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IGNORED

Accadde in questi giorni (27-28 febbraio)


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Inviato (modificato)
  •          27 febbraio 274 d.C. : nasce a Naissus, in Illiricum, Flavius Valerius Aurelius Constantinus che passerà alla Storia con il nome di Costantino I.·     

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  •   27 febbraio 380 d.C. : viene emesso da Graziano, Teodosio I e Valentiniano II l’Editto di Tessalonica image.png.194e7a5a36b16e4d27adda7b26cf0e59.png

«IMPPP. GRATIANVS; VALENTINIANVS ET THEODOSIVS AAA. EDICTUM AD POPULUM VRB(IS) CONSTANTINOP(OLITANAE).

Cunctos populos, quos clementiae nostrae regit temperamentum, in tali volumus religione versari, quam divinum Petrum apostolum tradidisse Romanis religio usque ad nunc ab ipso insinuata declarat quamque pontificem Damasum sequi claret et Petrum Alexandriae episcopum virum apostolicae sanctitatis, hoc est, ut secundum apostolicam disciplinam evangelicamque doctrinam patris et filii et spiritus sancti unam deitatem sub pari maiestate et sub pia trinitate credamus. Hanc legem sequentes Christianorum catholicorum nomen iubemus amplecti, reliquos vero dementes vesanosque iudicantes haeretici dogmatis infamiam sustinere ‘nec conciliabula eorum ecclesiarum nomen accipere’, divina primum vindicta, post etiam motus nostri, quem ex caelesti arbitro sumpserimus, ultione plectendos.

DAT. III Kal. Mar. THESSAL(ONICAE) GR(ATI)ANO A. V ET THEOD(OSIO) A. I CONSS.»

(Codice Teodosiano, XVI, 1.2)

·         28 febbraio 509 a.C. : i Romani combattono la battaglia della Selva Arsia contro gli Etruschi. Roma aveva cacciato Tarquinio il Superbo, ultimo Re di Roma; il re deposto assieme ai figli aveva cercato alleanza tra gli Etruschi per riconquistare il trono perduto e quindi alla guida di un esercito composto da etruschi di Veio e di Tarquinia aveva marciato alla volta di Roma. Lo scontro avvenne presso un bosco sacro nella Selva Arsia, al confine tra il territorio romano e quello di Veio. etrusche. Lo scontro avvenne nella Selva Arsia, un bosco sacro dedicato a Silvano o Fauno o a un eroe, che doveva trovarsi presso il confine tra il territorio romano e quello di Veio. A fornire la data della battaglia è Plutarco (Publicola, 9, 5), il quale riporta la tradizione romana che indicava l'ultimo giorno di febbraio come ricorrenza di questo scontro militare.
La descrizione degli avvenimenti la troviamo in molti autori tra i quali Livio (II, 6-7) che scrive:
"Così due città e due eserciti seguirono Tarquinio con l'intento di riconquistargli il regno e di vendicarsi militarmente dei Romani.
Quando entrarono in territorio romano, i consoli avanzarono contro il nemico: Valerio guidava la fanteria disposta in ordine compatto, mentre Bruto lo precedeva in esplorazione con la cavalleria. Anche nell'armata nemica il primo corpo era la fanteria, agli ordini di Arrunte Tarquinio figlio del re. Questi era dietro col resto delle truppe. Arrunte, individuando da lontano prima i littori, capì che il console era lì nei pressi, poi, quando avvicinandosi riconobbe senza orma di dubbio i lineamenti di Bruto, infiammato dalla rabbia, urlò: "Ecco laggiù l'uomo che ci ha cacciati dalla terra in cui siamo nati, proprio lui. Guardatelo come avanza tronfio delle nostre insegne! O dei che vendicate i re, assisteteci". Sprona il cavallo e si butta a testa bassa dritto contro il console. Bruto allora si sentì minacciato; dato però che in quel tempo era motivo d'orgoglio per i comandanti buttarsi nella mischia in prima persona, Bruto per questo accetta la sfida senza pensarci un attimo. I due si scontrarono con un accanimento incredibile, preoccupandosi soltanto di colpire l'avversario e non di schivarne i colpi. Così, trafitti l'uno e l'altro dall'asta dell'avversario passata attraverso lo scudo, furono sbalzati da cavallo e franarono a terra in fin di vita. Nello stesso istante ebbe inizio anche lo scontro tra il resto delle due cavallerie e poco dopo toccò alle fanterie scendere in campo. Si combatté con alterno successo e l'esito della battaglia rimase legato a un filo. L'ala destra di entrambi gli schieramenti aveva la meglio, mentre la sinistra cedeva. I Veienti, abituati alla sconfitta con le truppe romane, furono sbaragliati e dispersi; i Tarquini, invece, avversario nuovo e sconosciuto, non si limitarono a reggere bene l'urto, ma riuscirono anche a respingere quella parte dell'esercito romano che si trovava nel loro settore. Nonostante l'andamento incerto della battaglia, Tarquinio e gli Etruschi furono presi da un panico tale che abbandonarono l'impresa senza portarla a compimento e quella stessa notte entrambi gli eserciti, il veiente e il tarquiniense, se ne tornarono nei loro paesi. Il racconto di questa battaglia contiene anche del prodigioso: nel silenzio della notte successiva pare si sia sentita una voce proveniente dalla selva Arsia e identificata con quella del dio Silvano, la quale avrebbe detto: "Gli Etruschi hanno perso un uomo in più in battaglia, quindi la vittoria della guerra va ai Romani". A ogni modo i Romani se ne andarono da vincitori, gli Etruschi da vinti. Infatti, quando alle prime luci del giorno non ci fu più l'ombra di un nemico in vista, il console Publio Valerio raccolse le spoglie e fece rientro a Roma in trionfo. Celebrò il funerale del collega nella maniera più sontuosa possibile per l'epoca. Quel che però fu ben più clamoroso per la sua memoria fu il lutto civile e, all'interno di esso, il fatto che le donne di Roma lo piansero per un anno, come se fosse stato un padre, per l'accanimento che aveva mostrato nel vendicare l'oltraggio alla castità femminile.
"

Così il 28 febbraio del 509 a.C. trovò la morte in eroico duello Lucio Giunio Bruto, primo tra i consoli di Roma, esempio futuro nella storia romana della lotta contro i tiranni.

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Il Bruto Capitolino, busto bronzeo che si presume rappresenti  Lucio Giunio Bruto.

  • Inoltre si tenevano nell'Antica Roma gli Equirria, festività costituite da gare con cavalli dedicate a Marte e che sui tenevano il 27 e il 14 marzo. Rappresentavano il giorno dell'uscita dell'esercito romano dopo la pausa invernale e si dice fossero state istituite dallo stesso Romolo.

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        Ciao

Illyricum

;)

 

 

 

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21 ore fa, Illyricum65 dice:
  •          27 febbraio 274 d.C. : nasce a Naissus, in Illiricum, Flavius Valerius Aurelius Constantinus che passerà alla Storia con il nome di Costantino I.·     

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  •   27 febbraio 380 d.C. : viene emesso da Graziano, Teodosio I e Valentiniano II l’Editto di Tessalonica image.png.194e7a5a36b16e4d27adda7b26cf0e59.png

«IMPPP. GRATIANVS; VALENTINIANVS ET THEODOSIVS AAA. EDICTUM AD POPULUM VRB(IS) CONSTANTINOP(OLITANAE).

Cunctos populos, quos clementiae nostrae regit temperamentum, in tali volumus religione versari, quam divinum Petrum apostolum tradidisse Romanis religio usque ad nunc ab ipso insinuata declarat quamque pontificem Damasum sequi claret et Petrum Alexandriae episcopum virum apostolicae sanctitatis, hoc est, ut secundum apostolicam disciplinam evangelicamque doctrinam patris et filii et spiritus sancti unam deitatem sub pari maiestate et sub pia trinitate credamus. Hanc legem sequentes Christianorum catholicorum nomen iubemus amplecti, reliquos vero dementes vesanosque iudicantes haeretici dogmatis infamiam sustinere ‘nec conciliabula eorum ecclesiarum nomen accipere’, divina primum vindicta, post etiam motus nostri, quem ex caelesti arbitro sumpserimus, ultione plectendos.

DAT. III Kal. Mar. THESSAL(ONICAE) GR(ATI)ANO A. V ET THEOD(OSIO) A. I CONSS.»

(Codice Teodosiano, XVI, 1.2)

·         28 febbraio 509 a.C. : i Romani combattono la battaglia della Selva Arsia contro gli Etruschi. Roma aveva cacciato Tarquinio il Superbo, ultimo Re di Roma; il re deposto assieme ai figli aveva cercato alleanza tra gli Etruschi per riconquistare il trono perduto e quindi alla guida di un esercito composto da etruschi di Veio e di Tarquinia aveva marciato alla volta di Roma. Lo scontro avvenne presso un bosco sacro nella Selva Arsia, al confine tra il territorio romano e quello di Veio. etrusche. Lo scontro avvenne nella Selva Arsia, un bosco sacro dedicato a Silvano o Fauno o a un eroe, che doveva trovarsi presso il confine tra il territorio romano e quello di Veio. A fornire la data della battaglia è Plutarco (Publicola, 9, 5), il quale riporta la tradizione romana che indicava l'ultimo giorno di febbraio come ricorrenza di questo scontro militare.
La descrizione degli avvenimenti la troviamo in molti autori tra i quali Livio (II, 6-7) che scrive:
"Così due città e due eserciti seguirono Tarquinio con l'intento di riconquistargli il regno e di vendicarsi militarmente dei Romani.
Quando entrarono in territorio romano, i consoli avanzarono contro il nemico: Valerio guidava la fanteria disposta in ordine compatto, mentre Bruto lo precedeva in esplorazione con la cavalleria. Anche nell'armata nemica il primo corpo era la fanteria, agli ordini di Arrunte Tarquinio figlio del re. Questi era dietro col resto delle truppe. Arrunte, individuando da lontano prima i littori, capì che il console era lì nei pressi, poi, quando avvicinandosi riconobbe senza orma di dubbio i lineamenti di Bruto, infiammato dalla rabbia, urlò: "Ecco laggiù l'uomo che ci ha cacciati dalla terra in cui siamo nati, proprio lui. Guardatelo come avanza tronfio delle nostre insegne! O dei che vendicate i re, assisteteci". Sprona il cavallo e si butta a testa bassa dritto contro il console. Bruto allora si sentì minacciato; dato però che in quel tempo era motivo d'orgoglio per i comandanti buttarsi nella mischia in prima persona, Bruto per questo accetta la sfida senza pensarci un attimo. I due si scontrarono con un accanimento incredibile, preoccupandosi soltanto di colpire l'avversario e non di schivarne i colpi. Così, trafitti l'uno e l'altro dall'asta dell'avversario passata attraverso lo scudo, furono sbalzati da cavallo e franarono a terra in fin di vita. Nello stesso istante ebbe inizio anche lo scontro tra il resto delle due cavallerie e poco dopo toccò alle fanterie scendere in campo. Si combatté con alterno successo e l'esito della battaglia rimase legato a un filo. L'ala destra di entrambi gli schieramenti aveva la meglio, mentre la sinistra cedeva. I Veienti, abituati alla sconfitta con le truppe romane, furono sbaragliati e dispersi; i Tarquini, invece, avversario nuovo e sconosciuto, non si limitarono a reggere bene l'urto, ma riuscirono anche a respingere quella parte dell'esercito romano che si trovava nel loro settore. Nonostante l'andamento incerto della battaglia, Tarquinio e gli Etruschi furono presi da un panico tale che abbandonarono l'impresa senza portarla a compimento e quella stessa notte entrambi gli eserciti, il veiente e il tarquiniense, se ne tornarono nei loro paesi. Il racconto di questa battaglia contiene anche del prodigioso: nel silenzio della notte successiva pare si sia sentita una voce proveniente dalla selva Arsia e identificata con quella del dio Silvano, la quale avrebbe detto: "Gli Etruschi hanno perso un uomo in più in battaglia, quindi la vittoria della guerra va ai Romani". A ogni modo i Romani se ne andarono da vincitori, gli Etruschi da vinti. Infatti, quando alle prime luci del giorno non ci fu più l'ombra di un nemico in vista, il console Publio Valerio raccolse le spoglie e fece rientro a Roma in trionfo. Celebrò il funerale del collega nella maniera più sontuosa possibile per l'epoca. Quel che però fu ben più clamoroso per la sua memoria fu il lutto civile e, all'interno di esso, il fatto che le donne di Roma lo piansero per un anno, come se fosse stato un padre, per l'accanimento che aveva mostrato nel vendicare l'oltraggio alla castità femminile.
"

Così il 28 febbraio del 509 a.C. trovò la morte in eroico duello Lucio Giunio Bruto, primo tra i consoli di Roma, esempio futuro nella storia romana della lotta contro i tiranni.

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Il Bruto Capitolino, busto bronzeo che si presume rappresenti  Lucio Giunio Bruto.

  • Inoltre si tenevano nell'Antica Roma gli Equirria, festività costituite da gare con cavalli dedicate a Marte e che sui tenevano il 27 e il 14 marzo. Rappresentavano il giorno dell'uscita dell'esercito romano dopo la pausa invernale e si dice fossero state istituite dallo stesso Romolo.

     

     

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        Ciao

Illyricum

;)

 

 

 

Che coincidenza tra la nascita di Costantino e  la promulgazione dell'Editto di Tessalonica….

Molto bello il racconto della battaglia della Selva Arsia (onestamente non sapevo che si chiamasse così) di Tito Livio. E' così avvincente che sembra di vedere lo scontro! Sarebbe bello leggerlo in latino, ma purtroppo ho solo vaghe reminiscenze del liceo.

Ciao e grazie per il tuo contributo.

Stilicho


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