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IGNORED

QUEGLI STRANI SEGNI GRAFFITI SU ALCUNE MONETE


King John

Risposte migliori

Comunque riguardo all'ultima moneta nel dubbio non prendo posizione a favore del digamma. Credo però che ci sia da pensare prima di escludere con decisione che questi segni graffiti siano numeri. Tra i segni dubbi riporto anche la moneta allegata qui che mi sembra riportare una X con le due barre orizzontali di cui quella superiore venuta non parallela e la linea di sinistra della X venuta troppo lunga. Ma per onestà intellettuale nemmeno su questa moneta insisto nel vedervi per forza una X=1000 (la riporto per mera cronaca)

http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb41757380v

1a.JPEG

1b.JPEG

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2 ore fa, King John dice:

Sì, infatti. C'è anche il segno su quest'altra moneta che mi sembrerebbe un F (digamma) corrispondente al numero 6 ma non ne sono sicuro...perchè potrebbe essere anche una E. Tu che ne pensi?

7.jpg

7c.jpg

1280px-Digamma_uc_lc.svg.png

Non penso sia un digamma, propenderei per una E.

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5 ore fa, eracle62 dice:

Non penso sia un digamma, propenderei per una E.

Grazie del parere: allora ho fatto bene ad escluderlo in via cautelare. Se è  una E si può interpretare come 5 del sistema ionico che sta per 5(00.000) dracme al pari di N=50(0.000) dracme.

Modificato da King John
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Ciao King, domanda.

C’ è certezza che i graffiti siano contemporanei all emissione? Hai notizie di tesoretti trovati in contesti sigillati, con presenza di stesse monete con graffiti?

questa sarebbe una riprova di ciò che sostieni. 

Mi sembra di ricordare che sulle monete incidessero anche nomi o iniziali degli stessi.

grazie per le informazioni.

ciao

skuby

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Adesso, skubydu dice:

Ciao King, domanda.

C’ è certezza che i graffiti siano contemporanei all emissione? Hai notizie di tesoretti trovati in contesti sigillati, con presenza di stesse monete con graffiti?

questa sarebbe una riprova di ciò che sostieni. 

Mi sembra di ricordare che sulle monete incidessero anche nomi o iniziali degli stessi.

grazie per le informazioni.

ciao

skuby

Sto ricercando materiale al riguardo ma non ho trovato nulla di rilevante finora....

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1 minuto fa, skubydu dice:

Ciao King, domanda.

C’ è certezza che i graffiti siano contemporanei all emissione? Hai notizie di tesoretti trovati in contesti sigillati, con presenza di stesse monete con graffiti?

questa sarebbe una riprova di ciò che sostieni. 

 

Constatare gli stessi segni su più monete dello stesso tipo o segni diversi che sembrano rispondere ad una stessa logica è comunque un fatto che merita la giusta attenzione (sempre dal mio modestissimo punto di vista).

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19 ore fa, King John dice:

E' più logico che la stessa autorità emittente, per motivi di pubblica utilità (esatto conteggio delle monete coniate) ritenesse indispensabile deturparle pur di portare a termine in maniera efficace il compito ricevuto e cioè la coniazione dell'intera emissione.

Tutte le lettere incise, infatti, si spiegano ancora una volta in maniera perfetta come numeri che in modo diverso indicano la stessa cifra:

al diritto A sormontata da I = 1.000 (A originario di Andania o ,A=1.000 del sistema ionico) x 10 (I) = 1.000.0(00) di dracme;

al rovescio :Greek_Chi: = 1.000 del sistema attico = 1.000(.000) di dracme;

al rovescio  :Greek_Delta:= 10 del sistema attico = 1.0(00.000) di dracme;

al rovescio :Greek_Alpha:= 1.000 (A originario di Andania o ,A=1.000 del sistema ionico) = 1.000(.000) di dracme.

3.jpg

Questa interpretazione dei graffiti comporta che le monete di una serie prive di questi contrassegni non possono considerarsi coniazioni ufficiali. Ne consegue che esemplari come questo della Triton XIX, stimato $1000 e venduto a $1500 nel 2006, non essendo uscito dalla zecca di Alessandria, non è autentico alla stessa stregua di altri tetradrammi senza i quattro graffiti che si trovano in acsearch.

1682923448_TetraTolomeoSotereTritonXIX711072.jpg.e779af6d21b90d2198eb82d1df23d767.jpg

PTOLEMAIC KINGS of EGYPT. Ptolemy I Soter. As King, 305-285 BC. AR Tetradrachm (14.21 g, 12h). Alexandria mint. Struck circa 290-285 BC. Diademed bust right, wearing aegis / BASILEWS PTOLEMAIOU, eagle standing left on thunderbolt; to left, P above monogram. Svoronos 252; SNG Copenhagen 69; BMC 57. EF, attractive dark iridescent toning, a few light cleaning scratches, hairline flan crack, small die break in field on reverse.

44284821_Giovenalefirmaconingleseetedescook.jpg.f221f4a163be864b53aea9931193eb78.jpg

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 è possibile che le monete con i graffiti siano state" firmate" per poterne rivendicare la proprietà o la provenienza? ( come fa ad esempio la polizia per seguire i soldi di un riscatto).

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Riporto alcuni passi di testi numismatici che parlano dei graffiti e riflettono il pensiero generale sul loro significato.

 

Dall’introduzione della serie Handbook of Coins of Macedon and Its Neighbors a cura di Oliver D. Hoover, Ed. CNG.

Probabilmente il tipo più rudimentale di marcatura trovato sulle monete è il graffito. Il graffito è la scalfittura a forma di lettere su una moneta per qualche scopo religioso o laico. Molto spesso un graffito prende la forma di una singola lettera, ma può anche essere una parola parziale o intera. Se c’è un solo caso di ciò su una particolare moneta, si parla di graffito, mentre più casi di graffito su una singola moneta sono noti come graffiti.

 

Da Ancient coin collecting di Wayne G Sayles, 2nd ed. 2003.

Un'altra forma di danneggiamento che molti commercianti e collezionisti rifiutano è rappresentata dai graffiti sulle monete. La scalfittura di lettere sulla superficie di una moneta dopo che è entrata in circolazione è ritenuta concettualmente della maggior parte dei collezionisti un abominio. Tuttavia, nell'antichità non era una pratica rara. In realtà, i graffiti a volte possono avere un fascino particolare. Spesso i marchi sono lettere che formano un nome o un'idea astratta. Un solido d'oro che mi è venuto in mente diversi anni fa portava i graffiti MAPTYP, che pronunciavano la parola Martire in greco. Non è certo se questo fosse un riferimento alla fede cristiana o semplicemente a un nome personale, ma le lettere scalfite hanno innegabilmente suscitato interesse per quella che altrimenti sarebbe stata una moneta piuttosto banale. Alla fine è diventato il soggetto di un articolo di David Vagi suThe Celator.

 

Qui riporto anche il testo inglese oltre alla traduzione.

1279427835_Graffiti2.JPG.d51b0561c35e5873722af0b48e3bf234.JPG

Graffiti è il termine usato per descrivere lettere o simboli scalfiti sulla superficie di una moneta, di solito in tempi antichi, da qualcuno che evidentemente non aveva meglio da fare. I nomi sono spesso scalfiti sulla moneta come graffiti e possono essere abbastanza interessanti, ma detraggono valore alla moneta dal punto di vista collezionistico.

Non sono completamente d’accordo. In primo luogo il graffito non è necessariamente deturpante, come non lo sono certe tacche di saggio che stanno in disparte rispetto all’immagine raffigurata. Inoltre questo segno può essere stato scalfito deliberatamente dal possessore della moneta come segno di riconoscimento, dato che ai tempi le monete di una famiglia o di una comunità si riunivano in ripostigli (non c'erano le banche!) ed è quindi possibile che il possessore avesse voluto marcarle in questo modo.

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Tutte le osservazioni fatte finora sono molto interessanti e pertinenti: è chiaro che un segno inciso su una moneta può rispondere agli scopi più vari ed è molto difficile stabilire in quale epoca sia stato effettuato. La mia attenzione è stata attratta però da quei graffiti che si ripetono in maniera simile su più monete dello stessa emissione e che riportano segni interpretabili come numeri in uso al momento della coniazione di quelle monete. Ho pensato che la logica che sovrintende a tali graffiti sia la stessa che sovrintende ai monogrammi riportati sulle monete, da me interpretati come sequenze numeriche. E mi spiego meglio.

Guardate questa emissione di monete coniata a Massalia. Per me i monogrammi riportati sulle varie monete in essa rientranti sono numeri crescenti. La coniazione dell’emissione procedeva in questo modo. Si iniziava a battere moneta utilizzando conii di rovescio recanti la prima notazione numerica. Quando questi conii di rovescio si rompevano e bisognava sostituirli, tutte le monete coniate recanti la prima notazione numerica dell’emissione venivano contate e accantonate, e ne veniva registrato il numero su un apposito registro. Dopodichè si passava a battere moneta utilizzando conii di rovescio su cui era incisa la seconda notazione numerica dell’emissione. Quando anche questi conii si rompevano si contavano le monete da essi ottenute, si separavano da quelle coniate in precedenza e  se ne registrava il totale sul registro. Dopodichè si passava ad utilizzare conii di rovescio recanti un’altra notazione numerica e così via. Sommando il numero di monete rientrante in ciascun lotto si sapeva esattamente quante monete erano state coniate rispetto al totale programmato. Ecco la prima funzione delle notazioni numeriche: esse aiutavano gli operatori della zecca a conteggiare meglio le monete di una stessa emissione permettendo di separarle in gruppi facilmente distinguibili l’uno dall’altro.

 

 

gaga-1.jpg

Le notazioni numeriche che si susseguono sull'emissione, quindi, sono queste:

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Modificato da King John
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Inoltre, la divisione delle monete di una data emissione in gruppi contraddistinti da notazioni numeriche diverse rendeva molto semplice per i responsabili della zecca rendicontare il proprio operato all’autorità emittente che li aveva incaricati di coniare l’emissione: i responsabili della zecca, infatti, consegnavano alla fine del loro mandato l’intera emissione divisa per gruppi omogenei di monete caratterizzati dalla stessa notazione numerica. Bastava sommare il numero di pezzi che vi erano in ogni lotto recante una diversa notazione numerica per ottenere  il numero programmato di monete rientranti nell’emissione. Ecco la seconda funzione delle notazioni numeriche: esse aiutavano i responsabili della zecca  a rendicontare meglio il loro operato perché consentivano di separare le monete dell’emissione in tanti gruppi quanti erano le notazioni numeriche la cui somma corrispondeva al taglio finale programmato dell’emissione. L'emissione ultimata, infatti, forse veniva presentata per l'ispezione finale da parte dell'autorità emittente divisa in lotti separati identificati da distinte notazioni numeriche, magari in questo modo:

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16 ore fa, King John dice:

 

Grazie del parere: allora ho fatto bene ad escluderlo in via cautelare. Se è  una E si può interpretare come 5 del sistema ionico che sta per 5(00.000) dracme al pari di N=50(0.000) dracme.

scusa King, so che sono l'ultima persona a poter giudicare le tue teorie, ma continuo a non capire come mai (come in questa citazione, ma ce ne sono molte altre tue) tu scegli arbitrariamente quante cifre "sottintendere" tra parentesi, quasi a voler far tornare i conti in base a ciò che proponi. Una volta 000, un'altra 0000 e via dicendo. Vorrei poter capire quale sia la motivazione.

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3 minuti fa, King John dice:

Inoltre, la divisione delle monete di una data emissione in gruppi contraddistinti da notazioni numeriche diverse rendeva molto semplice per i responsabili della zecca rendicontare il proprio operato all’autorità emittente che li aveva incaricati di coniare l’emissione: i responsabili della zecca, infatti, consegnavano alla fine del loro mandato l’intera emissione divisa per gruppi omogenei di monete caratterizzati dalla stessa notazione numerica. Bastava sommare il numero di pezzi che vi erano in ogni lotto recante una diversa notazione numerica per ottenere  il numero programmato di monete rientranti nell’emissione. Ecco la seconda funzione delle notazioni numeriche: esse aiutavano i responsabili della zecca  a rendicontare meglio il loro operato perché consentivano di separare le monete dell’emissione in tanti gruppi quanti erano le notazioni numeriche la cui somma corrispondeva al taglio finale programmato dell’emissione. L'emissione ultimata, infatti, forse veniva presentata per l'ispezione finale da parte dell'autorità emittente divisa in lotti separati identificati da distinte notazioni numeriche, magari in questo modo:

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mi manca sempre un umile "secondo me"...

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Dicevo dell'emissione di Massalia che riporta vari monogrammi (che nella mia immaginazione sono numeri). Sulle emissioni di Tolomeo Sotere cosa succedeva? che vi erano solo due monogrammi diversi che nella mia interpretazione possono essere notazioni numeriche che indicano la prima la quantità di 500.000 dracme, la seconda la quantità di un milione di dracme. Ora poteva accadere che questi soli due segni di riconoscimento per le monete coniate potevano essere troppo pochi per distinguere diversi gruppi di monete riconoscibili, appunto, dai diversi monogrammi: da qui l'esigenza di creare nuovi sottogruppi di monete individuati da numeri graffiti sulle monete. Ecco perchè i graffiti rimandano sempre ad alcuni numeri. Immaginate un'emissione di tetradrammi da 250.000 pezzi (pari ad un milione di dracme): una cosa è dividere le monete in soli due gruppi, un'altra è dividerla in 4 o 6 gruppi. Più lotti separati abbiamo e più è agevole il conteggio. Un po' quando noi contiamo delle banconote che facciamo diversi mucchietti da mille euro da sommare agevolmente dopo averli separati.

La natura di “appunti ad uso interno della zecca” delle notazioni numeriche chiarisce perché esse molto spesso non sono immediatamente intellegibili: non era necessario che fossero comprese anche dai fruitori finali della moneta perché esse non erano destinate a loro ma solo al personale della zecca che era a conoscenza della tiratura finale dell’emissione e, quindi, dell’ordine decimale sottinteso alla notazione numerica (ad esempio N = 50[0.000] di dracme) oltre che del sistema numerale da cui erano tratte le diverse cifre che la componevano. Il criterio ispiratore delle notazioni numeriche, quindi, non era la loro intelligibilità da parte dei più, ma la loro funzionalità ed economicità: ecco perché nel congegnarle si poteva omettere qualche cifra, sottintenderne qualcun’altra o, con maggiore disinvoltura rispetto ad altri contesti, esprimerne alcune per mezzo di un sistema numerale e alcune altre per mezzo di un altro sistema numerale pur di ottenere una cifra finale succinta, adatta ad essere riportata nello spazio limitato di una moneta. Le notazioni numeriche riportate sulle monete erano in definitiva appunti di servizio come quelli che oggi noi prendiamo sulla lista della spesa dove, ad esempio, scriviamo:

pane

zucchero

3 acqua

 

dove per “3 acqua” in realtà intendiamo “3 casse d’acqua da 6 bottiglie cadauna per un totale di 18 bottiglie”: come appare evidente,  piuttosto che riportare un’espressione così lunga è molto più pratico scrivere “3 acqua” su un pezzetto di carta su cui si scrive in fretta e furia senza badare troppo alla forma. Altra cosa sarebbe stata se la notazione numerica avesse indicato il valore facciale della moneta, come avviene per le cifre riportate sulle moderne banconote: in tal caso non sarebbero state concepibili semplificazioni e approssimazioni ma sappiamo bene che il valore della moneta greca era rappresentato dal suo peso e non era indicato dalle legende su di essa riportate.

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Infine, per rispondere ad @apollonia i graffiti, sempre secondo la mia indegna interpretazione, non identificavano la zecca ma aiutavano gli addetti della zecca a conteggiare le monete e basta. Non venivano praticati sistematicamente e quindi la loro assenza non privava affatto la moneta del carattere dell'ufficialità. Erano segni che venivano incisi alla bisogna e secondo criteri contingenti, secondo una logica simile a quella che sovrintende ai monogrammi, così come da me interpretati e cioè come notazioni numeriche.

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"ecco perché nel congegnarle si poteva omettere qualche cifra, sottintenderne qualcun’altra o, con maggiore disinvoltura rispetto ad altri contesti, esprimerne alcune per mezzo di un sistema numerale e alcune altre per mezzo di un altro sistema numerale pur di ottenere una cifra finale succinta."

Questo è quello che dico arbitrario. Se anche si rivelasse vero, e te lo augurerei, io stesso (ma me ne guardo!) potrei proporre diverse omissioni di cifre rispetto a quelle che tu proponi per poter ricondurre tutti i calcoli fittizi verso la teoria che voglio provare. Purtroppo temo che, non essendoci dei dati rispetto alle effettive tirature di queste monete, ci si può giocare con le cifre da considerare e da omettere. Questo solo intendevo.

Da un punto di vista scientifico, quello che modestamente ti contesto non è l'argomento ma il metodo, ovvero avere una teoria (magari anche verosimile o verosimigliante) e cercare più o meno scientificamente le prove (come mi pare il tuo approccio), mentre sappiamo che sono le prove ed i dati obiettivi a portare alla teoria. Sono sempre stato e rimarrò galileiano, anche numismaticamente.

Per il resto ammiro comunque il tuo modo di esporre con grande orgoglio, coraggio e convinzione.

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Le più grandi teorie che poi hanno portato al processo evolutivo della vita, si basavano sulle illuminazioni dei grandi ricercatori, o solo semplicemente sulle grandi qualità dell'individuo, che quasi sempre nella nostra breve storia ha costruito il tutto solo sulle proprie capacità intuitive..

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sono d'accordo, e ripeto, spero che le sue siano intuizioni davvero esatte. Però poi ricordiamo che c'è sempre il bisogno della dimostrazione oggettiva e non solo soggettiva. Paradossalmente nelle scienze "esatte", o comunque in quelle naturali, tutte le teorie ormai avvalorate lo sono state grazie agli interventi anche di altri scienziati che hanno saputo ripetere gli esperimenti o proporne altri allo scopo di dimostrare che non c'erano altre spiegazioni possibili. Altrimenti, vale sempre il solito indimenticato rasoio di Occam.

La numismatica sappiamo non è una scienza esatta, ed ha bisogno a mio avviso di qualcosa di diverso di una semplice benché affascinante intuizione. Ma ha bisogno anche di una potente capacità di portare prove inconfutabili delle teorie proposte.

Quello che non mi convince della teoria del buon King è l'adattare il numero di zeri a seconda del numerale, che ritengo ancora arbitrario.

Nessuno mi / gli vieta di interpretare N (o altri numeri) come 50, 50[.000], 50[0.000] e via dicendo, ma al punto in cui siamo mi pare abbastanza aleatorio e soprattutto ho l'impressione che a seconda dei casi venga utilizzato in modo diverso per far quadrare il cerchio.

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Penso a tutti gli scienziati condannati perchè ritenuti eretici...

Penso che da qualche parte bisogna partire..

Penso che sia lecito proporre teorie ...

Penso che la spiegazione della sua ipotesi sia stata associata a qualcosa di poi non così extraterrestre..

Penso che la sua decifrazione seguendo un sistema comparativistico con le lettere Greche non sia poi così campato in aria..

Penso che se i grandi avessero avuto le prove di quello che avevano intuito, le scoperte sarebbero una cosa che si mangia..

Ben vengano le idee...

Ben vengano i ricercatori...

Quanti articoli lessi....

Quante teorie mi costellaron..

Quanta passione vedo nel caro amico King John...

Ad averne di divulgatori come lui...

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10 ore fa, gigetto13 dice:

"ecco perché nel congegnarle si poteva omettere qualche cifra, sottintenderne qualcun’altra o, con maggiore disinvoltura rispetto ad altri contesti, esprimerne alcune per mezzo di un sistema numerale e alcune altre per mezzo di un altro sistema numerale pur di ottenere una cifra finale succinta."

Questo è quello che dico arbitrario. Se anche si rivelasse vero, e te lo augurerei, io stesso (ma me ne guardo!) potrei proporre diverse omissioni di cifre rispetto a quelle che tu proponi per poter ricondurre tutti i calcoli fittizi verso la teoria che voglio provare. Purtroppo temo che, non essendoci dei dati rispetto alle effettive tirature di queste monete, ci si può giocare con le cifre da considerare e da omettere. Questo solo intendevo.

Da un punto di vista scientifico, quello che modestamente ti contesto non è l'argomento ma il metodo, ovvero avere una teoria (magari anche verosimile o verosimigliante) e cercare più o meno scientificamente le prove (come mi pare il tuo approccio), mentre sappiamo che sono le prove ed i dati obiettivi a portare alla teoria. Sono sempre stato e rimarrò galileiano, anche numismaticamente.

Per il resto ammiro comunque il tuo modo di esporre con grande orgoglio, coraggio e convinzione.

Nel ringraziare @eracle62 per le parole di stima che ha speso per me voglio, ora fare di tutto per meritarmele davvero. E' inutile nascondere che il punto evidenziato da @gigetto13 (e cioè quello degli ordini decimali che sarebbero sottintesi alle cifre sintetizzate nei monogrammi) è uno dei più criticati della mia tesi anche da parte di specialisti. Ma credo di aver raccolto un po' di prove circa il fatto che si tratta di un qualcosa che esisteva davvero nell'antichità. Per quanto in particolare riguarda il mondo romano qualcosa del genere è stato supposto da uno studioso del calibro di Callatay (!). Vediamo subito.

Nel generoso sforzo di quantificare i volumi di produzione e di circolazione di moneta dell’antichità, de Callataÿ ha setacciato tutte le fonti in cui viene data notizia di grosse somme di danaro, tra cui in primo luogo le elencazioni di monete,

ori ed altre ricchezze sottratti come bottini di guerra e portati in trionfo. Ad esempio, nel trionfo di Manio Acilio Glabrione su Antioco III e sugli Etoli (190 a.C.) descritto da Tito Livio (Ab Urbe condita, XXXVII, 46, 3) vengono fatti sfilare 3.000 libbre d’argento in lingotti (pari a circa 38 talenti), 113.000 tetradrammi attici e 249 cistofori (cistophori ducenta undequinquaginta), molti pesanti vasi in argento, una suppellectilem reale in argento e 45 corone d’oro donate dalle varie città suddite. Sempre Tito Livio (Ab Urbe condita, XXXIX, 7, 1-2) enumera tutte le favolose ricchezze mostrate nel trionfo di Gneo Manlio Vulsone sui Galati (187 a.C.): 212 corone d’oro, 220.000 libbre di argento (pari a circa 2.769 talenti) e 2.103 libbre di oro (pari a circa 265 talenti), 127.000 tetradrammi attici, 250 cistofori, 16.320 filippi d’oro. Ebbene, in questo contesto di ricchezze così strabilianti (che ci dà anche un’idea della grande quantità di moneta che circolava nell’antichità) de Callataÿ giustamente ritiene che quelle segnalate per i cistofori (249 pezzi per il trionfo su Antioco III e 250 pezzi per il trionfo sui Galati) appaiono “des sommes très faibles” e giunge alla conclusione che “tout indique qu’il faille ici restituer milia. Dans le cas contraire, la situation serait assez ridicule en effet”. Quella di de Callatay è una conclusione assolutamente corretta e l’omissione della parola milia da parte di Tito Livio non è dovuta ad una sua dimenticanza ma al suo conformarsi all’uso di sottintendere, nell’indicazione di una cifra, ordini di grandezza superiori.

Come si vede, quindi, si indica una cifra e si sottintendono le migliaia e non lo dico io....

 

Il testo citato di Callatay è F. de Callataÿ, “Réflexions quantitatives sur l’or et l’argent non monnayés à l’époque hellénistique (pompes, triomphes, réquisitions, fortunes des temples, orfèvrerie et masses métalliques disponibles)”, in R. Descat et al. (eds.), Approches de l’économie hellénistique. Entretiens d’Archéologie et d’Histoire 7, Saint-Bertrand-de-Comminges, 2006, pag.42. 

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Un’altra attestazione precisa dell’esistenza di tale uso nel mondo romano proviene da un “Compendio delle antichità romane, ossia leggi, costumi, usanze e cerimonie dei Romani compilato per l’istruzione della gioventù” (l’edizione consultata è quella stampata nel 1817 nella tipografia di G. Miglio a Novara  in cui l’editore in premessa scrive che il Compendio fu pubblicato in Francia da un anonimo professore di belle lettere e adottato dall’università di Parigi già da circa  un secolo). Alle pagine 199-200 di questo Compendio si legge: “Quando si conta con un avverbio, e l’avverbio è unito a sestertium, si sottintende sempre centena millia. Per esempio, semel sestertium è lo stesso che semel centena millia sestertium. E decies sestertium vuol dire decies centena millia sestertium; qualche volta trovasi l’avverbio solo, essendo omessa, o sottintesa la parola sestertium, o millia sestertium. Per esempio, debet mihi decies, per dire decies sestertium, o decies centena milia sestertium. Quadragintorum milia res si sottintende sestertium. Vespasianus rhetoribus annua centena constituit, cioè centena milia sestertium. Come quando dicesi mille munitium, mille talentum, è una costruzione dell’aggettivo e del sostantivo col genitivo retto da res, ch’è sottinteso”. Nel latino, quindi, esattamente come avviene nella ricostruzione delle sequenze numeriche sulle monete greche, per capire l’ordine di grandezza di cui si parla bisogna contestualizzare ogni singola cifra: decies sestertium o decies centena milia sestertium? 50 dracme o 50 migliaia di dracme?

Il compendio citato è visibile online:

https://books.google.it/books?id=bdGLDI0M0ukC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

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