchio Antoniniano (praticamente tutto in bronzo)? era lui che in oriente era chiamato Bicharactam Pecunia?

Il radiato poteva sembrare il vecchio antoniniano ma in realtà non era argentato, non aveva la sigla XXI e aveva un peso leggermente inferiore, nella tabella di Cope sono la 2a e la 3. È la 2a che viene chiamata bicharactam pecunia, quindi priva di argentatura e con un peso di circa 3 grammi.

44 minuti fa, Stilicho dice:

-il vecchio denario (ora chiamato Laureato), tutto in bronzo, e' quello che noi chiamiamo follis ridotto? o sarà chiamato così solo con Costantino?

 

Il vecchio denario, ora (per ora intendo nel 300 d.C.) in bronzo è un denario comune. Il Follis ridotto è il Follis originariamente da 10 grammi circa che con continue svalutazioni arriva a pesare poco più di 3 grammi nel 313 d.C., cambia peso ma mantiene il suo valore nominale pari a 25 denari, arrivando probabilmente a 30, poi a 50 denari e per finire 100 (centenionale).

in pratica la moneta diventa più piccola, meno pesante ma aumenta il valore nominale e questo non significa che aumentava il suo potere d’acquisto, anzi.

grazie a te 

 

 

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Inviato
12 ore fa, Massenzio dice:

Ciao, nummus argentiferous è la moneta argentata, quindi rivestita da un bagno d’argento. È un termine usato per indicare questa tipologia. 

Il radiato poteva sembrare il vecchio antoniniano ma in realtà non era argentato, non aveva la sigla XXI e aveva un peso leggermente inferiore, nella tabella di Cope sono la 2a e la 3. È la 2a che viene chiamata bicharactam pecunia, quindi priva di argentatura e con un peso di circa 3 grammi.

Il vecchio denario, ora (per ora intendo nel 300 d.C.) in bronzo è un denario comune. Il Follis ridotto è il Follis originariamente da 10 grammi circa che con continue svalutazioni arriva a pesare poco più di 3 grammi nel 313 d.C., cambia peso ma mantiene il suo valore nominale pari a 25 denari, arrivando probabilmente a 30, poi a 50 denari e per finire 100 (centenionale).

in pratica la moneta diventa più piccola, meno pesante ma aumenta il valore nominale e questo non significa che aumentava il suo potere d’acquisto, anzi.

grazie a te 

 

 

Molto chiaro, come sempre! Attendo con interesse la seconda parte del lavoro.

Ti auguro un buon fine settimana.

Stilicho


Supporter
Inviato

Ciao Massenzio, 

ti sto perseguitando?.

Ho un dubbio: parlando di radiato, avevo capito che non compariva più la scritta XXI in esergo.

Tuttavia, navigando nella sezione "identificazione", mi sono imbattuto in questo radiato:

In esergo c'e' "XXI".

Temo di non avere capito bene qualcosa.

Ti ringrazio in anticipo per l'attenzione che vorrai dare al mio quesito.

Buona giornata.

Stilicho


Inviato
18 minuti fa, Stilicho dice:

Ciao Massenzio, 

ti sto perseguitando?.

Ho un dubbio: parlando di radiato, avevo capito che non compariva più la scritta XXI in esergo.

Tuttavia, navigando nella sezione "identificazione", mi sono imbattuto in questo radiato:

In esergo c'e' "XXI".

Temo di non avere capito bene qualcosa.

Ti ringrazio in anticipo per l'attenzione che vorrai dare al mio quesito.

Buona giornata.

Stilicho

Questo è un antoniniano, aveva originariamente argentatura che con il tempo è sparita, per questo riporta XXI. 

 


Supporter
Inviato
16 minuti fa, Massenzio dice:

Questo è un antoniniano, aveva originariamente argentatura che con il tempo è sparita, per questo riporta XXI. 

 

Se ho ben capito quindi:

-se trovo una moneta "radiata" , in bronzo, con XXI in esergo mi trovo di fronte ad un antoniniano che ha perso l'argentatura.

-se trovo una moneta "radiata" in bronzo, senza XXI in esergo si tratta di un radiato tipico post-riforma. 

E' corretto?

Scusa, ma la materia, come ti avevo detto, mi risulta un po' ostica, anche se estremamente interessante.

Ciao.

Stilicho


Inviato
Il 10/3/2019 alle 12:56, Stilicho dice:

Se ho ben capito quindi:

-se trovo una moneta "radiata" , in bronzo, con XXI in esergo mi trovo di fronte ad un antoniniano che ha perso l'argentatura.

-se trovo una moneta "radiata" in bronzo, senza XXI in esergo si tratta di un radiato tipico post-riforma. 

E' corretto?

Scusa, ma la materia, come ti avevo detto, mi risulta un po' ostica, anche se estremamente interessante.

Ciao.

Stilicho

Devi contestualizzare la moneta, lo spartiacque è la riforma, quindi il 294 d.C.. Fino a questo anno Diocleziano e Massimiano emettono radiati argentati, la sigla XXI è presente sulla maggior parte ma non su tutte ( vedi Lugdunum e Treveri), il valore comunque era identico a quelle che avevano il contrassegno. 

io direi “se trovo un radiato CONCORDIA MILITVM quindi senza XXI in esergo allora è un tipico radiato post-riforma”

 

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Il ‎11‎/‎03‎/‎2019 alle 21:35, Massenzio dice:

Devi contestualizzare la moneta, lo spartiacque è la riforma, quindi il 294 d.C.. Fino a questo anno Diocleziano e Massimiano emettono radiati argentati, la sigla XXI è presente sulla maggior parte ma non su tutte ( vedi Lugdunum e Treveri), il valore comunque era identico a quelle che avevano il contrassegno. 

io direi “se trovo un radiato CONCORDIA MILITVM quindi senza XXI in esergo allora è un tipico radiato post-riforma”

 

Non mi è molto chiara l'ultima frase, perché di radiati CONCORDIA MILITUM con XXI in esergo ne esistono


Inviato
55 minuti fa, laguardiaimperial dice:

Non mi è molto chiara l'ultima frase, perché di radiati CONCORDIA MILITUM con XXI in esergo ne esistono

scusa ma è un refuso, sarebbe dovuto essere "se trovo un radiato CONCORDIA MILITVM senza XXI in esergo allora è un tipico radiato post-riforma, questo comunque va contestualizzato sempre con l'oriente, perché in occidente i radiati post riforma avevano fatto la loro comparsa con i VOTA al rovescio.

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Inviato (modificato)

Approfondendo il discorso sul valore del follis come abbiamo avuto modo di dire in precedenza non è noto con certezza quale fosse il valore nominale del nummus argentiferous al momento della sua prima emissione nel 294 d.C.. All'inizio come riportato nel RIC è stato addirittura associato a un valore di 5 denarii per poi essere stato corretto in 10 denarii communes ed è stato a sua volta fatto proprio da Cope che in seguito all'editto di Afrodisia lo riporta nel suo studio con un valore raddoppiato di 20 denarii. Cosa porta a queste diverse ipotesi? Iniziamo con il dire che allo stato attuale non è giunto a noi nulla che chiarisca definitivamente il valore della moneta quindi tutte le supposizioni derivano da diverse interpretazioni.
Sappiamo che a ridosso del 300 d.C. iniziano ad apparire dei contrassegni su alcune emissioni di Follis che sono stati considerati dai più almeno inizialmente come valori nominali. Troviamo quindi:

XXISIS sui Follis di Siscia (la zecca più orientale sotto il controllo di Massimiano)

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XX-I sui Follis di Alessandria sotto il controllo di Diocleziano

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K-V sui Follis di Antiochia sempre sotto il controllo di Diocleziano

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Il RIC (Sutherland e Carson) interpreta le sigle come XX denarii corrispondenti a una moneta mentre per Antiochia come K (20) sesterzi o V (5) denarii. Queste diverse interpretazioni delle sigle citate a loro volta hanno portato a supporre che potessero essere in vigore valutazioni diverse per il follis all'interno dell’Impero, non solo tra occidente e oriente ma addirittura tra Antiochia e Alessandria. A dire il vero risulta altamente improbabile che una sigla (XXI) ben conosciuta all'interno dell’Impero dai tempi di Aureliano cambiasse di punto in bianco significato generando confusione a chi la leggesse, si può quindi pensare, che come per il radiato argentato, questa indicasse che la moneta era composta da 20 parti di bronzo e una d’argento. Esami metallografici hanno mostrato come la moneta dal peso di 1/32 - 1/30 libbra conteneva al massimo il 4% di argento e mai arrivava alla teorica percentuale del 4,76% di fino, un percentuale comunque plausibile con il significato della sigla.
 
Se quindi per XXI potremmo avere una risposta quale può essere il significato di KV? Sarebbe stato normale seguire la stessa sigla greca usata sugli antoniniani, quindi KA, ma così non è stato. Il RIC, come detto, fornisce una sua interpretazione con 20 sesterzi = 5 denarii, una tesi probabilmente seguita all'iniziale interpretazione della sigla XXI. In realtà potremmo semplicemente ricondurre a tre ipotesi: potrebbe essere il valore della moneta espresso in denari (25); il contrassegno sia solo K e quindi V abbia un altro significato a noi oscuro; oppure personalmente mi viene da pensare che K V non abbia nulla a che vedere con un eventuale contrassegno di valore. Andando nel dettaglio della zecca di Alexandria notiamo come successivamente al 305 d.C. sui Follis appare nei campi la lettera K precedentemente presente ad Antiochia.

Possiamo difatti notare che ad Alexandria nei campi sono presenti non solo contrassegni come S P (probabilmente dal significato Sacra Pecunia) e P R (Pondus Restitutus per indicare un aumento di peso) ma dal 308 d.C. altri contrassegni con il segno K. Per esempio:

P R (Pondus Restitutus)

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A fine 308 d.C. appare nei campi X K

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Tra il 308-310 d.C. appare nei campi K P

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Nel 311 d.C. appare nei campi K X

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Una conseguente deduzione potrebbe essere che in realtà il marchio di valore in denari della moneta non fosse presente su queste emissioni e K (20) stesse a indicare le parti di bronzo (quindi riconducibile a XX). Altra conferma che non dovrebbe trattarsi del valore in denarii communes deriva dal fatto che nel 308 d.C. a Lugdunum viene emessa sui follis la sigla CIHS, interpretata da Crawford come 100 sestertii = 25 denarii. Questa interpretazione è molto plausibile in quanto HS indicava nel periodo arcaico il sesterzio, i numerali venivano segnati con una stanghetta orizzontale sopra i caratteri, da qui quindi l'abbreviazione IIS che si trasformò con il tempo in HS, di conseguenza questo confermerebbe che il valore del nummus argentiferous era 25 denarii communes.

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Cope menziona nella tabella del precedente post anche un radiato di Cizico dal peso di 6 grammi (ma del quale esistono esemplari di quasi 9 grammi come quello in foto sotto) e con un valore doppio rispetto alla frazione radiata largamente conosciuta. La moneta arriva ad avere un peso anche vicino a quello del follis del periodo, una moneta piuttosto rara e quindi non coniata in grandi quantità ma che per esempio vista la consunzione dell'esemplare postato ha comunque circolato.

Dm5JiLj4Kz6K72MsrXy39aZxfC8A7i.jpg.0e27906b67fbcbb3747e72912a2c93eb.jpgQuesta moneta forse è nata da un'errata interpretazione delle direttive relative alla coniazione della nuova tipologia da parte della zecca, ciò non sarebbe una novità per il periodo visto che la stessa zecca di Cizico già commise un errore nello stesso periodo coniando un follis con nei campi la sigla di Cizico ma all'esergo quello di Treveri (SIC!!!) Questa tipologia quindi andrebbe probabilmente iscritta tra gli errori di conio più che come tipologia monetale.

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Cosa accadde quindi agli aureliani che circolavano per l'impero agli inizi del IV sec.? Un papiro non datato ma riconducibile al periodo della tetrarchia ci mostra la preoccupazione di un'uomo che in previsione della svalutazione di quella che chiama moneta italica si prodiga per fare in modo che possa essere spesa al più presto.  

IMG_1405.thumb.jpg.e03f4fa642e5c0ab9dfb0572ba28d20e.jpg
Il radiato italico veniva drasticamente dimezzato equiparandolo a quello del radiato post riforma, d'altronde facendo le dovute riflessioni, immaginatevi di avere tra le mani due radiati, uno con un po' di argentatura (se non era già saltata via) e l'altro senza, uno con la sigla XXI e l'altro senza. Questa situazione avrebbe creato sicuramente confusione. Il papiro riportava:


Διονύσιος Ἀπίωνι
χαίρειν·
προσέταξεν ἡ θεία τύχη τῶν
δεσποτῶν ἡμῶν τὸ Ἰ(*)ταλικὸν νόμισμα
5εἰς ἥμισυ νούμμου καταβιβασθῆναι· σπού-
δασον οὖν πᾶν τὸ Ἰ(*)ταλικὸν ἀργύριον
ὃ ἔχεις ἀναλῶσαι ἀγοράσας μοι εἴδη
παντοδαπὰ κα̣ὶ π[ο]ίας εὑρίσκεις τιμῆς.
τούτου τε ἕνεκα ἀπέστειλα πρός σε
10ὀφφ(ικιάλιον)· προγίνωσκε δὲ ὡς εἰ βουληθείης(*)
κακουργίᾳ τινὶ χρήσασθαι οὐκ ἀν-
έξομαί σου. (hand 2) ἐρρῶσθαί σε πολλοῖς χρόνοις
εὔχομαι, ἄδελφε.

‘Dionysius to Apion, greeting. The divine Fortune of our masters has ordained that the Italian coinage be reduced to the half of a nummus. Make haste, therefore, to spend all the Italian silver that you have on purchases, on my behalf, of goods of every description at whatever price you find them. For this purpose I have dispatched an officialis to you. But take notice that should you intend to indulge in any malpractices I shall not allow you to do so. I pray, my brother, that you may be in long health.

I have received the letter from the officialis on the 8th of Pharmouthi.’

E’ quindi evidente che il radiato argentato smette di esser tesaurizzato dall'autore della missiva e che come la legge di Gresham insegna la moneta cattiva (radiata) scaccia la moneta buona (follis) con la prima che viene immediatamente spesa.

Modificato da Illyricum65
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Discussione che si arricchisce sempre di più e da mettere in evidenza!

...anzi... non me ne voglia il mio collega @Illyricum65, ma l'ho già messa in evidenza!

Modificato da grigioviola
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Inviato
3 minuti fa, grigioviola dice:

Discussione che si arricchisce sempre di più e da mettere in evidenza!

...anzi... non me ne voglia il mio collega @Illyricum65, ma l'ho già messa in evidenza!

Fatto benissimo! Assolutamente.

Ciao

Illyricum

;)

 


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Inviato

Volevo porvi una domanda. 

Quali fonti ci dicono che il nummus centennionalis potesse valere cento denari? Ho letto alcune testi in cui si affermava che il nome della moneta era legato al fatto che valeva un centesimo della moneta d'argento. L'opzione fornita mi pare molto più ragionevole (non credo fosse semplice fissare il cambio tra argento e rame in quel periodo), ma mi piacerebbe sapere quali fonti la supportano.

 


Inviato

C’è da dire che come avvenuto in altre circostanze magari il nome di una moneta nasce in precedenza ma poi diventa un nomignolo che rimane nel tempo e viene associato mano mano a varie monete emesse successivamente. Per esempio una tesi è che il nome centenionale è nato sotto Diocleziano con l’argenteo (che valeva 100 denarii communes) ma che poi è rimasto come nomignolo della moneta e quindi utilizzato nei decenni successivi. Un’evidenza simile l’abbiamo per esempio nel papiro del post precedente dove compare  quello che viene chiamato come “nummo italico”, un nome già utilizzato 150 anni prima nella tariffa di Palmira dove veniva menzionata una moneta con il medesimo nome.

Comunque, sono giunte a noi diversi testimonianze sul costo dell'oro che con le dovute proporzioni hanno portato a determinate congetture.
Per esempio un papiro del 325 riporta il prezzo di una libbra di oro pari a 3.900.000 denarii communes, vale a dire 54000 solidi. Ora considerando gli ipotetici 3 grammi con il 2% di argento con un rapporto oro.argento.bronzo di 1:12:1440  possiamo stabilire un valore della moneta argentata al cambio pari a 84 denarii communes quindi plausibile con il valore di 100 denarii communes perchè lo stato avrebbe prodotto la moneta mantenendo un certo margine di guadagno dalla produzione stessa. Patrick Bruun nel 1978 propose il valore del centenionale VICTORIAE LAET PRINC PERP a 100 denarii communes mentre il nummus a 25 denarii communes, in pratica una riforma con questa emissione del 318/319 d.C. conseguentementevla nuova moneta avrebbe potuto avere la nuova denominazione, affiancata dal nummo e dal mezzo nummo. La moneta con questo nomignolo continuò a essere coniata come moneta principale fino al 348 d.C. quando il sistema si incentrò sulla Maiorina.

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  • 1 mese dopo...
Inviato

Cortese  Massenzio in base alla riforma monetaria del 294 il  Nummus Argenteus XCVI  non poteva valere 100  denari di conto visto che nel prospetto da te postato aveva tale valore nel 301.

L'inflazione  causata dall'aumento dell'imposta annonaria dal 294 al 301 aveva fatto aumentare il prezzo delle merci, cioè ci volevano sempre più monete divisionali per pagare i beni di consumo.

Si era creata un enorme discrepanza tra il valore delle monete  in oro ed argento  che venivano tesaurizzate visto il panico finanziario e le monete in bronzo argentato che mantennero il loro valore in denari di conto fino all'editto di Afrodisia del 301 che rivalutò artificiosamente il loro valore in denari di conto.

La valutazione di 100 denari di conto per l'argenteus XCVI  è stata data da qualche documento storico?

Prendendo il valore dell'argento riportato nell'edictum de pretiis rerum venalium i denari di conto neceassari per pagare l'argento di tale moneta sarebbero circa 58 ed il divario con la valutazione di 100 denari mi sembra eccessivo.

Ti sarei grato se potessi fornirmi tale dato.

 

 

 

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Inviato (modificato)

Ciao @teodato,

Provo a far chiarezza ma devi avere la consapevolezza che tutti gli studi non sono mai conclusivi ma frammentari e contraddittori.

L’editto dei prezzi specificava il prezzo massimo da pagare per un’infinità di beni tra cui i metalli, abbiamo quindi per esempio un prezzo massimo di 72.000 denari comuni per una libra d’oro ma un papiro datato 16 febbraio 300 d.C. (P.Panop.Beatty 2.216) riporta che lo stato per una libra ne pagò 60.000. Quindi l’aureo corrispondente a 1/60 libra avrebbe dovuto avere un valore tra i 1000 e i 1200 denarii massimo e invece l’inflazione lo portava a 1500 o ancora di più perché in una corrispondenza ufficiale del 306 d.C. una libra d’oro veniva riportata a 100.000 denarii quindi un aureo veniva scambiato a 1667 denarii.

Fatta questa premessa sui prezzi de l’editto e sulle testimonianze arrivate a noi devono essere fatte due considerazioni: se lo stato produce moneta non lo fa per andarci in pari e neanche per rimetterci. Quindi si batte moneta guadagnando anche dall’immissione sul mercato del circolante. 

Viene supposto che l’editto di Afrodisia abbia rivalutato solamente la monetazione in metallo vile lasciando inalterato il valore delle monete in argento e oro, è certo che il valore dopo tale editto del nummo d’argento fosse 100 denari comuni ma il valore pre editto è assolutamente speculativo, era una moneta sovrastimata. L’argenteo XCVI riportava appunto il peso 1/96 di libra, cioè venivano coniate teoricamente 96 monete con una libra, in realtà visto il peso sempre leggermente calante si coniavano più monete di quante dovute con consequente guadagno da parte dello stato. Sempre l’editto riporta 6000 denarii per libra d’argento, un rapporto 1:12 con l’oro con un valore intrinseco dell’argenteo di 62,5 denarii quindi appunto moneta d’argento largamente sopravvalutata.

Qualche anno dopo un papiro del 306 d.C. (SB XIV 11345) riporta come il valore di una libra di argento fosse pari a 8328 denarii quindi ancora con il rapporto di 1:12 con l’oro. Abbiamo quindi una certa stabilità tra oro e argento anche a diversi anni di distanza che rafforza la teoria che l’editto monetario non mutò il valore di queste monete perché il rapporto tra i due metalli rimase invariato.

Ritornando quindi al 294 d.C. l’argenteo aveva un valore intrinseco di circa 60 denarii comunes ma veniva tariffato a 100 già prima del l’editto e probabilmente lo mantenne anche successivamente.

Modificato da Massenzio
Grammatica

Inviato

Massenzio ti ringrazio per le precisazioni, da quanto esposto dall'editto ( e come tu hai giustamente precisato) il rapporto oro argento

era di 1 a 12.

Il problema riguarda l'Argenteus che secono la tabella veniva dato a 100 denari mentre l'Aureo a 1.500 il che comporterebbe un rappoto di cambio di 15 Argentei per un Aureo.

Mi sembra in tale rapportol'argenteus eccessivamente sopravvalutato rispetto all'Aureo.

Vedo che dai per scontata la quotazione dell'Argenteus pari a 100 denari, da quale testo dell'epoca viene tratta questa valorizzazione

a 100 denari di conto? 

Scusami per l'insistenza della mia richiesta, ti chiedo di avere un po' di pazienza.

Per il 294 il Prieur riporta un rapporo di cambio Aureo/Argenteus di 1 a 25 , il Forzoni di 1 a 20,  quest'ultimo rispecchierebbe il rapporto oro/ argento di 1 a 12.

 

 

 


Inviato

Buongiorno,

In uno dei frammenti di Afrodisia è menzionato il valore di 100 denarii comunes per il nummus argenteus, è da lì che viene questo valore. Per la quotazione pre editto invece, se immaginiamo l’inflazione con i prezzi che salgono vertiginosamente e quindi la necessità di promulgare l’editto dei prezzi con lo scopo di calmierare è facile pensare come anche l’argenteo subito dopo la sua introduzione avesse raggiunto immediatamente un valore più alto rispetto al suo valore intrinseco pre editto di 62 denarii comunes.

C’è da ricordare inoltre che il nummus argenteus scomparve dalla circolazione e venne tesaurizzato magari proprio per la sua sopravvalutazione. Il sistema trimetallico era in realtà monometallico e si resse sui nummi argentati, con imposte pagate con folles anziché in argento come avveniva nei secoli precedenti.


Inviato

Ti ringrazio per la consueta cortesia, se l'Argenteus è stato quotato 100 denari comuni probabilmente  (data la grande sopravvalutazione rispetto al valore intrinseco) si sperava che chi aveva tesaurizzato tale moneta la rimettesse i circolazione.

grazie della precisazione


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