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IGNORED

I TALLERI BENEDETTI


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Inviato (modificato)

mentre esploro l'affascinante mondo dei talleri tedeschi, sempre più ritengo che la figura più adatta per studiarli non sia il collezionista, nè il numismatico, ma ci voglia un naturalista: specie, genere, ordine, classe... sarebbero attributi che ben calzerebbero nell'inquadrare e catalogare tali monete.
Il mio interesse collezionistico per ora verte solamente sull'ultima tipologia prodotta: il Vereinstaler, coniato dagli stati tedeschi solamente nel periodo 1857-1871.
Ebbene, in soli 14 anni, quei fantasiosi di tedeschi (ossimoro) sono riusciti a crearne almeno 77 tipi diversi (ho compulsato pagina per pagina il Davenport, ma potrei anche averne inavvertitamente saltato qualcuno), e in questa congerie di talleri, che per definizione avrebbero dovuto essere unificanti, ho anche individuato 2 sottospecie e 1 anomalia.
Se poi teniamo conto che, nel solo 19mo secolo, vi furono negli stati tedeschi 4 specifiche diverse per i talleri, e precisamernte:
tallero di convenzione
tallero della corona
tallero basato sul marco di Colonia,
vereinstaler
e che i primi talleri videro la luce attorno al 1550, beh, forse anche Linneo si sarebbe un po' preoccupato!


Torniamo al vereinstaler: ho già avuto occasione di scrivere riguardo ad una delle sue sottospecie, il siegestaler, coniato da vari stati per celebrare vittorie militari; oggi vorrei scrivere dell'Ausbeutetaler, e, nello specifico, dell'ausbeutevereinstaler (pensare che non conosco una sola parola di tedesco, eppure mi diverto a coniarne di nuove!).


Che cosa significa ausbeutetaler? Ad una prima grossolana traduzione lo si potrebbe rendere in italiano con l'espressione "tallero di sfruttamento"; gli anglosassoni pragmaticamente lo definiscono "mining thaler" (tallero di miniera), ma, per capirne meglio origine e funzione, sarà bene che spenda qualche ulteriore riga.
La tradizione dell'ausbeutemunze è di lunga data nei paesi germanici, qualche secolo almeno: si tratta di monete che venivano coniate col metallo prezioso estratto da una particolare miniera o da una regione circoscritta e facevano normalmente riferimento alla miniera o alla regione di origine tramite scritte su parte della legenda.  Ci sono stati anche casi in cui, al posto di una specifica menzione, venivano utilizzate delle immagini simboliche, che comunque si riferivano inequivocabilmente alla miniera o alla regione di origine. La coniazione di monete di sfruttamento iniziò attorno al 15mo secolo, e la maggior parte di queste era di argento. All'epoca venivano comunemente chiamate "talerfuss", anche se, a seconda della zona, potevano essere note come groschen, guilders o mehrfachtaler (talleri multipli, detti  anche lösern).
I talleri di sfruttamento venivano prodotti solo col metallo che rappresentava il profitto delle miniere, una volta detratti i costi di estrazione e raffinazione; in pratica l'intera resa netta della miniera veniva immediatamente trasformata in moneta, senza alcuna transazione intermedia.


E veniamo all'oggetto di questo intervento: la "sottospecie" degli ausbeutetaler coniati durante gli anni del vereinstaler, ossia nel periodo 1857-1871.
Furono 3 gli stati che coniarono ausbeutetaler, e precisamente:


Anhalt-Bernburg: duca Alexander Carl negli anni 1861-1862  
Prussia: re Friedrich William IV negli anni 1857-1860, re William I negli anni 1861-1682
Sassonia: re Johann negli anni 1857-1867


La produzione complessiva fu di:
30.000 pezzi da parte di Alexander Carl
533.000 pezzi da parte di Friedrich William IV
215.000 pezzi da parte di William I
1.649.000 pezzi da parte di Johann


Sono tutti vereinstaler, vale a dire monete basate sulla libbra metrica (500 grammi) e contenenti 1/30 di libbra di argento (da cui la scritta XXX EIN PFUND FEIN - 30 (monete) per una libbra di fino) di titolo .900, dal peso di 18.5 grammi (contenuto in argento 16.66) e diametro di 33 millimetri.

 

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Tutti questi talleri, in vario modo, portavano l'iscrizione: SEGEN DES BERGBAUES (benedizione delle miniere), vuoi a tutto campo, come la Prussia, vuoi come legenda (Sassonia). Non ho immagini del tallero sassone del periodo 57-58, che differiva da quello qui illustrato in quanto avente sul verso il solo stemma coronato, senza popolani a reggerlo. Credo d'indovinare che le due figure che reggono lo stemma, nel tallero qui illustrato, adottino i costumi caratteristici dell'area mineraria.
Sono monete che, nonostante le basse tirature, si trovano facilmente in vendita, a costi più che accessibili e quasi sempre in ottimo stato di  conservazione.

Bene, spero di non avervi tediato: è così limitato l'apporto di commenti sulla monetazione extranazionale, che mi sono sentito quasi autorizzato a infastidirvi i gioielli di famiglia con questa mia tirata (prima di scrivere ho consultato l'archivio del forum: a fronte della parola chiave "ausbeute" ho trovato una sola discussione, del 2005: un po' poco, non vi pare?)

 

Poscritto:
qui in Italia li chiamiamo talleri ma, per amore della mia lingua, nella quale, spesso, invece di usare la giusta parola propendiamo per neologismi esterofili, vorrei suggerire una nuova dizione: valligiano.
Perchè valligiano? Questo indovinello, etimologico, lo lascio risolvere a voi.

 

Modificato da cabanes
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  • Grazie 3

Inviato
Il 21/1/2019 alle 17:13, cabanes dice:

quei fantasiosi di tedeschi (ossimoro) 

Sicuro? Fra filosofi, musicisti, pittori, cineasti...


Inviato
Il 21/1/2019 alle 17:13, cabanes dice:

Poscritto:
qui in Italia li chiamiamo talleri ma, per amore della mia lingua, nella quale, spesso, invece di usare la giusta parola propendiamo per neologismi esterofili, vorrei suggerire una nuova dizione: valligiano.
Perchè valligiano? Questo indovinello, etimologico, lo lascio risolvere a voi.

 

Tal significa valle, in tedesco, però... valligiano non si può sentire :D 


Inviato

Complimenti per la preziosa disamina , la passione e la competenza che ci metti...?

Sono monete non conosciutissime nel mercato italiano,  ma ricche di fascino e storia..


Inviato (modificato)
5 ore fa, vathek1984 dice:

Sono monete non conosciutissime nel mercato italiano

E' proprio questo che dispiace, il mercato italiano pare poco interessato alle bellezze d'oltralpe (e d'oltreoceano, pure). Faccio solo un esempio: due anni fa andai a Verona, con la tasca bella gonfia, alla ricerca dei 20 marchi dell'impero: al più, e non dappertutto, trovavo solo quelli dei due guglielmi prussiani (monete di borsa); tieni presente che, distinguendoli solo per tipo, sono più di 40; neanche Kunker, che aveva un suo stand, ne aveva portati altri.

Io non mi preoccupo, ma i miei figli, quando tirerò le cuoia, faticheranno un bel po' per liquidare la mia collezione.

Approffitto di questo mio intervento per scusarmi con i puristi della lingua tedesca: ho notato che nel mio intervento iniziale ho chiamato William, invece che Wilhelm, i due re prussiani: puoi rileggere finchè vuoi la brutta copia, ma gli errori in bella finiscono sempre!

E, grazie per i complimenti...

Modificato da cabanes

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