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Terina: storia di un conio


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La possibilità di disporre di un certo numero di esemplari tratti dalla medesima coppia di coni costituisce non di rado una circostanza di per se unica in quanto foriera di preziose informazioni in merito alla capacità produttiva della zecca, all'elaborazione delle frequenze ponderali, al gettito di moneta in un determinato periodo, al tasso di sopravvivenza dei coni e, non per ultimo, all'esecuzione veri e propri interventi di “manutenzione” operati dagli incisori con opportuna rilavorazione e/o reincisione di coni danneggiati.

Quest’ultimo aspetto ha radici molto antiche e si riscontra a partire dallo stadio iniziale delle coniazioni della Magna Grecia (seconda metà del VI sec. a.C.), come ha dimostrato un recente studio sulle monete di Sibari, sottoposte periodicamente ad un “aggiornamento epigrafico” (E. SPAGNOLI, La prima moneta in Magna Grecia. Il caso di Sibari, 2013, p. 160).

Si ha l’impressione che le zecche antiche, specie per la fase arcaica e tardo arcaica, siano connotate un certo “conservatorismo” produttivo, una tendenza a sfruttare in modo esaustivo i coni già in uso prima di generarne dei nuovi. E ciò evidentemente per attenuare i costi di produzione che dovevano essere senz'altro elevati. Ne costituisce un peculiare indizio l’esemplare di Terina battuto da Naville (fig. 1) lo scorso anno, riconducibile al gruppo B 14 della classificazione Holloway-Jenkins (440-425 a.C.) e contrassegnato dai seguenti tipi:

D/ Testa femminile a s. entro corona d’ulivo, adorna di duplice collana e con capelli rialzati e trattenuti da ampyx.

R/ [TEPI-NAION] a s. Nike seduta a s. su un’hydria rovesciata, con kerykeion nella s. e corona nella d.

 

1 - Naville Numismatics Ltd., Auction 35, 29/10/2017, lot 34

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 L’esemplare presenta al D/ una vistosa area degradata in prossimità della sezione centrale del tondello. Area che dovette crearsi in un momento alquanto seriore, come mostra l’assoluta integrità del conio allo stadio iniziale (figg. 2-4). Il discreto numero di pezzi superstiti consente peraltro di seguire il progressivo deterioramento del conio di rovescio sul quale, in origine, è possibile distinguere alcuni elementi iconografici dell’hydria non più visibili nei momenti successivi (fig. 1).

2 - Lawrence University, inv. 91.021 (ex Fred V. Fowler collection; Stack's, 1969)

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3 - Blackburn, SNG VIII, 130 (ex Purchase)

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4 - Bertolami Fine Arts, 24, 2016, 130

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Nel corso della battitura si verifica una rottura del conio con progressivo deterioramento dell’area centrale:

stadio I : parte inferiore dell’ampyx e orecchio (fig. 5)

Parallelamente si procede alla sostituzione del conio di R/ (Nike con ali più lunghe).

 

5 - Numismatica Varesi, "Cesare" Auction, 2018, 9

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Stadio II: ampliamento area degradata (fig. 6)

 

6 - Oxford, SNG Ashmolean Museum 1608

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Stadio III: ulteriore estensione (figg. 7-8)

Sostituzione del conio di R/ (Nike con parte posteriore leggermente distanziata dall’hydria).

 

7 - Münzen und Medaillen, 8, 2001, 27

Ter_HJ-014c.jpg

 

8 - New York, SNG ANS 3, 803

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Stadio IV: primo intervento di rimozione della parte danneggiata con esito negativo (fig. 9)

 

 9 - Pegasi Numismatics, 39, 2018, 40

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Stadio V: reincisione del conio di D/ (fig. 10)

L’area oggetto di intervento appare chiaramente visibile per il fondo scuro. Vengono reincisi l’orecchio, le ciocche inferiori e l’occhio.

 

10 - NAC AG, Auction K, 2000, 1100

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Abbiamo solo un problema: un conio non si può reincidere e riportarlo allo stato originario perché si dovrebbe lavorare in addizione di metallo e non in sottrazione ( la reincisione, appunto) 

l esemplare 9 è solo una moneta che ha subito un tentativo di riparazione in tempi moderni con asportazione parziale del metallo in più derivante dalla rottura del conio in antico. 

Idem sulla moneta NAC in cui l’intervento è stato più completo e accurato. 

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Ecco servita la dimostrazione di quanto questi interventi(ritocchi) dettati più da ignoranza culturale che altro,siano dannosi...!!!

Modificato da roby14
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2 ore fa, roby14 dice:

Ecco servita la dimostrazione di quanto questi interventi(ritocchi) dettati più da ignoranza culturale che altro,siano dannosi...!!!

Più che ignoranza culturale mi sembra eccesso di restauro. 

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Ringrazio vivamente @Tinia Numismaticaper aver gettato luce su una problematica, quale gli interventi di restauro moderni su monete antiche, che analogamente alle operazioni di pulitura risultano spesso eccessivi, come ha peraltro dimostrato il caso di un esemplare incuso di Poseidonia di cui si è discusso recentemente proprio in questa sede.

Riguardo al fatto che i coni antichi non si potessero ‘ritoccare’ avrei delle perplessità.  Solo per citare qualche esempio, nella sequenza dei coni di Metaponto redatta a suo tempo dalla Johnston vengono catalogati numerosi pezzi accompagnati dall'indicazione "recut" e l’intervento – pur col beneficio del dubbio – sembrerebbe operato sui coni in quanto le ‘correzioni’ compaiono su più esemplari tratti dalla stessa coppia di coni (A. JOHNSTON, The Coinage of Metapontum. Parts I and II by S.P. Noe, with Additions and Corrections by A. Johnston, New York 1984, nn. 419, 421, 427, 476, ecc.).

Un caso analogo si riscontra su un didrammo di Velia della metà del IV secolo a.C. sul quale l’originario monogramma :Greek_Theta::Greek_Rho:, in legatura, viene eraso e sostituito dalla lettera :Greek_epsilon: e per il quale si ipotizza un intervento sul conio e non sulla singola moneta (R. CANTILENA, Velia. La moneta, Quaderni del Parco archeologico di Velia - 14, Naus ed., Pozzuoli 2002, p. 34).

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Recut vuol dire reinciso, e questo comporta una asportazione del metallo dal conio , asportazione che si trasforma in una aggiunta nell’oggetto coniato. Quindi si possono ingrandire dei particolari in un conio( lavorazione in togliere) ma non si possono ridurre ( lavorazione in mettere)   

Per cui non è possibile eliminare una rottura di conio intervenendo sullo stesso in togliere( recutting) ma lo si potrebbe fare solo aggiungendo metallo nel conio, cosa impossibile per le tecnologie dell’epoca che non contemplavano la saldatura autogena a temperature prossime alla fusione( senza scomodare le ovvie deformazioni a cui sarebbe stato sottoposto il conio così scaldato) 

Modificato da Tinia Numismatica
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Osservazione interessante, tuttavia se non si poteva aggiungere metallo al conio non si spiega il caso dei  nn. 420-421 Noe-Johnston. Si tratta in realtà della stessa coppia di coni di cui la seconda (421) presenta al D/ l’iscrizione OMONOIA parzialmente coperta dall'introduzione di una torcia e reincisione (recutting) delle lettere restanti.

Allego foto della scheda e delle relative tavole tratte da A. JOHNSTON, The Coinage of Metapontum. Parts I and II by S.P. Noe, with Additions and Corrections by A. Johnston, New York 1984, p. 78 e pl. 32-33, nn. 420-421.

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5 minuti fa, dracma dice:

Osservazione interessante, tuttavia se non si poteva aggiungere metallo al conio non si spiega il caso dei  nn. 420-421 Noe-Johnston. Si tratta in realtà della stessa coppia di coni di cui la seconda (421) presenta al D/ l’iscrizione OMONOIA parzialmente coperta dall'introduzione di una torcia e reincisione (recutting) delle lettere restanti.

Allego foto della scheda e delle relative tavole tratte da A. JOHNSTON, The Coinage of Metapontum. Parts I and II by S.P. Noe, with Additions and Corrections by A. Johnston, New York 1984, p. 78 e pl. 32-33, nn. 420-421.

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La spiga è stata reincisa sul piano tra le lettere originarie sfruttando una parte della superficie del conio su cui erano incise solo delle lettere poco profonde e scendendo( quindi, sempre in togliere) oltre il livello delle stesse lettere. 

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  • 2 settimane dopo...

Perfettamente d'accordo. Questa discussione è importante in quanto mostra validi esempi su cosa si intende realmente il cosiddetto "ritocco" abbastanza frequentemente usato dagli antichi incisori per rinfrescare il conio. Il ritocco è sempre di asportazione del metallo e quindi se vediamo sulla moneta un ritocco che prevede invece l'aggiunta di metallo nel conio si deve accendere il campanello di allarme....

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  • 1 mese dopo...
  • 5 mesi dopo...

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